martedì 25 giugno 2024

Sospiro di sollievo.


La mamma, qualche tempo prima di quel periodo, aveva accennato a qualcosa su un argomento che forse non avevo bene afferrato: certi discorsi scambiati con mio padre attorno al fatto che lei si sarebbe potuta assentare da casa per un giorno o due, o qualcosa del genere, mi erano sembrati forse ipotesi remote e prive del tutto di consistenza. Poi non ci avevo più neppure pensato, ma la sera di una domenica qualsiasi, trascorsa proprio come tutte le altre, al momento in cui mio padre era già andato a letto perché avrebbe dovuto alzarsi molto presto l’indomani mattina per recarsi all’estero per tutta la settimana con il suo autotreno, la mamma era venuta da me nel mentre mi preparavo a coricarmi, giusto per farmi presente con poche parole che il giorno successivo, tornando da scuola, non l’avrei trovata a casa come al solito, e che dovevo fare tutto da me. Lei naturalmente mi avrebbe lasciato delle cose da mangiare già pronte, facilitandomi i compiti domestici, e poi anche dei soldi dentro una busta, in caso di necessità, e tutto con la raccomandazione finale che se mi fossi trovato nei guai per qualche motivo, avrei dovuto rivolgermi ai vicini del piano superiore al nostro appartamento. Non trovai niente di difficile nell'immaginare alcuni giorni in casa da solo, lei aveva detto tutta la settimana, così annuii alle sue parole e promisi di fare tutto con il migliore buon senso. Avevo quasi intuito che la mamma sarebbe andata in ospedale per un’operazione chirurgica, ma dalla sua espressione rilassata non mi parve che dovesse affrontare niente di particolarmente rischioso o complicato né per lei e né per le sue condizioni di salute.

A scuola, dai comportamenti che immediatamente notai, sia quelli dell’insegnante, sia quelli dell’amico custode, mi accorsi fin dal giorno seguente che loro dovevano essere al corrente di tutto, considerate le proprie attenzioni per me, e la cosa non mi fece neppure troppo piacere perché sembrava quasi che i miei genitori non nutrissero una grande fiducia nella mia possibilità di cavarmela da solo come invece ero sicuro di dimostrare. Al contrario ero quasi contento di poter finalmente avere a disposizione tutto ciò che desideravo, compreso anche il tempo per realizzarlo, ma neppure per un momento pensai di fare qualcosa di diverso dal solito, anzi, il mio impegno, riflettevo, sarebbe stato esattamente quello di fare esattamente tutto ciò che ci si attendeva da me. Nel frigorifero c’erano diverse cose da mangiare già pronte, ed era sufficiente scaldarle sopra al fornello, ma a me venne subito a mente che con i soldi della busta potevo andare dal droghiere ad acquistare anche qualcosa di diverso. Mi sentivo grande e importante nel prendere delle decisioni, ed anche se appariva un po’ triste il mio appartamento così vuoto senza la mamma, decisi di spostare degli oggetti in modo da renderlo più allegro e abitabile, almeno secondo il mio parere. Per nessun motivo avrei mai ricorso all’aiuto degli inquilini del piano superiore, due coniugi antipatici e scostanti che a malapena salutavo incontrandoli lungo le scale, e così cercai di fare il minor rumore possibile in casa, in modo da non stuzzicare la loro curiosità.

Una cosa che mi sarebbe piaciuta terribilmente, però, era quella di invitare il mio compagno di banco a visitare casa mia, e dimostrargli così che oramai ero un ragazzo che sapeva cavarsela da solo, e che il comportamento scostante di tutta la classe nei miei confronti era ormai ampiamente ingiustificato. Quando chiesi a lui di raggiungermi, invece, il mio compagno declinò subito l’invito, spiegando che non aveva molto tempo in quei giorni per via di qualcosa in cui era impegnato e che non poteva rimandare. Pensai subito ad una scusa, ma non mi detti per vinto. Ad uno ad uno invitai tutti i compagni a visitare casa mia, anche coloro che non potevo soffrire, in fondo pensavo che essere in possesso di una invidiabile collezione di figurine dei calciatori da mostrare agli altri, non era da tutti, e qualcuno alla fine accettò, forse anche per la curiosità di vedermi immerso in un altro ambiente. Vennero in tre, nel pomeriggio, con le mani nelle tasche e l’espressione di chi non ha proprio altro da fare; dettero un’occhiata alla casa, alle mie figurine, parlottarono un po' tra di loro, risero non so di che cosa, e poi se n’andarono. Il giorno seguente tutti dicevano che io ero strano, che era giusto tenermi a distanza, che non c’era niente di buono nei miei comportamenti.

Il custode intanto aveva preso le mie difese, aveva cercato di sostenere che ero un ragazzo come tutti e che nessuno aveva il diritto di parlare male di me, ma alla fine io rimasi contento soltanto quando suonò la campanella e potei raggiungere casa mia, per starmene da solo. La mamma tornò, ma sembrava un’altra persona tanto era pallida e priva di forze. Passerà anche questo periodo, pensai, come tutti gli altri. Tornò anche il babbo, al sabato, ed io tirai un sospiro di sollievo.

 

Bruno Magnolfi

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