mercoledì 15 maggio 2024

Non c'era più.


            Stamani l’impiegata al ricevimento dell’albergo dove lavoro si è presentata come sempre puntualissima, dandomi un saluto sorridente e incoraggiante, forse anche in considerazione del fatto che trascorrere tutta la notte in questo pur vasto ingresso restando sempre sveglio e vigile, come sono chiamato a fare io, non è esattamente l’attività più esaltante tra tutte quelle che si possono compiere. Le ho risposto con il mio abituale saluto, le ho dato tutte le consegne e spiegate le scarse novità registrate durante la nottata, poi, al momento di andarmene, mentre intanto prendevano posizione i facchini ed il resto del personale della mattina, mi è venuto voglia di dirle: <<Qualche volta, io e te, si potrebbe anche vederci fuori da qui, e magari prendere un caffè senza avere addosso queste divise di lavoro>>. Clara mi ha guardato con un’espressione un po' perplessa, io e lei ci conosciamo oramai da diversi anni, però non abbiamo mai scambiato molte parole tra di noi, oltre quelle necessarie per svolgere il nostro ruolo. <<Tu sai che io sono sposata>>, mi ha detto con la sua abituale schiettezza, ed io immediatamente ho rettificato l’invito sorridendo: <<Ma certo>>, le ho detto, <<non volevo mica spingermi così avanti da proporti chissà cosa, solo scambiare due chiacchiere in un locale qualsiasi, quello che preferisci tu>>. Lei ha sollevato lo sguardo dai registri aperti sopra il banco del ricevimento, ed ha accennato ad un nuovo sorriso aperto, e poi mi ha detto: <<D’accordo, magari abbiamo anche più cose in comune di quelle che si potrebbero immaginare ad una prima impressione. Ti lascio il mio numero telefonico, così possiamo fissare il giorno migliore per tutt’e due>>.

Quindi sono uscito, dapprima con un’impressione positiva di quanto appena detto, ma subito dopo vergognandomi un po' della mia sfacciataggine. Di fatto, la vera vergogna che mi prende in casi come questi, è quella di mostrare con evidenza a qualcuno la mia solitudine, la mia scarsissima capacità di intessere delle relazioni interpersonali con gli altri. Per nessun motivo al mondo vorrei generare un moto di pena verso di me, per cui il pensiero di aver suscitato un sentimento del genere nella mia collega poco per volta mi ha fatto sentire a disagio, fuori sintonia, insomma sempre più in crisi. Così ho continuato a riflettere a lungo sulle mie parole e sulla risposta ricevuta, e addirittura avrei voluto tornare indietro per dire a Clara di dimenticare ciò che le avevo chiesto, come se non ci fosse mai stata alcuna richiesta da parte mia. Pensandoci meglio, ciò che avevo desiderato provare con lei era solamente la mia personale capacità di spiazzare gli altri, di suscitare con solo due parole una sorpresa improvvisa in chi non si aspetterebbe mai da me una cosa di quel genere. Quindi mi sono avviato lentamente verso la mia abitazione, tentando di cancellare dai miei pensieri la sicura brutta impressione generata in quella ragazza brava e dedita al proprio lavoro.

Una volta in casa mi sono seduto, e subito ho notato questo ragazzo, sopra un terrazzino che resta dirimpetto alla mia finestra. Sembrava impegnato a mettere in ordine dei vasi da fiori, e non si interessasse di nient’altro, ma quando ha alzato lo sguardo verso di me ho visto che ero io stesso, qualche decennio addietro. Occuparmi degli oggetti, più che delle persone, è sempre stata una mia prerogativa, così non mi sono affatto meravigliato che lui adesso fosse impegnato a togliere qualche foglia secca da quei gerani e a versare un po’ d’acqua nella terra. Mi sarebbe piaciuto dargli una mano, in silenzio, ed occuparmi anche io di quelle piante fiorite, così ho aperto la finestra, e nel far questo gli ho fatto un cenno di saluto. Lui, che era posizionato con un ginocchio a terra per compiere quelle piccole attività, dopo che mi ha fatto un piccolo cenno con la mano, si è subito sollevato, come se avesse ormai terminato ciò che aveva in mente di fare, e senza più guardarmi è rientrato nella propria abitazione. Io ho appoggiato i gomiti sopra al davanzale, senza decidermi a fare qualcosa di particolare, se non osservare la strada sottostante poco trafficata, quasi nell’attesa che Paolo tornasse a farsi vedere e magari mi rivolgesse la parola.

Niente però è successo, ma quando sono rientrato ed alla fine ho chiuso la finestra, mi sono reo conto che lui era lì, dietro di me, seduto comodamente e con lo sguardo verso la parete. <<Perché non riesco a comportarmi adeguatamente con gli altri?>>, gli ho chiesto come se fosse una sua precisa responsabilità; e Paolo allora mi ha guardato, è rimasto un attimo in silenzio, e poi, come fanno i ragazzi alla sua età, ha sollevato le spalle, a dimostrare che non aveva alcuna risposta da darmi. <<Per me è stato sempre naturale>>, ha detto dopo un po’. <<Non mi sono mai forzato ad essere diverso da come sono sempre stato>>. Io allora ho annuito, poi mi sono mosso per andare a prendere dei succhi di frutta in cucina, per me e per lui, ma quando sono tornato ho visto che Paolo ormai non c’era più.

 

Bruno Magnolfi  

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