domenica 23 agosto 2015

Fidata sentinella.

            
            Quando sto seduto in questo angolo sono invincibile. Le spalle appoggiate allo schienale della sedia, le mani sulle gambe, resto fermo ad osservare gli altri che si muovono in questa grande stanza, sempre impegnati in qualche cosa. Mia sorella cucina per suo marito, suo suocero guarda la televisione oppure consulta qualche opuscolo pubblicitario, i bambini giocano o fanno i compiti per scuola. Nessuno di loro generalmente si preoccupa di me, mi lasciano semplicemente a riflettere a fondo sopra le mie cose, e che assimili in questo modo la potenza che mi concede la mia invidiabile posizione d’angolo, così privilegiata. Qualche volta, lentamente, si avvicina a me il marito di mia sorella, mi osserva, fa qualche allusione al mio starmene tranquillo, godermi appieno la situazione, ed io non gli rispondo, lo ignoro, così anche lui dopo un po’ mi lascia perdere.
            Anche mia sorella generalmente non parla con nessuno; i suoi fornelli sono perennemente accesi, e lei continua per gran parte del giorno a friggere, bollire, impastare, riscaldare avanzi dei pasti precedenti, e così via. Certe volte apro la finestra per moderare tutti questi odori forti di cipolla e di aglio soffritti, e così osservo la strada che corre proprio qua sotto. Nessuno tra coloro che vi transita e che spesso riconosco mi interessa particolarmente, fatta eccezione per il negoziante di generi alimentari subito di fronte. Quando non ci sono clienti nella sua bottega, ed avviene abbastanza spesso, lui si piazza sull’entrata, con il suo grembiule da salumiere, ed io gli indico con il pensiero in quale direzione guardare, e qualche volta anche cosa vedere. Lui non si rende neppure conto di essere in pratica un vero e proprio strumento dentro le mie mani, e normalmente neanche si volta verso di me, tanto è forte la soggezione che prova, ma io lo tengo in scacco col mio sguardo, e lo muovo, e lo dirigo, proprio come fosse una marionetta.
            Poi rientra, c’è una vecchia cliente da servire; non importa, gli faccio sapere col pensiero, attendo al mio posto con pazienza che tutto sia risolto, che le cose riprendano il loro normale comportamento. Quando infine torna sulla soglia del negozio, io lo sento subito, avverto immediatamente la sua presenza sulla porta, e lui si volta immediatamente verso la piazzetta in fondo a questa strada, come gli indico di fare direttamente con i miei poteri. Dovrò difendermi da qualcosa, uno di questi giorni, lo so per certo. Ma il negoziante evidentemente mi aiuterà, indicandomi perfettamente la provenienza del pericolo e la sua consistenza.
            Torno a guardarlo, sempre con atteggiamento bonario e tranquillizzante: è tutto sotto controllo, gli trasmetto; è sufficiente che ognuno faccia la sua parte, che le cose scorrano così come già è stato previsto. Poi ripiego col mio sguardo nella stanza, lascio il salumiere al suo principale compito, fare la sentinella e dare l’allarme nel caso di un qualsiasi pericolo. Il mondo è pieno di nemici, lo so benissimo, la cosa importante è trovare degli alleati, dei fiancheggiatori, dei sostegni giusti per il proprio percorso. Sono contento, sono quasi completamente soddisfatto di ciò che sono riuscito poco per volta a mettere in piedi. Il marito di mia sorella torna ad osservarmi quando torna dal lavoro, mi guarda dritto, mentre sta a tavola a mangiare in silenzio, dall’altra parte della stanza. Vanno così le cose, almeno per il momento, penso tra me; ma certamente non andranno sempre così ancora per molto.


            Bruno Magnolfi  

domenica 16 agosto 2015

Aria di cambiamento.

            
                   
Adesso lui è fuori, questo è certo. Alcuni dell'ambiente a cui è legato hanno cercato negli ultimi tempi di metterlo più volte sull'avviso, in fondo senza neppure usare troppi giri di parole, ma i loro accenni, pur chiari ed espliciti, non hanno prodotto alla fine alcun risultato positivo. In certi casi lui è parso addirittura sordo a certi argomenti, e spesso lo si è visto passeggiare con tranquillità per strada, muovendosi apparentemente quasi a caso, con un atteggiamento alla fine anche del tutto ordinario, nonostante qualcuno dei ragazzi incrociandolo avesse già da tempo cominciato praticamente ad ignorarlo. Ma lui forse adesso ha già qualcosa in mente, perché è proprio il tipo che non si dà facilmente per vinto, e certe volte lo si sente dire in giro che può sicuramente ancora farcela, anche se nessuno tra quei pochi che proseguono in qualche modo ad ascoltarlo prende in seria considerazione quelle sue parole. Forse non è neppure colpa sua la situazione che si è venuta a creare, però è evidente quanto lui non abbia saputo fin dall'inizio fronteggiare le cose come probabilmente sarebbe stato opportuno.
Poi, mentre sta da solo sul marciapiede fuori dal bar, gli si avvicina una ragazza che da qualche parte lui ha già visto, forse soltanto un paio di volte e sicuramente di sfuggita. Lei adesso lo saluta, si ferma, gli chiede una sigaretta sfoderando un gran sorriso, e poi dice subito che fa veramente caldo in questo periodo estivo, forse anche troppo per i suoi gusti. Per sottolineare le sue parole sbuffa leggermente, mentre attende che lui apra il pacchetto, forse anche per mostrare un suo vago disagio; ma lui invece annuisce divertito, e per gentilezza le dice che insieme potrebbero anche prendersi un caffè, sempre che le vada. Così entrano nel locale proprio accanto, si siedono ad un tavolo senza usare neppure troppe formalità, e mentre un paio di tizi in fondo a quell'ampio ambiente sembra proprio stiano giocando tranquillamente al biliardo, loro due si disinteressano di tutto. Il cameriere con serietà si muove da dietro al bancone e poi li serve, anche se percepisce qualcosa di insolito nell'aria, mentre i due tizi si scambiano un'occhiata esplicita e fanno partire quasi di nascosto una telefonata, proprio nello stesso momento in cui la ragazza ride di qualcosa che lui le sta spiegando, guardandola quasi con naturalezza in fondo agli occhi. Trascorrono così pochi minuti senza che accada altro, ma arriva subito dopo qualcuno dentro al bar, un uomo che lui conosce già da molto tempo, che si ferma, lo saluta con una smorfia ironica, ed appoggia una mano sul suo tavolo, come ad indicare che tutto il tempo a sua disposizione in quel locale è già finito, ed adesso deve proprio andarsene: non è gradito, sembra dirgli, o forse intende solo suggerirgli che ciò che aveva da fare là dentro in qualche modo è stato fatto.
Lui però guarda quell'uomo, assume un'espressione seria, sembra quasi voglia rispondere qualcosa, ma poi invece resta in silenzio. Si alza dalla sedia, con calma, ma lei pare trattenerlo lievemente per un braccio; l'uomo intanto scorre con calma fino al biliardo, e scambia qualche parola coi due tizi, che mostrando una forzata naturalezza hanno ricominciato a fare qualche tiro sopra al panno verde. Lui è rimasto in piedi, lei lo guarda, sembra volergli infondere il coraggio che forse potrebbe anche mancargli, ma infine si alza anche lei, e insieme, dopo aver lasciato qualche soldo sopra al tavolo, raggiungono l'uscita. Qui si fermano, lei torna a guardarlo, lui la bacia sulle labbra con trasporto, poi le fa cenno di aspettarlo sulla strada, e infine torna dentro a quel locale, completamente solo. Va incontro agli uomini che attorno al biliardo adesso si irrigidiscono, e sembrano proprio attendere la sua prima mossa, ma invece lui si ferma, li guarda, dice che per loro le cose si stanno mettendo molto male, anche se quelli la prendono quasi a ridere. Adesso ho da fare, dice; in ogni caso il vostro comportamento è proprio ridicolo, e non ci sarà probabilmente alcuna salvezza per voi, se neppure riuscirete a comprendere che ciò che sta cambiando sarà anche per il vostro bene.


Bruno Magnolfi

lunedì 3 agosto 2015

Senza riferimenti.

            

            Leggo soltanto con gli occhi, eppure tutte le persone presenti sembrano seguire perfettamente le mie parole. Forse è transfuga il mio pensiero, anche se in fondo non è neppure propriamente il mio, sono soltanto dei racconti di un vecchio libro quelli che scorro, roba in fondo poco importante, oggi quasi dimenticata da tutti. C’è un errore grammaticale nell'ultima frase, dice uno con sufficienza; e chi se ne importa però, dicono altri.  Poi tutti quanti, per motivi diversi, cosi come parevano essere coinvolti e appassionati fino ad adesso, ora sembrano disinteressarsi poco per volta di qualsiasi cosa venga letta. Dopo poco smetto anche io di scorrere quelle parole, e resta nell’aria soltanto un silenzio colmo soltanto di molti pensieri diversi e forse contrastanti. Leggere e commentare in fondo è la mia migliore occupazione, penso. Questo cercare di offrire semplicemente un’interpretazione almeno accettabile di ciò che altri hanno scritto, e che è ormai una delle poche cose nelle quali mi cimento sempre volentieri, anche se cerco soprattutto di tenermi sul generico, ed evitare il più possibile ogni critica, per poi comportarmi eventualmente in modo di difendermi meglio da queste.
            Riprendo a leggere, sempre in silenzio, solo mentalmente; in molti tornano ad osservarmi, riconoscono forse perfettamente le parole che scorrono sulla pagina e nella mia testa: sono il centro del mondo, in questo momento, sembro quasi suggerire; catturo l'attenzione di tutti, coinvolgo ciascuno, anche se non sono propriamente io a farlo, ma soltanto il personaggio della narrazione di cui mi trovo semplicemente ad interpretare il ruolo.
            Poi qualcuno mi viene vicino, mi prende di mano lentamente il libro a cui stavo rivolgendo tutta la mia attenzione, lo osserva, dice che oggi non è forse la giornata giusta per perdersi ancora in simili sciocchezze. Forse ha ragione, penso, così non replico niente, anzi, sembro quasi annuire, anche se dentro di me vorrei almeno difendere quelle parole che ho letto fino adesso, quei vocaboli che in fondo hanno portato il mio impegno fino qui. Però tutte le frasi possibili alla fine possono apparire sciocche, penso, se non riescono davvero a rivestire di un significato importante chi le ascolta. Le parole sono quasi sempre aria sprecata, fa lui, quello che conta davvero sono soltanto i fatti. Si, lo so, continuo a pensare: anche se le parole riescono spesso a descrivere qualsiasi cosa, rifletto, e definiscono la realtà, ogni volta, tanto che non si può farne a meno, perchè appaiono spesso depositarie di tutto quanto c'è di vero.
            Sarà pure così, dice lui, però gli eventi visti con i propri occhi sono qualcosa che sta al di sopra di tutto. Può darsi, rifletto io, ma non si può certo vedere tutto, osservare tutto, essere testimoni di ogni cosa che possa capitare, perciò di qualche descrizione dobbiamo pure cominciare a fidarci. Eppoi, se così fosse, la nostra stessa storia non avrebbe proprio alcun senso, sarebbe soltanto un agglomerato di frottole messe insieme da qualche buontempone per farci perdere del tempo. Mi irrigidisco, gli altri paiono seguirmi nei miei pensieri, sembra che a tutti sia chiaro il senso delle mie riflessioni.
Invece se ne vanno, alla fine, sono tutti annoiati, nessuno di loro ha voglia di difendere il mio punto di vista: allora riprendo il libro abbandonato per terra, riapro la pagina; forse hanno ragione, penso, l'interpretazione è un falso, non si può davvero darle importanza. Così mi volto, adesso vorrei quasi strappare quelle parole, forse bruciare la carta inchiostrata, anche se alla fine guardo quel libro frutto di tanto impegno e di volontà: allora lo ripongo con calma sullo scaffale, rimando ad altri qualsiasi diversa iniziativa, penso che non sarò certo io a dover prendere una decisione così importante come quella di disfarsi di tutto.


Bruno Magnolfi