martedì 30 maggio 2023

Niente di sbagliato.


            Dopo una breve pausa, lei doveva dire: <<è colpa sua se ci siamo ridotti in questa situazione>>; e questa era la battuta con la quale si lasciava risaltare un certo fatto, anche con una punta di acredine nel timbro vocale di chi parlava, ed indicando con un dito accusatorio il personaggio grigio e negativo relegato in un angolo del palcoscenico, nel corso del singolo atto che stavano provando per la fine del corso di recitazione. Ma non era facile addossare ogni responsabilità su una persona sola, e lasciare che tutti prendessero di mira solo quella, come se ognuno dei presenti riuscisse in questo modo ad alleggerirsi di qualsiasi altra colpa possibile. Personalmente, almeno lei non era d’accordo con quel martirio, e l’unica maniera che aveva per smorzare quei toni a suo parere troppo definiti, era inserire una piccola incertezza dentro la sua frase, quasi un embrione d’incapacità ad ergersi come giudice di qualcun altro. La loro insegnante aveva già richiamato Laura su quel punto, per spingerla a mostrarsi più convinta di quello che doveva stabilire, anche perché il suo gesto e le sue parole assumevano subito in quella piccola trama un aspetto principale, come un perno attorno a cui prendesse a girare molto di tutto il resto. Lei aveva riletto il copione prima e dopo quelle parole, ma non le pareva affatto di aver torto: troppo netta era la presa di posizione che le si chiedeva.

            <<Non mi pare corretto>>, aveva detto allora per giustificare in questo modo il proprio comportamento; <<prendersela così con un personaggio minore che in fondo ha soltanto manifestato delle indecisioni, forse qualche incapacità, insomma solo delle mancanze, prive di una volontà precisa, e poi soprattutto solamente un’inefficacia di comportamento>>. Era risaltato d’improvviso un momento di silenzio, quasi una pausa carica di tensione, mentre ciascuno tentava di riflettere su quanto stava emergendo, e l’insegnante, quasi presa alla sprovvista, pareva raccogliere le proprie forze prima di inalberarsi a stabilire che indubbiamente un testo era un testo, e nessuno a teatro poteva permettersi di non condividerne la trama e i dialoghi, visto che ogni attore là dentro era chiamato ad interpretare con la maggior aderenza possibile ciò che l’autore scrivendolo aveva desiderato indicare. <<Laura>>, aveva quasi gridato; <<se non te la senti di portare avanti questa scena, sei padronissima di dirlo, anche se questo va indubbiamente a compromettere subito anche tutto il resto>>. Poi era seguita così una nuova pausa, e Laura, concentrata su quanto avrebbe voluto ancora dire, alla fine aveva abbassato lo sguardo e la testa, come a mostrare il proprio tentativo di mettere, nella luce e nelle intenzioni dell’autore, il personaggio che lei stava cercando di interpretare.

            Ci saranno altre occasioni per muovere qualche piccola critica al copione, aveva riflettuto mentre riprendeva posto sopra al palcoscenico. Poi, tutti assieme, avevano ricominciato con le prove, e quando la scena era giunta di nuovo a quel passaggio cruciale, lei si era sforzata di definirlo esattamente così come le era richiesto, mettendo da parte ogni parere personale. <<Bene>>, le aveva detto l’insegnante quando avevano fatto un’interruzione, e Laura aveva subito pensato che un’attrice vera dovesse mostrare la capacità di impersonare anche dei ruoli che non le tornassero del tutto congeniali. Però la sua opinione restava comunque inalterata, mostrando così la sfida, interna a sé stessa, tra l’interpretazione e i sentimenti. Era tornata a casa, quella sera, assaporando ancora il senso di amarezza che le aveva provocato quell’impossibilità ad essere più naturale, a dimostrarsi priva di opinioni quando si trattava di mettere in scena un ruolo. In ogni caso non era certo adatto per i suoi inizi comportarsi in modo sciocco: aveva fatto bene, secondo il proprio parere, come prima cosa a mostrare un’opinione, che può sempre essere utile, e poi a manifestare le capacità per superarla, lasciandosi quindi prendere per mano da chi aveva pensato e scritto quel pezzo di teatro. Così era tutto, pensava adesso: consapevolezza, pensiero critico, coscienza, niente di diverso.

            Quindi, prima di andare a letto e prendere sonno, aveva riguardato per qualche minuto quel copione, alla luce debole della sua lampada: lei non lo avrebbe scritto esattamente in quella maniera; probabilmente c’era lo spazio per il dubbio, ci poteva stare la possibilità di far emergere alcune opinioni differenti, e si sarebbe potuto giocare di più su certe parole ambigue che spesso si mostrano incapaci di definire un gesto, un ruolo, o un personaggio. Ma non era quello esattamente l’ambito in cui mostrare tutte le proprie idee, questo adesso le era chiaro; e la demarcazione che in casi come quello poteva venire a formarsi quasi d’improvviso, era forse il segnale di un bisogno profondo di realtà e di concretezza, della ricerca inarrestabile dei valori in cui si crede. Laura poi aveva anche pensato, spegnendo quella luce, che il suo percorso probabilmente non si stava mostrando così definito come aveva sperato fino a poco fa: in ogni caso era la sua sicurezza di sé che ora iniziava a spingere in avanti ogni sua mossa, e non ci poteva essere niente di sbagliato in tutto ciò.       

 

            Bruno Magnolfi

sabato 27 maggio 2023

Progetti di futuro.


            Quando Alberto giunge davanti alla casa dei suoi, dopo svariate settimane in cui ormai sta abitando da solo in un diverso appartamento, e persino in un altro paese, pur della stessa provincia, sa perfettamente che in questo esatto momento non è in ritardo, come era suo solito arrivare in situazioni del genere parecchio tempo addietro, quando gli piaceva far attendere suo padre, e riusciva costantemente a farlo innervosire proprio in questa maniera. Non sa spiegarsi neppure il motivo esatto che gli ha fatto decidere di accettare questo strano invito al pranzo domenicale, però vuole mostrare in questo periodo la massima sicurezza di sé, capacità di tener testa a qualsiasi problema possa improvvisamente presentarsi, sapendo perfettamente di essersi messo in una situazione in cui appare libero, non più ricattabile moralmente, o almeno non con quei mezzi che la sua famiglia è sempre stata pronta ad esercitare in altre situazioni. Spera tanto però che suo padre finalmente si sia ammorbidito, e che cerchi adesso di fare avvicinare le loro diverse posizioni, dopo parecchi mesi in cui si sono evitati, e in cui loro due non hanno più avuto occasione di scambiare qualche parola. Forse vuole ancora dirmi che dobbiamo essere una sola famiglia, come a lui piace immaginare, pensa adesso Alberto mentre perde ancora qualche secondo di tempo davanti al cancello chiuso che delimita la proprietà dei suoi genitori. Il giardino è come sempre ben curato, nota perfettamente da fuori le sbarre, e la facciata della casa di famiglia è armoniosa ed elegante, così come è stata immaginata tanti anni fa, in sede di progettazione.

            Infine, lui entra, dopo aver premuto con gesto divertito il campanello, a dimostrazione del fatto che non ha più con sé neppure le chiavi. In casa a riceverlo al momento c’è soltanto sua madre, che lo fa subito entrare con ampi gesti e grandi sorrisi, probabilmente a dimostrazione come di un grande affetto ora ritrovato. Suo padre invece sembra proprio che in questo momento ancora non si trovi in casa, del tutto inaspettatamente, ma magari per impegni o per una scelta precisa. <<Devo dirti una cosa>>, gli fa subito lei. <<Tuo padre ha fatto degli esami clinici, degli approfondimenti, delle analisi, insomma. Ha un tumore, purtroppo, e neppure tanto precoce>>. Alberto assorbe questa notizia come una fucilata improvvisa, lui che aveva sempre pensato a suo padre come ad una statua irremovibile fatta di materiale duro e coriaceo, un busto di bronzo o di marmo posto proprio in mezzo alla sua vita, ed improvvisamente invece vede scorgere davanti a sé qualcosa di completamente diverso, un uomo fragile, come tutti, con un destino e un probabile epilogo imminente e già quasi deciso. Volge lo sguardo, accusa il colpo, non riesce neppure a formulare una domanda qualsiasi per mostrare il suo interesse per l’argomento. La mamma lo abbraccia, forse lei avrebbe voglia di piangere, ma anche lui si sente commosso, e la debolezza dell’essere umano riporta di colpo ogni attrito del passato alle spalle, dimenticando il resto come tante sciocchezze senza alcuna importanza. Si siede, lascia che almeno un attimo di tempo gli faccia riprendere lo spirito che voleva dimostrare fin dagli inizi, anche se tutto adesso è diverso, è evidente, e lui ne è ben consapevole.

            La madre prosegue a parlargli di cose minori, di avvenimenti senza importanza, di qualche piccola faccenda svolta negli ultimi giorni, quasi per alleggerire i pensieri, e sembra volersi preoccupare così di riempire quel vuoto che all’improvviso pare quasi minacciare le stanze stesse di quella casa. Ma poi arriva lui, con il suo solito pacco di carte e giornali sotto al proprio braccio, come a voler perpetuare la tradizione di tenersi informato in ogni caso, qualsiasi cosa possa accadere, senza alcuna deroga alla tradizione stabilita. Si guardano un attimo, lui e suo figlio, e il padre gli stende la mano, come si fa tra persone serie, tra individui che capiscono perfettamente e sanno dare importanza ai momenti che assolutamente ne hanno, ma Alberto non si trattiene, e lo abbraccia, come non aveva più fatto probabilmente da quando era ancora un ragazzo. Non c’è neppure bisogno di spendere delle parole, tutto è spiegato, tutto è chiaro, adesso c’è soltanto la necessità di salvare il salvabile. Infine, si siedono a tavola, nel largo salone, e la ragazza che aiuta in casa la madre di Alberto, porta subito qualcosa da bere, e tramite un piccolo gesto comprende immediatamente di attendere almeno qualche minuto prima di servire quel pranzo, lasciando che le cose si dipanino con calma, senza affrettarle.

            <<Dobbiamo parlare>>, dice il padre di Alberto, e lui annuisce, ancora incapace di immaginare quali possano essere quelle parole con cui devono tentare di ricucire tutti quegli anni di incomprensione, di lontananza, di indifferenza, ognuno verso l’altro, nello stare dietro a delle vite diverse. <<Sono qui>>, dice Alberto alla fine, quasi a sottolineare che adesso quello che c’è da fare lui lo farà, e non tenterà neppure per un momento di tirarsi indietro da ciò che suo padre si attende da lui. <<Dovrai prendere qualche giorno di permesso, sul tuo posto di lavoro>>, dice il papà, <<e venire con me in concessionaria, a renderti conto di persona che cosa molto presto diverrà necessario. In seguito, non c’è fretta, ci penserai con calma, e poi deciderai tu cosa davvero vuoi fare>>.

 

Bruno Magnolfi

martedì 23 maggio 2023

Abbraccio tardivo.


            Che cosa importa, in questi anni ormai quasi da anziani, impegnarsi ancora in quelle complesse e particolari attività che ci erano addirittura state additate dai nostri genitori, fin da quando eravamo dei ragazzi, proprio come le uniche possibili, quasi non esistessero in giro praticamente altre scelte, e si dovesse mostrarsi per forza in una certa maniera, bramando il potere dei conti correnti quasi più di quello di un buon nome da spendere? Ci siamo impegnati, lo riconosco, ed abbiamo anche trovato le strategie più adeguate, le conoscenze più adatte, gli strumenti migliori per spiazzare ogni altro concorrente sulla piazza, e mettere su delle imprese che funzionassero al meglio, brillassero sul mercato, e naturalmente ci permettessero i guadagni che avevamo sperato sin dai difficili inizi. A qualcuno di noi naturalmente è andata meglio che ad altri, e personalmente credo che possa accontentarmi parecchio di ciò che sono riuscito a mettere in piedi, magari con un pizzico di fortuna, ma poi, soprattutto, sempre spalleggiato dalle persone giuste. Però l’età anche per me inesorabilmente avanza, e non è più di troppo interesse portare ancora avanti quelle stesse strategie, laddove le giornate si riducono alla fine soltanto ad una serie di piccole abitudini da attempati, che non cercano più alcuna grande novità, ma soltanto la consapevolezza di non essere stati, almeno per tutto questo tempo, degli individui completamente inutili, ma persone capaci di dare un seguito a tutto.

Questo penso negli ultimi giorni, ed è diventata poco per volta una collana di riflessioni quasi monotone che sembrano volermi braccare sempre più da vicino, proprio adesso che invece il mio unico figlio, Alberto, sembra proprio desideri fare di testa sua ad imboccare una qualsiasi strada di vita, ed allora mi rendo conto che forse l’ho lasciato allontanarsi un po’ troppo dalla sua famiglia di appartenenza, senza maturare quella consapevolezza che avrei desiderato vedergli brillare negli occhi al semplice comprendere che la mia generosa impresa commerciale sarebbe diventata presto la sua. L’ho lasciato fare, non l’ho instradato mai, come sicuramente invece avrei dovuto, allo scopo di fargli fare pratica nel mio settore. E così lui non ha acquisito quella passione che immaginavo gli sarebbe saltata fuori improvvisamente da un giorno all’altro, tanto che adesso sembra quasi non riconosca i legami che lo uniscono ai suoi genitori ed al buon nome che gli abbiamo dato, mentre invece lui adesso deve impegnarsi, come non ha ancora mai fatto, nel portare in avanti con fierezza questi valori.

Devo tentare una strada diversa con lui, non c’è alcun dubbio; devo prenderlo sottobraccio e guidarlo con attenzione e pazienza verso quegli scopi che in fondo da sempre ho immaginato per il suo futuro. Sicuramente nel prossimo periodo troverò delle difficoltà, e lui si mostrerà recalcitrante a cambiare anche soltanto qualcosa di quello che crede di aver acquisito. Devo portarlo con me, fargli vedere per la prima volta quali siano a fine mese le contabilità reali della mia azienda, fargli toccare con mano le possibilità che si offrono a lui nell’iniziare ad avere delle conoscenze che costituiscono un vero peso, e che aprono sbocchi insperati, contratti inimmaginabili, messi su a forza di telefonate importanti e di promesse assolutamente da mantenere. E poi recarsi insieme con me a dei pranzi di lavoro dove si instaurano rapporti, si fa vedere con chiarezza quali siano i nostri propositi, si dimostra la serietà e l’assennatezza delle nostre idee, fino a evidenziare che c’è un mondo di cui facciamo parte anche noi, e che per nessun motivo può mai permettersi di dimenticarci o di lasciarci da parte.

Alberto comprenderà tutto questo, ne sono già più che sicuro, ed anche se fino adesso non mi sono preoccupato sufficientemente di lui, scioccamente piazzandolo a fare l’impiegato delle Poste, tanto per non vederlo più ciondolare coi suoi amici tra i locali del nostro paese, ed immaginando che la consapevolezza di essere un semplice numero del sistema lo portasse con semplicità verso di me, adesso che ho capito di aver fatto uno sbaglio, desidero più di ogni altra cosa riparare l’errore. Forse fino adesso non gli ho dato mai la fiducia che probabilmente meritava già anni addietro. Probabilmente ho immaginato che le cose potessero aggiustarsi da sole, quasi senza necessità di interventi decisi da parte mia. Però siamo ancora in tempo a raddrizzare tutto quanto e ritrovare rapidamente un dialogo tra noi, quello stesso che in questi ultimi anni purtroppo è andato quasi completamente ad erodersi, lasciando del tutto a sua madre, così come ho fatto, il compito di tenere i rapporti con il nostro unico figlio. Lo riconosco, non ci sono mai stato in casa a vederlo crescere: gli interessi e le amicizie che contano mi hanno sempre trattenuto distante. Ciò non significa che le cose non possono giungere improvvisamente ad una svolta, e mostrarsi di colpo in una maniera del tutto differente. Dovrò impegnarmi in questo senso, lo comprendo assolutamente; ma con la serietà con cui ho affrontato per tutti questi anni ogni dettaglio che mi ha circondato, ugualmente voglio comportarmi con lui, e fargli ritrovare quella stessa famiglia che vuole tornare ad abbracciarlo.

 

Bruno Magnolfi

sabato 20 maggio 2023

Pena di vivere.


            Da dietro le tendine della mia finestra mi fermo ad osservare quasi ogni giorno i pochi passanti che si muovono lungo la strada del mio paese. Di fronte alla mia casa, però, si trova proprio l’ingresso dell’ufficio Postale, e quindi, soprattutto di mattina, si nota facilmente qualche persona che va ad infilarsi là dentro per sbrigare alcune delle proprie attività. Mi piace riconoscere da dietro ai vetri alcuni miei concittadini, e spesso mi diverto a notare in quale maniera si siano vestiti in quel certo giorno, o come si comportano guardandosi attorno, con quali altre persone si soffermano, magari per scambiare qualche parola di rito, ed infine noto anche chi cerca di evitare qualcun altro. Non c’è niente di male nel mio curiosare, anzi, dopo i fatti recenti che sono accaduti in questa agenzia, o meglio, che sarebbero potuti accadere, credo a mio parere non sia sbagliata l’osservazione attenta di tutti gli utenti che entrano ed escono da quell’ufficio: potrebbe tornare utile nel futuro, penso spesso, aver notato qualcosa che ad altri magari non è proprio balzato agli occhi. Certe volte poi, quella che posso guardare dalla mia casa, sembra proprio sia la parte più viva del centro abitato, un luogo, una strada, un marciapiede, dove si scambiano saluti, informazioni, rallegramenti, dove si riesce facilmente a socializzare, e vengono espresse da tutti con sincerità le rispettive opinioni. Si parla, si dice quali siano i propri pensieri, le idee, le preoccupazioni, se ci sono, o le difficoltà che si tenta di fronteggiare qualche volta. Non riesco da qua a comprendere le parole che si scambiano, queste persone, ma ci vuole poco ad immaginare i discorsi che vengono intavolati.  

Certe volte riconosco qualcuno con cui negli anni scorsi sono stato in frequente contatto, magari fino a non molto tempo fa, almeno fino a quando la mia malattia non mi ha costretto a rimanermene in casa e a non frequentare più nessuno. Mi proietto facilmente là in mezzo a quei miei amici di un tempo, e sento quasi ancora le loro voci nelle orecchie, le riconosco, così come riconosco facilmente le loro maniere di essere e di comportarsi. Mi tengono compagnia, in qualche modo, anche se queste persone che scorrono davanti a me neanche suppongono di essere osservate, ed io non mi lascio certo vedere da quelli che qualche volta girano persino lo sguardo verso la mia parte, come per scrutare se io per caso mi sia affacciato in quel momento al davanzale, ed abbia forse voglia di scambiare il mio saluto con il loro. No, non posso aprire questa finestra, sporgermi verso la strada, mostrare il mio volto di questi ultimi tempi, così peggiorato che neppure io stesso mi soffermo ad osservarlo ancora nello specchio del bagno. Sto qui, di nascosto, però volentieri guardo tutti, ed è un po’ come essere ancora dentro alla vita del paese, come se i discorsi immaginati che in questo momento si scambiano questi individui, riuscissero a darmi il sollievo di non essere isolato da tutto.

Ho visto la signora Vanni, con l’espressione sempre più seria, probabilmente per la preoccupazione di mandare avanti sempre al meglio tutto l’ufficio. E poi gli altri impiegati che conosco, che arrivano la mattina presto per svolgere come sempre il loro ruolo. C’è Laura, la ragazza che sta dietro allo sportello al pubblico, che a metà mattina va a prendersi un caffè alla Casa del Popolo poco lontano, qualche volta insieme a quel nipote del vicesindaco, con il quale probabilmente deve aver messo su una relazione, anche se non sembra che le cose vadano avanti troppo bene, almeno a giudicare dalla carenza tra di loro di qualche anche minimo gesto tenero. Escono in due, ma lui tiene lo sguardo sempre a terra, e lei prosegue, come è sua consuetudine, ad elargire grandi saluti e sorrisi a tutti coloro che incontra. Trovo qualcosa di inadeguato in quel loro comportamento, come se qualsiasi desiderio di stare assieme, fosse frenato da qualcosa più importante, e quella breve pausa dal lavoro, probabilmente dopo che lui ha terminato la consegna delle lettere con quel ciclomotore sulla cui carrozzeria spicca la scritta Poste Italiane, fosse diventata in breve tempo soltanto un’abitudine, che forse uno almeno di loro due vorrebbe ultimamente quasi evitare.  

Mi dispiace rendermi conto di questi piccoli dettagli, forse perché nel mio mondo immaginario vedo tutti quanti andare sempre d'accordo tra di loro, e vedere davanti ai miei occhi solo la dimostrazione chiara che tutti si aiutano e si vogliono bene, anche se riconosco che non è perfettamente sempre così. L'infermiera che raggiunge la mia casa ogni giorno per curarmi, dice che forse potrei anche azzardarmi ad uscire, una volta o l'altra. <<Ma non ha alcuna importanza>>, le rispondo. <<Per quello che mi interessa sapere, ho già tutto quello che mi serve restando immobile dietro la mia finestra. Eppoi non voglio proprio che qualcuno mi fermi lungo la strada o sul marciapiede davanti casa mia, magari soltanto per mostrare tutta la sua pena nei miei confronti>>.

 

Bruno Magnolfi

          

martedì 16 maggio 2023

Accettazione della realtà.


            Davanti alla Casa del Popolo di Calci nessuno ha più voglia di fare dei pettegolezzi. Gli abitudinari del posto sono tornati ai tavoli del locale per fare qualche mano alle carte, e gli altri davanti al bancone parlano come sempre del gioco del pallone, oppure di politica, o di donne, e di altre sciocchezze del genere. Anche Alberto è quasi diventato, in certe sere, un abitudinario di quel locale, e qualcuno si è già intrattenuto qualche volta a parlare con lui, magari chiedendogli qualcosa sull’Ufficio Postale, o della consegna delle lettere, e di altre cose di quel tipo. Ormai, dopo l’infortunio di Gino, che peraltro ne avrà ancora per un lungo tempo prima di rimettersi nella condizione per riprendere con il suo lavoro, Alberto è già stato accolto da quasi tutto il paese come il nuovo postino, anche se svolge quel ruolo solo momentaneamente, in sostituzione appunto del collega, ed allora quando passa dal locale, anche soltanto per un caffè, c’è sempre qualcuno che a voce alta dice a tutti gli altri: <<ecco il nostro postino>>, senza che lui trovi mai nulla da eccepire. Gli piace, anzi, essere accolto in questa bonaria comunità di brave persone, ed il fatto di trovare ogni tanto anche il marito di Lorenza da quelle parti, lo conduce inevitabilmente ad intrattenersi con lui per parlare del contratto di lavoro, delle possibili rivendicazioni, e dei diritti dei lavoratori, chiacchiere sindacali che comunque non sono sfuggite alla maggior parte dei frequentatori del locale, tanto che molti hanno iniziato a non accostare più Alberto a quelle idee politiche di destra espresse in qualche modo da tutta la sua famiglia, e culminanti nella carica di suo zio, noto vicesindaco del paese. 

            Qualcuno forse vorrebbe anche chiedergli qualcosa della sua innegabile relazione con Laura, ma ancora non ci sono del tutto le condizioni di affinità e di conoscenza che lascino osare verso di lui un argomento così personale e intimo di quel genere. Però lo ascoltano sempre attentamente quando produce qualche risposta su argomenti anche distantissimi da questo, forse proprio nell’attesa che dalle sue parole trapeli, anche per sbaglio, qualche illuminazione proprio su quella faccenda. Così gli chiedono a volte come si trova nella sua nuova abitazione, oppure quale giudizio si sentirebbe di dare, proprio con i suoi occhi da esterno, di questo loro paese che lo sta accogliendo, sia per il lavoro in cui è impegnato, che per la casa che adesso abita. Però, proprio mentre gli chiedono tutto questo, in mezzo ai loro pensieri sicuramente proseguono ad avere ben impresso il fatto, ancora mal digerito, che una ragazza di quel loro paese si sia data, chissà perché, ad uno esattamente come lui, anche se riconoscono tutti come non siano assolutamente fatti loro. Uno di cui non è ancora possibile fidarsi, anche se in apparenza, per giudizio unanime, sembra proprio un ragazzone tranquillo.

            Ma Alberto immagina di entrare d’improvviso come una furia dentro al locale, e a voce alta, mentre tutti di colpo si zittiscono, iniziare a dire: <<Io, io, io; che ho creduto di poter fare un salto nella mia esistenza, semplicemente arrivando qua, in mezzo a voi, a servirvi con il mio lavoro, e ad abitare in una delle vostre case, nel tentativo di amalgamarmi con voi di questo paese, e portare per mano lungo le vostre strade quella ragazza che è il fulcro di tutto questo, a cui tutto sembra girare attorno, e della quale in certi giorni mi sembra di non poter proprio fare a meno. Bene, io sto fallendo con il mio progetto, e se adesso vi guardo non riconosco niente in voi che possa essere anche mio. Non ci voleva molto, era sufficiente un guizzo di sentimento in più, probabilmente, ma forse non c’è stato, e non so neppure se darne la colpa a me stesso, oppure a chissà cosa. Però, adesso, sono semplicemente immerso nei dubbi, e non so come uscirne>>. Naturalmente non avrebbe mai il coraggio di fare una tirata del genere, e forse ai frequentatori della Casa del Popolo non interesserebbe neppure ascoltare dei discorsi di questo tipo; però, è assolutamente vero, pensa Alberto quando rientra in casa da solo, che non so più di che cosa faccio parte, e neppure che cosa io stia cercando, o quale potrà essere il mio futuro. All’improvviso non ho neppure una vera personalità, una maniera mia di interpretare questa vita che mi è data e che in questo momento non riesco neppure a comprendere. Mi guardo attorno, ma non trovo forse niente di quello che vorrei.

            Alla fine, però, lui sorride, specialmente quando qualcuno torna a dargli una pacca sopra la spalla, e a sostenere che c’era proprio bisogno di un nuovo postino nel paese di Calci. Forse lo prendono in giro, pensa Alberto, ma lo fanno in maniera accettabile, senza alcuna cattiveria. Se soltanto riuscisse a parlare con Laura con la stessa sincerità che certe volte prova dentro sé stesso, forse le cose sarebbero diverse per lui, e lei probabilmente riuscirebbe ad avere di Alberto una stima maggiore. Ma non ci possiamo disegnare così come ci piace, e poi bisogna sempre accettare la realtà.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 13 maggio 2023

Niente da perdere.


            Lui entra dentro al negozio, si guarda attorno, poi si fa incartare qualcosa dall’uomo che sta dietro al banco, mentre intanto prende alcune confezioni da uno scaffale. Non è facile prepararsi qualcosa da mangiare che non sia quasi sempre la medesima cosa, ed Alberto riflette che per molti anni lui in fondo ha sempre pranzato dalla sua mamma, anche quando è stato ristrutturato il piano superiore della casa dei suoi genitori, ed ha iniziato ad abitare per conto proprio. Almeno una volta al giorno difatti, lui ha sempre disceso con calma le scale, e con la scusa di fare due chiacchiere con lei mentre suo padre non c’era, ha lasciato che sua madre gli servisse qualcosa di buono al tavolo di cucina, magari qualcosa già preparato apposta per lui. Soltanto adesso forse si rende conto di quanto possa essersi lasciato viziare da certe abitudini, ed adesso, aver preso in affitto un appartamento così lontano dai suoi, ha messo subito in luce il fatto di non sapere quasi cucinare nemmeno le cose più elementari. Naturalmente ha chiesto subito aiuto a Laura, e già più di una volta, ma lei si è limitata a sorridere, anche se poi gli ha dato qualche dritta per preparare dei piatti veloci, spiegandogli che la cosa migliore in quel campo è quella di arrangiarsi, e magari sbagliare, in modo però da migliorare poco per volta le proprie capacità e il proprio intuito, piuttosto che farsi insegnare.

Il negoziante continua a servirlo; sa benissimo chi realmente sia quel ragazzone che adesso si ritrova davanti, ma per lui alla fine è un cliente come tutti, anche se comprende al volo quella sua indecisione sull'acquisto dei prodotti alimentari. Non è semplice tentare di fare qualcosa di cui non ci siamo mai preoccupati, e la cosa peggiore arriva quando a quell'attività non abbiamo proprio mai dato alcuna importanza, né prestato attenzione. Quello che ha di fronte è un figlio di famiglia benestante, praticamente incapace di prendere in esame le piccole cose quotidiane, di stare dietro a dettagli così insignificanti, a suo parere, da non essere presi neppure in considerazione. Ma l’esistenza è fatta così, e prima o dopo ti mette di fronte a delle esperienze delle quali non ti saresti mai immaginato la possibilità, quasi che l’ironia della sorte fosse rimasta in agguato per stare a vedere come te la saresti cavata. Forse adesso, chissà, vorrebbe fare bella figura magari cucinando qualcosa per la sua ragazza, ma non è così facile, e poi soprattutto non si imparano mai le cose da un giorno a quell’altro.

 Poi Alberto paga, ed infine esce dal negozio dei generi alimentari con i suoi acquisti, e tenendo in mano la busta pesante delle provviste, se ne va verso casa, convinto di poter mettere insieme una cena quasi perfetta. Nella mattinata ha proseguito a consegnare la posta, così come sta facendo oramai da vari giorni, e per la prima volta gli è venuto l'improvviso sospetto che il ciclomotore messo a disposizione dell’Ufficio Postale di Calci dalla Direzione Generale di Pisa, sia stato venduto all’organizzazione proprio da suo padre, quasi per ulteriore ironia, che comunque prosegue a rappresentare il più grosso commerciante in quel settore di tutta la Provincia. Laura sembra sempre più distaccata; a lui pareva che una volta preso in affitto quell’appartamento dove è andato ad abitare, lei potesse mostrarsi facilmente disposta a stare con lui in ogni possibile momento libero, ma le cose non stanno affatto andando in questa maniera, ed Alberto si ritrova spesso da solo in quelle stanze un po' estranee, e a cucinare su dei fuochi che proprio non sente suoi, in una casa che era già ammobiliata, sfornellando qualcosa di estremamente semplice e di scarsa soddisfazione per il palato, fino a trascorrere delle serate in maniera sostanzialmente noiosa.

Alberto non sa ancora spiegarsi che cosa tra lui e Laura abbia velocemente iniziato a non andare più per il verso giusto, e se pensa ai suoi vecchi amici di un tempo che ha lasciato a Bientina, gli viene quasi da vergognarsi per come si è ridotto, tanto che se loro lo vedessero in questo momento probabilmente non lo riconoscerebbero neppure. Poi telefona a sua madre. Non sa troppo bene cosa dirle, e soprattutto non vuole certo lamentarsi con lei per il peggioramento della sua situazione, però, all’improvviso, è proprio sua mamma, meravigliandolo e non poco, che subito va oltre questi pensieri e lo invita ad andare a pranzo da lei. <<Quando ci sarà anche tuo padre>>, puntualizza. Alberto è colto di sorpresa, e non volendo apparire scortese risponde di sì, che andrà da loro a Bientina la prossima domenica. Almeno mangerò qualcosa di buono, pensa mentre saluta sua madre e riaggancia il telefono. Mio padre vuole vedermi, riflette ancora, chissà di che cosa vuole parlarmi, forse soltanto di sciocchezze, o magari desidera addirittura farmi qualche proposta. Soltanto domenica capirò tutto questo, e in fondo non mi pare, al punto in cui sono arrivato, di avere niente da perdere.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 10 maggio 2023

Acqua piena di luce.


Ora sogno di immergermi lentamente nell'acqua del mare, in una giornata piena di sole, nella trasparenza di piccole onde appena accennate. Muovo le braccia con naturalezza, con calma, e raggiungo il largo in un breve lasso di tempo, assaporando un senso di libertà che neppure ricordavo possibile. Ho visto le maschere delle persone che conosco da sempre, in questi giorni, ed ho avuto conferma che tutti avrebbero da dirmi qualcosa, ma nessuno ha il coraggio di farlo. Forse mi hanno sempre giudicata in modo differente da ciò che dimostro in questo periodo, ma tutto ciò non ha alcuna importanza, io vado avanti con le mie cose, e faccio quello che ritengo per me più opportuno. Ne ho già parlato anche con i miei genitori, e loro mi hanno confermato pieno sostegno in tutto ciò che ho in mente di fare. Anzi, loro non hanno neppure da intavolare alcun giudizio che tenti di modificare le mie scelte: <<Sei grande abbastanza>>, ha detto subito mio padre; <<Ciò che decidi di fare per noi andrà sempre bene>>. Così mi sono fermata a dormire da Alberto già per un paio di volte, e forse rimarrò ancora da lui in qualche altra occasione, anche se c'è qualcosa in tutti i suoi modi che non mi convince. È cortese, tranquillo, anche dolce, però certe volte mi guarda come se non comprendesse del tutto ciò che io ritengo essenziale. Certo, non mi aspetto che inizi ad interessarsi di teatro soltanto perché il corso a cui sto partecipando per me è molto importante. Però ho capito come lui vada molto a rimorchio delle opinioni degli altri su alcune delle cose che non comprende, senza mai avere un proprio personale parere. E questo per me è già un discreto problema.

Poi mi sono accorta subito di come lui tenda a fare con me la classica coppietta di un certo vecchio stile, con cenette a due, e poi smancerie senza fine. Però a me, forse per la prima volta in vita mia, interessa in questo momento soprattutto allargare gli orizzonti che mi vengono offerti da tutto ciò che mi circonda, e poi anche scoprire nuove strade, battere dei sentieri diversi, magari anche impervi e al limite inesplorati, però assolutamente accattivanti, com'è appunto recitare, interpretare, interessarsi di teatro, conoscere le persone che fanno parte di questo mondo del palcoscenico, piuttosto che ripiegarmi su atteggiamenti che sanno soltanto di risaputo. Non so come spiegarglielo ad Alberto tutto questo, perché credo che per lui sia completamente differente il proprio panorama, e forse immagino non riesca neppure a concepire una base di partenza dalla quale darsi una spinta verso qualcosa d'altro. Sicuramente è un bravo ragazzo a cui mi sono senz'altro affezionata, però questo non mi pare sia del tutto sufficiente. Mi piace stare con lui qualche volta, però non sempre, come invece vorrebbe Alberto. Così come non credo sia una buona idea occuparsi assieme delle medesime cose, ed anche questo è un aspetto che lui non sembra comprendere.

Insomma, devo cercare di tenerlo a distanza, almeno per il momento, e dare seguito soprattutto ai miei desideri, cercando di non chiedere quasi mai la sua opinione, che appare sempre piuttosto lontana dalla mia. Credo che la nostra relazione, comunque, sia destinata ad avere una breve esistenza, ed anche se non voglio certo accelerare le cose, penso proprio che prima o dopo ci ritroveremo, Alberto ed io, ad avere delle idee talmente distanti da metterci assolutamente in condizione di prenderne atto, e chiudere così questa storia. Per adesso però tiro avanti, anche se la mia amica Elena ha già detto che non riesce più mentalmente a seguire il mio percorso, e che forse dovrei accontentarmi di qualcuno che mi vuole bene e che vuole stare al mio fianco. Ma io credo di avere ultimamente le idee piuttosto chiare, e mai come adesso mi sono sentita così convinta di ciò che sto facendo, indipendentemente da tutti coloro che con ogni probabilità troveranno a breve sia da criticarmi duramente, che da costruire delle vere polemiche sulla mia condotta. Non faccio del male a nessuno, ho il mio lavoro, le mie passioni, e sto costruendo poco per volta il mio futuro. Non credo si possa aspettarsi, da una ragazza di paese come me, qualcosa di migliore.

In ufficio mi accorgo che gli utenti certe volte bisbigliano a bassa voce davanti al mio sportello, magari esattamente quando, nell’entrare dentro all’Ufficio Postale, trovano già qualcuno che conoscono mentre sta pagando le sue bollette sul conto corrente, ed allora mi guardano con le loro espressioni false, che in ogni caso trovano in me sempre un largo sorriso a salutarli e ad accoglierli. Qualcosa, molto presto, dovrà cambiare anche qui, penso ogni tanto; scivolerà via questa mentalità tradizionalista, le idee conservatrici verranno soppiantate da grandi volontà di cambiamento, il provincialismo allenterà la sua presa, ed alla fine chi riesce a nuotare nelle acque profonde, proverà finalmente la sensazione meravigliosa di restare immerso in un’acqua piena di luce.

 

Bruno Magnolfi    


domenica 7 maggio 2023

Assoluta indifferenza.


            Mi sento così impacciata adesso. Pensavo che le cose poco per volta si sarebbero normalizzate, formando così delle consuetudini quasi prive di qualsiasi inciampo, dopo quello che abbiamo dovuto patire, ed invece in un attimo tutto sembra essere cambiato di nuovo, in questo benedetto Ufficio. Questi due ragazzi, che ci raggiungono da Pisa ogni giorno con la macchina messa a loro disposizione per venire a svolgere il lavoro a cui sono stati destinati dai dirigenti superiori, ci trattano, a noi paesani di Calci, come se avessero a che fare con delle persone incapaci di far funzionare il cervello alla loro stessa velocità. Come Direttrice di Sede ho cercato di spiegare a tutt’e due fin dagli inizi di che cosa avrebbero dovuto occuparsi, considerato che sono stata costretta a destinare il nostro Alberto alla consegna domiciliare della posta ordinaria in tutto il nostro Comune e nelle frazioni, naturalmente per sostituire Gino che si è infortunato, ma loro si sono scambiati delle occhiate rapide, ed hanno inteso fin da subito svolgere quelle mansioni in modo diverso da come noi eravamo abituati, tanto da metterci un po’ in difficoltà. Sono rimasta ad attendere, nei primi giorni, nella speranza che le cose prendessero una piega più vicina a quanto abbiamo sempre fatto, ma quei due sono andati avanti a sistemare i pacchi e la corrispondenza con dei criteri tutti diversi, tanto che adesso diventa difficile per qualcun altro metterci le mani. Soprattutto mi è parso, dai loro sguardi d’intesa, come avessero quasi messo a punto un piano per crearci delle difficoltà, ed allora sono arrivata a chiedere a me stessa se addirittura fossero stati in combutta con i Dirigenti di Pisa per creare lo scompiglio dentro al nostro piccolo Ufficio Postale. Ma in seguito ho capito che non vengono volentieri a lavorare nella nostra Sede, ed è per quello che il loro impegno sicuramente è al minimo.

            In più, c’è adesso questa faccenda tra Alberto e Laura che è diventata la storiella su cui ognuno deve per forza formarsi un’opinione; per cui, anche tra gli utenti dell'Ufficio Postale che vengono da noi per una raccomandata o una bolletta da pagare, ciascuno è pronto a dare delle occhiate esaustive per vedere cosa succede dietro al bancone al pubblico, dove lavora Laura, e la stessa Lorenza che fino ad oggi mi era sempre parsa morigerata e persona lontana dai pettegolezzi, si è messa d’improvviso a fare la curiosa, ed ogni occasione anche a lei sembra perfetta per far cadere i propri discorsi sempre su quell’argomento, quasi come non ce ne fossero degli altri. Forse anche i due ragazzi nuovi, che se ne stanno quasi tutto il tempo per i fatti propri, hanno compreso che c’è qualcosa di strano che vola nell’aria, e non vorrei proprio iniziassero a parlare di tutto questo al di fuori dell’Ufficio, gettando facilmente del discredito su tutto il personale. Da Pisa poi mi fanno ogni tanto anche qualche pressione, sostenendo che i Conti Correnti Postali aperti in questa Agenzia, sono al di sotto della media del resto della provincia; ma io non saprei proprio come pubblicizzare i nostri servizi, e se la gente di Calci mette i propri soldi da altre parti, non so come convincerla a ripiegare su di noi.

Insomma, tutto sembra zoppicare, e se in un primo momento mi era quasi parso un miglioramento il fatto che il nostro Alberto si fosse allontanato dalla propria famiglia prendendo un appartamento in affitto nella zona più centrale di Calci, così da averlo disponibile per qualche straordinario, adesso che tutti dicono con grandi ammiccamenti che in quella casa lui ci trascorre le serate insieme a Laura, mi fa quasi diventare una specie di ruffiana, insomma una che manovra alle spalle per mettere assieme le persone. Da un punto di vista personale devo dire che a me non può fare altro che piacere se gli impiegati di questi nostri Uffici filano d'amore e d'accordo, ma considerato come si sono messe le cose, dovrò prendere, nei confronti di questa coppia di fatto, un atteggiamento meno favorevole, in maniera che tutta la faccenda tenda almeno un po’ a sgonfiarsi. Me ne accorgo quando gli utenti sorridono solo nel vedermi dietro la vetrata del mio piccolo ufficio, e sono sicura non si facciano mai alcun problema nel mostrarmi il loro divertirsi per tutto quanto sono capaci di immaginare. Credo, addirittura, che uno di questi giorni dovrò telefonare alla mamma di Laura, ed anche se sua figlia ha quasi trent'anni, chiederle ugualmente se si sia resa conto di ciò che sta succedendo. È una brava donna la madre, la conosco da sempre, e se un'altra persona normalmente potrebbe invitare chiunque ad occuparsi d’altro, nel suo caso penso proprio che mi ascolterà.

<<Si tratta del buon nome dell'Ufficio Postale di Calci>>, potrei subito dirle; <<e soprattutto di quei tanti pettegoli e ficcanaso del paese che non hanno nient'altro di meglio da fare se non preoccuparsi dei fatti degli altri>>. Non so, forse dovrei proprio farlo, rifletto con più calma; o forse proprio non è il caso, e allora potrei magari lasciare che le cose continuino a scorrere più o meno come sempre, accompagnate dalla mia più assoluta indifferenza. Chissà.

 

Bruno Magnolfi

venerdì 5 maggio 2023

Scelte adeguate.


            Si alza lentamente dalla propria scrivania, Lorenza, senza sapere bene neppure che cosa abbia desiderio di fare. In questo momento regna la calma tra gli impiegati, non c’è nessun utente dentro l’Ufficio Postale, e Laura dietro allo sportello sta mettendo in ordine semplicemente qualche modulo, oppure sposta qualche foglio di carta, nell’attesa che giunga almeno un cliente. Si accosta a lei, Lorenza, forse soltanto per farle un sorriso, o per mostrarle la propria amicizia, magari una certa vicinanza, anche se non c’è un vero motivo per farlo, e senza sapere bene neppure se parlarle davvero di qualche argomento, oppure no. Vorrebbe forse spiegarle quanto sia evidente il cambiamento che sta senz’altro avvenendo in lei negli ultimi tempi: quella improvvisa sicurezza di sé, quel suo sorriso sempre radioso, quei gesti misurati eppure completi. Ma le rimane estremamente difficile trovare le parole adatte a dire cose del genere, e poi le è chiaro che la sensibilità capace di registrare certe variazioni in una persona, può essere facilmente fraintesa con mille altre espressioni più negative di ciò che si vorrebbe. Decide di non dirle niente, alla fine, limitandosi ad osservare quei fogli impilati sopra il bancone, come se soltanto gli oggetti cartacei, le buste, i moduli, le ricevute, dentro a quel loro ufficio, avessero un senso preciso, una decisiva importanza. Peraltro, da quando sono stati destinati i due nuovi impiegati al rinforzo del personale di Calci, il lavoro per tutti quanti si è fatto decisamente più leggero, senza ancora quegli affanni di qualche tempo addietro. <<Sto bene>>, le dice invece Laura all’improvviso, notando vicino a sé quella presenza, e sorprendendo la collega con la propria naturale perspicacia. <<Questo periodo per me si può dire sia quasi una rinascita>>, le fa sottovoce, <<e mi trovo ad essere costantemente piena di entusiasmo>>.

            Lorenza sorride, la guarda senza riuscire a pronunciare alcuna parola adatta, però è contenta di quello che le sta dicendo Laura, ed è esattamente quello che forse desiderava sentirsi dire. Certo, tutti si sono accorti della relazione nata tra lei ed Alberto, ma loro non sono più dei ragazzi, e non può essere soltanto quello il motivo del suo profondo cambiamento in corso, anche se forse è stata davvero la spinta necessaria. <<Sono più sicura di me>>, prosegue Laura senza neppure spostarsi da dove si trova, <<ed è una sensazione meravigliosa, anche soltanto sapere all’improvviso che cosa si desidera davvero, e che cosa invece si vuole lasciar perdere>>. Lorenza la guarda, e vorrebbe quasi porle qualche domanda, sapere di più, ma le parole di Laura sono spiazzanti, non lasciano campo a nessuna ulteriore curiosità, così riesce soltanto a dirle, con voce bassa: <<sono contenta per te, mi pare davvero che tutto ti vada per il verso giusto>>. Poi si muove verso l’ufficio della Direttrice, magari per chiederle se ci sono delle novità, ma poi ci ripensa e torna a sedersi alla sua scrivania. Alberto, in questo stesso momento, è in giro con il ciclomotore, impegnato a consegnare la posta, e forse prova dentro di sé un po’ di dispiacere per non trascorrere più come prima tutto il suo orario di lavoro dentro l’ufficio dove si trova anche Laura, ma di controparte si sente molto bene all’aria aperta, più libero di guardarsi attorno e di respirare la tranquillità del paese.

            Lorenza probabilmente desiderava sapere qualcosa sul suo futuro, venire a conoscenza di qualche decisione importante da parte di Laura, però non si sente nella condizione di chiedere sfacciatamente delle cose del genere. Sicuramente anche i genitori di questa sua collega saranno in apprensione per i cambiamenti repentini che lei sta mettendo in atto, però alla fine sono dettagli personali su cui non è lecito fare delle domande, magari esibendo una certa falsa indifferenza. Ha notato però che Alberto, al mattino, prima di partire con il suo ciclomotore sempre carico di posta da consegnare, si ferma inderogabilmente qualche minuto da lei, e in un paio di occasioni sono addirittura arrivati assieme in ufficio, dando segno di aver trascorso probabilmente la notte nel nuovo appartamento che lui ha preso in affitto in paese. Nei mesi scorsi le pareva che quei due non fossero destinati ad avere una storia, diversi di carattere come appaiono a tutti, ma in questo campo sbagliarsi è del tutto normale. Adesso Lorenza si chiede persino quale mai sarà stata la scintilla che ha fatto scaturire quel rogo tra i due, e forse secondo lei è anche lecito considerare per quanto tempo possa mai avere un vero seguito quel loro innamoramento, considerato che Laura sembra notevolmente attratta da questo corso di teatro di cui ha parlato con chiunque, e che pare stia seguendo con grande passione e dedizione. Probabilmente giungeranno addirittura delle improvvise novità tra non molto, immagina lei adesso; o forse le loro decisioni saranno tali che in poco tempo non si troverà più niente di cui stupirsi, e quella tra loro due sarà un’altra coppia stabile come altre che si sono formate in questo piccolo paese di provincia. E tra le due soluzioni, forse l’augurio più giusto da fare è quello che ambedue siano capaci di mettere in pratica la scelta migliore.

 

            Bruno Magnolfi    

martedì 2 maggio 2023

Persona compiuta.


            <<Alberto se n’è andato da casa>>, aveva detto con un filo di voce la madre di Alberto a suo marito. Lui l’aveva guardata per un attimo, come se la stesse vedendo per la prima volta, e poi aveva scosso la testa come per non riuscire a comprendere cosa intendesse dire. <<Ha trovato un appartamento in affitto, ha messo le sue cose dentro la macchina, ed è partito, tutto qua>>. Lui allora si era mosso nella stanza, quasi per dimostrare che esattamente come per tutti i problemi che la sua famiglia era stata in grado di affrontare fino adesso, si sarebbe trovato facilmente un rimedio anche a quello. <<E dove rimane, questo appartamento?>>, aveva chiesto poi con un tono quasi burlesco. <<Vicino a dove lavora, a Calci>>, aveva risposto sua moglie con un modo che sembrava moltiplicare quella breve distanza tra i due paesi della provincia, almeno per un numero pari a cento. <<Potrebbero essere le spese a riportarlo indietro>>, aveva detto lui a voce alta, ma come parlando a sé stesso. <<Per quello, forse possiamo dargli una mano a pagare la pigione e le bollette>>, aveva detto la donna con una leggera titubanza. <<Ma certo>>, diceva allora suo marito con impeto. <<Anzi, dobbiamo pagargli tutto per intero. In fondo ci libera il piano superiore di questa casa, e poi non voglio certo che qualcuno di quei paesani si renda conto che mio figlio sta affrontando dei sacrifici economici. Non deve mancargli nulla, o almeno niente di quello che ha avuto fino adesso>>.

            Le ampie stanze silenziose dove si trovavano i due sembravano all’improvviso il risolutivo fermo immagine di una serie infinita di difficili fotomontaggi dai colori forti e sgargianti, che però in questo preciso momento apparivano tutti neutralizzati in un grigio indefinito, dai contorni vaghi, con gli scuri sfumati, e i chiari prossimi al colore pallido stesso della carta. Non ha mostrato mai nessun talento, aveva pensato lui di Alberto qualche volta, anche se questo non lo aveva mai detto a nessuno. In ogni caso non gli dispiaceva ora quella mossa, anche se improvvisamente si sentiva più solo, invecchiato, maggiormente distante da qualcosa in cui tanti anni fa forse aveva creduto, senza accettare mai del tutto la realtà incontrovertibile. Magari sarebbe stato il momento per stringersi a sua moglie, provare quella normale nostalgia per quando loro figlio era stato un bambino, ed aveva riempito la loro casa di giochi e di schiamazzi, ma il padre di Alberto, in questo attimo esatto, desiderava soltanto rimanere da solo, o almeno vuotarsi la mente da qualsiasi preoccupazione. Perciò aveva acceso la televisione, e poi si era seduto sulla sua poltrona preferita, completamente immerso in uno stallo che difficilmente sarebbe comunque riuscito ad evitare.    

            In fondo erano mesi che lui non parlava con suo figlio, e le uniche notizie che di recente aveva avuto di Alberto, erano state semplicemente quelle filtrate e ammorbidite dalla voce di sua moglie. Presto sarebbero cambiate le cose però, di questo ne era sicuro. Andare ad abitare in una casa diversa da quella di famiglia, e addirittura in un altro centro abitato, poteva soltanto smuovere il carattere duro e incarognito che secondo lui si ritrovava suo figlio, e quindi Alberto stesso sarebbe presto tornato ad accettare gli inviti per il pranzo della domenica che sua madre non avrebbe certamente lesinato da ora in avanti, e in quelle nuove occasioni ci sarebbe stato allora tutto il tempo per parlare con calma e anche per chiarirsi, e addirittura, nell’illustrazione di ognuno nei confronti della propria giornata, probabilmente riavvicinarsi poco per volta. Anche lui si sarebbe fatto trascinare, anche per rendersi conto in quale appartamento fosse mai andato ad abitare suo figlio, naturalmente una volta invitato, ed allora gli avrebbe senz’altro dato qualche consiglio, magari lo avrebbe incoraggiato a trovare un alloggio più adatto, se quello non gli fosse piaciuto; oppure gli avrebbe preso come minimo dei mobili nuovi, migliori, più adatti ad uno con il suo nome. Certo, le cose sarebbero migliorate per tutti, ne era sicuro, e la loro famiglia avrebbe ritrovato una solidarietà che fino a ieri sembrava perduta.

            <<Sono contento>>, aveva detto a sua moglie una volta rimessosi in piedi ed aver fatto qualche passo con calma verso di lei. <<La mossa che ha deciso di compiere Alberto, non può far altro che trovarmi d’accordo. Sono sicuro che adesso troverà meglio e per conto proprio i valori importanti dell’esistenza, e a noi non giungeranno più soltanto delle delusioni da parte sua>>. La moglie lo aveva osservato in silenzio, immobile, come si aspettasse una rettifica di quelle parole, e per dare ancor più importanza a ciò che aveva sentito, non aveva aggiunto un bel niente, neppure un respiro. In fondo era il loro unico figlio, e già da parecchi anni si era ormai fatto uomo, per cui le scelte che forse aveva rimandato per troppi anni, adesso si erano condensate in un unico momento. Ma tutto ciò, comunque, andava bene; e se era davvero arrivato quel momento, era giusto che Alberto sentisse dentro di sé tutta la libertà che ci voleva per essere finalmente una persona compiuta.

 

            Bruno Magnolfi