mercoledì 30 giugno 2021

Nessuna voglia di uscire.

 

Nella stanza disadorna, lui si trova seduto accanto al piccolo tavolo di cucina, con l'avambraccio appoggiato, dal gomito fino a tutta la mano, sopra al piano di marmo, mentre le gambe, accavallate tra di loro in una posizione statica ed in perfetto riposo, sembrano unicamente sostenersi per la propria struttura ossea. Il suo sguardo è appannato e sembra quasi perso su di un punto imprecisato della parete che ha di fronte, mentre i suoi pensieri si potrebbero forse definire attorcigliati intorno ad una zona nebulosa, magari soltanto perché vaganti attorno ad una qualche decisione che appare complicata da prendere in così poco tempo.

<<Sono quasi pronta>>, fa lei dall'altra stanza, senza far risuonare alcun altro rumore oltre la propria voce leggermente squillante; ma l'eco di quella frase si spegne con immediatezza, subito dopo essere rimbalzata tra gli stipiti delle porte, e lasciando poi ristabilire nell’aria quel silenzio morbido e piuttosto sonnecchiante. In casa non c’è nessun altro a parte loro due, e dalla strada non giungono in questo momento rumori di traffico oppure d’altro. Lui si appoggia al suo braccio con sempre più forza, e lascia lentamente che i muscoli del collo a sostegno della testa poco per volta siano come vinti da quel peso cerebrale che devono sorreggere, senza che in questa fase siano capaci di opporsi alla gravità in maniera efficace, almeno tale da ristabilire in qualche modo l’ordine delle cose. Infine, dopo un lento e inevitabile movimento laterale, ed anche di leggera torsione della parte alta del suo corpo, accompagnato per di più dalla progressiva chiusura delle palpebre di piombo, lui si accascia con la propria spalla destra, con il braccio ormai disteso, ed anche con il capo fattosi terribilmente pesante, sopra quel tavolo liscio e disadorno, trovando praticamente in questo modo un nuovo equilibrio, e restando così, ormai privo di conoscenza.

<<Desideravo proprio indossare un vestito che ti piacesse>>, fa ancora lei dalla camera da letto, persa nei preparativi per uscire; <<ma ho scoperto che quello a fiori mi si è fatto stretto, ed allora è meglio se lo cambio>>. Lui non risponde, com'è peraltro sua consuetudine in casi di quel genere, anche se adesso non può, e lei non intende certo chiedergli un proprio parere, sapendo già in precedenza quanto lui si senta distante da cose come quelle. L’appartamento appare immobile, nulla mostra il senso del tempo che prosegue a trascorrere tranquillo. <<Ci sarà anche la Egle alla mostra, non so se te lo avevo già detto>>, prosegue lei mentre si veste. <<Ti prego di non parlarle troppo delle nostre faccende com’è tuo solito, che in un attimo poi tutti le vengono a sapere>>, fa ancora lei mentre si specchia sistemandosi addosso l’abito.

Si sente in lontananza il rumore dell’elettrocalamita che blocca l’ascensore una volta giunto al loro piano, e lei si ferma un attimo in ascolto, provando la sensazione che qualcuno abbia sciaguratamente deciso di venire da loro proprio in questo preciso momento, anche se poi avverte con un deciso senso di liberazione il rumore delle chiavi del vicino dirimpettaio mentre apre la porta di casa dalla parte opposta del loro pianerottolo. <<Ci sarebbe mancata soltanto tua sorella a farci una visita>>, fa lei a bassa voce per non farsi sentire, ma intanto esce dalla sua stanza per andare verso il marito. <<Ti sembra questo il momento di mettersi a sonnecchiare>>, gli fa appena lo vede così, appoggiato sopra al tavolo; ma lui non si riscuote, e la posizione che pare avere assunto, sembra ad ogni attimo che passa sempre più definitiva.

Lei gli tocca una mano, cerca di smuovergli un braccio, ma comprende immediatamente che c’è qualcosa di serio che si sta compiendo in questo preciso momento. Prende il telefono per comporre un numero, ma immediatamente iniziano a tremarle le dita, e forse si rende conto sempre di più che probabilmente saranno persino del tutto inutili quei suoi piccoli sforzi. Allora lo chiama, lo muove, gli prende la faccia tra le sue mani, vorrebbe piangere, ma ancora non sa se proprio sia il caso, poi prende rapidamente dell’acqua, gli bagna la fronte, gli accarezza i capelli, lo scuote di nuovo, con un certo disperato vigore, e lui allora apre i suoi occhi, la guarda adesso con espressione quasi  distante mentre si ricompone, e poi le dice soltanto che non si sente bene, e forse non avrebbe proprio voglia di uscire, almeno questa sera.

 

Bruno Magnolfi

domenica 27 giugno 2021

Fin dagli inizi.


<<Poi non c'è niente oltre le case in fondo al paese>>, dice Silvia Lotti frettolosamente a dimostrazione del fatto che da lì è bene comunque andarsene alla prima occasione. La sua amica sorride senza dare troppa importanza a quelle parole, ma continua a guardarsi attorno come non avesse mai visto una cittadina di provincia simile a quella. <<A me piace molto l'aria che si respira tra questa gente che ti conosce da sempre>>, le dice con calma, <<e che si interessa di te, dei tuoi progressi, delle tue scelte, della tua vita, insomma>>. Naturalmente si capisce come l’amica sia arrivata in paese soltanto stamani, giusto per trascorrere due o tre giorni assieme alla sua compagna di studi universitari ed assolutamente originaria di quel luogo, e non possa rendersi conto in questa maniera, abituata da sempre ad abitare in una grande città, di che cosa sia crescere in un piccolo centro grigio e monotono, di cui si può anche apprezzare alcuni aspetti minori certe volte, specialmente in certi particolari momenti, ma che alla lunga diventa assolutamente opprimente e asfissiante. <<Ho sempre desiderato andarmene da questa località>>, dice Silvia adesso con espressione sincera; <<e forse l'occasione più concreta mi è stata offerta proprio dagli studi, almeno fino ad oggi, ed ovviamente in seguito dalla carriera lavorativa che potrò intraprendere tra non molto, presumibilmente lontano da qui. Per me quindi questa prossima laurea ha molto più valore che per qualsiasi altro studente, e corona in qualche maniera il mio bisogno di libertà, le possibili scelte da fare, il mio sentirmi improvvisamente fuori dalle logiche ossessive che si respirano qui. È un trampolino, una via di fuga, l'inizio di una vita così come l'avrei sempre voluta>>. L'altra annuisce, forse è vero che non comprende del tutto questa necessità di andarsene via dalla famiglia e da chi si conosce da sempre, elementi che appaiono così importanti adesso per la sua amica Silvia, ma in ogni caso rispetta anche questa opinione e ritiene forse persino auspicabile questa sua esigenza, senza soffermarsi in nessun caso a darne un giudizio.

<<Ci sono persone qua in giro>>, prosegue la Lotti, <<disposte ad avvallare a priori tutti i tuoi ideali, qualsiasi essi siano, senza mai criticare niente di te, almeno fino a quando ti sono di fronte, salvo commentare negativamente ogni tua scelta nello stesso momento in cui la stai effettuando, però alle tue spalle, senza mostrarsi, semplicemente parlandone in giro con gli altri che ti conoscono, che sanno quasi tutto di te; e questa pesante opinione che assumono questi sulle tue cose, diventa immediatamente, come per una magia, quella di tutto quanto il paese, che poi sembra quasi tenda a inseguire i tuoi comportamenti in ogni momento, come un legaccio morale che ti tenga legata a dei principi quasi inviolabili, che loro comunque ritengono propriamente quelli di tutti>>. L'amica la guarda cercando di manifestare anche adesso la propria comprensione, nella certezza di ritenere che ci sia qualcosa di troppo forzato in quelle parole, come se una parte di personalità avesse bisogno di un alibi forte per manifestarsi in modo completo. <<Non è neppure possibile ritenersi del tutto una vittima della situazione>>, prosegue Silvia Lotti; <<le cose stanno in questa maniera, se non hai la sensibilità per soffrirne, allora è un bene per te, che puoi dimostrarti indifferente a questi meccanismi; in caso contrario sei presa dentro ad una logica secondo la quale il tuo errore sarà manifesto, in un caso o nell'altro>>.

Poi tornano indietro, loro due, ripassano per il corso e davanti ai due o tre locali dove i ragazzi si fermano a bere ogni sera, e dove forse qualcuno di loro sta elaborando dentro di sé lo spirito giusto per schierarsi dalla stessa parte di Silvia; però è troppo facile e consueto per ognuno di loro abbracciare l'opinione comune e imperante, e così risolvere spesso con una semplice battuta di spirito tutto l'impegno di coloro che non ci vogliono stare a far parte della più diffusa mentalità, e che infine dovranno manifestare perciò, in qualche maniera, che erano diversi da subito, avevano altri pensieri, differenti proiezioni, fin proprio da quando tutto è iniziato.

 

Bruno Magnolfi


venerdì 25 giugno 2021

Atteggiamenti personali.

 

Mi giro nel letto senza decidere di alzarmi, nonostante sia già piuttosto tardi. Penso che non mi riguardi affatto tutto quello che sta accadendo fuori dalla mia casa, e per questo motivo rinuncio volentieri ad uscire dalle mie stanze dove peraltro vivo da solo, così da evitare anche di mettermi in bella mostra davanti a tutti gli altri. Certe volte mi telefonano; dicono: <<potresti raggiungerci, ci beviamo qualcosa assieme, facciamo un giro senza impegno magari>>. Non mi interessa un bel niente penso, voglio soltanto stare qui perché mi basta sapere che non c'è proprio nulla di interessante in mezzo a loro, niente che possa convincermi in qualche maniera a comportarmi in un altro modo che non sia questo. Così dico ai miei conoscenti per telefono che ho tanto da fare in questo periodo, <<non ho proprio il tempo, neppure per prendermi una pausa>>. Se poi ci penso meglio, credo sia perfettamente giusto da parte mia tenere una posizione di distanza rispetto a come si comportano normalmente tutti gli altri, anche quelli che dichiarano di sentirsi amici miei. Non è una questione di asocialità, soltanto non mi va di comportarmi esattamente come tutti loro, soltanto per sentirmi immerso così in un unico sistema che oltremodo ci renda falsamente vicini e  solidali. Sto qui e rifletto che non ho niente di cui appassionarmi, o meglio non vedo nulla di buono che sia capace di tirar fuori un pur piccolo entusiasmo da dentro di me, ed è proprio quello che invece con ogni probabilità sembra a tutti quanti qualcosa di assolutamente necessario ed essenziale.

Infine mi alzo, giro per casa in ciabatte senza neppure un vero motivo, e poi guardo qualcosa dalla finestra, per andare infine a sedermi davanti al tavolo della cucina, ad osservare inutilmente qualcosa di insignificante davanti a me. Non ho nessuno scopo da raggiungere, niente che mi prometta nel futuro di farmi essere diverso da come sono oggi, eppure non provo alcuna soddisfazione dentro di me, come se evidentemente mi mancasse qualcosa, anche se non so ancora comprendere che cosa mai possa essere. Qualcuno mi chiama dalla strada, così mi alzo, mi accosto alla finestra, scanso la tendina. Ma non c'è nessuno, è stata soltanto la mia immaginazione, o forse un mio desiderio recondito ed inconfessabile. Sorrido, però mi vesto per uscire, metto in tasca le chiavi e qualche soldo, ma quando arrivo a scendere le scale condominiali sento il ritorno dello sconforto venire direttamente dal mio interno, quasi come un rigurgito, un sapore amaro nella bocca, come se la mia opinione principale stesse rapidamente riprendendo il sopravvento su ogni altra cosa mi metta in mente di fare. Chiudo l’uscio dietro me e poi mi siedo sul primo gradino del pianerottolo, per poi prendermi la testa tra le mani come nel tentativo di riflettere qualcosa, restando così, mentre cerco di decidere quale sia il da farsi più efficace. Esce in quel momento, proprio di fronte a me, chiudendo lentamente alle sue spalle il portoncino dell'appartamento, la mia vicina.

<<Che cosa succede, signor Ferretti>>, mi chiede con voce decisamente preoccupata. <<Non so>>, le dico, <<non riesco  a decidere se sia meglio una cosa oppure un'altra. Il fatto sta che oggi è il mio giorno libero, potrei uscire, vedermi con qualcuno, godermi la giornata insomma; ma qualcosa mi trattiene, perciò eccomi qua>>. Lei mi osserva per qualche attimo quasi fossi un pazzo oppure un estraneo, si capisce che non sappia assolutamente cosa dirmi, ma il suo imbarazzo, anche se lo comprendo, mi instilla senz'altro anche un certo fastidio. <<L'accompagno>>, le dico a seguito rimettendomi subito in piedi, e lei accetta, iniziando immediatamente, proprio mentre scendiamo, a parlarmi dei suoi piccoli problemi coniugali, forse nell'idea che questi abbiano qualcosa in comune con i miei comportamenti. Giunti al portone del palazzo comunque la saluto, lei prende per la sua strada ed io getto un’occhiata lungo tutta la via grigia e anche monotona, e così decido che mi basta, e che adesso posso risalire con calma le scale fino al mio appartamento. Non c'è niente di particolarmente interessante là fuori, questo è il punto rifletto. Rispetto a quello che vedo dal mio punto di osservazione la decisione migliore risulta quella di starmene in casa da solo senza assolutamente impegnarmi in altre attività. E a dire il vero non comprendo neppure cosa ci sia di particolarmente strano nel mio modo di essere.

 

Bruno Magnolfi

 


lunedì 21 giugno 2021

Indiretta richiesta d'aiuto.

 

<<Ho visto di nuovo un fantasma oggi; insomma qualcuno che comunque si muoveva lentamente al margine del mio campo visivo>>, dice Carla con semplicità, come fosse una cosa praticamente di ogni giorno, un argomento addirittura come un altro, giusto per fare della conversazione. La sua amica la guarda sorridendo, naturalmente è sicura che ci sia una spiegazione diversa dell'impressione che Carla le sta raccontando, perciò le chiede di essere più precisa, di spiegarsi meglio insomma. <<Vedi>>, dice lei, <<anche in questo caso è come se avessi avuto già la certezza di una presenza accanto a me, senza ancora aver osservato un bel niente. Per cui stamani quando ho intravisto quell'ombra che usciva lentamente dalla stanza, mi è sembrato a quel punto quasi normale che fosse lì>>. Dentro al piccolo caffè ci sono altri due clienti che acquistano sigarette e caramelle alla cassa, e loro due, sedute ad un tavolino appoggiato alla parete, parlano tranquille, sorseggiando una bibita. Non è la prima volta che a lei giungono delle strane visioni, e se in un primo tempo ha cercato di tenere per sé queste inspiegabili informazioni, adesso le pare che i tempi siano maturi per ascoltare un parere anche da qualcuno di cui si fida. <<Inizialmente ho pensato che il mio abitare da sola portasse qualche volta al bisogno di avere qualcuno vicino, e con un po' di immaginazione fosse anche facile costruirsi un personaggio a cui riferirsi, quasi come parlare a voce alta, o confrontarsi con un'opinione diversa, messa in bocca per un confronto impossibile ad una persona inventata, qualcuno con cui raffrontarsi insomma, quasi per un semplice gioco esistenziale. Ma qui le cose sono diverse, o meglio, questi fantasmi, inizialmente innocui, poco per volta si sono fatti delle presenze ingombranti, gente che va avanti e indietro a proprio piacere dentro casa mia>>.

L'amica ascolta quasi basita: Carla è una persona che lei conosce da lungo tempo, il suo equilibrio è sempre stato fuori discussione, e nelle sue parole in passato non ci sono mai state fantasie stravaganti. Tutto sembra mostrare dei gravi problemi di personalità mai risolti e forse neppure mai affrontati, ma ciò che sembra più grave è il fatto che lei parla di questi suoi evidenti disagi con una leggerezza ed una superficialità disarmanti, quasi fosse ordinario avere delle presenze inquietanti ed inspiegabili dentro casa propria. <<Mi piacerebbe essere con te qualche volta, mentre questi cosiddetti conoscenti passeggiano tra le tue stanze>>, le fa tanto per non appesantire quelle rivelazioni, e Carla dice subito che secondo lei potrebbe essere possibile: <<come i miei fantasmi si fanno vedere da me, sicuramente devono farsi osservare anche dagli altri>>, le dice con indifferenza. L’amica allora le chiede maggiori dettagli, come sono vestite queste persone, che cosa fanno, se magari parlano, o mostrano di avere un motivo preciso per apparire proprio nel suo appartamento, ma Carla non fornisce molte spiegazioni, salvo chiarire che sembrano tutti, uomini o donne che siano, piuttosto schivi, come si facessero vedere solo di sfuggita, e sempre di spalle, nascondendo obbligatoriamente la faccia alla sua vista.

Poco dopo loro due si alzano dal tavolo di quel locale, e naturalmente si dirigono subito verso la casa di Carla, in considerazione della curiosità manifestata dalla sua amica di saggiare cosa ci sia di vero nei racconti ascoltati, anche se non le riesce di tenere celata come vorrebbe una certa apprensione, neppure a se stessa. Salgono lentamente la scala condominiale, si soffermano sul pianerottolo, e Carla resta davanti, in perfetto silenzio, mentre fa girare la chiave nella serratura, per poi infine entrare, indifferente alla forte titubanza messa in evidenza dalla sua amica. Non c’è niente in quelle stanze però, come forse già era nell’aria, se non le cose normali di un piccolo appartamento abitato da una donna di mezza età come lei. Però a terra, nel corridoio, c’è rimasto un guanto da uomo, forse lasciato cadere lì durante una visita di cortesia da qualcuno, un parente, un amico, un vicino, sostiene l’amica, anche se Carla dice subito con fermezza che non c’era per terra in quel punto quando lei è uscita di casa: <<me ne sarei accorta altrimenti, vista anche la posizione in evidenza, così, proprio al centro del pavimento>>.

 

Bruno Magnolfi

giovedì 17 giugno 2021

Tempra umana.

 

            Lui è come un oggetto scagliato distrattamente ma con forza, ripreso proprio mentre sta compiendo un volo parabolico in aria verso chissà dove. Nessun passato da rivendicare come proprio, e neppure un futuro certo, definito, chiaro, che non sia soltanto composto da vaghe espressioni e da qualche affermazione sentita dire in giro da qualcuno che ne sa ancora meno di lui stesso, ma che forse riesce ad imprimere a tutti, con delle facili parole piene zeppe di superficialità, quel coraggio semplice che a volte però sembra addirittura sufficiente. Un presente martellante, come una febbre alta, costituito da pensieri rapidi, esaustivi, ed uno sguardo sempre pronto nel carpire ciò che serve, fino a comprendere ad ogni attimo quali siano gli elementi più importanti, quelli su cui si può fondare l’attimo che segue, e che riescono davvero a produrre immediatamente una grossa differenza, a volte quasi un bagliore di entusiasmo che comunque si spegne poco dopo.

             Poi ogni cosa si compie come dentro un sogno, quasi intangibile, senza alcun colore, ed alla fine il risultato è quello di affidare le proprie cose a qualcun altro che è passato da lì prima di lui, e conosce già per esperienza tutto quello che possa servire chi lo segue, compreso il comportamento più adeguato per non venire mai preso di mira. <<Non ci sto>>, dice lui tra sé. Si scuote ogni poco da quel senso di oppressione che lo avvolge, e forse il desiderio di tornare con la mente nel territorio aperto delle possibilità, a volte si fa forte, tanto da spingerlo ad immaginare un nuovo muro da valicare, un altro confine da lasciare dietro le sue spalle. <<C’è qualcosa d’altro, poco più avanti, è cosa certa; non è qui che posso allentare il mio cammino fino a fermarmi>>. Perciò nessun posto è il luogo giusto, e con questa logica ogni giornata diventa subito sospensione e attesa, quasi una continua speranza d'altro, senza diversa possibilità.

<<Quello che serve nell'immediato si viene subito a sapere>>, dice lui; <<ma è ciò che si mostrerebbe più importante che nessuno ti rivela, certe volte perché in qualche maniera devi guadagnartelo, ma in molti altri casi perché non ci sta mai intorno a te una persona che conosca veramente le risposte ad ogni tua domanda>>. Perciò lui tira avanti esattamente come fanno tutti gli altri, e forse qualche volta anche lui si rende conto di quanto gli stia sfuggendo poco per volta tutto il tempo migliore che avrebbe a sua disposizione nella sua esistenza, insieme alla capacità di tenere duro il più possibile contro l'arrendevolezza che sembra spesso il nemico più potente, il gorgo dentro al quale ci si può perdere in un attimo, per poi finire col sedersi sulla negazione stessa della vita. Lui però ha carattere, è un tipo tosto, uno che se decide di intraprendere una strada in cui crede davvero, poi la porta avanti, anche se con sacrifici quasi al limite. Sapeva in qualche modo che non sarebbe certo stato uno scherzetto quello di mescolarsi ad altri dentro un mondo sconosciuto, dove è molto meglio guardarsi sempre attorno, perché non esistono certo degli amici veri da questa parte della terra, persone sincere verso le quali riporre tutta la fiducia che è possibile trovare.

<<Adesso tocca a me>>, pensa lui con intensità guardandosi le mani; <<purtroppo d’ora in avanti devo farmi bastare quel poco che conosco, e non devo assolutamente aver bisogno d’altro>>. Così si guarda attorno, cerca la posizione migliore per tirare su la testa e tentare di migliorare almeno qualche cosa. Fa amicizia con dei bravi ragazzi, tutta gente a posto, poi va a parlare con delle persone serie di una associazione, si fa dare nomi, indirizzi, possibilità, parla con tutti, chiede solo un’opportunità alla fine, nient’altro, e all’improvviso ecco che la trova, con qualcuno che inevitabilmente lo tiene subito d’occhio, ma lo arruola con furbizia tra coloro che possono avere delle energie fresche da spendere, e delle idee migliori. <<Buffo ritrovarsi ad essere così distante dalla mia dimenticata formazione di base, eppure forse è vero che c’è qualcosa in più dentro di me: una possibilità di resistenza, una capacità di tener duro, forse una tempra, qualcosa che nessuno riuscirà mai a mostrare simile. E sono vivo, comunque; devo esserlo>>.

 

Bruno Magnolfi      

martedì 15 giugno 2021

Affari miei.

 

            

            Faccio un giro, a piedi, mani in tasca, senza alcuna fretta. Percorro quasi tutta l’area pedonale del quartiere senza pensare ad una vera meta, ma limitandomi a transitare lentamente per molte strade tranquille, anche lungo via Po, proprio quando infine scorgo una ragazza ferma, addossata al muretto di recinzione del caseggiato signorile che ha di fronte, mentre sembra piangere in silenzio. La conosco di vista, so che si chiama Chiara, così le dico qualcosa, tanto per capire se posso fare per lei un gesto generoso, ma la ragazza scuote la testa e si volta con indifferenza verso un’altra direzione, come non desiderando affatto mettersi in mostra. Perciò non insisto e vado avanti, lasciandola praticamente nella stessa situazione in cui si trovava prima. Proseguo nel mio giro, senza pensieri particolari, e dopo un certo tempo incontro Lori, sempre elegante e con la sua aria da giovanotto momentaneamente impegnato in qualcosa di inspiegabile, attività che lo porta generalmente ad essere piuttosto frettoloso in tutto ciò che compie, e spesse volte persino brusco con chi gli resta attorno, ma che in questo momento decide di salutarmi, naturalmente alla propria maniera, e dopo poco si sofferma giusto un attimo, osservando qualcosa che non mi riguarda, proprio dietro di me. Gli dico subito che ho appena incontrato Chiara, esattamente davanti alla sua casa di via Po, e che mi è parsa molto triste, forse per la loro storia conclusa da poco tempo. <<Ma là non c’è la mia casa>>, fa subito Lori. <<Vi abitavano semplicemente i miei genitori, fino a qualche tempo addietro; però adesso hanno deciso di cambiare residenza>>. Resto vagamente perplesso, però non discuto, e al fianco di Lori riprendo con lui la mia passeggiata, cercando di dirgli ancora qualcosa di quella ragazza che ho appena visto, anche se lui non sembra voler dare troppa importanza a queste mie parole, nonostante provi a comportarmi e a spiegare qualche opinione personale proprio come farebbe un buon amico.  

            Comunque ci guardiamo attorno camminando, e dopo un attimo nessuno di noi due dice più una sola cosa, fino al momento in cui non arriviamo davanti ad un negozio di orologi prestigiosi, quando lui improvvisamente mi fa cenno di seguirlo proprio là dentro. Senza dire niente di particolare alla commessa sorridente che ci accoglie, Lori chiede se per caso non avesse in magazzino anche dei modelli di seconda mano, magari appartenuti a qualche persona in vista della nostra città. Lei torna a sorridere, sparisce rapidamente sul retro mentre noi osserviamo distrattamente le vetrine interne, e quando torna porta con sé degli astucci curatissimi che adesso Lori osserva soltanto per un attimo, ma con occhio allenato e piuttosto attento. Poi si volta verso me: <<quale ti piace di più?>>, mi fa con un’espressione quasi distratta, come se dovesse fare un regalo a qualcuno, rifletto io, magari proprio a Chiara, forse nel tentativo di farla smettere di andare a piangere lungo le strade, per di più nei pressi di una abitazione addirittura sbagliata. Due modelli sono interamente color oro – forse proprio tutti d’oro, non lo so, compresi anche i cinturini; - l’altro invece è bianco e sfavillante, tutto color argento e bianco perla. <<Questo>>, dico io cercando dentro di me un motivo valido che mi porti a preferire una cosa rispetto all’altra. <<Ma non sono orologi per donna>>, aggiungo subito sapendo di dire qualcosa di estremamente stupido. La smorfia di risposta di Lori difatti assomiglia ad un sorriso, comunque si fa dare dalla commessa proprio quello che ho indicato io, ed infine paga rapidamente con una delle sue carte di credito, prendendo il pacchetto ben confezionato mentre usciamo.

            <<E’ per te>>, mi dice subito consegnandomi per strada quell’oggetto, senza dare alcuna importanza al gesto, proprio come compiendo un’azione qualsiasi, forse mostrando addirittura di togliersi un fastidio. <<Però adesso potresti pagarmi da bere>>, mi dice ridendo mentre cammina avanti a me, che sono rimasto momentaneamente senza reazioni, considerato che non capisco proprio come debba considerare questo suo regalo. Entriamo in un caffè dove lui è molto conosciuto, e Lori fa subito un piccolo cenno al cameriere, così ci sediamo ad un tavolino esterno che intanto si libera, ad osservare l’incessante passeggiata sul largo marciapiede. Non oso chiedere assolutamente nulla, però scarto l’orologio e subito lo indosso. Immagino che questo sia proprio da intendere come un invito a disinteressarmi delle sue storielle da annoiato, ma riflettendoci un momento credo che con un piccolo sforzo possa mettermi esattamente sulla lunghezza d’onda che Lori a modo suo mi sta chiedendo; così accolgo volentieri l’aperitivo e i salatini che ci servono rapidamente, mi guardo attorno cercando di comportarmi proprio come lui, e mi convinco adesso che le cose che comunque avvengono ogni giorno, ed anche tutte quelle che prima o poi potranno succedere inevitabilmente, e delle quali io non ne saprò proprio un bel nulla, ecco, certamente quelle, in ogni modo si potranno mai manifestare, non potranno mai far parte degli affari miei.

 

            Bruno Magnolfi 

sabato 12 giugno 2021

Direzione precisa.

 

            

            Le stesse cose, riviste con calma ad una certa distanza di tempo, appaiono sempre differenti, fino a mostrare di essere qualcosa di fondamentalmente diverso da ciò che era stato possibile immaginare, almeno rispetto a quella prima osservazione. Le opinioni cambiano, le persone spesso variano atteggiamento, le cose si trasformano davanti agli occhi di ognuno, senza quasi darne consapevolezza. C'è stato un lungo periodo di tempo in cui Anna ha sgomitato di fronte agli altri per farsi notare, così come spesso fanno in parecchi, persino nel suo ambito lavorativo, fino a quando in seguito si è resa conto che non ne valeva proprio la pena, e che non serviva in pratica a niente mettersi in questa maniera sullo stesso piano di molti, ingaggiando continuamente un’assurda competizione del tutto priva di senso, considerato l’enorme sforzo di ognuno quasi sempre neutralizzato dal medesimo sforzo dell’altro. <<Sto cambiando>>, dice adesso sottovoce ad un collega mentre si sofferma nella sala insegnanti della scuola dove lavora. A nessuno sembra possa interessare però quella logica che lei sta inseguendo, nella ricerca continua di una propria strada personale, e se è questa la maniera di essere che adesso Anna ritiene di aver raggiunto e che ne fa una persona per questo motivo differente da molti altri, addirittura anche nei modi di vedere le cose, la verità è che le normali conversazioni che i suoi colleghi si scambiano là dentro, restano comunque quasi sempre improntate soltanto da pensieri leggeri, se non addirittura da spudorate sciocchezze. Però Anna insiste, dice con convinzione che ha trovato finalmente il vero senso da dare alle proprie giornate, e che il punto di svolta secondo lei è proprio la grande importanza che sta riconoscendo sempre di più alla moderazione. <<Si tratta di avere molta pazienza, rispettare sempre il pensiero di tutti, e cercare in ogni occasione il tratto positivo di qualsiasi cosa>>. 

Quando parla così qualcuno sorride ascoltandola, ed altri si mostrano semplicemente indaffarati a sistemare le proprie cose prima di affrontare le ore di lezione che hanno di fronte. Certo, l’equilibrio è un elemento primario in certi ambiti, ma spesso non è sufficiente, perché ci vuole anche carattere, personalità, e la capacità di mettersi in gioco con delle idee proprie, individualmente meditate. Quindi suona la campanella per l’inizio delle lezioni, ed ogni insegnante raggiunge la classe verso cui deve portare avanti il proprio lavoro in presenza di parecchi ragazzi. Anna sembra raggiante, come avesse trovato la maniera per sentirsi a suo agio di fronte a qualsiasi situazione, e tutto questo la rendesse improvvisamente più forte, capace di affrontare con fermezza tutte le possibili difficoltà.  Gli studenti comunque osservano con indifferenza la sua variazione di umore degli ultimi tempi, e proseguono come sempre a provocare la solita confusione di voci e di gesti, distraendosi per qualsiasi stupidaggine, anche se Anna oggi sembra ben tollerare ogni cosa e in qualche caso anche caldeggiare il loro desiderio di sentirsi continuamente fuori dalle righe.

            <<Non ci sono dei veri modelli da seguire>>, dice ai suoi alunni cercando di avere un punto di vista obiettivo. <<Ognuno deve indagare dentro di sé, alla ricerca della maniera migliore con la quale affrontare la realtà da cui è circondato, scartando ogni battaglia di principio come una semplice perdita di tempo e di energie, piuttosto ponendosi alla ricerca di spunti positivi dai quali trarre sempre dei nuovi insegnamenti>>. Qualcuno dal banco la guarda senza trovare, pur riflettendole a fondo, una vera comprensione di quelle parole, altri sembrano stare nella posizione di coloro che per nessun motivo perderanno il proprio istinto conflittuale con chi si ritrovano attorno, ed alla fine sembra che il punto di vista di Anna, pescato all’interno delle proprie esperienze e colmo della fatica impegnata nella ricerca di una saggezza che ha il sapore soltanto di una scarsa identità personale, non porterà mai da alcuna parte, servendo al massimo per costituire la convinzione piuttosto arbitraria di trovarsi nel giusto. Quando esce da scuola però lei si sente serena, sa di aver compiuto in sé un grande sforzo, ed anche se ogni sua convinzione non sarà mai presa troppo sul serio dagli altri, ugualmente questa sarà con semplicità la propria strada, una direzione precisa verso cui prima o dopo ogni individuo dovrebbe decidere di incamminarsi.

 

Bruno Magnolfi    

mercoledì 9 giugno 2021

Alternativa praticabile.


Sono assolutamente cosciente di sapere già tutto ciò che mi serve, anche se purtroppo ho la consapevolezza di non conoscere ancora molte delle cose che forse mi sarebbero utili in futuro. Mi aggiro come sempre per le strade di questa città dove mi trovo a vivere da molti anni, e qualcuno tra coloro che forse mi conoscono meglio, ultimamente sembra scansarmi incrociando i miei passi, come ad evitare dei guai, anche se in fondo tutto questo per me non ha proprio alcuna importanza. Cerco un rifugio, generalmente, una tana dove magari passare la prossima notte o soltanto qualche semplice ora all’asciutto, nella convinzione di avere il diritto come tutti quanti di sopravvivere in qualche maniera, in questa giungla di umani quasi priva di umanità. La maggior parte delle cose che ho imparato in questi ultimi tempi non serve praticamente quasi a nulla, anche se è impossibile per me cancellare quella gran massa di cose inutili che qualcuno ha saputo inculcarmi dentro la testa, per fare spazio a ciò che mi servirebbe davvero sapere. Ogni giorno ultimamente qualcuno, tra coloro che invece neppure conosco, mi avvicina per suggerirmi qualcosa di nuovo, ma la maggior parte delle volte sono soltanto verità marginali, stupidaggini camuffate da suggerimenti importanti, piccolezze senza valore che poi risultano quasi sempre ininfluenti, e spesso portano soltanto fuori strada. Perché la cosa più importante di tutte non è quella di sapere quale sia la direzione, quanto quella di evitare le strade capaci di farti infilare dentro a dei vicoli ciechi, e farti sbandare irrimediabilmente, senza neppure la possibilità di correggere l’errore commesso.

Poi trovo un tizio che conosco da qualche tempo: mi dice con una seria espressione che sono in corso alcune feroci retate da parte delle divise, e che secondo lui devo nascondermi in fretta, perché questi sono giorni difficili, ed andarsene in giro senza nessuna protezione può essere un azzardo a dir poco imperdonabile. Rifletto: forse mi basterebbe intrufolarmi dentro uno scantinato per qualche tempo, e da lì uscire soltanto quando le strade sono piene di gente, in maniera da confondermi facilmente in mezzo a tutti quegli altri. La cosa non sembra troppo facile però. Cammino con calma dalle parti della stazione dei treni e mentre sto lì guardandomi attorno, vedo che le divise hanno acciuffato qualcuno e lo stanno menando di brutto prima di trascinarlo in centrale. Così, senza neppure pensarci due volte, entro nella stazione scivolando lungo le parti un po' meno in vista, e dopo aver ispezionato alcuni vagoni ancora fermi lungo i binari, salgo sul primo convoglio in partenza, infilandomi con astuzia in un carro merci con lo sportello di carico senza serratura di sicurezza. Mi sistemo tra le pedane colme di sacchi addossati l’uno sull’altro, lasciando aperto uno spiraglio per l’aria, ed aspetto il momento opportuno per saltare presso il primo agglomerato di case lungo cui questo treno rallenterà, cercando magari di non inciampare e cadere.

Però si va avanti per quasi un’ora senza neanche un accenno a fermarci, anche se poi i freni iniziano finalmente a far sentire il loro fischio stridulo e forte, e dopo alcuni lunghi minuti durante i quali la velocità è sempre più bassa, alla fine sembra che ci si fermi davvero. Decido che è questo il momento, e salto giù all'improvviso assieme alla mia poca roba: il luogo sembra isolato, ci sono delle case poco lontano, ma dove mi trovo in questo momento non c’è neppure la stazione ferroviaria. Seguo a piedi la massicciata e vado avanti nella direzione più comoda, aspettando di trovarmi di fronte prima o dopo un vero centro abitato. Difatti è così, anche se sembra soltanto una periferia di paese, ed un sorvegliante che passa con la sua bicicletta mi chiede qualcosa, anche se io non mi preoccupo certo di provare a rispondergli. Mi infilo in una baracca di legno abbandonata poco lontano, e mi metto comodo, tirando fuori la mia roba e sistemando tutto alla meglio. Starò qui per un po’, mi convinco pensandoci. In seguito, tra una settimana o forse due, cercherò di tornare indietro nella stessa maniera. Probabilmente arriverà un periodo più opportuno anche per me, tanto da farmi trovare il modo migliore per sopportare un’esistenza così negativa. Oppure no, ma in quel caso dovrò certo mettere a punto una valida alternativa.

 

Bruno Magnolfi 


lunedì 7 giugno 2021

Solidarietà, soprattutto.

 

            <<Sto bene adesso, non vi dovete preoccupare troppo per me. Il mio caro amico Domenico, che è persino venuto qualche volta a farmi visita in ospedale, in tutto questo periodo da quando sono rimasto ricoverato, mi ha anche annaffiato le piante, e poi si è preso cura della mia casa, perché lui abita proprio qui accanto a me, e con i suoi modi cortesi e attenti mi ha fatto sentire particolarmente tranquillo per tutto questo periodo>>. Uno dei cugini, insieme ad Angelica, si è sentito alla fine anche lui in obbligo di farsi vedere, ora che Corrado finalmente è rientrato nel suo appartamento, ormai guarito sembra, anche se dovrà tenersi parecchio sotto osservazione, affrontando una serie di cure e di terapie ad iniziare da subito. Probabilmente è stata proprio la cugina Angelica ad insistere per farlo venire oggi di persona, sottolineando come non fosse moralmente sufficiente apprendere le notizie sulla sua salute soltanto tramite lei. E poi adesso nessuno dei loro parenti sembra abbia più voglia di vendere davvero la vecchia casa di campagna dei nonni, almeno per il momento, e semmai questo succederà, Corrado comunque avrà la sua parte di spettanza, esattamente come gli altri cugini, ed una decisione del genere, presa tra loro, qualcuno era il caso che la venisse a riportare anche a lui. Siamo giunti alla fine di un lungo percorso, sembra pensare Angelica con la sua espressione seria, anche se pare non intenda più esprimere su questo argomento neppure una sola parola, e la sola cosa che sembra interessarle in questo momento è quella di proseguire col tenere la sua mano sopra la spalla di Corradino, il suo cugino più anziano, mentre lui resta avvolto in una spessa coperta da ammalato, seduto su una delle sue comode sedie, voltata naturalmente verso il finestrone da cui si vede il suo giardino fiorito. 

Domenico oggi sembra proprio non si trovi a casa sua, ma forse è uscito addirittura di proposito, proprio per evitare situazioni imbarazzanti con Angelica e soprattutto nei confronti di Corrado, anche se il suo vicino di casa ha già compreso tutto benissimo, e probabilmente si sente persino contento della situazione che sembra delinearsi tra loro due, soddisfatto che tutti coloro che maggiormente gli sono stati accanto negli ultimi tempi, sembrano come volersi più bene. E poi il fatto che Corrado si comporti in modo sempre più amichevole nei confronti di Domenico, superando anche le forti iniziali diffidenze del suo dirimpettaio, alla fine è un buon segno, significa che almeno qualcosa delle sue maniere rispettose e gentili sono riuscite a dare anche dei frutti. <<Mi piacerebbe trovarmi nelle condizioni ideali per poter essere utile a Domenico nella stessa maniera come lui è stato utile a me in questa fase>>, dice adesso Corrado con convinzione. Angelica annuisce, anche a lei sono piaciuti i modi di Domenico, e proprio la comprensione che lui è riuscito a dimostrare nei propri confronti, ha dato atto tangibile e chiaro della sua indubbia sensibilità. Poi se ne vanno, i cugini, prodigandosi in raccomandazioni e accortezze, e quando Corrado alla fine resta solo, nell’attesa che giunga più tardi il servizio infermieristico per iniziare le cure a domicilio, si perde per qualche momento nel pensare a quanto tutto sia capace certe volte di mostrare un volto migliore di quello che spesso ci si può immaginare.

Qualcuno suona il campanello di casa, e Corrado, ancora debole e malfermo sulle proprie gambe, stenta ad alzarsi da quella sedia dove si è piazzato sin da subito, cioè da quando finalmente è rientrato nel suo appartamento, ma dopo un attimo sente che qualcuno sta facendo girare la chiave del portoncino, e Domenico, con espressione seria, e poi fermandosi immediatamente, ancora prima di mettere un piede all’interno, gli chiede con garbo dallo spiraglio dell'uscio il suo permesso prima di farsi avanti. <<Certo Domenico>>, fa subito Corrado, <<entri pure; in questa casa “il professore” sarà sempre il benvenuto>>. Domenico sorride, gli è rimasta la chiave di casa del suo vicino dai giorni in cui si trovava in clinica, e Corrado adesso gli ha chiesto di tenerla ancora con sé, proprio per usarla ancora in certe occasioni tipo questa. <<Le ho portato qualcosa di semplice per il pranzo>>, dice Domenico, e Corrado lo ringrazia, gli dice che nella sua vita non è mai stato tanto viziato da qualcuno come in questo momento. <<Non esageriamo>>, dice Domenico, <<in fondo tutti quanti cerchiamo di fare soltanto qualcosa di utile; peraltro, credo che la solidarietà sia la cosa più giusta e importante. E gli altri comportamenti, al suo confronto, rimangono soltanto delle sparute sciocchezze.

 

Bruno Magnolfi

sabato 5 giugno 2021

Esame di stato.

 

            Senza alcun indugio sono entrato dentro uno di quegli spaziosi ascensori d’acciaio che portano ai vari piani e ai reparti di questo immenso ospedale cittadino. Non ho dei particolari pensieri in mezzo alla mente, non mi sono neppure preparato qualcosa da dire a Corrado, e contrariamente a quanto faccio come è mio solito, magari per una ordinaria deformazione professionale maturata durante i lunghi anni di insegnamento al liceo, in questi ultimi minuti non ho voluto né immaginare, e neppure rifletterci sopra, alla concreta possibilità di ritrovarmi finalmente faccia a faccia con Angelica, correndo il rischio così di non sapere neppure come comportarmi nel caso fosse davvero venuta a far visita proprio oggi al suo cugino. Mentre tutti quasi in silenzio si continua a salire, mescolato come sono in mezzo a questo gruppo eterogeneo di parenti e di visitatori dei vari ammalati,  realizzo improvvisamente però che forse in un momento così non riesco ad essere neppure capace  di affrontare un’eventualità di questo genere, e la voglia di tornarmene indietro, ancora prima di arrivare fino alla corsia dove è ricoverato Corrado, mi prende con forza, quasi come fosse una risaputa paura adolescenziale per un esame, o anche il comprensibile timore per una complessa interrogazione scolastica. Il fatto è che non ho riflettuto, non mi sono preparato adeguatamente ad un momento del genere, e provo il terrore improvviso di mostrarmi impacciato, privo di argomenti, per nulla a mio agio, e rovinare in questa maniera un’occasione che forse con lei non sarà più ripetibile.   

Arrivo al mio piano, e prima di entrare nel corridoio delimitato da una grande porta a vetri opachi, al di là della quale si aprono le tante camerette, mi soffermo per raccogliere i pensieri che mi girano sparsi, sedendomi su una delle tante sedie bianche collegate tra di loro fino a costituire una fila disposta praticamente ad angolo retto, quasi una specie di sala d'attesa, in questo momento comunque occupata soltanto da due o tre persone. Tiro fuori dalla tasca un piccolo temperino che spesso porto con me, ed estratta la lama minuta lo osservo a lungo mentre provo dentro di me l’assurdo desiderio di incidere con questa punta affilata una superficie qualsiasi tra quelle che ho attorno, e scrivere in bella vista con caratteri tremolanti la sola parola a disposizione che possa mostrarsi come un mio messaggio chiaro e inequivocabile per Angelica. Sorrido da solo delle mie assurdità da ragazzino, e mentre ripongo il coltello, penso al comportamento pavido e vile di cui sto dando inequivocabile prova, incapace come mi sto dimostrando persino di affrontare ciò che maggiormente sarebbe magari mio desiderio. Mi alzo quindi, osservo qualcosa di imprecisato attorno a me, come a cercare un sostegno, ma poi torno a sedermi. Infine mi decido, imbocco in modo risoluto la porta ed il corridoio che mi trovo di fronte, e in un attimo giungo davanti alla camera dove sta ricoverato Corrado. Angelica, al fianco del letto, mi nota senza che lui si accorga di niente, difatti sta coricato con la faccia rivolta verso l’alto senza fare alcun movimento, e lei mi fa un cenno misurato con una mano, e poi mi viene incontro mentre io mi blocco esattamente ad un passo dalla soglia di entrata. <<Oggi non sta molto bene>>, mi dice subito; <<forse un'infezione che è ancora in corso gli ha tolto le forze, e lui adesso non ha voglia d'altro che riposare con gli occhi chiusi: sembra molto spossato, non riesce neppure a sostenere la presenza di qualcuno>>.

<<Va bene>>, dico io, <<non importa; magari torno domani>>. Angelica mi mette una mano su un braccio, si vede che ha voglia di piangere, ed io mi sento completamente sfasato, come se non sapessi più neppure in che direzione guardare. Usciamo, ed andiamo a sederci esattamente dove ero io poco fa. <<Devo chiederti scusa>>, fa lei subito, con voce bassa. <<Tu sei una persona buona, e forse io neppure merito il fatto che ti stia interessando anche di me>>. Apro la bocca per dire qualcosa, ma poi resto in silenzio, forse per non sciupare in qualche maniera questo momento. Angelica adesso mi guarda con occhi profondi, e questo mi pare già sufficiente. <<La mia è una famiglia un po' strana>>, aggiunge alla fine con un filo di voce, <<in ogni caso ho compreso, grazie anche a te, che essere capaci di stare vicino l’uno all’altro sia la cosa più importante di tutte>>. Annuisco, non so assolutamente che dire, o anche cosa rispondere, perché lei adesso mi accarezza una mano, e forse in fondo è sufficiente così: non mi pare neanche ci sia bisogno di altro.

 

Bruno Magnolfi

giovedì 3 giugno 2021

Errori esistenziali.

 

            La chiave, nella porta dell’appartamento di Corrado, entra subito senza alcun intoppo, e compie un primo giro in modo del tutto naturale, anche se, subito dopo, quel meccanismo interno al serramento provoca uno scatto vagamente insolito, ma tutto sommato qualcosa di un tipo che ancora ci si potrebbe facilmente attendere da un ingranaggio, ma che lascia a Domenico la sgradevole sensazione da intruso che avrebbe proprio voluto evitare, e quando, dopo il secondo giro di serratura, lui imprime una leggera spinta a quell’uscio per aprirlo, mettendo finalmente piede nel piccolo corridoio dell’abitazione, mostra comunque, proprio per questo, una calma al momento quasi meticolosa nei suoi gesti, come se fosse del tutto impaurito da quell’insolito ritrovarsi da solo in casa d’altri, e senza far niente di più annusa per qualche momento l’aria vagamente stantia di quelle stanze, timoroso persino di provocare, con la sua sola presenza, qualche improbabile danno, oppure anche dei nuovi rumori insoliti, quasi qualcuno là attorno fosse in ascolto. Ad un primo sguardo dato in giro comunque tutto gli appare ordinato, a posto, peraltro come evidentemente lo ha lasciato colui che fuor di dubbio ci tiene molto alla propria abitazione, e dove vive ormai da molti anni, anche se adesso momentaneamente ricoverato in ospedale, e lui, misurando i propri passi leggeri fino al finestrone della cucina che si apre sul giardinetto del retro, non nota niente fuori posto nell’arredamento e in tutto il resto, tanto che si sofferma soltanto per qualche attimo dentro le stanze, giusto per sincerarsi, proprio come promesso, che tutto sia ordinato, e senza comunque trarre delle particolari impressioni negative o di sorpresa. Poi esce all’aperto, dopo aver preso il foglio di carta lasciato appositamente sul tavolo da Corrado: alcune note segnate con un certo scrupolo, degli appunti in fondo semplici e accurati, in cui vi sono riportate le diverse raccomandazioni che Domenico trova in questo momento quasi superflue, ma che riesce a comprendere assolutamente, nel loro mettere in risalto lo stato d'animo generale del vicino.

Così cerca i vasi giusti da annaffiare subito per primi, proprio come suggerito, poi saggia il rubinetto dell’acqua, prepara l'innaffiatoio, il tubo flessibile, e quindi regola la forza del getto che deve essere minima, ed anche il sifone che deve rompere il flusso spolverandolo in una leggera doccia diffusa. Segue a puntino le diverse direttive riportate sul foglio scritto fitto, e poi va avanti, riconoscendo l'attenzione con cui sono state raggruppate le varietà vegetali presenti nelle aiuole. Toglie qualche foglia secca che nota qua e là, e poi sistema, usando dei guanti, anche qualche rametto della fitta siepe fiorita, limitandosi a spostare leggermente qualche vaso, per evitare che le piante con la brezza finiscano per intrecciarsi tra di loro, e da ultimo rimette tutte le attrezzature al proprio posto, esattamente come le ha trovate al proprio arrivo. Per un momento si sente quasi un'altra persona, lui che non si è mai interessato di giardinaggio, e questo improvviso semplice incarnarsi in una persona che sente così diversa da sé come Corrado, lo porta quasi a misurare pur in maniera grossolana i limiti della propria personalità. Forse ha perduto molto mostrando sempre una certa indifferenza, se non direttamente aperta ostilità, nei confronti di tutti gli argomenti evitati dai percorsi di tutte le sue scelte. Eppure, forse per il semplice personale carattere che si ritrova, a lui in passato è continuamente sembrata la cosa più giusta da mandare avanti, considerato che le materie di cui si è ritrovato a interessarsi durante tutto un lunghissimo lasso di tempo, non permettevano quasi la possibilità di contaminazione con delle altre discipline.

Forse per il suo vicino di casa invece, il problema posto dall’affrontare ogni aspetto della realtà senza grandi distinzioni, è sempre apparsa la maniera migliore di comportamento, e la mescolanza di colori e di varietà dei fiori e delle piante in terra o nei vasi di quel suo giardino, dimostra adesso con una grande chiarezza il bisogno suo di riferirsi a tante cose anche tra loro molto differenti, tentando un comportamento il più possibile ordinario e mai specializzato, lasciando mescolare con grande facilità vari argomenti, ed evitandone perciò ogni approfondimento, forse giudicato nello specifico quasi deviante, evidenziando in questo modo, che pensare ad una cosa sola, e per un tempo decisamente troppo lungo, fosse alla fine l’errore più grande da evitare.

 

Bruno Magnolfi

martedì 1 giugno 2021

Degenza accurata.

 

            “Ci fosse almeno una mosca che ronza in aria qua dentro, tra queste luci bianche e le superfici linde ed asettiche, a dimostrare che tutto comunque è ancora vivo, nella spiegazione chiara che definisce come sia anche una minima imperfezione a denotare l’umana salvezza, fuori di dubbio. Al contrario, mentre sto qui coltivo il mio respiro senza possibilità di far altro, tra le coltri candide indifferenti al corpo che trovano, tiepide al punto da incoraggiare a riprendere, anche se con una lentezza infinita, le forze venute a mancare appena da un giorno”. Così riflette Corrado nella sua stanza in ospedale, scegliendo con calma le parole una per una, quasi dovesse dettare una silloge in cui raccogliere in modo libero e sentito tutti i suoi pensieri finali, quelli dopo l’evento, nel superamento del muro invalicabile, per la sfida che non è stato proprio possibile evitare. Forse sorride tra sé, mentre tiene il naso nell’aria, quasi affidandosi completamente a quel semplice ricettore per l’analisi di ogni buona vibrazione che possa giungere a lui, ed infine avverte la vicina presenza dell’infermiera mentre sta osservando sia lui che le macchine attorno al suo letto, tralasciando di farle però ogni domanda diretta. “Non si parla, non si chiede niente”, pensa ancora; “si sta fermi e si soffre, nell’attesa di ritrovare almeno qualcosa di quello che si era, nella speranza snervante che le cose vadano bene, ora che tutto ormai è fatto”.

            L'orario per le visite degli amici e dei familiari giunge più tardi, quando ormai molti parametri sono già riusciti a stabilizzarsi, e gli infermieri hanno messo a punto ogni strumento, tanto che il passaggio dei medici per il controllo della cartella clinica è stato completato; quasi normale si vocifera, ed in considerazione di tutto, si potrebbe addirittura dire, in pratica, come previsto. Tra i primi che scorrono per il corridoio c'è la cugina Angelica, fedele alla parola data, mentre Corrado, nel su letto perfettamente composto, certo non si aspetta di vedere Domenico, il suo vicino di casa: troppo strumentale potrebbe apparire trovarsi lì proprio quando si può star sicuri che c'è senz'altro anche lei. Così si svolgono le solite frasi di circostanza, anche se Angelica non è mai stata una grande intrattenitrice, tutt’altro, al punto che dopo le prime informazioni tirate fuori come da base per una conversazione seguente, già non sa più cosa dire, anche se evita di guardarsi troppo attorno per prendere spunto dagli altri presenti nella cameretta da tre. A Corrado comunque fa un grande piacere avere davanti la rappresentante della sua parentela, che adesso gli tiene la mano, lo incoraggia a pensare che oramai il peggio è alle spalle, e che tutto sta per tornare alla normalità.

            Infine va via, e <<sono contenta che le cose siano andate come dovevano e l’intervento sia pienamente riuscito>>, gli fa sorridendo mentre lo saluta con garbo, prima di riprendere la sua borsetta ed uscire nel corridoio. <<Tornerò domani>>, gli dice quasi come una simpatica sfida, ma dopo appena cinque minuti arriva anche Domenico, proprio quando l’orario di visita sembra ormai già terminato. Un sorrisetto di complicità, un piccolo saluto e poi basta, che tanto uno che ha subìto un’operazione chirurgica è bene non stia a strapazzarsi, lo sanno tutti, figuriamoci lui che è un professore di liceo da poco andato in pensione. Corrado sorride, una volta rimasto da solo, con la faccia sotto al lenzuolo del letto per non farsi vedere troppo allegro da chi lo circonda. “Chissà se si sono incontrati nel corridoio”, si domanda. “Forse no, appena sfiorati”, riflette. Ma non importa, non ci vuol fretta in cose del genere, si tratta di attendere con calma il momento adeguato per mostrare con un certo tatto ed una leggera gentilezza, quel che davvero si vuole, o meglio desidera.

            “Fossi io quella mosca ronzante nell’aria, potrei aver visto chiaro già tutto quanto”, pensa ancora Corrado. “In ogni caso questo al momento rimane il mio unico punto di osservazione; per il resto scoprirò tutto a tempo dovuto, sempre che qualcuno abbia la volontà coraggiosa di parlarmene, spiegandomi bene che cosa possa essersi mai manifestato, considerando pure che alla fine, a me personalmente, non cambia poi molto”.

 

            Bruno Magnolfi