sabato 30 aprile 2022

Sopra un'isola sconosciuta.


            Diario. 11° giorno. Ettore, stamani presto, si è mostrato particolarmente vispo ed allegro. Così gli ho messo rapidamente il guinzaglio e la sua mantellina felpata, e mentre gli altri nel camper ancora si giravano nelle brande cercando di dormire, sono uscita fuori con lui per compiere un piccolo giro lungo una delle famose spiagge bianche di questa zona, così deserte e fredde in questo periodo, proprio vicino a Duarmenez, in una delle eleganti insenature bretoni. Naturalmente mi sono fermata diverse volte a raccogliere conchiglie sulla spiaggia, ed infine, presumibilmente dalla Rue des professeurs Curie, subito dietro l’arenile, è giunto un signore piuttosto attempato, ben vestito, con le mani immerse in vistosi guanti di pelle, che già da diversi metri di distanza mi ha subito salutato con un gesto ed un sorriso direi inequivocabili. Mi sono fermata, ho lasciato che mi raggiungesse, poi si è lasciato andare ad una serie di carezze e di complimenti gentili verso il mio cagnolino, spiegandomi in un buon francese, che aveva avuto anche lui in passato un cane proprio come il mio. Gli ho sorriso, non sapevo esattamente cosa rispondergli, però tutto quanto mi è parso un buon punto di partenza per una piccola conversazione. Così il tipo, forse anche per superare un po’ la mia titubanza, mi ha spiegato in breve di chiamarsi Pierre, e di possedere una casa sul mare proprio là dietro, anche se lui da sempre abita nella città di Tours, dove ha svolto nel passato il mestiere di insegnante, prima di andarsene in pensione.

            Gli ho detto allora che mi piaceva molto quel golfo profondo dove ci trovavamo in questo momento, e che il nostro camper era fermo in un parcheggio poco distante dalla battigia, così lui mi ha subito messo al corrente delle particolarità del luogo, insistendo sulla rara bellezza dell’isola di Tristan - distante appena cinquanta metri dalla costa e unita a lei nella bassa marea - e del suo faro, proprio di fronte al centro abitato del paese di Duarmenez. Poi abbiamo ripreso a camminare, e mentre il professore proseguiva a spiegarmi mille cose, ho pensato che in fondo era proprio questa la vacanza in camper che avevo desiderato fin dagli inizi: fermarsi in luoghi poco frequentati, chiacchierare con la gente del posto, lasciarmi riferire tutto ciò che a loro pareva più particolare e interessante nei riguardi della zona che abitavano, o almeno fargli spiegare quello che a loro parere era assolutamente da non perdere, da vedere e visitare senz'altro. Ho pensato che invece una gran parte del tempo a disposizione fino adesso era andata praticamente sprecata all'interno del nostro camper, spesso nella stupida ricerca, come se quello fosse stato tra tutti l’elemento principale, delle esatte misure di convivenza tra di noi, quasi che il panorama attorno alla nostra casa viaggiante avesse in pratica un’importanza del tutto secondaria. Ho spiegato all’uomo, nelle poche e semplici parole francesi che conosco, che partendo dalla Normandia stavamo semplicemente percorrendo la Bretagna verso sud, curiosando lungo gli anfratti della costa, e fermandoci, anche diverse volte durante ogni giorno di viaggio, nei luoghi più caratteristici che ci apparivano davanti. Lui è sembrato apprezzare molto il nostro progetto, poi però mi ha spiegato con un certo dispiacere, osservando il suo orologio, che stava facendo tardi per qualcosa di importante, e perciò doveva proprio andare, tanto che rapidamente mi ha salutato con una rinnovata cortesia, ed infine ha lasciato sulla testa di Ettore un’ultima carezza.

Da ragazza avevo pensato varie volte che tutto quanto mi circondava in quegli anni potesse essere tradotto facilmente in scorrevole letteratura. così certe volte in quell’epoca mi osservavo attorno trascrivendo mentalmente ogni dettaglio in minute storie e semplici aneddoti. Adesso, dopo tanti anni, penso che da giovane avevo pienamente ragione, ed un personaggio come il professore incontrato in spiaggia, e le sue storie relazionate in un francese perfetto, avrebbero incarnato esattamente l’idea di fondo che mi girava allora dentro la testa. Così sono tornata fino al camper, e senza accennare nulla di particolare agli altri, che comunque ho trovato in piedi e già impegnati ad accordarsi sulla meta prossima del nostro singhiozzante viaggio, ho riflettuto con intensità che non avrei mai raccontato loro qualcosa dell’isola di Tristan, e del suo crudele signore De La Fontenelle. Non tanto per serbare in me stessa un piccolo segreto quasi infantile, ma unicamente per il desiderio profondo di trattenere dentro di me qualcosa forse impossibile da comunicare ad altri con una descrizione a voce. Ne avrei scritto qualcosa, probabilmente, appena ne avrei avuto il tempo: oppure mi sarei lasciata cullare solo dal desiderio di scrivere una vera storia mia, un sunto generale di tutta la vacanza, magari ridotto ad un’essenza praticamente scollegata da quasi tutto il resto.

 

Bruno Magnolfi          

giovedì 28 aprile 2022

Preparazione del pranzo.


Il piccolo desiderio che ancora provo mi appare nella normalità, senza che si debba mettere in mezzo alcuna diversa aspirazione. Mi guardo attorno e so che quasi a nessuno interessa comunque il mio punto di vista, anche se in fondo tutto ciò sembra piuttosto naturale. Stare in giro così, nel tentativo semplice di apprezzare cose nuove da vedere ed anche da percepire, mi sembra già molto in mezzo a quel poco che in genere posso permettermi. Proseguo a camminare lungo la larga spiaggia umida durante l’orario previsto per la bassa marea, e l’odore della salsedine attorno a me è talmente forte da stordirmi, mentre prosegue ad allargare i miei polmoni. Poter dire in seguito a chi mi conosce di aver girato quasi a caso lungo queste rive oceaniche della Bretagna, mi sembra già un buon punto di arrivo, come riuscire a fissare nella mente le immagini della costa selvaggia durante questo mese di febbraio, quando tutto in certi giorni sembra sfumare nel grigio chiuso della bruma, e nella scarsa ospitalità del vento freddo che spira dal mare aperto. Non mi aspetto molto di più da questa vacanza: soltanto un periodo riflessivo, senza differenti preoccupazioni.

Poi torno verso il nostro camper, fermo sull’alto di un costone di sabbia, parcheggiato al bordo della strada locale, e vado incontro a Lina, che ferma sta osservando qualcosa dietro di me, forse sopra le onde scure dell’oceano. <<Tutto sembra così triste>>, dico tanto per esprimere un commento condivisibile. Lei mi guarda con una certa intensità, lascia trascorrere appena qualche attimo, poi dice semplicemente: <<credo si sia ormai vicini proprio a ciò che stiamo cercando>>. Resto colpito da questa frase, cerco di riflettere sulle parole ascoltate per rispondere qualcosa a mia volta, ma capisco che forse lei ha solo pienamente ragione, e che non c'è niente da aggiungere, se non piegarsi ad una volontà intrinseca che è riuscita a traghettarci fino qui. Mi fermo accanto a Lina, siamo soli, forse se intensifichiamo i nostri sforzi possiamo riuscire ad essere sinceri, e a tirare fuori finalmente ciò che non abbiamo mai provato a dire. Ma lei dopo un momento si volta indietro, e senza fretta raggiunge il camper, come se non ci fosse altro da scambiare.

<<Sono qua>>, dico poi ad Antonio, mentre spingo la testa dentro la nostra casa viaggiante, apprezzando il fatto che sta dandosi da fare per il nostro pranzo, mentre Sandra resta lì nei dintorni con il nostro docile cucciolo al guinzaglio. <<Allora puoi tritare il prezzemolo>>, fa lui senza neanche alzare la testa dal piccolo piano di cucina su cui sta sfilettando del pesce fresco. Rientra Lina, ed inizia a posizionare le stoviglie sopra l’essenziale tavolo interno, dopo essersi tolta di dosso il suo giaccone. Oggi non piove, penso, ed è già un buon punto di partenza. Lei mi getta un’occhiata pungente, come si aspettasse qualcosa da me, qualcosa che non so e non riesco a comprendere. Ci siamo spinti fino qui senza un vero motivo, tento di riflettere, se non viaggiare lungo questa costa invernale, e trascorrere il tempo stringendosi dentro questo camper. C’è qualcosa che non capisco, probabilmente che non so afferrare, penso meglio, e mi piacerebbe subito porre delle domande a Lina, anche se intuisco perfettamente quanto questo non sia per niente facile.

Rientra anche Sandra, ed io torno ad uscire per allontanarmi di qualche passo come incuriosito da qualcosa tra i cespugli spinosi dei dintorni. Lina dietro di me adesso sta fumando una delle sue sottili sigarette, e mi raggiunge senza neppure avvicinarsi troppo, anche se sembra voglia dirmi ancora qualche cosa, restando invece in perfetto silenzio. <<Stiamo proseguendo con la recita>>, le dico con rassegnazione tanto per restare nell’ambito delle sue presunte meditazioni. Lei sorride con una piccola, leggera smorfia, mentre tiene un braccio abbandonato lungo il fianco, come fosse senza forze, e poi mi fa: <<siamo tutti sempre più distanti tra noi; ma non possiamo essere in nessun altro modo>>. Annuisco, le dico che forse abbiamo commesso un errore imperdonabile, ma lei fa cenno di no con la testa, come non fosse affatto d’accordo; poi si volta, e mentre si muove per tornare al camper, dice sottovoce: <<non avevamo scelta>>, lasciandomi così pieno di dubbi, desideroso di ulteriori spiegazioni, di chiarimenti che con ogni probabilità non avrò mai da lei.

Torno nel camper alla fine, mi siedo al tavolo, e con un coltello affilato, sul piccolo tagliere di legno, inizio a triturare quel prezzemolo che serviva proprio adesso alla cucina.

 

Bruno Magnolfi    

martedì 26 aprile 2022

Soltanto tazze di caffè.


Un grosso furgone si è affiancato al nostro camper questa mattina. Chi guidava ha spento subito il motore, ed almeno in apparenza non si è preoccupato di nient'altro. Dal finestrino abbiamo cercato di osservare se per caso chi era all'interno avesse avuto bisogno di qualcosa, ma nessuno è uscito fuori, e non abbiamo notato alcun particolare movimento nell’abitacolo. Poi noi quattro ci siamo interrogati sulle possibili intenzioni di chi si era voluto fermare ad una distanza di appena venti passi dalla nostra postazione, proprio su quella roccia deserta, piatta ed isolata, proprio di fronte all'oceano, fuori dalla strada costiera bretone almeno di un centinaio di metri. Infine Renato è uscito, mentre ancora stava piovendo, anche se ormai senza insistenza, ed è andato a bussare a quel mezzo in sosta proprio di fronte a noi. Gli ha risposto un ragazzo olandese, che ha dichiarato con un sorriso di essere in vacanza con la sua ragazza, e di non avere alcuna intenzione di recarci disturbo. Ci siamo tranquillizzati perciò, e quando è definitivamente smesso di piovere, e tutti abbiamo potuto uscire tranquillamente dai nostri mezzi, ci siamo presentati tutt'e quattro alla coppia di giovani, scambiando con loro, in una lingua piuttosto approssimativa, formulata per metà in francese e per metà in inglese, informazioni utili a tutti noi su quella zona della Bretagna. Loro hanno detto di voler trascorrere un paio di giorni da quelle parti, e poi il prossimo sabato raggiungere Parigi, per partecipare alle manifestazioni dei gilet gialli.

Gli abbiamo chiesto qualcosa riguardo a quei cortei spontanei, ma loro a quel punto ci sono sembrati volutamente vaghi, come non avessero molta voglia di parlare di quell’argomento. Così li abbiamo invitati a prendere un caffè nel nostro camper, e i due alla fine hanno acconsentito, anche se hanno detto di desiderare scattare qualche foto da soli alla costa scoscesa, e poi andarsene in città per fare acquisti. Comunque li abbiamo invitati a trattenersi un attimo al nostro piccolo tavolo all’interno, ed abbiamo scambiato ancora qualche informazione generica sui nostri viaggi, ma i due ci hanno rapidamente salutato, e dopo circa un quarto d’ora hanno rimesso in moto il loro furgone e si sono incamminati presumibilmente verso Brest. Anche noi avevamo già deciso di passare dalla città per fare rifornimento di carburante e riempire il serbatoio dell’acqua, ma abbiamo aspettato un po’ prima di muoverci, giusto per non apparire dei curiosi sulle loro tracce. Sandra, sempre positiva, ha detto subito che le era piaciuta quella coppia che stava affrontando un viaggio del genere per scoprire cosa stesse succedendo nelle città francesi, ma noi altri non abbiamo fatto alcun commento intorno a quell’aspetto. Lina invece, quasi sottovoce, ha spiegato che secondo il suo parere c’era qualcosa che non le tornava nel comportamento dei due olandesi, come nascondessero qualcosa, e comunque come non fossero affatto interessati a darci delle vere informazioni su di loro. 

Poi Antonio ha messo in moto il nostro camper, e ci siamo finalmente mossi da quella piazzola ospitale dove avevamo appena trascorso la notte, e senza fretta ci siamo avviati verso Brest. Ma lungo la strada, ad una distanza ormai di qualche chilometro dalla costa, abbiamo intravisto accanto a degli alberi lo stesso furgone dei ragazzi di prima, e così Antonio istintivamente ha rallentato, anche se nessuno di noi è riuscito a scorgere i due olandesi. Abbiamo proseguito senza preoccuparci d’altro, ed alla fine siamo giunti in città, anche per fare degli acquisti alimentari. Abbiamo parcheggiato davanti ad un supermercato, ci siamo dilungati sulle cose eventuali da cucinare durante la giornata, poi abbiamo semplicemente spostato il camper fino ad un distributore di benzina poco lontano, ed alla fine ci siamo dedicati un buon caffè in un locale accogliente proprio di fronte, uno di quelli con i tavoli all’aperto, sotto a dei grossi ombrelloni e con le fioriere attorno. E’ stato allora che abbiamo visto di nuovo passare il furgone dei due ragazzi olandesi, ed è stato proprio in quel momento che Renato ha scosso la testa come per un moto di disapprovazione, sostenendo che secondo lui all’interno di quelle manifestazioni dei gilet gialli si stavano infiltrando dei personaggi dalle intenzioni poco chiare. Ci siamo guardati un attimo, e forse ognuno di noi quattro ha avuto un pensiero differente dagli altri, ma non abbiamo voluto approfondire l’argomento, limitando i nostri interessi solamente a quelle tazze di caffè.

 

Bruno Magnolfi 

sabato 23 aprile 2022

Sopravvento.


<<Non mi ci vedo proprio in quel ruolo>>, aveva detto Renato sorridendo, ma quasi troncando quella conversazione, dopo che il suo amico Antonio gli aveva chiesto cosa pensasse della possibilità di avere dei figli con sua moglie Sandra. Anche lei, un’altra volta che tutti insieme avevano affrontato quell’argomento, si era mostrata quasi restia a parlarne, e la probabile spiegazione era stata la solita perplessità su di un futuro così difficile ed incerto come quello che si stava profilando, per azzardarsi a lasciarlo in dote ad una nuova generazione di bambini. Persino Toni, durante quella stessa volta in cui aveva sollevato la questione, si era limitato ad annuire alle parole decise di Renato, senza comunque dire niente, come se avesse un diverso parere da custodire. In effetti era Lina, sua moglie, a non voler neppure affrontare l’argomento, ed a lui era toccato il semplice ruolo di chi si adegua a delle decisioni già definitive. Antonio certe volte si era ritrovato persino ad osservare con dolcezza i bambini degli altri, magari incontrando qualche giovane famiglia a passeggio di domenica, oppure mentre erano per mano di qualche mamma intenta a fare degli acquisti, ma aveva sempre represso in sé qualunque moto o parola affettuosa, proprio nel tentativo di mostrare anche lui una qualche indifferenza.

Adesso poi, seduti come sono tutt’e quattro per consumare la cena davanti al piccolo tavolo dentro al loro camper parcheggiato di fronte ad una spiaggia immensa e struggente come quella di Omaha, in Normandia, in teoria dovrebbero essere estremamente distanti da un argomento come quello dei figli e dei bambini, considerato anche che l’età di tutti inizia ad essere già un po’ troppo avanzata per averne ancora qualche desiderio. Eppure Antonio è capace di provare nuovamente una tristezza profonda quando ci pensa, tanto che all’improvviso non riesce quasi neppure ad estinguere quel malessere che sente dentro di sé. Gli è già successo, qualche volta, ma quasi mai in un modo così forte. E’ come se all’improvviso provasse l’incapacità di trasmettere a qualcun altro le proprie sensazioni, i suoi sentimenti, le emozioni che prova nel guardare attorno a sé dei luoghi tanto belli e così carichi di storia, al punto da scusarsi e poi uscire per un attimo da solo, fuori da lì.

Dopo pochi attimi, Lina si alza a sua volta e va da lui. <<Non è niente>>, dice subito Toni mentre resta appoggiato alla fiancata del camper, <<non devi assolutamente preoccuparti; certe volte mi scende dentro una specie di malinconia che quasi non riesco a frenare>>. Lei lo abbraccia, e forse intuisce che tutto ciò dipende magari dai sui modi, dalla propria riservatezza, dal suo spingersi spesso altrove con la mente, ignorando o quasi chi le sta vicino, ma non immagina certo fino a quale punto possano giungere le differenze di opinione tra loro due riguardo a delle scelte così importanti. Quindi rientrano, ed anche se la serata fino a questo momento non era stata il massimo della convivialità, comunque sia tutti e quattro sembrano ora impegnarsi subito ad imbastire almeno un minimo di conversazione tra di loro.    

Non è facile tenere per sé certi segreti, salvo allontanarsi almeno di un passo da tutti gli altri, e coltivare in solitudine certi pensieri, limitandosi ad osservare intorno chi è riuscito a risolvere in qualche modo i problemi di quel genere, magari impegnando a fondo la propria mente e distraendosi in differenti interessi. Forse Sandra potrebbe essere il tipo di persona capace di comprendere quei suoi tormenti, ha pensato Antonio qualche volta. Ma fino ad ora con lei non è mai riuscito ad affrontare l’argomento. Nel corso di questa vacanza potrebbe esserci magari l’occasione giusta, riflette adesso mentre riprende la sua cena. Potrebbe scoprire che anche per lei quel tema non è mai stato risolto, e provare così almeno un moto di solidarietà reciproca. <<Scusate>>, dice alla fine tanto per giustificare il suo comportamento. <<Ma ritrovarsi vicini ad un luogo dal passato di violenza estrema come è questo, mi fa sentire impotente, come uno sciocco che si sofferma ad osservare il mare, e ne vede solamente la superficie>>. Gli altri annuiscono, Lina poi gli prende una mano, ed Antonio all’improvviso si sente incapace di parlare con sincerità. Ma poi sorride: è solo una vacanza, in fondo, pensa dietro la sua maschera; una manciata di giorni da trascorrere con spensieratezza, senza lasciare che niente di triste possa avere il sopravvento.

 

Bruno Magnolfi   


giovedì 21 aprile 2022

Armonia perfetta.


Anni prima, finiti gli studi, Renato e Antonio, senza prima conoscersi, avevano lavorato assieme. Si erano incontrati tra gli uffici di una impresa di logistica dove erano stati assunti come impiegati in momenti differenti, mostrandosi reciprocamente agli inizi una certa diffidenza, forse anche per una loro naturale timidezza, anche se in seguito si erano ritrovati ad essere relativamente più in accordo. <<Ci beviamo una birra a fine turno?>>, aveva detto poi Renato uno di quei giorni. Così avevano iniziato col fermarsi in un locale ogni tanto a parlare delle loro cose, ed anche se Toni dava sempre l’impressione di voler tenere tutto un po’ sotto controllo, poi però ci stava a farsi due risate su qualcosa di divertente che magari era capace di raccontargli l’altro. Lui all’epoca non era ancora sposato con Lina, però usciva già da un po’ di tempo insieme a lei, e dopo qualche volta aveva iniziato ad accennare a Renato qualcosa di quella sua ragazza strana e meravigliosa, almeno a suo parere. Forse Antonio si riproponeva di sposarla al più presto e così andare subito ad abitare insieme a lei, ma Lina sembrava quasi snobbare un po’ quell’argomento. Renato gli suggerì di non insistere troppo su quel tasto, e che se le cose fossero maturate fino a quel punto, tutto si sarebbe rapidamente sistemato autonomamente, senza troppe insistenze. Invece Lina all’improvviso ereditò un piccolo appartamento, e così andò ad abitare da sola in quelle tre stanze luminose a piano terra, e in questo modo Antonio si ritrovò da subito a rimanere da lei sempre più spesso.

Perciò lui aveva iniziato quasi ogni giorno col confidare a Renato di tutti i suoi progressi di quel rapporto intenso, forse inizialmente non troppo definito, ma sicuramente molto appagante, quasi fosse la sua maniera per sentire davvero viva quella sua relazione sentimentale, tutta in divenire e particolarmente ricca di prospettive, secondo il suo parere. Una volta poi gli aveva anche presentato con soddisfazione quella ragazza magra dall’espressione quasi indecifrabile, un giorno in cui erano usciti presto dal lavoro e lei era andata ad aspettare il suo Antonio davanti alla sede in cui mandava avanti la propria attività. Allora erano entrati in un locale lì vicino, ed avevano bevuto qualcosa sedendosi ad un tavolo, quasi per festeggiare quell’amicizia sempre più stretta che si stava già delineando, e quando, dopo un paio di mesi, Renato si era messo insieme a Sandra, una sua recente conoscenza, allora finalmente avevano potuto iniziare ad uscire in quattro, e sentirsi tutti in questo modo molto più a proprio agio. Si sentivano bene, quelle volte non troppo frequenti in cui fissavano un appuntamento per trascorrere assieme la serata, ed anche le ragazze in poco tempo avevano stretto tra loro un buon rapporto di amicizia.

Poi Toni era stato premiato nel suo lavoro con un innalzamento di livello, e questo era accaduto appena poco tempo dopo che lui e Lina avevano deciso finalmente di sposarsi, considerato comunque che praticamente già convivevano. Una cerimonia semplice, pochi i presenti, solo parenti e qualche amico stretto, poco più di dieci persone in tutto tra le quali Sandra e Renato, che naturalmente avevano deciso di parteciparvi con grande piacere, tanto da sentirsi spinti a loro volta verso dei progetti nuziali a corta scadenza. <<L’età ormai ce l’abbiamo>>, aveva detto lui scherzando già durante quello stesso giorno; <<tanto vale cercare un appartamento in affitto per noi due ed andare ad abitarci>>. Così poco dopo era successo veramente, e forse persino troppo in fretta, ma sfortunatamente proprio nel periodo in cui si erano presentati per Renato alcuni problemi per il suo posto di lavoro, tanto che sentendosi adesso molto più responsabile della sua vita e delle proprie azioni, aveva iniziato subito col darsi molto da fare per trovare una diversa opportunità. Lo avevano assunto alla fine in una grossa impresa di edilizia come addetto alle risorse umane, visto che oramai aveva maturato una certa esperienza in quel ruolo, e così all’improvviso lui si era quasi sentito a posto, pronto ad affrontare con Sandra qualsiasi avversità.

In seguito, uscendo dal settore lavorativo in cui era rimasto Toni, dove lui adesso ormai era quasi un dirigente, l’amicizia di Renato e di Sandra verso gli altri due si era quasi intensificata, fino a farli trascorrere qualche fine settimana in giro tutti insieme. Decidere quindi di affittare un camper per affrontare in quattro una vacanza tutta francese, era stata poi un’idea che aveva elettrizzato tutti, tanto da iniziare ad organizzare tutto quanto già qualche mese prima, in armonia perfetta.

 

Bruno Magnolfi          

martedì 19 aprile 2022

Carta da bruciare.


Diario. 10° giorno. Oggi mi sono sentita stanca. Stanca dei miei pensieri soprattutto, ma anche di questo girare in camper senza una vera meta, di questa Bretagna immobile, così struggente, e poi dei miei amici, in apparenza sempre più seri e preoccupati, non so neppure io in fondo di che cosa. Ho guardato fuori dal finestrino, mentre stavamo percorrendo nuovamente una delle tante strade costiere, e non sono riuscita a vedere però niente di nuovo, se non queste solite immense onde oceaniche in perpetuo movimento. Si finge di meravigliarsi ancora di queste spiagge infinite, di questi fari che pattugliano la Manica, di questi scogli forti e inamovibili, e dei tanti isolotti che si intravedono qua e là in mezzo alla schiuma, tristi e bellissimi, alla mercé delle maree e delle correnti senza fine. Mi pare che tutto si sia rapidamente come appiattito, forse anche le mie idee, che non producono più alcuna novità nella mia mente.

Vorrei essere a casa, e ritrovare la mia dimensione consueta, piuttosto che inseguire ancora questa vacanza a quattro che sta mostrando sempre di più i suoi limiti. I gilet gialli di Parigi adesso sembrano sempre più distanti, una vicenda del costume popolare senza grandi prospettive, e noi dentro a questo camper che restiamo quasi sospesi in certe giornate vuote, prive di significato, come se si fosse sempre più vicini soltanto al margine periferico del tempo vero e proprio, lontani dalla realtà che probabilmente corre veloce da qualche altra parte che non conosciamo. Sono stanca della finzione che tutti qua dentro ci ritroviamo a mostrare per coprire la monotonia, stanca di essere la moglie di un uomo perennemente annoiato che quasi sempre mi osserva senza mai mostrare troppo interesse, come per una sorta di abitudine, pur all'interno di una cornice come questa, assolutamente differente dall'usuale. E’ assente forse anche ogni vicenda concreta nel nostro proseguire imperterriti lungo queste strade, come se già fosse ben chiaro che niente deve veramente accadere, e che niente perciò accadrà davvero, anche se i nostri desideri irrisolti adesso riescono soltanto a renderci inappagati e soprattutto amorfi.

Forse sono io che proprio non possiedo la sensibilità adatta per vedere i particolari più nascosti, e che magari avrei sempre bisogno di trovarmi davanti degli schemi chiari ed evidenti, che non necessitano in nessun caso di chiavi di lettura. Mi perdo quando cerco di comprendere il significato nascosto di certe espressioni criptiche, di certi gesti, di quei comportamenti che lo so, non possono essere soltanto fini a se stessi, anche se non riesco a interpretarli. Lo capisco che dovrei sforzarmi molto di più, ma non è nella mia natura, e così continuo a non accorgermi delle cose più evidenti, fino a quando non appaiono scontate e note a tutti. Devo resistere, in fondo mancano solamente pochi giorni e poi ci ritroveremo tutti di nuovo a casa, a riprendere la vita di sempre, e chiudere rapidamente questa parentesi vacanziera. Però non sono contenta di dichiararmi fallita anche stavolta, mettermi seduta come se niente fosse accaduto, e lasciare alle cose il loro compito di scivolarmi addosso, senza lasciare su di me una vera traccia positiva.

Qualcuno sostiene che si compiono usualmente tanti errori dentro un'unica giornata, ad iniziare dal fatto di non saper distinguere adeguatamente quali siano i veri errori da riflettere e magari da analizzare, in modo da renderli capaci di lasciarci un positivo insegnamento. Forse anche per un motivo del genere continuo a comporre questo diario, nonostante questi fogli abbiano mutato oramai parecchio il loro senso iniziale, e da semplice raccolta di appunti di viaggio siano divenuti in modo rapido soltanto la raccolta sciatta dei miei sfoghi vergati a sera tardi in un quaderno a righe. Mi sarebbe piaciuto molto invece costituire un piccolo registro dei nostri quotidiani spostamenti in camper lungo questi lembi di terra ai confini occidentali dell’Europa, e renderne quasi un elemento inossidabile, tra i miei appunti attenti e meticolosi, un vero e proprio libro di viaggio, qualcosa magari da riprendere in mano qualche volta negli anni più avanzati, quelli della nostra anzianità, come un ricordo ancora vivo e forse indelebile, capace di mostrare il vero senso del nostro odierno spingerci in avanti. Ma qualcosa è andato storto, inutile persino dirlo ancora. Sarà invece soltanto uno stupido quaderno di carta perciò, da bruciare senza indugi, dentro una stufa ormai già calda, forse già alla prima occasione buona, sorridendo con espressione definita del crepitare alto della fiamma, mentre in un attimo segue, come adesso fa la penna, i profili scuri delle lettere d’inchiostro da cui appare impreziosito.

 

Bruno Magnolfi

sabato 16 aprile 2022

Migliore profilo.


<<Mi pare che adesso tu stia proprio esagerando>>, dice Lina a suo marito, in un raro momento in cui loro due sono rimasti da soli dentro al camper. Toni non si sente bene, prova come un leggero principio di depressione, ma non sa spiegare a lei quale disagio stia provando, se non continuare a ripetere, anche a se stesso, che le cose stanno andando in una maniera che mai lui avrebbe immaginato, come se fosse costretto a qualcosa di estremamente distante da ogni suo desiderio. Lei è dura, certe volte, e si dimostra poco comprensiva. Ed Antonio così si rinchiude in se stesso, almeno quando sente che intorno non c’è affatto il clima giusto per poter descrivere i propri malesseri. <<Non so; mi pare che questa vacanza non ci porti da nessuna parte, e che ognuno di noi, in ogni giorno che trascorriamo insieme, sia sempre più isolato dagli altri>>, dice. Lei annuisce, forse solo per una sorta di abitudine, però sostiene subito che lui con le sue fisime adesso sta proprio esagerando, come da un po’ fa anche troppo di frequente, secondo il suo parere. <<Sei tu che prosegui come sempre a rinchiuderti in te stesso>>, gli dice con insidia ma a bassa voce; <<non partecipi quasi mai alle attività che qua dentro vengono proposte, ed oramai ti sei ridotto a svolgere soltanto il ruolo dell’autista di questo mezzo, probabilmente anche perché non riesci ad avere una dimensione più sociale quando ti trovi in mezzo agli altri>>.

Antonio sta in silenzio; guarda qualcosa tra le cartine stradali della Bretagna e le illustrazioni dei luoghi che forse loro dovrebbero ancora visitare, e gli pare che tutto abbia perso di significato, quasi che il loro meraviglioso viaggio in camper si fosse ridotto in breve tempo, ad una semplice serie di comportamenti automatici e monotoni. <<Nessuno si sente soddisfatto di ciò che stiamo facendo>>, dice alla fine quasi per liberarsi, come se il suo giudizio fosse il dato più allarmante, probabilmente sempre evitato dagli altri fino a quando è stato possibile, ma che adesso appare oramai emerso con grande evidenza, una volta per tutte, alla luce del sole. <<Questo è soltanto il tuo parere>>, dice subito Lina senza neanche guardarlo, come per esorcizzare qualcosa di estremamente distante da sé. Tornano gli altri, hanno fatto degli acquisti in un supermercato, si parla subito di cosa sia possibile più tardi preparare per la cena, e poi si riflette anche verso quale luogo sia utile spostarsi, considerando che adesso si trovano a Quimper, e forse vorrebbero trasferirsi dalle parti della foce del fiume Odet. Hanno preso del pesce azzurro, potrebbero farlo sulla griglia se trovassero un posto buono dove starsene tranquilli. Lina e Sandra sistemano subito le cose dentro al frigorifero, ed Antonio, salito in cabina di guida come sempre, avvia con determinazione il motore del camper.

Nessuno sembra abbia molta voglia di parlare, così viene percorsa con calma la strada verso Combrit, con l’idea di fermarsi a dare un’occhiata al castello di Perennoud, immerso in una vegetazione lussureggiante vicino al fiume, anche approfittando della giornata non troppo nuvolosa. Antonio però si sente dissociato da tutti gli altri, vorrebbe quasi arrestare il mezzo in un luogo qualsiasi e gridare agli altri il suo tormento, anche se invece prosegue quasi con rassegnazione ad accettare il suo ruolo, come se le parole di sua moglie avessero alla fine mostrato un senso che poco per volta risulta anche per lui vicino al vero. Non c’è molto da inventarsi, sembra pensare mentre cambia le marce alla loro comoda casa viaggiante; ci siamo auto-inflitti la punizione di restare chiusi in questo camper per più di due settimane, senza pensare alle conseguenze che questa scelta avrebbe comportato. Non si può far altro adesso che rassegnarsi a questo nostro destino.

La vallata del fiume che stanno attraversando appare molto bella, e la loro serata in fondo potrebbe anche mostrarsi piacevole se soltanto loro quattro dimostrassero una certa vera volontà di stare bene in compagnia. Purtroppo le cose non stanno in questo modo, nonostante dal momento in cui sono partiti, non sia accaduto nulla di particolare per intervenire in qualche modo a rovinare realmente l’umore di tutti, o che abbia mostrato comunque delle sostanziali differenze di vedute tra di loro. Tutto insomma potrebbe andare ancora bene, ed il loro viaggio recuperare quei principi di amicizia su cui era stato progettato. Anche se nessuno tra di loro, quasi per sfida, sembra sempre di più voler mostrare il lato migliore di se stesso.

 

Bruno Magnolfi   

           

mercoledì 13 aprile 2022

Ritorno rassegnato.


            Diverse volte giro con sospetto ed attenzione attorno al nostro camper avanti di aprire lo sportello e poi rientrare dentro, appena un attimo dopo aver concluso da solo una breve e piacevole passeggiata insieme al nostro piccolo boxer silenzioso che ancora tengo al guinzaglio. C’è un’auto parcheggiata adesso, proprio a poca distanza, e non sento giungere dall’interno del nostro mezzo alcun rumore. Più ci rifletto e più mi sento poco tranquillo, così ritorno indietro di qualche passo, assicuro Ettore ad un albero poco distante, e poi, senza provocare alcun rumore, torno verso la piazzola del parcheggio, poco lontano da una meravigliosa spiaggia sulla costa di Paimpol, in Bretagna. Mi riavvicino con estrema cautela, e poi cerco di guardare all’interno del camper da uno spiraglio del finestrino in cui una tendina ha lasciato una piccola fessura di visuale. Sembra proprio che all’interno in questo momento non ci sia nessuno, e considerato che avevo lasciato gli altri tre impegnati a preparare qualcosa per il pranzo neanche una mezz’ora prima, la cosa mi fa sicuramente preoccupare. Così, usando molta cautela, vado ad osservare anche la vecchia Citroen ferma lì accanto, anch’essa vuota, e quasi per una sorta di prudenza memorizzo il numero di targa; poi mi muovo verso la spiaggia, considerato che lungo la strada costiera non sta transitando al momento alcun veicolo. Scendo verso l'oceano lungo un piccolo e breve sentiero, e come stavo sperando difatti sono tutti là, fortunatamente, mentre si stanno lasciando spiegare da un ciarliero francese qualcosa di questa costa e degli isolotti che da qui appaiono poco distanti. Vedendomi arrivare così, tutti mi spiegano in due parole che hanno soltanto dato una mano a quest’uomo riconoscente, al momento in cui era rimasto immobilizzato con la macchina per una ruota che aveva iniziato col girare a vuoto su un margine stradale decisamente un po’ troppo sabbioso.

Il tipo è allegro, dice subito in un italiano stentato che il suo paese adesso sta vivendo un grande momento, e che i problemi affrontati dai gilets jaunes, a Parigi ed anche in altre città durante queste settimane, sono quelli praticamente che abbiamo tutti, e che quindi è necessario sostenere questa loro battaglia, perché è proprio quella che bene o male riguarda proprio chiunque. Poi ci parla ancora di quei dintorni, di come sia affollata tutta la zona nel periodo estivo, e di quanto lui, pur abitando da sempre a Pontrieux, una ventina di chilometri nell’entroterra, spesso compia volentieri una girata in macchina da queste parti, spingendosi lungo tutta quella costa che conosce molto bene. Poi lo riaccompagniamo fino alla sua auto, lo salutiamo calorosamente, lui rimette in moto con grandi sorrisi la sua Citroen, e quindi sparisce. Noi rientriamo immediatamente nel nostro camper senza sentirci particolarmente coinvolti dall’entusiasmo da lui dimostrato per quelle manifestazioni cittadine di protesta, comunque riflettendo accuratamente sul sostegno che anche la gente di provincia sembra stia apportando a questi movimenti popolari.  

Ma subito dopo provo personalmente una specie di strano disagio ripensando a quel simpatico monsieur appena andato via: come se per un attimo avessi quasi desiderato fortemente prendere lo zaino e andarmene con lui sulla sua macchina; non tanto per visitare la sua casa, la sua famiglia, o ispezionare la sua vita; quanto per una voglia assurda ed improvvisa di abbandonare il camper una volta per tutte, ed uscire senza spiegazioni da questa pantomima dei grandi amici che ancora fingono di divertirsi a viaggiare spensieratamente lungo tutta questa meravigliosa costa straniera. Come se avessi più cose da spartire con un personaggio qualsiasi incontrato casualmente, che con tutti coloro che da anni affollano nel bene e nel male le mie giornate. Così torno ad uscire dalla nostra casa viaggiante per tirare un respiro in mezzo a tutti i miei pensieri, mentre gli altri preparano la tavola da pranzo, e poi torno immediatamente verso il punto dove ho quasi dimenticato il mio fedele cane Ettore: però lo trovo tranquillo, lui è ancora lì accanto all’albero, accucciato quasi con rassegnazione, disponibile praticamente ad ogni destino possiamo riservargli in qualsiasi momento, e senza neppure conoscere la ragione che abbiamo di comportarci in una maniera oppure in un’altra. In fondo un cane non ha molte scelte da fare, penso con affetto. Così mi piego sulle gambe, lo accarezzo amorosamente sulla testa, e tento di dimostrargli il mio apprezzamento per la sua enorme pazienza. Infine lo sciolgo dal guinzaglio, e lascio così che annusi per un po’ quello che vuole nei dintorni, ritornando alla fine con rassegnazione insieme a lui verso il nostro camper.

 

Bruno Magnolfi   

lunedì 11 aprile 2022

Lotta sociale.


Spingendoci a nord, e poi piegando con determinazione verso occidente, sembra di respirare un'aria di libertà praticamente sfuggita alla ragione fino ad oggi, almeno tra i muri delle nostre case monotone. La strada asfaltata diventa subito il percorso per un nuovo rinascimento, e gli spazi alle spalle vecchi retaggi di mentalità ferme e incapaci. La gente compatta sfila intanto lungo i  viali larghi e accoglienti, e si definisce da sé con l'indumento più ironico e semplice possibile, mentre il nemico senza logica appare costituito da quei rappresentanti che per semplice mandato dovrebbero curare i guai di tutti. Che cosa importa essere qua soltanto per godere di qualche giorno di vacanza: l'elemento essenziale sta nel ritrovarsi proprio al posto giusto, o almeno poco lontano da dove accadono le cose, quasi nel luogo dove si trasformano rapidamente tutte le idee, innalzandosi e proiettandosi con determinazione verso il futuro. Ci sono degli errori, c’è la violenza di qualcuno che rende tutto quanto poco accettabile, e poi però c’è la necessità della gente di tornare ad essere promotrice dei cambiamenti e della presunta giustizia sociale.

Qualcuno storce la bocca, altri sostengono che tutto questo putiferio non potrà mai avere un vero futuro, ma alla fine in molti ci credono, e qualche piccolo esponente populista cerca di cavalcare la protesta, dando fiato alle parole d’ordine e facendo eco a ciò per cui si marcia. Il collante di tutto quanto è la spontaneità, e l’appuntamento inevitabile con ogni sabato di calendario, scandisce ormai da tempo quei ritrovi semplici e sentiti. Loro quattro non hanno scelto di andare in territorio francese per ciò che sta accadendo da quelle parti oramai da diversi mesi; ma forse adesso il solo accostarsi a qualcosa di storico e importante, appare a tutti, fin dal momento della partenza dall’Italia, un inevitabile rendersi conto di quanto sia fondamentale essere così capaci e sensibili da avvertire il soffio di quel vento, pur debole ed incerto, del cambiamento possibile.

Sandra coltiva dentro se stessa un’idea di fondo che si trattiene dal confidare agli altri, mentre Renato, Lina ed Antonio proseguono a mostrare un’indifferenza almeno di facciata verso quelle manifestazioni, pur conservando un moto critico e poco incline a giustificare tutte le vicende. Intanto si muovono rapidamente con il loro camper noleggiato, lungo la A71 da Lione a Bourges, e l’impressione che tutto comunque avvenga là attorno, si mostra ad ogni chilometro come un impulso essenziale a mostrarsi attenti, ricettivi e perspicaci. Essere proprio là dove succedono le cose, sembrava il modo giusto di viaggiare appena un attimo prima di partire, anche se poi fare rotta con decisione verso la costa atlantica, sembra in questo momento quasi il tentativo di schivare di colpo tutti i problemi seri e le prese di coscienza inevitabili, per ripiegare verso la tranquillità di una normale qualsiasi vacanza, senza avvertire neppure l’ombra di una sommaria preoccupazione. Forse sarebbe anche più facile ostentare una ordinaria insensibilità a quanto va accadendo, ma il fatto di sentirsi in qualche modo toccati dalla realtà di questo momento, fa in modo che ognuno dei quattro provi dentro se stesso un moto d’ansia, una nascosta condizione di vaga inquietudine, una debole angoscia insomma, anche se ovviamente inconfessata.

Poi ci sono le tante soste negli affollatissimi autogrill, dove ci si incontra con gli individui più comuni, magari proprio quegli stessi che di sabato indossano la casacca gialla e vanno per strada a dare forza al malcontento. Ecco, è proprio in questi luoghi che prende forma all’improvviso la consapevolezza: ci si riposa, si va in bagno, si ordina al banco un semplice caffè, e intanto si avverte molto chiaro quello che qui, in lingua francofona, è per tutti la tematica del giorno, qualcosa che a nessuno permette di restare in un ambito neutrale, ma costringe subito a schierarsi, senza neppure troppi distinguo. Se ne potrebbe provare simpatia, magari fino a un certo punto, così come potrebbe essere bello far parte della schiera, anche se uno strano spirito di individualità è subito pronto a tirarci indietro, magari per semplice paura di qualche conseguenza, e a tenerci fuori materialmente da quanto sta accadendo. Si ascoltano però con interesse acceso le parole che vengono scambiate tra la gente, e ci si confonde con rapidità tra tutti, dando forse retta superficialmente a chi sul momento ha soltanto la voce più potente. Però la nostra, in fondo, è solamente una vacanza, si torna presto a sostenere; non potremmo mai far parte davvero della lotta.

 

Bruno Magnolfi


venerdì 8 aprile 2022

Nessuna comprensione.


Diario. 9°giorno. Non ci capisco niente. Sembra che ognuno di noi quattro, dentro questo stramaledetto camper, dica continuamente e con ferma convinzione delle cose diverse dagli altri. Personalmente, giusto per distrarre la mente, mi sono ridotta a leggere in silenzio qualsiasi cosa possa capitarmi sotto agli occhi, e quando proprio non ho altro di cui occuparmi, ad andarmene in giro da sola assieme al mio cane, anche se lui non ne ha voglia, in qualsiasi occasione e per qualunque motivo ci fermiamo, pur di non dover parlare con nessuno qua dentro, tanto meno con mio marito. Non ci sono state discussioni, nessuna polemica, neanche un bisticcio, eppure ci siamo rapidamente allontanati l’uno dall’altro. Pare quasi che adesso ciascuno di noi stia praticamente rincorrendo una propria personale vacanza, lasciando solo a delle parole ordinarie e a dei gesti consueti e scontati, tutta la socialità residua rimasta disponibile. Trascorriamo ogni giornata tutt’e quattro assieme ad occuparci del pranzo, della cena, degli acquisti, delle pulizie, del trasferimento da un luogo a quell'altro di questa variegata costa francese, eppure continuiamo a farlo come degli automi, senza più quello spirito iniziale che avrebbe dovuto sorreggere tutto il resto del nostro meritato periodo di ferie. Ho provato ad accennare l’argomento a mio marito, ma lui ha subito alzato una spalla, come per mostrarsi assolutamente distante da certe preoccupazioni. Abbiamo tutti trovato qualcosa di cui occuparci individualmente, e ci impegniamo in quelle minute attività senza più scambiarci alcuna confidenza. Anche perché in questo momento ogni parola usata per avvicinarci suonerebbe del tutto falsa, ed allora è quasi meglio evitarla.

Mi sono chiesta più volte, nelle ultime giornate, se fossi la sola ad avvertire queste sensazioni, però osservandolo un po’ meglio, anche Antonio mi è parso sensibile a queste problematiche, tanto che ho cercato di restare da sola con lui in diverse occasioni per approfondire l’argomento. Così proprio stamani siamo andati, solo noi due, a fare delle compere in un piccolo mercato dalle parti di Morlaix, in Bretagna, e mentre si stava scegliendo con calma la frutta e la verdura migliori, purtroppo scarse in questo periodo dell’anno, ho chiesto a Toni come stessero andando le cose con sua moglie. <<Parliamo poco>>, ha detto lui alzando le spalle; <<certe volte pare quasi che lei si sia trasferita in un’altra dimensione, ed osservi ciò che la circonda con gli occhi di una persona miope, che non riesce a mettere a fuoco la visione completa. E per colmo adesso sembra persino che incolpi me dei suoi affanni>>. Mi è venuto un po’ da ridere, anche per alleggerire questa strana situazione, e così mi sono stretta per un attimo ad un braccio di Antonio, mostrandogli così la mia solidarietà, ma lui mi ha guardata per un lungo momento mostrando una certa soddisfazione, come se avesse atteso a lungo quel mio semplice gesto. In fondo l’amicizia è una grande risorsa, ho pensato; e poi siamo persone che si conoscono oramai da tanto tempo, e perciò scambiarsi delle intimità torna persino naturale.

Quando siamo tornati nel camper eravamo già più allegri di quando lo avevamo lasciato, ed aver ritrovato Lina e Renato con i loro soliti musi lunghi, e sistemati uno da un lato ed una dall’altro, ci ha fatto probabilmente pensare all’unisono che forse il problema sostanziale di questa vacanza possa essere dato proprio da loro due, e dall’incapacità che dimostrano nell’essere dei veri amici. Così abbiamo tirato fuori una tipica torta francese saint-honoré, acquistata naturalmente per addolcire la giornata, e proprio mentre la facevamo vedere agli altri due, ecco che loro per un solo attimo si sono scambiati una rapida occhiata d’intesa, come se avessero avuto uno stesso identico giudizio sui nostri comportamenti. Mi è parso strano tutto ciò, ma non ho certo voluto rompere quella parvenza di armonia improvvisa, per questo con indifferenza mi sono messa subito a riporre gli acquisti negli scomparti del cucinotto, mentre Antonio saliva in cabina di guida ed avviava il motore per spostare il camper in qualche luogo panoramico lungo la costa.       

Adesso credo che tutto si sia fatto ancora più complicato, e quando mi sono messa a leggere ad alta voce, traducendolo per tutti, un articolo di un quotidiano dove si parla delle ragioni che in questi giorni stanno portando i gilet gialli a manifestare per le strade della Francia, qualcuno con un gesto della mano mi ha chiesto di smetterla, come se fossero argomenti noiosi e privi d’importanza. Mi pare quasi impossibile; e trovo tutto questo quasi assurdo, come non avessi mai compreso nulla.

 

Bruno Magnolfi   


mercoledì 6 aprile 2022

Nel vento.


A volte mi prende un'idea del tutto strampalata, della quale naturalmente posso soltanto sorridere e nient'altro. Velocizzare il tempo di fronte a me quando risulta praticamente odioso da trascorrere, e poi invece rallentare fino quasi a fermarli tutti quei momenti belli e piacevoli che purtroppo raramente si presentano. Il fatto è che provo insofferenza nell’avere attorno delle persone che non mi comprendono, che guardano in una diversa direzione, che sono distanti dai miei pensieri. Li guardo e noto che sono differenti da come sono io, hanno del tutto una diversa impostazione delle proprie idee. Vorrei che questa vacanza in camper certe volte scorresse senza intoppi, rapidamente, quasi una rincorsa tra un giorno e quello che ne segue, però subito dopo mi piacerebbe pure che molti dei suoi attimi migliori fossero capaci di depositarsi lentamente come la polvere su una superficie, come estratti quasi impalpabili alle mani, ma assolutamente da salvare. Un viaggio è un tempo indefinito, un contenitore di sentimenti messi assieme piuttosto alla rinfusa, di cui forse solo la memoria a lungo termine potrà occuparsi in seguito per una sua migliore ed ultima definizione. Intanto tutto avviene senza un briciolo di coordinamento, trascinando in avanti ogni fase, ogni giornata, pur priva di valore, oppure importantissima che sia. Tra di noi si dipanano i giudizi intorno a ogni dettaglio, spesso senza che la razionalità ne raccolga il senso vero. Forse si dovrebbe ridere di più, non so, mostrarsi più sereni, leggeri, capaci di quella tranquillità fondamentale, giusta per affrontare ogni passaggio. Invece ci deprimiamo, e si cerca continuamente di addossare le colpe sparse di ogni stupidaggine a qualcuno, anche per ciò che non si fa, oppure di ciò che si fa troppo, persino di quello che non viene ponderato con sufficiente impegno, o di quanto ci sfugge, soprattutto, nonostante il nostro bisogno di incamerare rapidamente ogni esperienza.

<<Renato>>, dice mia moglie Sandra qualche volta mentre viaggiamo in silenzio. <<Cosa stai pensando?>>. Non riesco a rispondere, troppo complicata la matassa di riflessioni che si dipana continuamente dentro la mia testa; e poi, se anche provassi davvero a farlo, subito mi troverei a confondere ulteriormente molte cose, fino a pronunciare parole e frasi sempre più distanti da ogni spiegazione reale. Non mi resta che fingere qualcosa, ed inventarmi su due piedi un argomento qualsiasi che non lasci trapelare alcun addentellato con la verità. La nostra vacanza in questo momento è soltanto un contenitore di individualità diverse, personalità che tentano di far scorrere, sotto uno stesso segno, delle giornate del tutto differenti per ognuno. Non riesco a rispondere a mia moglie, così come sono sicuro che la stessa domanda formulata nei confronti di chiunque altro di noi quattro, andrebbe a disegnare dei contorni assolutamente dissimili tra loro. La costa francese che andiamo rincorrendo prosegue a scorrere intorno al nostro scatolone, ed anche se guardo Lina per un attimo, non so proprio comprendere alla fine quali siano le sue vere intenzioni nei miei confronti. Ci siamo confidati di fretta una simpatia reciproca e impossibile, ed adesso nessuno di noi due è capace di trarne una conclusione seppur minima. Restiamo così, immersi in una sospensione che non ci lascia alcuna possibilità, mentre tutti assieme cerchiamo di alleggerire ogni frammento di convivenza stretta, forse distanziandosi tra noi sempre di più.

    Facciamo sosta con il nostro camper su di una rupe a picco sull’oceano, nei pressi di Etretat, in Normandia, e forse sembra a tutti noi, mentre ci scattiamo l’un l’altro delle foto, che questa maestosa falesia bianca, rappresenti il bordo di qualcosa, un'interruzione netta delle colline alle nostre spalle e dei loro prati verdi, come se anche le nostre personalità fossero giunte all’estremo di qualcosa, e lasciassero soltanto allo sguardo il possibile volo di gabbiano sopra le onde immense sotto di noi. <<Siamo giunti proprio dove volevamo>>, dico a voce alta sfidando l’impetuosità del forte vento, tanto per rendere la nostra vista un elemento fondamentale da cui trarre delle personali definizioni. Lina mi guarda in questo momento esatto: forse vorrebbe adesso stringersi a me in quest’aria fredda di febbraio, lasciando ai suoi capelli, spettinati dal vento, l’immagine perfetta della passione che forse consuma quel suo spirito, poco per volta; o magari no, tutt’altro, ed il suo atteggiamento conferma invece soltanto il rovescio di una sua capacità innegabile a dimostrarsi desiderosa di cure e di protezione. Forse non riuscirò mai a comprendere molti degli aspetti della sua personalità, penso mantenendo un filo di disagio; anche se in fondo non riesco ad allontanare troppo il mio sguardo dai contorni belli e piacevoli della sua figura.

 

Bruno Magnolfi      


lunedì 4 aprile 2022

Racchiuso.


            Aver convinto gli altri, subito prima di intraprendere la via del ritorno, a spingersi con il camper fino alla fine della penisola di Quiberon, per poi dedicare l’ultimo probabile giorno della loro vacanza francese alla città di Nantes, come sembra già deciso da tutti e quattro, rende Antonio orgoglioso delle proprie capacità. Certo, anche aver visitato precedentemente Carnac è stato bello, ma adesso per lui essersi ritrovati su questo istmo di terra proiettato verso l’oceano, gli ha fatto come riandare con i pensieri al vero senso per cui tutti loro si sono avventurati in questa affascinante Bretagna invernale, spazzata dai venti oceanici e priva in questo periodo di qualsiasi altro turista. Adesso invece stanno procedendo con calma verso Saint Nazaire, dove la Loira, dopo un lungo e meraviglioso viaggio, va a gettarsi nelle acque aperte del golfo di Biscaglia, e così hanno deciso di pernottare proprio da quelle parti, magari su di una delle sponde alla foce del fiume.

            Renato, improvvisamente, al momento in cui si erano fermati per un’ora circa in un luogo abbastanza isolato, gli ha chiesto, con espressione estremamente seria e decisa, che cosa intendesse farsene di quella pistola che stava stupidamente nascondendo fin dalla partenza da qualche parte. Ad Antonio è venuto subito da ridere, ma l’altro al contrario sembrava quasi sul punto di arrabbiarsi seriamente. <<Non è una pistola>>, gli ha risposto allora con timidezza; <<è soltanto una piccola lanciarazzi, poco più che un giocattolo, un attrezzo buono per festeggiare qualcosa, insomma per sparare qualche fuoco colorato in aria; è una cosa che avevo pensato di utilizzare una sera, magari per fare a tutti una bella sorpresa, ma poi purtroppo non si è mai presentata l’occasione adeguata>>. L’altro improvvisamente si è sentito uno sciocco ad aver immaginato per diversi giorni, soltanto sulla base di un’occhiata rapida da dietro, degli aspetti un po’ inquietanti dell’amico mentre lui teneva in mano quel ferro, però adesso si è subito sentito più sereno per avergliene chiesta ragione.

            Così, mentre alla fine si sono sistemati con la loro casa viaggiante dalle parti del Camping L’Estuaire, ovviamente chiuso in questo periodo, loro due si sono sentiti improvvisamente più vicini, forse anche soltanto per quel semplice chiarimento. Sandra invece è apparsa piuttosto nervosa o eccitata: ha trascorso una parte della giornata a spulciare i giornali che parlavano delle manifestazioni dei gilet gialli, e forse il fatto di trovarsi già domani stesso là in mezzo, proprio al centro di Nantes, magari a sfilare insieme a tutti gli altri cittadini, la fa sentire comunque finalmente viva, capace di dolersi o di gioire delle stesse cose per cui tutti i francesi si sentono in questo periodo come un solo popolo in movimento. Lina invece non ha più affrontato l’argomento negli ultimi giorni, ed anche se non si tirerà certo indietro domani per un moto di paura, o per la propria incapacità di sentirsi davvero una come tutti gli altri, in ogni caso cercherà di starsene abbastanza in disparte, senza assolutamente farsi prendere dalla presupposta foga dei manifestanti.    

            Antonio parcheggia il camper vicino alla riva sinistra del grande fiume, posizionandolo nel migliore dei modi, poi dà ai suoi amici il suo aiuto per preparare la cena. Niente di speciale stasera: alcune cose avanzate dai giorni scorsi, un piatto di spaghetti per ricordarsi dell’italianità, e poi un bel vino rosso della zona, giovane e leggermente aspro, ma buono. Renato sorride, ha una sua idea, ma la tiene per sé fino a quando non terminano con calma di cenare. Poi la solita partita a carte per stabilire di nuovo di chi sia il turno per lavare le stoviglie e sistemare il cucinotto ed anche la tavola, e mentre le cose procedono quasi come tutte le altre sere, lui sottovoce ha già suggerito a Toni di preparare la sua lanciarazzi per fare una sorpresa alle ragazze, come le chiama da quando sono partiti. <<C'è qualcosa da vedere qua fuori>>, fa René a un certo punto, mentre osserva le luci delle case dall'altra parte della Loira, quasi due chilometri da una riva a quella opposta. Tutti escono per ammirare il fiume lento che scorre maestoso, c’è persino un banco di sabbia al centro del rio, un isolotto cresciuto in mezzo al corso dell’acqua, come una balena di acqua dolce, emersa un momento a prendere aria. E’ in quel momento che Toni esplode il suo razzo, un fuoco rosso luminoso e brillante sopra di loro, calmo e leggero, che compie fedelmente la propria perfetta parabola, per poi andare inevitabilmente a cadere nel fiume, tra espressioni di gioia e di sorpresa; e senza neanche saperlo, il petardo va in aria adesso come per indicare finalmente quasi lo sbocco inaspettato e improvviso di un sentimento comune e infantile, forse tenuto a bada da tutti per troppo tempo, così racchiuso tra molti altri sentimenti, stretti in ognuno di loro.   

 

            Bruno Magnolfi

venerdì 1 aprile 2022

Evidenti intolleranze.


Diario. 8° giorno. Oggi io e Lina ci siamo bisticciate. O meglio, sono io che improvvisamente ho sbottato di fronte alla sua solita espressione da mezzo sorriso, come fossi un’idiota da sopportare e forse anche da compatire. E questo succedeva mentre stavo semplicemente spiegando il mio parere sulla lista degli acquisti da fare nella pescheria di Le Conquet ed al supermercato. Ho detto in malo modo che il suo mostrare di conoscere sempre tutto di ognuno stava diventando insopportabile, e che quelle poche parole che scambiava ultimamente con tutti noi, non erano mai minimamente costruttive, ma solo volte decisamente a dimostrare la pochezza delle idee degli altri. Lei si è trincerata come sempre nel suo silenzio marmoreo e anche antipatico, ma poi ha detto che in fondo non le importava neppure sapere che cosa avessimo deciso di acquistare per la cena. Così mi sono morsa la lingua, e subito dopo mi è persino dispiaciuto di aver alzato un po’ troppo la voce, tanto che mi sono concentrata per la mezz’ora successiva, fino a porgerle delle vere e proprie scuse, evidenziando a questo scopo il fatto che alla fine l’argomento del contrasto era dato soltanto da alcune sciocchezze che in fondo non interessavano troppo neppure a me. Però ho pensato, immediatamente dopo, che proprio le sciocchezze nascondono spesso dei problemi ben più rilevanti, e così ho deciso di riflettere meglio su quali potessero essere le cose che in questo momento non vanno bene tra noi due. Forse, ciò che più mi innervosisce di Lina, ho pensato, è soltanto questa vaga aria di chiusura che già dal primo giorno di vacanza in Bretagna lei ha stabilito di mostrare verso di me. Il motivo, in un primo tempo, ho creduto fosse dato soltanto dall'ordinaria competizione femminile in spazi ristretti, ma poi si è aggiunta rapidamente anche la sensazione che lei volesse dimostrarsi decisamente distante dal mio modo di essere.

In seguito però ho immaginato anche, da parte sua, un forte moto di gelosia per come Antonio si sta comportando in questi giorni nei miei confronti: qualche attenzione di troppo, alcuni sorrisi aperti, magari il riferirsi alla mia persona anche più spesso che a lei, quasi che il mio parere, in certi momenti almeno, avesse per lui un peso maggiore. Ho deciso perciò di parlarne al più presto possibile con Toni, naturalmente cercando di non offenderlo in nessun modo, e così chiedergli con un certo tatto di essere un po’ meno indulgente verso i miei confronti. Insomma ho capito che tutto deriva dal momento poco buono che sta attraversando il loro matrimonio, ed il fatto di esserci ritrovati in quattro sopra un camper per una vacanza come questa, forse ha reso le cose ancora più difficili tra loro due. Ma più tardi è stata Lina stessa a venire da me mentre facevo fare il solito giretto al mio piccolo boxer, e mi ha detto qualcosa che mi ha portato assolutamente verso un’altra strada. Mi ha spiegato cioè, che le dispiaceva molto rendersi conto di quanto la relazione tra me e Renato non stesse funzionando bene come un tempo, e che per questo motivo non voleva assolutamente cercare di mostrarsi, con il suo comportamento, come una sciocca qualsiasi che va cercando soltanto delle parole e dei modi consolatori verso la sua amica.

Stavolta sono rimasta io in silenzio, anche perché mi sono sentita completamente stupefatta da quella vera e propria giravolta, tanto da non sentirmi neppure in grado di chiederle da quale elemento avesse dedotto che le cose tra me e mio marito non andassero proprio per il verso giusto. Così le ho semplicemente sorriso, ho auspicato che avremmo dovuto, da ora in avanti, mostrare una migliore solidarietà l’una verso l’altra, e poi naturalmente siamo tornate insieme verso il camper, dove il lato maschile della nostra combriccola stava preparando la grigliata di pesce per la serata. Adesso, ovviamente, mi sento invece ancora più distante da lei, ma la cosa incredibile è che non riesco più a comprendere quale possa essere il vero motivo di questo nostro attrito, anche ammesso che abbia proprio un senso. L’insoddisfazione manifesta che siamo state capaci di tirare fuori da noi stesse, credo abbia delle ragioni più nascoste, forse addirittura delle aspettative diverse o superiori per questi quindici giorni di vacanza. Quello che comunque so per certo è che nel periodo rimanente non starò più a lambiccarmi il cervello nella ricerca di chissà che cosa, ma lascerò che ogni dettaglio segua naturalmente il proprio corso, senza tentare di nuovo di mettere qualcosa di traverso.

 

Bruno Magnolfi