martedì 28 febbraio 2023

Cambio inevitabile.


            Vorrei tanto scoprire d’improvviso una maggiore solidarietà tra di noi, almeno in certi casi, come si fosse per davvero una squadra affiatata, pronti a darci una mano l’uno con l’altro, e riuscire a sostenerci ogni volta che salta fuori un pur piccolo problema. Invece mi rendo conto che ognuno in ufficio manda avanti in solitudine i propri compiti, senza preoccuparsi minimamente degli altri, e spesso, quando qualcuno sbaglia anche un semplice passaggio nel lavoro, siamo sempre pronti a dargli addosso, come se niente del genere dovesse mai accadere. Lorenza generalmente lavora in silenzio dietro al suo terminale, e certe volte sembra isolarsi completamente, anche se con le parole è sempre la prima a dire che gli impiegati delle Poste dovrebbero volersi più bene tra di loro. La signora Vanni annuisce spesso davanti a discorsi di quel genere, però anche lei è sempre attenta a non farsi passare mai avanti da qualcuno, e se per un attimo si rende conto che due impiegati stanno parlando sottovoce, acuisce subito l’udito per comprendere meglio se stiano dicendo qualcosa di critico o di malizioso su di lei, o anche su quello di cui deve occuparsi in qualità di direttrice di quell’agenzia. Inutile dire che Lorenza non è troppo contenta del suo posto di lavoro, specialmente in questo ultimo periodo. Naturalmente manda avanti tutte le cose che per ruolo le competono come ha sempre fatto da quando è stata assunta, ma non riesce più a trovare le più piccole soddisfazioni di una volta in ciò che svolge, almeno non come suo marito che fa il sindacalista ed è sempre in giro a parlare e a conoscere della gente nuova. Quando lei rientra a casa difatti, ormai non gli parla neppure più della sua giornata di lavoro, tanto le pare monotona e persino triste nel confronto. 

            Sembra come un mondo separato da tutto il resto, stare dentro ai locali di quell’ufficio; e se ogni tanto a qualche utente allo sportello viene voglia di dire con voce più alta qualcosa di spiritoso, pare quasi che dietro a quelle parole ci stia subito un comportamento ironico nei confronti di quel piccolo gruppo di impiegati postali quali sono tutti loro, sempre così seri e silenziosi. Adesso che le voci dentro al paese si rincorrono nel dare quasi per imminente la chiusura di quella sede postale, a vantaggio di una più grande a pochi chilometri di distanza dall’abitato di Calci, le cose si sono fatte anche più antipatiche, e le ore di lavoro là dentro quasi senza fine. Nessuno tra i colleghi di Lorenza parla già più di quell’argomento, dopo che ormai si sono sentiti tutti i pareri possibili e immaginabili; e in ogni caso tutti sembrano attendere la sentenza che verrà emessa dai dirigenti di Poste e Telegrafi come un inevitabile sconquasso nei confronti dell’andamento ordinario di ogni attività svolta fino ad oggi. L’unico, rimane Alberto, che apparentemente sembra quasi del tutto disinteressato di quell’argomento, anche se con una mossa, per i più praticamente incomprensibile, si è iscritto all’organizzazione sindacale proprio del marito di Lorenza, quasi a cercare una strenua difesa del suo posto di lavoro, uno come lui che tutti sanno essere entrato in quel settore soltanto perché rampollo di una famiglia piuttosto in vista nella zona, e nipote del vicesindaco di Calci.

            Ma anche su questo argomento oramai nessuno in ufficio sembra abbia alcuna voglia di parlare, ed il lavoro là dentro, anche se naturalmente viene portato avanti come sempre, manca completamente di ogni commento possibile, persino sui particolari che riguardano proprio il futuro della sede. Certe volte viene atteso quasi con una certa trepidazione, senza che ognuno di loro tradisca mai la presenza in sé stesso di questo sentimento, il ritorno di Gino dal suo giro in bicicletta per la consegna della corrispondenza nel paese, come se lui, incontrando tante persone durante la sua gita, potesse avere delle notizie fresche che riguardano addirittura gli impiegati delle Poste. Anche Laura ultimamente appare sempre più assente, ed anche se porta avanti come ha sempre fatto il compito di servire l’utenza che si presenta allo sportello, negli ultimi giorni sembra più svagata, meno attenta a mostrarsi accogliente e disponibile come pareva essere sempre stata fino a poco fa. Lorenza, comunque sia, prosegue ogni giorno dentro di sé la rassegna di qualsiasi dettaglio anche minore le possa far nascere dei dubbi sul comportamento di qualcuno di questi suoi colleghi, come a cercare di comprendere il più possibile, anche soltanto da un piccolo gesto insolito, oppure da una parola pronunciata in modo differente, che qualcosa stia per accadere, quasi che, piuttosto che accettare passivamente la piatta realtà che sembra dominare l’orario di lavoro, per qualcuno possa essere possibile improvvisamente farsi saltare i nervi, mostrando agli altri l’inquietudine che probabilmente per tutti sta regnando dentro l’ufficio, anche oltre ogni immaginazione.

            Non è un’aria leggera, insomma, quella che viene respirata dentro l’Ufficio Postale di Calci; ed anche se non viene detto, tutti pensano che qualcosa presto dovrà cambiare, inevitabilmente.

 

            Bruno Magnolfi  

domenica 26 febbraio 2023

Provvedimenti non condivisibili.


Altre volte, ho avuto paura. Non per qualcosa di definito, come lo scoppio di una gomma d'auto, un'improvvisa burrasca di pioggia e di vento, oppure nel ritrovarmi da sola in un vicolo buio, no; ho provato in certi casi una paura più generica, quasi insensata, del tutto irrazionale. È la gente, che non capisco. Si mettono insieme con facilità alcune persone che inizialmente si conoscono anche poco tra loro, scambiano qualche frase scontata in cui si identificano, trovano persino delle vere e proprie parole d’ordine, fino a formare esattamente un bel gruppo, e subito dopo cominciano ad alzare la voce, ad inveire contro qualcosa o qualcuno, giungendo alla fine a scegliersi un vero e proprio nemico verso cui potersi scagliare, forse perché è proprio così che gli impongono di fare le loro frustrazioni emergenti. In qualche caso poi perdono del tutto la ragione, ed è in questi momenti che diventano improvvisamente violenti, nonostante siano incapaci persino di indicare il vero motivo da cui sono trascinati a comportarsi in questa maniera. Proprio in questi casi, ecco che è la paura di qualcuno come me, che sorte fuori. Si dice che è doveroso avere pazienza, che bisogna sforzarsi di comprendere tutti, di analizzare bene anche le ragioni che muovono delle figure del genere, perché è soltanto con la comprensione che si può sperare di migliorare qualcosa. Ma io in questi casi ho sempre provato una paura folle. Neanche per me stessa, per la mia incolumità, per i miei familiari o le persone che sento più vicine; quanto per il genere umano, tutto assieme, così denigrato ed offeso dall’incapacità di qualcuno nel mantenersi nell’alveo di un animale sociale qual è.

Uno sfogo terribile, che non può mai portare a niente di buono, se non una prosecuzione perpetua di gesti violenti e di odio puro non controllabile, impossibile da neutralizzare, assurdo per l’evidenza negativa che offre, capace di avvicinare nei gesti l’uomo alla bestia, come se una diga crollando improvvisamente lasciasse tracimare oramai tutta l’acqua che fino a poco prima conteneva. Ecco, di tutto questo provo paura, del dovermi confrontare con qualcosa che neppure comprendo, che non fa parte di me, o almeno di ciò che mi fa essere persona ogni giorno, anche nei momenti difficili che posso trovarmi ad attraversare. Si dice sia difficile suscitare dei cambiamenti in altra maniera, ma io non credo a qualcosa del genere, credo anzi che la buona volontà degli individui abbia una forza decisamente superiore. Per questo sono rimasta perplessa quando mi hanno detto che l’Ufficio Postale del mio paese sarebbe rimasto chiuso per almeno una giornata, dopo che qualcuno aveva avvertito che era stata collocata una bomba al suo interno. Sono sicura che la ragione profonda di un atto del genere derivi dalla ventilata necessità dei dirigenti nazionali di Poste e Telegrafi di chiudere in modo definitivo la sede di Calci, e che questa voce insistente abbia iniziato a far saltare i nervi a qualcuno, anche soltanto per delle ragioni campanilistiche.   

Non ho nessun interesse personale da proteggere, niente che riguardi il mio essere cittadina come tutti, però sono convinta che togliere d’importanza una comunità che poco per volta si è guadagnata la considerazione che merita, sia la molla che fa saltare il tappo di qualsiasi insoddisfazione repressa. Così sono andata anche io sulla piazza a cercare di comprendere che cosa stesse accadendo al paese di Calci, ed ho trovato mille contraddizioni nella testa dei miei concittadini, idee e pensieri che non sembravano portare verso una sola risoluzione e delle richieste univoche. Perciò ho detto a qualcuno che era ridicolo tenere un comportamento così poco chiaro, ed anche se dei conoscenti mi hanno subito dato ragione, di fatto tutti gli altri hanno mostrato con evidenza di non meritarsi alcuna considerazione. Non so, ma all’improvviso mi pare che una piccola comunità come la nostra, pigra e quasi incapace di prendere delle vere e proprie iniziative, si trovi d’improvviso al centro di un forte ripensamento delle proprie possibilità. Sono convinta che altri prenderanno iniziative poco sane, e che superando l’intorpidimento che ha sempre caratterizzato questo paese, alla fine verrà fuori un rovesciamento di posizioni, un improvviso prendersela con qualcuno, fino a delegare le iniziative di tutti ad un manipolo di facinorosi capaci di traghettare la nostra proverbiale pazienza in un desiderio immediato di forza, di repentino cambiamento, di intolleranza smodata verso chi non la pensa così.

Ho paura allora, ripeto; non c’è niente di buono in questo clima, e se desidero che le cose non degenerino presto, ho deciso che inizierò ad essere maggiormente incisiva, almeno quando ne parlo con chi mi circonda; e proprio per questo motivo sento sempre di più che il mio dovere è parlarne apertamente con chiunque sia aperto al dialogo, smettendo di mostrarmi ancora come una donna remissiva, sempre sottomessa alle decisioni di altri, pronta ad accettare qualsiasi risoluzione venga presa, o almeno quei provvedimenti che in qualche modo riguardano i miei stessi diritti.

Bruno Magnolfi  

venerdì 24 febbraio 2023

Quasi senza volerlo.


            <<Tu, che idea ti sei fatta?>>, chiede Alberto parlando con voce bassa e lentamente. Laura gli passa rapidamente un’occhiata sul piccolo ciuffo di capelli scuri che gli coprono parzialmente la fronte, poi si sofferma senza interesse su qualcuno che è appena entrato dentro al locale. <<Dai>>, gli fa subito dopo, ancora senza guardarlo; <<non parliamo di questo>>, e lui sorride rendendosi conto di aver appena cercato di infrangere una specie di regola non detta che si sono dati tra loro, gli impiegati dell’Ufficio Postale. Lui le ha proposto di andare a mangiare in questa grande pizzeria di Pisa che lei non conosceva, dove in realtà, oltre le pizze, cucinano molte altre cose, finendo difatti per incoraggiarla ad ordinare del pesce, dopo un leggero antipasto di mare. Forse lui, come spesso gli capita, prova anche stasera la piccola preoccupazione di rimanere di colpo senza argomenti, anche se con Laura è sempre piuttosto difficile, e per carattere riuscirebbe ad apprezzare tranquillamente persino delle lunghe pause riflessive di assoluto silenzio. Le osserva le mani, quasi mai ferme, lunghe, sottili, da pianista, si direbbe con superficialità. Alle Poste negli ultimi tempi si sono raggrumate tante di quelle preoccupazioni che è difficile non sfiorarne qualcuna anche cercando di parlare d’altro. Lei, tra un piccolo boccone e l’altro, prova a sorridere, non per timidezza, ma per incoraggiare Alberto a mostrarsi il più naturale possibile, senza provare la necessità di essere solidale con lei soltanto perché lavora nello stesso suo ambiente, purtroppo ultimamente così ricco di grandi e gravi problemi. 

            <<Che progetti hai per l’estate?>>, chiede lui rendendosi immediatamente conto di essere scivolato su un altro argomento che forse era meglio evitare. <<Non so>>, fa lei con indifferenza. <<Tutto dipende dal corso di dizione e recitazione che inizierò a frequentare tra breve, e del quale non intendo perdere neppure una lezione. <<Insomma un intenso periodo di studio, quello prossimo>>, dice lui sorridendo senza minimamente soffermarsi, non essendone a conoscenza, sul fatto che Laura stia parlando per la prima volta con anima viva dell’argomento principale che da parecchio tempo le gira dentro la testa. Non le chiede niente, neppure qualcosa sulla scelta di quella particolare materia, trattando quel suo prossimo impegno come un qualsiasi corso di inglese, o di disegno a mano libera, ad esempio. Per Laura invece, tutto questo che sta improvvisamente dicendo, è come la rivelazione di un grande segreto, ma con i suoi modi di fare, sempre molto fuorvianti, riesce appena a sfiorare quell’importanza che assumono per lei le proprie parole. Alberto riflette, mentre versa nei calici appena un dito ciascuno di vino bianco, poi infine giunge al punto, come lei aveva già immaginato. <<E come mai questa scelta di campo?>>, le fa, lasciandole in ogni caso ogni possibile risposta anche evasiva. <<Non so>>, fa lei quasi con indolenza, sminuendo d’importanza quanto spiega. <<Mi hanno detto che forse potrei riuscire a fare qualcosa in quello strano mondo teatrale>>. Lui sorride, comprende che forse lei non vuole parlarne troppo, così lascia in aria una pausa.

            <<Però tu fai molte domande>>, dice lei d’improvviso, come per volerlo sgridare. Lui abbassa gli occhi, scuote la testa come per vergognarsi di quella elementare verità, ma poi fa: <<questo però è soltanto il mio difetto principale>>, sottolineando per scherzo che presumibilmente non avrebbe altre pecche importanti. <<Va bene>>, aggiunge poi dopo un minuto. <<Adesso tocca a te. Prometto che risponderò con il massimo della sincerità>>. Lei si ferma, assume un’espressione particolare della faccia, infine dice soltanto: <<Mi piacerebbe sapere perché continui ad invitarmi per uscire fuori con te. Non sono neppure di grande compagnia, e poi con questi assurdi sotterfugi a cui dobbiamo ricorrere in ufficio per non farci scoprire, alla lunga sembriamo quasi dei ragazzini>>. Alberto a quel punto guarda i bicchieri, i piatti, le bottiglie, qualsiasi cosa sopra al tavolo per non incontrare lo sguardo di Laura, ma infine dice soltanto, con imbarazzo: <<C’è qualcosa di te che mi piace. Che mi piace molto. Ed adesso, in questo esatto momento che ci penso meglio, forse è anche in relazione con il tuo bisogno di recitare>>. Laura si sente subito lusingata da quella risposta, le pare quasi che il locale intorno a lei si apra, che l’aria fresca della sera inizi a circolare tra tutti i tavoli del ristorante, e che le persone sedute vicine apprezzino insieme a lei quelle parole, così che tutto si mostri più semplice e a portata di mano di quello che è per davvero. <<Mi fa piacere>>, dice alla fine sottovoce, quasi commossa. <<Mi pareva che chiunque potesse prendermi in giro per una cosa del genere. Sei la prima persona a cui confesso che mi sento portata verso la recitazione, con i miei ventinove anni compiuti. Però credo che ognuno abbia dentro di sé una propria personalità, e non è giusto cercare costantemente di nasconderla>>. Poi ambedue alzano appena i bicchieri, come per fare un brindisi alle parole importanti che certe volte escono dalla bocca, quasi senza volerlo, e si sorridono.

 

            Bruno Magnolfi

mercoledì 22 febbraio 2023

Sciocchi ed ingrati.


Mi sento stravolto, dico da solo a voce alta mentre stamani cammino per via xx settembre. Poi ascolto l'eco delle mie parole quasi gridate che si spande in mezzo alle case. Sembra incredibile che tutto stia assumendo in questi anni una forma così assurda, eppure non si può far altro che prendere atto della realtà, qualsiasi essa sia, perché è la fisica della materia che ce lo impone. Ho sempre avuto l'abitudine di parlare da solo ad alta voce, di dire le cose che leggo, quelle in cui credo, le verità concrete, ed è forse per questo motivo che tutti in paese mi trattano come un tipo strano, uno da cui probabilmente ci si può aspettare di tutto, anche se non è esattamente così. Chiunque trovo mi saluta, specialmente se passo dalle parti della Casa del Popolo; e allora mi chiamano, mi vogliono offrire da bere, mi battono una mano sopra le spalle, mi chiedono qualcosa di sciocco a cui generalmente non rispondo, mentre loro comunque ridono, ed io timidamente mi compiaccio della mia notorietà. Il "professore", dicono tutti, perché quando ero più giovane ho frequentato per qualche anno l'Università a Pisa, ed anche se alla fine sono riuscito a dare soltanto un paio di esami, questi studi approfonditi mi sono stati utili per comprendere a fondo quasi tutta la scienza di cui mi sono sempre interessato. Conosco ancora a mente parecchie formule matematiche per il calcolo del moto terrestre ed anche degli altri pianeti del sistema solare, ed il fatto di citarle con facilità a chi oggi incontro per le strade di Calci, ha portato quasi tutte queste persone, nel corso degli anni, a considerarmi talmente competente degli astri da arrivare a chiedermi perfino la predizione per il futuro, se non altro per come andrà la prossima stagione climatica, ad esempio, o se l'inverno sarà troppo freddo, e l'estate non molto calda, e viceversa. Quando sono in casa, alla mia scrivania, apro i miei libri, e tra quelle pagine trovo quasi sempre le risposte precise a tutto quanto, tanto da poter mostrare a tutti, al momento in cui torno a camminare per strada, i motivi e le conseguenze degli allineamenti tra tutti i pianeti, e quindi naturalmente la risposta al fatto che possa piovere oppure no.

Mi reco molto spesso all’ufficio Postale, perché è evidente che i piccoli articoli che continuo a scrivere attorno alle teorie di fisica sulle quali nutro grande convinzione, devono essere per forza spedite agli editori ed alle riviste specializzate in questo settore, lasciando ai direttori ed ai responsabili delle pubblicazioni la possibilità di inviarmi, come a volte accade, una risposta cortese e concisa, che dimostra tutto il loro interesse per ciò che tento di dimostrare, anche se ancora nessuno si è lanciato nello stampare su carta uno qualsiasi dei miei studi. Così, almeno una volta a settimana, preparo un plico zeppo di fogli ben scritti, ben imbustati e adeguatamente sigillati, e poi mi reco allo sportello, affidando agli impiegati la mia descrizione meticolosa di quanto con evidenza sta ai fondamenti della scienza applicata. E forse per questa mia frequentazione delle Poste, a qualcuno del paese di Calci d’improvviso è venuto in mente che potessi essere proprio io quel pazzo che ha inteso mettere una bomba proprio in quell’edificio, forse per una sorta di controffensiva nei confronti di quelle pubblicazioni negate, laddove, al contrario di colui che vuole distruggere, le mie intenzioni vertono soltanto sul desiderio di spiegare ciò che già esiste, senza alcun tentativo di modificarlo. Ma il paese a volte è un luogo assurdo, dove una piccola voce in un angolo si amplifica a dismisura, tanto da diventare in un attimo un coro incontrollabile, fino a lasciare una coda di dispiacere anche in uno studioso come me che non ha mai neppure sognato di fare del male a qualcuno.

Eppure, succede, non si può far altro che prenderne atto, e per strada, ormai da qualche giorno, con grande difficoltà trovo qualcuno che ancora mi saluta, e a nessuno viene più in mente di chiedermi qualcosa, oppure di battermi di nuovo con fare amichevole una mano sopra le spalle. Così mi sento isolato, respinto, segnalato a dito come quello da cui ci si può aspettare di tutto, fino a vederlo compiere degli atti violenti. Ed io mi sento perplesso e amareggiato, tanto che ho quasi smesso di uscire da casa. Però, seduto alla mia scrivania ingombra di libri come sempre, ho iniziato a riflettere su come potermi vendicare davvero di un discredito così forte da parte della cittadinanza. Urlare, sbraitare, scacciare chi mi viene vicino, ecco cosa sogno di fare: dire a chiunque con voce ben alta che questi paesani sono persino indegni di avere in mezzo a loro uno scienziato e studioso del mio pari, e che avranno presto a pentirsi del loro comportamento, perché il “professore” troverà rapidamente la formula giusta per far smettere il cielo di piovere, fino alla completa essiccazione dei fiumi, delle piante, e di tutti i terreni, attorno ed in mezzo a questo paese di sciocchi e di ingrati.

 

Bruno Magnolfi

domenica 19 febbraio 2023

Chiunque esso sia.


<<Signora Vanni>>, dice alle sue spalle un conoscente mentre lei sta aprendo come ogni mattina l'ingresso principale dell'ufficio Postale di Calci. <<Oggigiorno accadono cose talmente incredibili che oramai è diventato difficile persino scambiarsi un saluto>>. Lei però fa una smorfia leggera, come volesse sorvolare su qualsiasi argomento negativo, ma forse anche per cercare di mostrare una leggera amarezza dentro di sé, addirittura un semplice inizio di depressione. Quindi rientra subito all'interno, quasi non lo avesse ascoltato, mentre l'altro se ne va un po' perplesso, visto che generalmente la Direttrice delle Poste del suo paese è sempre stata pronta, almeno da quando lui la conosce, a scambiare volentieri due parole o almeno un semplice sorriso. L'aria in ufficio oggi invece appare pesante per tutti: nessuno sembra abbia voglia di dire qualcosa, i dipendenti svolgono le loro mansioni ad occhi bassi, mentre già i primi utenti, aperto l’ufficio anche al pubblico, si avvicinano quasi esitanti allo sportello. La consegna principale, per chi lavora là dentro, resta quella di non dire nulla su ciò che è accaduto, e soprattutto non fare alcun cenno alla telefonata minatoria che indicava la presenza di una bomba nell'ufficio postale, per nessuna ragione plausibile, e poi rispondere in maniera evasiva anche a chi pone delle domande insistenti proprio intorno a quel tema. La Vanni, che fino ad oggi è sempre stata orgogliosa del ruolo che ricopre da parecchio tempo, adesso sembra quasi mostrare stanchezza, insofferenza, fastidio, come se quella telefonata, forse per qualcuno poco più di uno scherzo, mirasse con precisione a toglierle il desiderio di portare avanti, come invece ha sempre svolto con grande entusiasmo, il proprio stesso lavoro.

Anche Laura oggi non sembra la solita: naturalmente compie le operazioni di sempre allo sportello, ma quasi senza scambiare parola con i clienti, e probabilmente si immagina, nei momenti di calma maggiore, che in mezzo a coloro che le stanno passando di fronte, ci possa essere persino colui che ha effettuato di persona proprio quella telefonata. Ha cercato addirittura di immaginarlo, mentre stava da sola, di dargli un volto vero e proprio con la sua fantasia, e le è parso per un attimo di riconoscerne in qualcuno quei lineamenti da squilibrato, come fosse un uomo semplice di mezza età che si serve regolarmente dell'ufficio postale, e con il quale magari lei ha intrattenuto anche nei giorni precedenti qualche conversazione, come fa sempre con tutti. Una persona qualsiasi, quindi, che magari conserva dentro di sé un’avversione profonda contro un impiegato che lavora in ufficio, o che forse prova odio per tutte le Poste, forse in relazione ad uno sgarbo di cui è stato vittima: una raccomandata perduta, un pacco fragile trattato senza le dovute cautele, oppure chissà cos’altro. In ogni caso un paesano di Calci, senza alcun dubbio, qualcuno che in questo stesso momento forse si sta lamentando in piazza con altri per quanto accaduto, al fine di non destare sospetti sui suoi comportamenti. Non è accaduto niente, e i Carabinieri comunque stanno indagando, però intanto quel senso profondo di servizio essenziale, fino a ieri amato da tutti, all’improvviso non è più così, e sembra quasi caduta quella trasparenza e quella solidarietà tra chi lavora nell’Ufficio Postale, e chi semplicemente si serve con regolarità dei servizi che in quell’edificio si riesce a erogare. 

A Gino pare impossibile che possa essere accaduta una cosa del genere, e la sua opinione proprio per questo tende a sminuire al massimo quel gesto telefonico, quasi una ragazzata, nei suoi pensieri, uno scherzo tra amici, forse una vera e propria scommessa perduta da qualcuno, come si è ritrovato addirittura ad immaginare. Renza invece è impaurita: è lei che ha risposto alla chiamata; è lei che ha sentito quella voce gracchiante, sicuramente camuffata, che avvertiva del pericolo imminente, che c’era la bomba, che tutti dovevano uscire al più presto dall’Ufficio Postale. Agli inquirenti lo ha ripetuto ormai fino alla nausea, ma non è sicura in nessun caso di poter riconoscere facilmente quella voce, anche se le pare di sentirla ancora parlarle con insistenza assassina dentro alle orecchie. Ha subito pensato, anche se fino a questo momento non lo ha detto a nessuno, che quel gesto malsano avesse qualcosa a che fare con l’attività sindacale di suo marito, ed anche se lui praticamente ha escluso subito qualcosa del genere, lei adesso non è più tranquilla, e le pare di essere diventata il facile bersaglio di qualche vertenza in corso, arma di ricatto per qualcuno, e che venga usata per ottenere qualcosa da lui e dalla sua organizzazione per il sociale.

Il lavoro in ufficio, in ogni caso, ha ripreso con regolarità, ma anche in paese in molti hanno perso quella fiducia che avevano fino a ieri nei propri concittadini. C’è aria di sospetto, nelle strade e dentro ai negozi di tutto il paese. Perché qualcuno è riuscito, con un semplice gesto, a rendere un centro abitato come quello in cui tutti hanno sempre vissuto in piena tranquillità, un luogo dove circola con indifferenza una persona poco raccomandabile, chiunque essa sia.

 

Bruno Magnolfi 

venerdì 17 febbraio 2023

Qualsiasi significato.


Sicuramente questa ragazza si chiederà quale sia il motivo principale che io possa avere per tornare a chiederle nuovamente di uscire assieme a me, pensa Alberto mentre guida la sua macchina. Ma, sinceramente, anche se mi domandasse all'improvviso una cosa del genere, forse non saprei neppure cosa risponderle. Non potrei mai dirle, ad esempio: <<Laura, mi piacciono i tuoi modi, la tua capacità di suggerire le cose con appena poche espressioni degli occhi e del tuo viso>>, o altre cose del genere. Potrei soltanto spiegarle che mi torna parecchio naturale stare accanto a lei, quasi l'avessi conosciuta molto tempo addietro, invece che soltanto da appena qualche mese. Ma forse, anche solamente nel dire qualcosa di così semplice, sarebbe probabile che mi sentirei subito confuso, limitandomi a sorriderle un po', senza neanche guardarla, e dopo basta. Non lo so, ma spesso i miei tentativi per smuovere almeno qualcosa, in queste mie giornate così monotone, sembrano destinati a non portare a niente, nonostante i miei sforzi, pensa ancora Alberto mentre affronta la strada in direzione di Bientina. Non riesco a fare un piano concreto per il futuro, o meglio non so mai capire se qualcosa, messo in opera oggi, riesca a dare dei buoni frutti domani; perciò, mi perdo nel cercare di somigliare a chi invece ci riesce, a chi ha le idee più chiare delle mie, e Laura mi appare in tante occasioni come una persona esattamente così. Probabilmente sono uno sciocco: ho pensato per tanto tempo che tutto ciò che per me è importante si esaurisse quasi sempre nello spazio di una sola serata, oppure di un giorno intero trascorso bene, magari insieme con i miei amici, nel semplice scordare tutto il resto, e perciò capace di farmi sentire leggero, lontano da tutto, distante dai problemi. Invece adesso mi sento privato di qualcosa, e vorrei proprio capire cosa sia.

Non provo alcuna soddisfazione, e vado avanti senza conoscere il motivo reale per cui proseguo ad insistere in un certo comportamento: osservo gli altri, e subito mi sembrano più completi di me, come avessero trovato, ognuno per proprio conto, qualcosa di fondamentale per procedere oltre, per continuare a battere una certa strada, qualsiasi essa sia. I miei stessi amici di un tempo, poco per volta, si sono piegati ad accettare un comportamento più ordinario, abbassando quello sguardo da furbi che avevano un tempo, e raccogliendo all’improvviso quello che avevano trattato nel passato anche con un certo disprezzo. Certe sere ci vediamo ancora per farci una birra, insieme a quattro risate senza alcun pensiero, ma non è più come una volta, ed un retrogusto più amaro si è inserito rapidamente in mezzo a tutti i loro atteggiamenti. A volte ho immaginato le ragazze che mi sono passate davanti in questi anni, come delle figurine senza alcuna importanza, e pur senza essere stato con loro troppo indigesto, non le ho mai considerate troppo: soltanto semplici componenti del divertimento, compagne preziose di una sera soltanto, e poi basta. Senz’altro ho sbagliato qualcosa, ma tutto in me è avvenuto in mancanza di una vera strategia; in modo naturale, voglio dire, come se la mia mente fin dagli inizi fosse stata vuota di tutto, solo proiettata verso il piacere momentaneo.

Alberto prosegue a guidare e a pensare. Laura è una ragazza qualunque, forse ne ho conosciute a decine simili o identiche, immagina Alberto, però adesso sono io che inizio a vedere in lei qualcosa che fino a poco fa non riuscivo neppure a notare. Non mi interessa per niente che sia bella o che sappia essere divertente, è qualcos’altro che mi attira nei suoi comportamenti. Voglio conoscerla, sapere che cosa le passa davvero dentro la testa, capire cosa sia che la rende in una certa maniera, che la fa essere così espressiva, capace di gettare con indifferenza anche una semplice occhiata in un angolo, che io poi non riesco più, per tutto il giorno, a togliere dai miei pensieri. Non ha mai dato nessun giudizio su di me, né ha fatto trapelare un parere, o una semplice impressione su qualcosa che mi riguardasse. Rimane una mia collega di lavoro, lì a dividere lo stesso ambiente con me ogni mattina, ma è come se restasse da me costantemente distante, non per rivalità, ma soltanto per una vaga indifferenza che non riesco a comprendere. Ho preso persino la tessera sindacale, anche per dimostrare a lei che ho una mia personalità, che riesco a distinguermi da tutti se soltanto lo desidero, e insomma che non sono uno qualunque, anonimo, senza troppi argomenti. Ma non è cambiato niente, ed anche in questi ultimi giorni Laura mi è sempre parsa costantemente attratta da qualcosa che io non riesco a vedere, nonostante cerchi di guardare nella sua stessa direzione, ma di cui sono assolutamente curioso, fino a continuare a meditarci sopra per tutto quanto il giorno, persino mentre guido questa stupida macchina che mi sta riportando verso casa.

Non so di preciso che cosa potrei chiederle, pensa ancora Alberto: mi limiterò prossimamente ad esserle vicino, ad osservarla, a cercare di comprendere che cosa possa essere a renderla così; poi resterò in silenzio, quando le parole perderanno di qualsiasi significato.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 15 febbraio 2023

Meriti riconosciuti.


            Eravamo in tre o quattro, quasi sempre, a girare in largo e in largo per tutto il paese. Era come ci sentissimo quasi in dovere di elevarci, in quei pomeriggi pressoché insensati, a veri custodi delle strade, e per questo motivo, anche nelle giornate assolate e caldissime delle estati di quell’epoca, vuote di tutto, nell’aria ferma tra le case basse, noi provavamo ogni giorno la necessità di pattugliare, un passo dopo l’altro, tutto il piccolo centro abitato perlopiù deserto, polveroso e pieno di luce, come se, dovendo casomai accadere, almeno nella nostra fantasia, qualcosa di strano, di insolito, di inaspettato, proprio da quelle parti, noi ci si trovasse pronti, esattamente lì, quasi sul posto, preparati e capaci di vedere e registrare con i nostri occhi di ragazzi qualsiasi novità si presentasse. Si parlava, camminando lentamente, conservando un tono basso, di chi sta confidando delle grandi verità, spiegandoci l’un l’altro delle opinioni di fantasia che in seguito dimenticavamo in fretta, ridendone ogni tanto, però pacatamente, come di chi è assolutamente sicuro di sé, e non si permette mai di lasciarsi troppo andare. Ci sentivamo dei veri vagabondi, quelle volte, come se, non avendo trovato proprio altro di cui occuparci, si sentisse l’obbligo, dentro noi stessi, di comportarci proprio così, come padroni e custodi di qualcosa che sentivamo prossimo, accanto a noi.

            <<Gino>>, diceva a volte il mio amico Fabrizio; <<giriamo da dietro la Chiesa per vedere se è ancora tutto a posto>>. Così si facevano delle varianti al solito percorso, ed ogni tanto ci si fermava all’ombra di qualche grande muro fresco, o sotto ad una pianta dalle foglie larghe, a riprendere fiato, far riposare un attimo le gambe nude, anche se poco dopo si riprendeva subito il giro, i sandali ai piedi, la fionda in una tasca, sicuri dei nostri compiti a cui ci sentivamo chiamati dal dovere di essere assolutamente dei difensori di qualcosa di importante. <<Tutto a posto, ragazzi?>>, ci chiedeva incontrandoci qualcuno che ci conosceva, e noi ci limitavamo a rispondere con un semplice mugugno, oppure con un cenno della mano, come se tutto procedesse per il suo corso, sotto alla nostra attenzione, perfetto per come noi lo tenevamo costantemente sotto uno stretto controllo. Certe volte ci spingevamo addirittura fuori dal paese, giungendo fino alla frazione di Castelmaggiore, o lungo la strada dell’Arnaccio, o arrivando alla Chiesetta di San Rocco, ad annusare gli ulivi chiari, quasi d’argento, e la terra piana attorno; poi però si tornava presto nel paese, quando le persone cominciavano ormai ad uscire dalle case, respirando il fresco che giungeva già più tardi, insieme alla brezza blanda, spinta dal maestrale ancora carico della salsedine di Marina di Pisa.

            Ci pareva la cosa più importante di tutta la giornata, quasi come se, non avendo compiuto il nostro giro d’ispezione in tutta Calci, era probabile che qualcosa di brutto si sarebbe potuto verificare quasi senz’altro. Il nostro vagabondare a piedi per quelle poche strade, era naturalmente prezioso per tutto il paese, ne avevamo piena coscienza, e quindi mai nessuna fatica ci prendeva, considerata l’importanza del nostro coraggioso comportamento. In piazza poi ci si fermava a bere l’acqua della fonte, a sciacquarsi la faccia, certe volte a bagnarsi anche il collo e i capelli, come fossimo uomini fatti che si prendono una pausa rinfrescante dopo il duro lavoro. <<Te, che vorresti fare, Gino>>, chiedeva a volte Fabrizio, quando in quelle soste iniziava a voler parlare del futuro. E allora io ci pensavo a lungo, in silenzio, poi rispondevo ambiguo: <<non vorrei mai andarmene da qui; mi basterebbe mettere su un negozietto di frutta e di verdura, oppure iniziare a fare il benzinaio, in aiuto al Marretti, che mi sembra abbia già i suoi anni per mettersi a riposo>>. Allora ognuno si sentiva in dovere di dire la sua sull’argomento, ma la cosa più importante restava comunque il presente, quel senso forte di avere nelle mani in quel momento direttamente noi stessi, senza bisogno d’altro.

            Adesso, quando pedalo sopra la bicicletta a consegnare le lettere per l’ufficio Postale, certe volte mi tornano alla mente quei discorsi, insieme al sapore strano e lontano di quei pomeriggi carichi di buffe intenzioni, e mi pare quasi che se io e quei miei amici di allora non ci fossimo sacrificati per tenere tutto quanto sotto controllo, qualcosa sarebbe potuto anche accadere, qualcosa che nessuno di noi e tutto il paese avrebbe mai voluto. Gli anni poi sono scorsi via di seguito, come un treno che fischia veloce in mezzo alla campagna, e nessuno di noi probabilmente ha fatto qualcosa di quello che avrebbe desiderato davvero da ragazzo. O forse si, ed io certe volte mentre saluto qualcuno che incontro adesso in mezzo al mio paese, avrei voglia ancora di fermarmi un attimo, e spiegargli che siamo stati noi a difendere tutto quello che ancora si può vedere attorno, e non abbiamo avuto mai nessun merito riconosciuto, se non la nostra stessa memoria, e poi nient’altro.

 

            Bruno Magnolfi       

lunedì 13 febbraio 2023

Implacabile e crudele.


            Dapprima cammino in fretta, come se non avessi il tempo per fare neppure la metà di quello che vorrei, poi però rifletto meglio che invece ho tutta la mattina soltanto per giungere fino all’ufficio Postale, mettermi in fila davanti allo sportello, fare le mie cose, e quindi tornare tranquillamente verso casa, ed allora rallento, fino addirittura a fermarmi ogni poco per osservare qualche vetrina e guardarmi attorno. La giornata è soleggiata, anche se c’è poca gente in giro, ma a me non interessa, mi basta che tutto fili via liscio, e che non ci siano complicazioni di alcun genere. Devo soltanto pagare due bollette all’impiegata, roba da dieci minuti, ma sono sicura che troverò qualche conoscente che mi saluterà, che mi farà delle domande anche insidiose, e allungherà facilmente ogni discorso tanto per curiosare un po’ tra le mie argomentazioni. Da quando mi sono separata vivo da sola, lo sanno tutti nel paese, e molti di loro forse si chiedono come riesca a trascorrere tutto il tempo libero che mi ritrovo adesso, senza mai farmi vedere in giro. Per una come me, che non ha mai lavorato, dedicando le sue giornate esclusivamente alla propria abitazione e a suo marito, ritrovarsi in solitudine da ormai più di un anno a questa parte, non è certo una variazione di poco conto, ed anche se lui adesso mi fa giungere regolarmente l’assegno mensile pattuito davanti al giudice, la mia giornata resta vuota, quasi completamente priva di impegni. Vorrei trovarmi un’occupazione, anche di poche ore al giorno, ma quando hai cinquant’anni e nessuna esperienza di lavoro, diventa complicatissimo introdursi nel mondo dei mestieri. Potrei forse rivolgermi almeno ad un'associazione per fare del volontariato, ma non riesco a decidermi, e sono molto titubante nel prendere degli impegni.

Infine, giungo davanti agli uffici Postali, ma, già prima di essere lì, vedo che si è formata una piccola folla di persone che staziona ad una certa distanza, così chiedo ad una signora che cosa stia succedendo. <<C'è una bomba>>, dice quella, <<tra poco arriveranno i carabinieri per disinnescarla, in ogni caso le Poste almeno per oggi sembra proprio che resteranno chiuse>>. Non voglio avere delle opinioni, mi pare quasi un’ironia ciò che a volte capita, in ogni caso mi soffermo assieme agli altri tanto per vedere come possono andare avanti le operazioni. Qualcuno scuote la testa, altri alzano la voce, la Direttrice delle Poste sembra quasi assediata da gente che le chiede delucidazioni, che le pone delle domande a cui peraltro non sa proprio cosa rispondere, e tutti poi vogliono sapere quando riapriranno gli uffici, e che cosa ci si deve attendere da ora in avanti. Io ascolto un conoscente che mi spiega sottovoce il suo parere: <<è tutta una messinscena; la bomba non c’è, fanno così soltanto per attirare l’attenzione sui problemi che ci sono; domani tutto sarà a posto e ben funzionante, vedrà>>. Mi scappa quasi da ridere: pare impossibile che all’improvviso si parli di cose come queste in un piccolo paese dove non succede mai niente di nuovo, e dove l’ultima faccenda su cui sprecare dei commenti è stata forse l’improvvisa fuga di mio marito dalla nostra abitazione.

Quindi mi sposto, ma rimango su questo marciapiede assieme agli altri, ad osservare chissà cosa: mi piace stare qui con metà del paese a curiosare e a immaginare quello che al limite potrebbe accadere. Qualcuno naturalmente se la prende con la sinistra, altri con la destra, e tutti hanno da dire qualcosa contro il sindaco, che ancora non si è neppure fatto vedere, e che probabilmente ha pestato i piedi a qualche pezzo grosso che adesso gli vuole mettere paura. Alcuni ridono, per quanto appare persino ridicola questa situazione, e tutti, con le mani sprofondate nelle tasche, affinano il proprio parere su qualsiasi cosa collegata a questi fatti, magari solo rimasticando ciò che sentono dire al momento, e dando subito per certe alcune idee fantasiose da cui rimangono colpiti. A me pare non ci sia poi molto di cui discutere: si tratta di ispezionare gli uffici per vedere se ci sono davvero degli ordigni, e poi smetterla con tutto questo chiacchiericcio, e far tornare il prima possibile al lavoro gli impiegati. Decido di allontanarmi, avanti che a qualcuno venga in mente di chiedermi qualcosa di mio marito, però mi dispiace non assistere agli eventi che si verificheranno magari tra pochi minuti: si dice che stia per arrivare da Pisa un piccolo marchingegno su ruote munito di una telecamera, capace di ispezionare, tramite un telecomando, tutti gli ambienti dell’Ufficio Postale, senza che nessuno rischi la vita per entrare dentro l’edificio, e molte persone restano in zona per assistere alle operazioni. I Carabinieri proseguono a dire a tutti di allontanarsi, di disperdersi, di lasciare libera la zona, ma naturalmente nessuno al momento presta loro la minima attenzione.

Infine, vado via, con le mie bollette da pagare ancora dentro alla borsa: nessuno mi ha chiesto niente di me e di mio marito, ed improvvisamente, non so, sono contenta: mi pare quasi di aver guadagnato qualche punto, forse, senza il parere implacabile e crudele della gente di questo paese.

 

Bruno Magnolfi        

sabato 11 febbraio 2023

Arricchire la propria esistenza.


Laura da qualche tempo si sente nervosa. Non è per il suo lavoro nella sede di Calci, o per i colleghi delle Poste, o per gli utenti che ogni giorno scorrono davanti ai suoi occhi; a lei piace occuparsi di loro, e poi anche un eventuale cambio di sede, come viene ventilato da qualcuno, a Laura non dispiacerebbe, ed anzi potrebbe persino dimostrarsi quello scossone che forse le manca, contro la noiosa quotidianità che a volte è pesante. Sono gli interessi personali, al di fuori dell’orario di servizio, quelli che magari, con l'andare degli anni, mostrano la propria assenza. Dipingere, leggere libri, iscriversi ad un corso di cucina, sono tante le cose a cui potrebbe dedicarsi, ma fino ad oggi non ha mai destinato una briciola di tempo a qualcosa del genere, ed ora le sembra difficile anche soltanto pensare di farlo. In fondo, oltre ad aver frequentato, in certi periodi, assieme alla sua amica Elena, una piccola palestra del suo paese, tanto per non sentire la muscolatura troppo flaccida, lei nel corso dei suoi quasi trent’anni non ha mai combinato nient'altro. Ma qualcuno, allo sportello delle Poste, le ha fatto notare, parlando del più e del meno, che avere del tempo libero è sempre una cosa meravigliosa. <<È come una pagina bianca>>, le ha detto, <<su cui si può scrivere o disegnare ciò che si vuole>>. E lei ha iniziato a riflettere a fondo su quelle parole, e la sua giornata così le è parsa ancora più vuota, quasi inadatta a contenere persino un piccolo sciocco passatempo. Lei non ha mai nutrito un’attrazione particolare per qualche attività che non fosse il lavoro. O meglio: ciò verso cui si sentirebbe maggiormente portata è proprio qualcosa che non ha potuto e non potrà mai coltivare, cioè immedesimarsi negli altri; questa è la parola magica e segreta di cui non ha mai parlato con nessuno, nemmeno con la sua amica Elena.

Ogni giorno, mentre riceve ad esempio i suoi compaesani che si recano allo sportello Postale per adempiere a qualche compito, incarna esattamente quella figura che loro si attendono di trovarsi davanti, addirittura variando leggermente i propri comportamenti e le proprie espressioni in funzione di ogni individuo che viene ad avere di fronte. Non fa questo per posa, o per un’altra ragione specifica: le viene naturale, esattamente come può essere insito nei propri comportamenti modificare con spontaneità il proprio linguaggio, la voce, persino tutti i gesti. Qualcuno le ha anche detto, forse scherzando, che lei avrebbe dovuto fare l’attrice, invece di lavorare nell’ufficio Postale; non tanto perché particolarmente bella o con delle specifiche caratteristiche estetiche, quanto per i suoi modi di fare e di essere, sempre così carichi di espressività. Laura, perciò, ha iniziato a riflettere da qualche tempo su questo argomento, ed alla fine ha deciso di andare da sola, un giorno dei prossimi, a Pisa, senza dire niente a nessuno, esattamente nel momento in cui troverà l’entusiasmo giusto per farlo, e bussare alla porta di qualcuno che forse può darle una risposta su quell’argomento. Certo che non si sente adatta a seguire qualche corso di teatro, sia chiaro, tanto più che soltanto sentire questa parola le crea soggezione. Però vorrebbe mettere a frutto la sua inclinazione, darle uno sbocco, trovare la maniera per impiegare al meglio possibile questo suo modo di essere.

Poi Laura torna a casa, proprio come ogni giorno dopo il lavoro, e soltanto fermarsi un momento ad osservare sua madre che le parla delle solite cose di sempre mentre si muove dentro le stanze nella maniera come ha sempre fatto, sembra suggerire a Laura la sensazione di essere, rispetto a prima, già un po’ diversa, come se aver preso la decisione di dedicarsi prossimamente a sé stessa, e di dare corso alle proprie inclinazioni, fosse già un modo per rendersi differente dal solito, e forse addirittura migliore. <<Cos’hai, che sei così silenziosa?>>, le chiede sua mamma tanto per fare un po’ di conversazione. E lei sorride, e scuote la testa, mentre pensa proprio che non dirà niente a nessuno dei suoi propositi, almeno fino a quando non si sentirà pronta per farlo. Ha osservato a lungo qualche collega di lavoro nell’ufficio Postale, e si è convinta che le piace rendersi conto di quanto può essere differente dire una cosa in un modo oppure in un altro, fino a comprendere che immedesimarsi in un qualsiasi personaggio può essere la maniera migliore per farsi ascoltare, per rendere più interessante ciò che si dice, per dare maggiore risalto alle parole che ci interessano. Seguirà questa strada, adesso lo sa praticamente per certo, e poco per volta già si sente sempre più sicura di sé, al punto che non avrà neppure troppa importanza se sarà difficile e impervio per lei il tracciato da compiere, perché se qualcosa nasce così spontaneamente da dentro se stessi, non si può fare altro che dare corso a quanto ci viene suggerito dalle proprie attitudini. Sua madre poi le sorride: chissà, forse lei lo ha sempre saputo, magari, che sua figlia da tempo stava soltanto cercando la via più adatta per arricchire la propria esistenza.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 8 febbraio 2023

Piuttosto riservato.


            A volte, la sera tardi, esco di casa da solo per farmi un giro a piedi nel paese, come avessi al guinzaglio insieme a me un cane mansueto da portar fuori, a cui far annusare qualche nuovo odore, far sciogliere i muscoli delle zampe, o anche solo condurre in giro a caso, senza neppure una vera meta. In quell’orario nell’abitato non si incontra mai nessuno, restano soltanto i soliti affezionati alla Casa del Popolo che tirano tardi là davanti a discutere su qualcosa di poco senso, magari ridere di qualche comune conoscenza, oppure mostrarsi pronti a scambiare le opinioni più inverosimili su tutto ciò che passa per la loro mente. Evito di passare da quella parte, piuttosto costeggio il marciapiede opposto lungo la strada, e mi perdo spesso in quelle ombre che si formano tra un lampione e il successivo, soffermandomi ogni tanto ad osservare qualche dettaglio di un muro, o di un portone, o di un manifesto affisso che precedentemente non avevo notato. Il mio cane mi osserva inquieto, nell’attesa che io riprenda a muovere i piedi, verso un itinerario del quale forse non nutre proprio alcun interesse. Mi piacerebbe in certi casi saper suonare uno strumento a fiato, che se ci penso non ho neppure mai ascoltato, forse una tromba dal suono molto fioco, l’imboccatura semplice, dei tasti diatonici, capace di esprimere quasi un canto melodioso e dolce, ben riconoscibile. Giro dalle parti di un giardino alberato, osservo davanti a me, nella scarsa luce intorno alle siepi e alle panchine vuote, qualcosa che potrei aver dimenticato ieri o qualche tempo addietro: un libro sgualcito, una penna a sfera di cui adesso non saprei che farmene, oppure un grande fazzoletto grigio che qualche volta porto legato attorno al collo, ad evitare che il fresco della sera possa regalarmi un forte mal di gola. Il mio cane mi osserva, senza comprendere, disinteressato ai miei giochi.

            In quella zona in qualche caso incontro qualcuno con la mia stessa inquietudine, ed allora ci fermiamo e ci mettiamo a parlare del nostro piccolo paese, delle scarse novità su cui girano insistentemente delle strane voci, di qualcuno che purtroppo recentemente ci ha lasciato, oppure anche di ciò su cui dobbiamo indubbiamente tornare ad occuparci, presto, tra poco, appena giunte le prime luci del nuovo giorno. Tutti, ad esempio, hanno saputo qualcosa del nostro Ufficio Postale, ed ognuno ha tirato fuori da sé una propria opinione, come se fosse inevitabile dire la propria intorno ad un argomento così importante eppure poco chiaro. Forse chiuderanno quella sede, si dice sempre con più insistenza tra la gente, e forse i cittadini di Calci dovranno arrivare fino a Pisa o a San Giuliano per spedire una semplice raccomandata, o per pagare una bolletta ormai in scadenza. Sembra incredibile che qualsiasi novità che arriva ogni poco tempo ad investirci sia sempre negativa. Il mio cane mi osserva con sguardo comprensivo, come capisse quanto possa essere antipatica la coscienza per qualcosa che peggiora sempre, poco per volta, fino a mostrarsi quasi inumana questa sensazione, o incomprensibile, come un effetto diretto dello scetticismo che con troppa facilità manifestiamo spesso. Il conoscente che mi ascolta resta in silenzio, forse ha delle opinioni che non desidera farmi conoscere, e delle quali peraltro io probabilmente non mi curerei.

            Poi torno verso casa, ancora da solo, però mi fermo accanto al muro di una vecchia casa del paese per intonare col mio strumento un’aria della quale sono sicuro all’improvviso di ricordare almeno qualche nota. Mi piace immettere in quella melodia qualcosa di me, dei miei pensieri, delle mie scarse distrazioni, anche se la magia sonora appena avvertibile che lascio spandere dura troppo poco, appena il tempo di rivelare che ero qui, che sono transitato lungo questa via, che ho infuso nell’aria il mio segnale. In piazza Cairoli, nell’abitato di Calci, c’è la torre campanaria della Pieve che a quest’ora sembra emergere dal buio, e con la sua possenza riesce a dare un aspetto difensivo a tutte le costruzioni attorno. L’ufficio postale naturalmente è vicino, pare impossibile che sia destinato ad una prossima fine così repentina e ingloriosa. Il cane adesso sbadiglia, indica con semplicità che è stufo di girare lungo delle strade nude, senza vita, da dove qualsiasi abitante del paese appare fuggito, rifugiato a doppia mandata nella propria abitazione, consigliando a noi di fare altrettanto. Riprendo la mia strada, allungo il passo, sgancio il guinzaglio e lascio che il mio cane si perda chissà dove, visto che tanto lo ritroverò piuttosto facilmente nella prossima serata, quando tornerò a percorrere i medesimi marciapiedi. Poi rientro nella mia abitazione, girando le chiavi con calma, aprendo il portone con lentezza, e salendo le due rampe di scale quasi in punta di piedi per non fare rumore, anche se al primo piano di questa palazzina abito da solo; non mi piace comunque che qualcuno avverta i miei spostamenti, preferisco passare inosservato agli occhi di chi mi conosce come un proprio vicino, ed essere giudicato soltanto un cittadino come tutti, forse soltanto piuttosto riservato.

 

            Bruno Magnolfi  

lunedì 6 febbraio 2023

Sfavorevole situazione.


            <<Questo paese è malato>>, dice il signor Galli ad un suo conoscente, mentre siede al bancone della Casa del Popolo di Calci a sorbire con calma il suo immancabile caffè del primo pomeriggio. <<Inutile cercare delle scorciatoie politiche alle elezioni amministrative attraverso un voto che riesca a tracimare da una parte o dall’altra, inseguendo magari la simpatia o la popolarità di un possibile nuovo sindaco, o la stima e la professionalità in chissà quale settore di un altro; le cose sono peggiori e più complesse di una facile soluzione, ed il provincialismo che respiriamo ogni giorno è ancora più incancrenito di quello che siamo capaci di ammettere. La sinistra ha fatto dei guasti, e la destra ha dimostrato di saper fare di peggio>>, dice ancora il Galli incuriosendo con le sue parole qualcuno poco distante da dove si trova. L’altro annuisce, quegli argomenti non sembrano neppure attirare troppo la voglia di intervenire, ma una signora, entrata per combinazione ad acquistare delle sigarette, dice subito a voce alta che non c’è altro rimedio se non scuotersi di dosso, con un lento e impegnativo processo, quella polvere stantia che i paesani di Calci si portano da sempre sopra le spalle. <<Sono assolutamente d’accordo>>, prosegue il Galli, <<ed arrivo anche a dire che certe azioni, pur deprecabili, sono necessarie per smuovere il più possibile queste acque stagnanti>>. La donna sorride, paga le sue sigarette frettolosamente, e quindi esce dal locale, mostrando così una scarsa volontà di proseguire in certe discussioni praticamente infinite ed insolubili.

               Sembra che il Sindaco in carica abbia preso immediatamente una posizione abbastanza dura nei confronti della telefonata minatoria giunta nella locale Sede Postale, ma a qualche paesano le sue parole sono parse poco definite, non eccessivamente chiare, insomma quasi ambigue, e da lì ad introdurre il sospetto che a qualcuno facciano comodo certe azioni dimostrative, ci vuole davvero poco. Per strada i logorroici professionali hanno subito iniziato a sviscerare tutte le possibilità che possono apparire ad una mente già allenata, nell’immaginare gli scenari più insoliti, allo scopo di acquisire argomenti, ma anche chi fino ad ora se ne stava in disparte ad ascoltare i discorsi degli altri, adesso tenta di avere una propria opinione, giusta o sbagliata che sia. Nella Casa del Popolo si è subito riversato un afflusso inconsueto di gente, forse nel tentativo di saggiare là dentro il polso della cittadinanza, ma soltanto fino al punto di rendersi conto, dopo qualche battuta fuori luogo su quell’argomento del giorno, che tutti intendono riprendere rapidamente a chiacchierare delle solite cose di sempre, e ciò significa che i paesani di Calci tentano di tornare velocemente alla normalità, chiudendo una parentesi che non sembra portare da alcuna parte.

            L’Ufficio Postale del paese gode in ogni caso di un’improvvisa popolarità, nonostante questa fama tenda così a durare appena il tempo di un solo giorno, ed anche se forse ci sta ancora qualcuno non del tutto a conoscenza della minaccia di chiusura definitiva di quella sede, adesso la notizia si è fatta improvvisamente di patrimonio comune. Alcuni sembrano indignati di questo, altri fanno spallucce chiarendo di non frequentare le Poste, ma la maggioranza lascia che tutto proceda per conto proprio, immaginando che ci siano delle buone ragioni per una decisione del genere. Alla Direzione Provinciale di Pisa naturalmente hanno subito saputo ciò che è accaduto, ma non hanno dato troppa importanza alla cosa, limitandosi a fare una doverosa telefonata ufficiale alla signora Vanni, la Direttrice di Sede, che ha risposto con voce ancora impaurita, e dilungandosi su tutti i dettagli possibili, nella speranza che con qualche modo più confidenziale magari le venisse rivelato qualche semplice chiarimento sulla possibilità di far proseguire l’esistenza alle Poste di Calci, senza riuscire però ad avere alcuna notizia a riguardo. <<Gli impiegati adesso sono un po’ preoccupati>>, avrebbe riferito la Vanni al telefono, lasciando un margine di ambiguità nella frase, ma all’altro apparecchio si è subito riferito come certe sciocchezze non hanno quasi mai avuto un seguito serio, riferendosi ovviamente all’anonimo avvertimento minatorio della mattinata. In ogni caso i Carabinieri avrebbero proseguito ad indagare, e qualche risposta alle indagini forse avrebbe potuto rendersi possibile.

            Il giorno seguente, comunque, le Poste di Calci avrebbero riaperto come sempre, con parere unanime e congiunto sia degli impiegati che vi lavorano, che della Direttrice degli Uffici, e questo immediato ritorno alla normalità avrebbe così dimostrato all’utenza la capacità di saper affrontare e risolvere ogni problema, anche i più inconsueti. I dirigenti generali apparivano perciò subito soddisfatti di quella scelta, ed anche la cittadinanza di Calci in questa maniera non avrebbe trovato niente di cui lagnarsi. Nella Casa del Popolo ormai si parlava già d’altro, anche se nella sede del Consiglio Comunale alcune personalità della Giunta apparivano più preoccupate di quanto si sarebbe potuto pensare, tanto da incrociare parecchie telefonate con i palazzi dei propri rispettivi partiti politici, fino a tentare di cavalcare il momento, e approfittare in qualche maniera della situazione.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 4 febbraio 2023

Ancora per molto.


            Nella sostanza dobbiamo dire che, se non fosse per le voci di corridoio che continuano a circolare intorno alla possibile chiusura definitiva dell'Ufficio Postale di Calci nei mesi a venire, le cose là attorno potrebbero apparire del tutto normali: i paesani frequentano la loro sede delle Poste come sempre, gli impiegati all’interno proseguono imperterriti a lavorare, la Direttrice seguita a dire di non aver saputo niente di nuovo, ed il postino, forse quello meno preoccupato di tutti, continua a consegnare le lettere come ha sempre fatto. Ma stamani, una voce maschile rauca e poco riconoscibile, dice al telefono ad uno qualsiasi tra gli impiegati pronto a rispondere svogliatamente all'apparecchio, che è stata collocata nascostamente una bomba, da qualche parte, proprio dentro ad uno dei vani dell'edificio di Calci. Si avvertono immediatamente i carabinieri, mentre tutti escono con grande rapidità dalle Poste, senza risparmiare a chi trovano vicino dei commenti impauriti ed increduli, fino a ritrovarsi per strada, ad una distanza di sicurezza, tenuti calmi dalla loro Direttrice subito pronta a prendersi la responsabilità di quella frettolosa evacuazione. Ci vogliono diverse ore prima che giunga nel paese una squadra di artificieri esperti in cose del genere, e intanto una piccola folla si ingrossa, pur tenendosi a diverse decine di metri, scambiando, come è normale, tutte le opinioni possibili su quanto è stato ordito, intavolando varie teorie su chi possa essere stato.

Nella confusione generale, Alberto, le mani dentro le tasche, l'espressione scocciata, la faccia di chi non intende prendere affatto sul serio una cosa del genere, si trattiene a poca distanza da Laura, che nervosamente sta spiegando a tutti i compaesani curiosi il poco che sa, ma dando un grande risalto ad ogni parola che esprime. Viene setacciato ogni angolo nella ricerca minuziosa di qualcosa di insolito, ma come c'era già da aspettarsi non viene trovato assolutamente niente di anormale, escluso uno zaino contenente un paio di scarpe sospette, che in seguito si rivelano semplicemente appartenenti a Gino, il portalettere, per personali ragioni di comodità. Chiunque, non nutre alcun dubbio sul fatto che in paese la possibile chiusura ventilata degli uffici postali abbia potuto innescare in qualche facinoroso la volontà di esprimere la propria opinione in maniera esagerata, ma ci sono anche altri paesani che contemporaneamente hanno iniziato a sentenziare che quanto accaduto potrebbe essere collegato ad una mossa politica atta a destabilizzare le autorità comunali. Ma mentre più d'uno ha osservato i modi svogliati e distanti di Alberto, forse cercando tra i suoi sguardi una motivazione assurda e introvabile, lui è riuscito, in un attimo di generale distrazione, nel farsi avanti e domandare sottovoce a Laura una concreta risposta alla sua richiesta di uscire con lui, magari la sera stessa, anche per chiarirsi le diverse idee su quei fatti. Laura gli ha fatto cenno con un lieve sorriso che andava bene, e lui ha precisato soltanto: <<alla stessa ora della volta scorsa>>.

Quando infine un sottufficiale dei carabinieri, di stanza nella piccola stazione di Calci, è andato verso la Direttrice dell'Ufficio Postale, la piccola folla radunata poco distante ha immediatamente abbassato la voce, come a cercare di comprendere direttamente le parole e le frasi che i due avrebbero potuto scambiarsi, ma lo scuotere inequivocabile della testa dell'uomo in divisa ha fatto tirare a tutti un immancabile respiro di sollievo. Resta da appurare il fatto riguardante chi possa essersi preso l'iniziativa di fare una telefonata minatoria come quella raccolta da Renza, e per questo motivo l'impiegata è stata invitata per l'indomani nella sede locale dei Carabinieri, per rilasciare una dichiarazione dettagliata, e per rispondere a qualche domanda degli inquirenti. In tutto questo trambusto è trascorso tutto il tempo della mattina, e gli impiegati sono potuti rientrare soltanto per un momento dentro gli uffici Postali ormai bonificati, unicamente per ritirare le loro cose. Per il resto la signora Vanni ha dato appuntamento a tutti all'indomani, poi ha inserito l'allarme e se n'è andata anche lei, senza trovare altro da fare se non avvertire per telefono di non farsi viva alla ragazza che normalmente svolge nel primo pomeriggio il servizio di pulizia.

Naturalmente diversi perditempo sono rimasti ancora nelle circostanze a scambiare pareri diversi su quanto accaduto, ed alcuni sono giunti persino a sostenere che il terrorismo non è affatto sconfitto, e che ci sono ancora delle oscure branche nell'ombra che continuano a muoversi. Qualcuno se la prende coi giovani, altri sostengono che è la politica capace di scatenare i più tetri pensieri. Ma in fondo, praticamente, non è successo quasi un bel nulla, soltanto la telefonata di qualche squilibrato, uno scherzo per impaurire chi sta lavorando, una sciocchezza senza alcun seguito; perciò, ognuno si è presto incamminato verso la propria abitazione, e tutti i problemi, all'improvviso, sono sembrati in via di risoluzione anche così. Alberto è apparso tranquillo, quindi è salito sulla sua utilitaria e poi se n'è andato, senza aver quasi scambiato parola con anima viva; in fondo sono cose che possono accadere, sembra che abbia riflettuto lui come anche altri là attorno; anche se probabilmente in paese se ne parlerà ancora per molto.

 

Bruno Magnolfi

          

giovedì 2 febbraio 2023

Argomento edificante.


            L’edificio è piccolo, e non è previsto molto tempo, almeno sopra ai tabulati compilati dai responsabili, per svolgere le attività di pulizia ordinaria completa dentro quei locali dell’Ufficio delle Poste di Calci. Rosanna, la ragazza che svolge questo servizio, si reca sul posto puntualmente nel primo pomeriggio di ogni giorno feriale, quando dentro la sede in genere ormai non ci sono più gli impiegati, essendo rimasta soltanto la Direttrice, che per contratto non può lasciare in mano a nessuno le chiavi ed il codice d’allarme per entrare, considerato che normalmente stazionano dei valori e anche delle mazzette di soldi nel loro deposito, e per questo motivo deve essere sempre presente un responsabile, prima che possa accedere qualcun altro. Rosanna è stata assunta un paio di anni prima da una cooperativa del settore che con un ampio contratto d’appalto svolge i compiti di pulizia e di sanificazione in tutti gli uffici postali della provincia, avvalendosi delle attività di tante persone differenti, ognuna per ciascuna sede, e comunque non ha mai trovato da lamentarsi troppo, considerato che svolge là dentro soltanto due ore giornaliere di lavoro, che le permettono al mattino di frequentare l’Università di Pisa, e poi di prepararsi per gli esami. La signora Vanni, la Direttrice, conosce da lungo tempo i familiari di Rosanna come propri vecchi compaesani, e quindi le torna congeniale quel rapporto diretto con questa ragazza, favorendo al massimo i suoi compiti. Fosse per lei la lascerebbe tranquillamente anche da sola negli uffici, tanta è la fiducia che vi ripone, ma normalmente si limita ad arrivare soltanto in qualche negozio dei dintorni per fare qualche acquisto mentre lei lavora, prima di rientrare rapidamente dentro l’edificio.

            E proprio oggi, nel momento in cui la Vanni si era assentata per una decina di minuti, Rosanna ha trovato, in fondo al piano di una scrivania, un foglietto ripiegato che ha destato subito la sua curiosità. Lo ha aperto rapidamente, e poi ha letto: <<Dobbiamo vederci; ho da parlarti di cose della massima importanza>>. Come firma c’era soltanto scritto “Al”, ma non ci vuole molto a comprendere che il messaggio era stato scritto da quel nuovo impiegato di cui tutti conoscono i trascorsi poco edificanti, lasciato insieme ad altre cartacce proprio sul piccolo bancone di Laura, l’impiegata che tutti hanno presente in paese per il suo stare sempre allo sportello al pubblico. Naturalmente, anche Rosanna è a conoscenza della possibilità ventilata ultimamente riguardante la chiusura definitiva di quell’ufficio postale per mancanza di clienti, e in un primo momento ha pensato che forse quel messaggio potesse riferirsi a qualche informazione, ricevuta chissà per quali vie, inerenti a questa situazione così carica di attese e di speranze, ma subito dopo le è parso del tutto strano quel dare una tale segretezza a delle problematiche così comuni a tutti i colleghi della sede. Poi ha guardato di nuovo quel foglietto, ma un senso di irrisolto le è rimasto nella mente, tanto da decidere alla prima occasione di fare una visita nell’ufficio postale durante la mattina, anche semplicemente con una scusa, e curiosare da vicino sulle diverse espressioni dei vari impiegati.

            Poi è rientrata la Vanni, e lei ha proseguito come sempre la propria attività, fino al momento in cui è terminato il suo orario di lavoro. Ha tolto perciò lo spolverino, ha indossato la sua giacca, e quindi ha salutato come sempre la direttrice, trattenendo ancora nella mano e dentro ad una tasca quel biglietto. A casa ne ha parlato con sua madre, nel tentativo di comprendere se dietro una frase di quel genere ci potessero stare delle novità negative un po’ per tutti, ma neanche lei è riuscita a comprendere quali potessero essere le “cose importanti”, di cui si parlava nel foglietto. Alla ragazza dispiacerebbe molto perdere quel posto di lavoro, perché anche se le frutta pochi soldi a fine mese, per lei, che è ancora una studentessa e vive in casa con i suoi, quella somma le risulta sufficiente per togliersi qualche voglia per conto proprio e non pesare sempre sulle spalle dei propri genitori. Più tardi è uscita dal suo appartamento per fare due passi, ed incontrandosi con un ragazzo con cui si vede qualche volta, ha spiegato anche a lui la faccenda del foglietto e le congetture che insieme a sua madre si è ritrovata a fare. <<Secondo me non c’entra niente né il lavoro né la sede delle Poste>>, ha detto subito il ragazzo. <<Credo piuttosto che questo Alberto con dei sotterfugi stia provando a dare un appuntamento a Laura, ma per evitare troppe curiosità da parte dei colleghi stia ricorrendo semplicemente a dei segreti bigliettini>>. Rosanna sembra perplessa, le pare impossibile che due persone più che adulte come loro ricorrono a degli sciocchi stratagemmi, e le “cose della massima importanza”, di cui si legge sulla carta sembrerebbero proprio argomenti d’altro tipo. <<Forse soltanto una maniera per incuriosirla>>, spiega lui. A seguito, naturalmente, loro due hanno parlato volentieri d’altro, considerando che quell’argomento non lo trovavano neppure troppo edificante.

 

            Bruno Magnolfi