martedì 29 novembre 2022

Esistenza in divenire.


            Al termine di una giornata intensa di lavoro, mentre già ero rimasto da solo, giunge in ufficio una telefonata di Fernando. Non perde tempo, e dice freddamente, come già d’accordo, di avere sempre ricevuto e controllato, in questo lungo periodo, tutti gli aggiornamenti sullo stato finanziario della nostra agenzia immobiliare, ma in ogni caso vorrebbe vedermi al più presto per parlarne di persona; così ci accordiamo per il giorno seguente a quel medesimo orario. Si presenta con un commercialista, si siedono, scartabellano le documentazioni che presento subito sopra al piano della scrivania, poi lui dice che, vista la buona situazione in cui sta versando l’impresa, per la propria uscita dalla nostra società avrebbe stabilito di necessitare del doppio esatto di quanto pattuito inizialmente. Accuso il colpo, abbasso gli occhi, resto in silenzio. Poi, come ho imparato ormai da tempo, rispondo che devo pensarci, senza portare avanti delle obiezioni che apparirebbero ridicole, nonostante la cifra mi appaia spropositata e tale da non permettermi di sostenerla. Chiarisco comunque che gli darò una risposta tra un giorno o due al massimo, così Fernando si alza dalla sedia, dà un’occhiata in giro, e poi se ne va, seguito dal suo uomo, senza chiedere altro. Due giorni dopo, a seguito di attenta riflessione, gli rispondo secco per posta elettronica che la sua proposta è irricevibile, e per come stanno le cose, per me può anche rimanere titolare della sua percentuale di società. Anche lui prende del tempo, infine dice per tutta risposta che in questo momento ha bisogno di liquidi, e quindi si accontenterà di un semplice trenta per cento in più sugli accordi iniziali. <<Devo sentire cosa mi propongono alla mia banca>>, gli rispondo per telefono; poi lascio trascorrere ancora qualche giorno. Infine, Fernando torna ad insistere, dicendo al telefono che, se mi va bene, <<ci possiamo vedere direttamente dal notaio per la cessione di tutto quanto dietro un semplice aumento del venti>>.

            Accetto; l’istituto bancario non crea problemi nel versarmi tutta la cifra, ed il prestito è restituibile addirittura in cinque anni. Ci vediamo un paio di settimane più tardi per la firma del contratto di cessione delle quote, e l’ufficio notarile, dietro al mio bonifico, avvalora e certifica quanto abbiamo stabilito. Stringo la mano a tutti quanti ed alla fine esco leggero e piuttosto soddisfatto da quegli uffici: per me è come se finalmente chiudessi definitivamente con il mio passato, e ritrovarmi indebitato, ma finalmente libero, mi fa sentire benissimo. Fernando durante tutta questa trattativa non mi ha detto niente di sua sorella, ed io naturalmente non gli ho chiesto nulla di lei, anche se resta la mia ex-moglie. Adesso però è come se concretamente tutta la loro famiglia uscisse dalla mia vita, ed io ho la speranza di non sentirne più parlare, almeno per un lungo tempo. La banca mi ha dato fiducia, e soprattutto ha accettato i conti positivi che ho portato in visione sulla scrivania del direttore. Le cose vanno bene, ed io devo proseguire così, senza distrazioni. Vorrei parlarne con qualcuno, ma è difficile. Alla fine, mi vedo con Luciana: lei tra qualche giorno inaugurerà la sua nuova “Trattoria da Mauro”, ed è felice di questo. Per i primi tempi terrà aperto il locale soltanto per la cena, mi spiega, ma in seguito, se le cose sono positive, inizierà a tenere aperto anche per l’ora di pranzo.

            Facciamo un giro in macchina, io e lei, tanto per parlare, così le spiego qualcosa del mio momento lavorativo; poi saliamo fino al mio appartamento. Lei ha già trascorso la notte con me qualche volta, ed io le ho sempre lasciato comunque completa libertà di scelta. <<Ho pensato di portare qui da te qualche mio vestito, Adriano, se non ti dispiace>>, ha detto poi con semplicità. So cosa significa, ma ho cercato di dare comunque poco peso alla faccenda, sottolineando solo la giusta praticità di fare in questo modo. Luciana mi ha abbracciato, ha detto che stava bene con me, che tutto secondo lei stava procedendo a gonfie vele. Ho annuito, e le ho promesso che non avrei mai avuto segreti nei suoi confronti, perché secondo me anche delle piccole incomprensioni senza apparente importanza, possono portare facilmente a distanze poi incolmabili. <<Inizialmente starò io in cucina insieme a due assistenti>>, mi spiega; <<ma in seguito, se le cose procedono come spero, assumerò del personale all’altezza, in maniera da allargare l’offerta dei piatti e delle portate>>. Annuisco, sono molto contento del suo entusiasmo, e sono sicuro che le cose andranno bene, anzi, benissimo. <<Il locale non è grande, per cui più che sull’afflusso dei clienti, devo puntare tutto sulla qualità>>. Sono d’accordo, però il prossimo lungo periodo sarà caratterizzato per ambedue da lavoro molto intenso e da un notevole impegno. Va da sé, comunque sia, che purtroppo avremo sempre meno tempo per noi due: ma stiamo costruendo un futuro fatto tutto e solo per noi stessi, e questo resta il dato più fondante; come un’esistenza avviata e in divenire.

 

            Bruno Magnolfi        

domenica 27 novembre 2022

Strada tortuosa.


            Non so, ma se qualche volta penso a tutto quanto, a tutto ciò che ho fatto intendo, o che mi è accaduto, mi rendo conto che non sono riuscito a comprendere quasi niente delle persone che mi sono girate attorno fino ad oggi. Forse ho solamente tentato con svogliatezza di decifrare quei messaggi che mi sono giunti, ed ho cercato in malo modo di capire il senso che avevano quei gesti, quelle espressioni, le stesse parole che mi arrivavano, tanto che il risultato è sempre apparso negativo, incompleto, inutile, come se il linguaggio che mi sono ritrovato quasi sempre a dover decifrare, fosse del tutto diverso dal mio: di un’altra natura, scollegato, differente. Ho provato a parlarne con Lorenzo, all'ora di pranzo, mentre consumavo uno dei suoi soliti panini, in un momento in cui non c'erano troppi clienti dentro al locale che gestisce; e lui dapprima mi ha sorriso, poi però si è fatto più serio, ed allungandosi sul bancone davanti a cui ero seduto, anche per abbassare il tono della voce e dare alle sue parole un senso confidenziale, mi ha spiegato che secondo lui è un problema che riguarda ogni individuo, in grado maggiore o minore a seconda dei casi, ma che probabilmente è destinato a diffondersi ancora di più, e che dovremo farci i conti sempre più spesso negli anni a venire. <<L'incomunicabilità, è il sintomo del nostro generale malessere; ognuno di noi tende a chiudersi in sé stesso, incapace di spiegare agli altri i propri pensieri>>, ha aggiunto in modo secco. Sono rimasto in silenzio, mentre serviva in giro qualche birra, ed ho capito che, secondo lui, oramai parliamo tutti tra di noi in termini estremamente superficiali, e così non riusciamo ad affrontare gli argomenti più complessi e personali. Forse io stesso sono sempre stato troppo silenzioso con gli altri, ho pensato, e così gli altri non si sono mai sentiti incoraggiati a parlare con me delle loro cose.

Quando sono uscito dal locale di Lorenzo mi è parso comunque di avere una consapevolezza in più, e dopo poco comunque è giunta anche per me l'ora di tornare in agenzia e riprendere la mia attività. Ho pensato però che persino il lavoro che sto portando avanti, dirigendo questi uffici, pare che mi allontani da tutti, lasciandomi da solo a prendere decisioni e a stabilire priorità; ed anche se la mia esperienza mi fa mandare avanti questo mestiere ormai quasi per istinto, in ogni caso mi manca a volte quel potermi rapportare con qualcuno, certe volte magari discutendo e decidendo le soluzioni migliori, in condivisione o meno con altri. I ragazzi che raccolgono tutte le informazioni immobiliari possibili sul territorio cittadino, anche se sono simpatici e abbastanza volenterosi, non possono certo essere trattati da me allo stesso pari: perderei subito verso di loro quell'autorità necessaria per fargli portare avanti al meglio le proprie attività; e la segretaria, che presiede ai nostri uffici e alle linee telefoniche, oltre ad essere in fondo soltanto una ragazzina, so che non deve mai perdere di vista la profonda serietà della sua figura professionale, e quindi del suo posto di lavoro.

Quindi, è come se la mia solitudine si fosse fatta più intensa, almeno da un po' di tempo a questa parte, e la mancanza di contatti sinceri con qualcuno, poco per volta, si fa sentire sempre di più. Sicuramente una parte di colpa è anche mia, che non ho mai cercato, fin da quando ero piccolo, di ascoltare attentamente chi mi parlava, ma nello stesso tempo non sono mai riuscito a spiegare nel profondo il mio pensiero, o forse, addirittura, non ho mai cercato neppure di appurare la possibilità di farlo. Quindi, proprio per tutto questo, provo adesso una grande necessità di avere qualcuno al mio fianco, e l'unica persona con la quale posso condividere sia dei pensieri piacevoli, sia qualche preoccupazione, indubbiamente è Luciana, la stessa ragazza che indubbiamente trattiene dentro di sé delle piccole e grandi sofferenze che forse non è riuscita mai neppure ad esplicare. Il pomeriggio così scivola via veloce, senza che il mio daffare in ufficio mi lasci avere ancora delle riflessioni su tutti questi temi, e quando mi trovo all'ora di chiusura, nel serrare la porta di accesso e ad inserire l'allarme, il primo pensiero che mi passa per la mente è quello di telefonarle, se non altro per sapere come stiano andando le cose nella trattoria, che in linea con i suoi desideri, sta rapidamente prendendo vita.

<<Ciao, stavo proprio pensando a te>>, risponde subito Luciana; <<se volessi passare da queste parti, vorrei mostrarti i lavori così come stanno procedendo>>. Naturalmente accetto subito, poi salgo sulla mia macchina e volo da lei. Mentre parcheggio poi, proprio al momento di spegnere il motore, mi interrogo ancora per un attimo su tutto quello che mi passa per la mente. Mi sento sereno quando sono con Luciana; mi piace tutto di lei; e se la strada per giungere proprio dalle sue parti, alla fine si è mostrata per me oltremodo lunga e faticosa, forse ne valeva comunque tutta la pena.

 

            Bruno Magnolfi

giovedì 24 novembre 2022

Firma indelebile.


            Alla fine di una qualsiasi mattinata di lavoro, dopo aver messo in lista una serie di nuovi potenziali compratori di appartamenti, importantissimi per la nostra agenzia, tutte persone molto interessate alle nostre offerte, e naturalmente desiderose di visitare gli immobili in vendita presso di noi il prima possibile, mi giunge, filtrata dalla giovane ragazza che fa da segretaria nei nostri uffici, una telefonata inaspettata. <<C’è un signore all'apparecchio, uno che dice di chiamarsi Mauro, e di essere il proprietario di una tavola calda>>, dice Elena con la sua voce neutra. <<Certo>>, faccio subito io, <<lo conosco, me lo passi pure>>. Nel breve silenzio elettronico che subito si impone, avverto solo il piccolo scatto di un pulsante, poi indubbiamente un lieve rumoreggiare di voci sul fondo di quel locale che immagino e che conosco bene. <<Buongiorno, signor Adriano, scusi il disturbo>>, mi fa il padre di Luciana con parole garbate ma anche un modo molto abituato a discorrere senza timori con ogni tipo di persona. <<Abbiamo tutt’e due poco tempo da perdere, e quindi mi scuserà se affronto per telefono un argomento che forse meriterebbe essere trattato di persona>>. <<Non si preoccupi, mi dica pure>>, gli faccio io cercando di essere il più possibile alla mano. <<Vede>>, fa lui, <<conosco mia figlia, e da qualche giorno mi pare all’improvviso quasi un’altra, tanto appare entusiasta di lei e del vostro incontrarvi. Siccome abbiamo deciso da poco la trasformazione del locale, lasciando assumere a Luciana la gestione, mentre io contemporaneamente vorrei anche ritirarmi, visto che sono tanti anni che svolgo questo mestiere ed ho maturato ormai l’età della pensione, non vorrei che tutto questo provocasse un gran pasticcio>>. Sorrido, anche se sono da solo nell’ufficio, però mi viene difficile rassicurarlo, nonostante gli dica subito che non è certo mia intenzione confondere sua figlia fino al punto di farle perdere di vista gli impegni di cui si sta prendendo carico. <<Vede>>, prosegue lui; <<tra voi due so che ci corrono diversi anni, questo è innegabile, e Luciana fino ad oggi è sempre stata in famiglia, specialmente dopo che purtroppo è venuta a mancare la sua mamma; così, forse, adesso le manca proprio l’esperienza giusta in certe cose, e poi sinceramente, non vorrei andasse incontro a qualche forte delusione, ecco>>.

            Tiro un respiro, lascio in aria una pausa come per ponderare al meglio le parole che sto per pronunciare, ma infine replico: <<Luciana è una persona adorabile, ed io le voglio bene, lo dico con piena sincerità; se ci sarà un futuro per noi due, adesso mi sembra presto per riuscire a stabilirlo, però è giusto che si sappia fin da subito che io mi impegnerò affinché questo possa realizzarsi>>. Mauro forse vorrebbe aggiungere qualcosa, ma qualcuno sembra che lo chiami nella normale confusione sempre presente dentro al suo locale, così dice soltanto: <<Va bene, va bene; mi scusi ancora se mi sono permesso di disturbarla; però lei è mia figlia, ed io in questo momento ho soltanto il desiderio del meglio possibile per il suo avvenire>>. Ci salutiamo con reciproca cortesia, riattacchiamo la telefonata, e all’improvviso mi sento come se avessi chissà quanti anni di meno, invece di aver superato oramai la mezza età. Ma non importa, Luciana è una ragazza speciale per me, anch’io voglio renderla felice, e mi impegnerò a fondo per spianare la strada a tutto questo.  

Poi indosso il mio soprabito, avverto Elena che sto per uscire, ed infine prendo la mia cartella con i documenti, sostenendo, quasi per giustificarmi, che ho un appuntamento urgente con dei clienti che desiderano visionare uno dei nostri appartamenti in vendita. Ma non è la verità. Fuori dagli uffici compio un lungo giro a piedi, proprio come per andare incontro a chissà quali impegni, ed alla fine mi ritrovo davanti all'agenzia di Elisabetta, il mio vecchio luogo di lavoro, anche se sosto, con una mano sprofondata nella tasca e nell’altra la cartella, dalla parte opposta della strada, ad osservare quell'entrata, la vetrina, i piccoli negozi a fianco. Non so come, però mi nota la mia collega di un tempo, così socchiude la porta, e poi mi guarda, da questi dieci metri di distanza circa, mentre il traffico intenso rende le nostre figure molto più lontane tra di loro. Elisabetta si trattiene sulla porta dell'ufficio, senza uscire del tutto sopra al marciapiede, ed io forse vorrei farle un cenno con la mano, darle un saluto, ma poi mi volto da un lato, e riprendo a camminare, quasi non l'avessi vista.

Il giorno seguente, sopra una delle vetrine opache della mia agenzia "F. & A.", trovo una frattura: un colpo ben assestato con un corpo metallico, una botta insomma, che non ha sfondato il vetro, non ha neppure fatto scattare l'allarme, ha solo composto una piccola ragnatela concentrica poco evidente, ed ha comunque lasciato una firma assolutamente indelebile.

 

Bruno Magnolfi

martedì 22 novembre 2022

Desideri inespressi.


            <<Ciao, Luciana>>, le ho detto, appena si è seduta nella mia macchina. Mi ha guardato con un largo sorriso, ha sfiorato leggermente con la mano il dorso della mia, e ha bisbigliato che aveva da riferirmi una novità che la riguardava da vicino. Ho messo in moto, ingranato la marcia, poi ho svoltato verso la strada principale. Avevamo deciso di vederci già da un paio di giorni, e la scusa stava nel fatto di andare ad assistere ad un concerto del suo cantautore preferito, così mi sono mostrato immediatamente disponibile ad accompagnarla, una volta trovati i biglietti in prevendita. <<Mio padre desidera lasciarmi la gestione della sua rosticceria-tavola calda>>, ha detto subito lei, guardando oltre il parabrezza. <<Ma io gli ho detto che mi piacerebbe trasformare il locale in una trattoria tradizionale, e lui si è mostrato abbastanza favorevole>>. Ho detto subito che questa notizia mi pareva davvero fantastica, e che mi prenotavo già da ora per andare a cena nel suo nuovo ristorante. Lei mi ha spiegato che la sua vera passione era quella di cucinare, proprio come le aveva insegnato sua madre fin da quando era ancora una bambina, e che però, trascorrere tutti questi anni nella rosticceria della famiglia, per lei non era stato il vero coronamento del suo sogno. <<Ma adesso, prese le misure, si è visto che eliminando il bancone riscaldato e tutto il resto, si ottiene uno spazio sufficiente per diversi tavolini, fino a riuscire a mettere seduti anche una quarantina di clienti>>. L’ho guardata per un attimo, mentre eravamo fermi ad un semaforo, trovandola bellissima con quella sua espressione di entusiasmo che fino ad oggi non le conoscevo.

            <<Dobbiamo festeggiare>>, le ho detto mentre cercavo un parcheggio nella zona del teatro Verdi; <<prima assistiamo al concerto, e dopo ce ne andiamo in un locale>>. Così siamo entrati all’interno della sala e ci siamo seduti in platea nei posti a noi assegnati. <<Non ci vorrà neppure troppo tempo>>, ha proseguito lei, parlando sottovoce. <<In fondo, la cucina sul retro è grande, e quindi resta la stessa, almeno per il momento, e per la sala è sufficiente una rifrescata alle pareti, magari dei quadretti appesi che sappiano dare un senso al nuovo locale, e poi l’acquisto di un numero di sedie e tavolini, tipo osteria, che siano sufficienti>>. Le ho sorriso, ancora incredulo, ed ho annuito di nuovo, senza riuscire a trovare neppure le parole giuste per dimostrarle tutta la mia contentezza. <<Lascerò il nome di mio padre nell’insegna, e lui in cambio mi darà una mano agli inizi, e pagherà le spese della trasformazione. Sono felice, non so dirti neppure come io mi senta in questo momento. Mi pare quasi il giusto riscatto per mia madre, che in vita sua è sempre stata in cucina a sbucciare solo patate o poco più>>. Poi un presentatore è salito sul palco ed ha annunciato con enfasi il cantante ed il gruppo dei musicisti che lo accompagnavano, ed io allora ho preso una mano di Luciana, e lei si è stretta a me. Ho pensato subito che ad un momento così non ci fosse proprio niente da aggiungere: la musica fluiva, le canzoni apparivano bellissime, la serata era felice.

            In un caffè elegante poco lontano ci siamo fatti servire poi due coppe di spumante di gran marca, e dei tramezzini leggeri che ne accompagnassero ogni sorso. Io e Luciana abbiamo parlato di quei testi in musica appena ascoltati, e ci siamo trovati perfettamente d’accordo su molti di quegli argomenti, tanto da sembrare che attorno a noi non esistesse quasi più niente, come fossimo protetti da una grande bolla di vetro: all’interno, solo noi due, i nostri sguardi, le nostre parole, le espressioni sorridenti, con la costruzione calma di una relazione ancora da iniziare, ma desiderata fortemente. Quando infine siamo usciti, poco prima di salire in macchina, ci siamo scambiati un bacio, così, in mezzo ad un parcheggio, come ragazzini che non tengono conto di nulla, provando la necessità di sentirsi liberi di manifestare qualcosa di prezioso che improvvisamente sentivamo dentro. Ci siamo salutati davanti casa sua, con tenerezza, senza voler esagerare nel nostro ritrovarsi vicini. Tornando indietro, da solo dentro la mia auto, mi è sembrato che qualcosa di Luciana fosse ancora accanto a me, forse i suoi silenzi, il suo guardarmi, il suo bagaglio di sentimenti puri.

            Sono rientrato nel mio appartamento come se ancora volassi sopra al pavimento, poi mi sono concentrato per qualche momento sulla giornata di lavoro che mi attendeva l’indomani, poi ho dato un’ultima occhiata, nella stanza adibita a studio, sulla mia agenda degli impegni, ed infine mi sono coricato, provando quella leggerezza che non avevo più avvertito da chissà quanto tempo. Il silenzio della notte, infine, mi ha chiuso gli occhi, e tutto intorno ha preso lentamente la forma dei desideri rimasti inespressi, e forse schiacciati in un angolo angusto, e quindi dimenticati; fino a poco prima.       

 

            Bruno Magnolfi

lunedì 21 novembre 2022

Nessuna lamentela.


Alla fine, il vero trasferimento è risultato relativo soltanto a degli scatoloni pieni di libri, ai miei vestiti personali, e poi alla biancheria della casa, oltre a qualche mobiletto a cui sono particolarmente affezionato, ed infine ad alcuni elettrodomestici della cucina, insieme a qualcos'altro meno importante. Perciò, non è risultato necessario neppure interpellare una vera impresa di traslochi a cui affidare questi compiti di facchinaggio, ed è stato sufficiente farmi aiutare da un paio di ragazzi in gamba, persone che conosco da tempo proprio per il mio ambito di lavoro, e insieme a loro, tramite un furgone e qualche altro strumento adatto, l’intervento si è risolto con rapidità ed efficienza. Il nuovo appartamento al primo piano di via Mazzini invece, era completamente vuoto alla firma del contratto, ma insieme a Luciana, che mi ha accompagnato volentieri, ci siamo infilati subito in un mobilificio cittadino fornito di una vasta esposizione, e così abbiamo ordinato, con le misure delle pareti tra le mani, tutto ciò che poteva servire, arredando con gusto le spaziose cinque stanze che lo compongono. Mi piace respirare quest'aria di nuovo, non avevo riflettuto fino adesso quanto fosse deleterio per me e per il mio umore abitare ancora in quel piccolo appartamento che parecchi anni fa prendemmo in affitto io e la mia ex-moglie, poco prima di sposarci, e dove in seguito ero rimasto a vivere da solo. Invece, aver trovato questo nuovo alloggio, peraltro sito a poche centinaia di metri dal mio luogo di lavoro, è stato un vero colpo di fortuna, una combinazione da me molto apprezzata, tanto che le cose sembrano adesso girare improvvisamente tutte in un senso positivo.

I coinquilini del palazzo dove praticamente ho abitato fino ad oggi, non si sono neppure accorti di perdere nell’ambito di una sola giornata un loro vicino di casa, escluso il solito pensionato che staziona regolarmente subito fuori dal portone principale, ed annota nella sua mente ogni variazione che avviene da quelle parti. Anzi, lui è stato molto cortese con me, e quando ha capito che stavo ormai uscendo dal condominio per non tornarci più, almeno come residente nell’appartamento del terzo piano, mi ha stretto la mano e mi ha augurato buona fortuna, forse anche con un filo di vero dispiacere per veder andarsene un proprio conoscente. La mia nuova abitazione però, sembra proprio voler dare una spinta al mio desiderio di cambiare, ed anche se ci vorrà un po’ di tempo per ambientarmi completamente in queste stanze così spaziose, mi sento molto soddisfatto, incoraggiato persino ad apportare con calma delle piccole modifiche di varia natura, qualche miglioria, ed anche dei piccoli spostamenti di alcuni oggetti al momento appoggiati da qualche parte in via del tutto provvisoria. Stanotte ho dormito per la prima volta nella mia nuova camera spaziosa, che ancora profuma di intatto, ed anche se le differenze incontrate hanno portato qualche debole perplessità tra le mie abitudini, ugualmente mi sono trovato bene, perfettamente a mio agio.

Anche l’intero palazzo in cui è inserito l’appartamento appare di buon livello e maggiormente curato in ogni sua parte, almeno rispetto a dove ho abitato fino a ieri, oltre ad avere un ingresso condominiale vasto ed elegante, tanto che a me ancora sembra impossibile riuscire a permettermi dei dettagli e certe finiture così come appaiono in tutto l’edificio, anche se naturalmente ho soltanto stipulato un semplice contratto di affitto con i proprietari delle stanze, pur rassicurandoli di voler rimanere ad abitare qui per molto tempo. Costa di più, è naturale, ma il mio attuale stipendio mi permette di coprire bene le spese di locazione, mentre i pochi soldi risparmiati in questi anni mi hanno lasciato la possibilità di acquistare in contanti i nuovi mobili. Insomma, va tutto bene, ed anche il mio lavoro nell’agenzia immobiliare scivola tranquillo, confortando il mio impegno ogni giorno con della nuova clientela che si avvicina sempre di più ai nostri servizi, che appaiono pubblicizzati in allettanti offerte. Oltre Luciana, che si è dimostrata molto carina nel supportarmi in questa fase di cambiamento, il primo che ho avvertito del mio trasloco è stato Lorenzo, che si è complimentato per la mia “rinascita”, come lui l’ha definita, ed è arrivato persino ad offrirmi, dentro al suo locale, una bevuta beneaugurante, che ha scambiato con me sedendosi al mio tavolo per qualche minuto, a dimostrazione del suo incoraggiamento e delle proprie congratulazioni rispetto alle mie scelte. Insomma, sembra proprio viaggiare tutto bene, ed anche se il personale dell’agenzia che mi trovo a dirigere, vada spesso spronato a fare meglio, ed anche controllato, ad evitare brutte sorprese, non trovo proprio qualcosa di cui debba lamentarmi. Ho una bella casa, un buon lavoro, un’automobile nuova, mi sento in forma: non mi pare proprio il caso di lagnarmi di qualcosa.

 

Bruno Magnolfi 

sabato 19 novembre 2022

Procedimento imprevisto


Sono seduto davanti alla mia scrivania da dirigente dell’agenzia immobiliare "F. & A.", e sto riflettendo su come sembri addirittura impossibile che per più di cinque anni io abbia potuto condividere l'esistenza con una donna della quale, mi rendo conto soltanto adesso, non avevo compreso quasi nulla. Mentre sono da solo in ufficio, torno ancora a scorrere per incredulità le righe stampate su una lettera a firma di un certo avvocato, che in via confidenziale mi fa presente come non sia più possibile reclamare dei diritti sull'eredità ricevuta qualche tempo addietro in proprio favore dalla mia ex-moglie Laura, in quanto pienamente risarcito tramite la donazione a mio nome di una percentuale aziendale piuttosto cospicua della proprietà di questa stessa agenzia dove adesso mi trovo a svolgere il mio lavoro, a fronte peraltro, si dice nella lettera, anche di un regolare ed alto stipendio da direttore. Ora penso questo: non mi sarebbe mai passato per la testa di intentare una causa contro di lei per pretendere qualcosa di un suo bene di famiglia, e non vedo proprio quali pretese avrei potuto apportare in questo contesto, visto che avevamo già affrontato una rapida e dolorosa separazione; ma anche se avessi avuto diritto a qualcosa, per ragioni legali, ne avrei indubbiamente parlato con Laura, prima di intentare qualsiasi altra cosa. Adesso, veder scritta su carta un'offesa del genere alla mia buona fede, ed anche nei confronti delle mie più distanti intenzioni, mi pare addirittura un'enormità. Tanto più che quando l'attività speculativa di suo fratello Fernando lo ha portato ad aprire l'immobiliare che adesso dirigo, nessuno aveva parlato di risarcimenti di ordine familiare, ma soltanto di fondi corposi messi assieme da lui con il proprio intenso lavoro in Nuova Zelanda, e che, una volta tornato in patria, desiderava mettere a frutto aprendo un'impresa in cui investire solamente un certo capitale di partenza, lasciando poi gestire a me tutto quanto, fidandosi ovviamente della mia pluriennale esperienza nel settore immobiliare. Non avevo trovato niente di male in un'operazione del genere, a parte quella che ritenevo solo una incidentale parentela.

Ma tutto questo non basta: allegata alla lettera è stato inserito un documento ulteriore vergato su della preziosa carta intestata, molto ben scritto, in cui si chiede semplicemente di apporre la mia firma in calce in fondo al foglio, e a seguito ovviamente rispedirlo al mittente per raccomandata, dimostrando in questa maniera la mia intenzione manifesta di non avanzare pretese nei confronti di Laura, sia nel presente, sia nel futuro. Torna del tutto naturale che io firmi immediatamente questo foglio; non desidero niente da lei, e desidero far ciò non foss’altro che per il gusto di tranciare di netto ogni relazione eventualmente rimasta in sospeso con la mia ex-moglie, ed anche con suo fratello, con il quale purtroppo dovrò ancora incontrarmi tra diversi mesi per aggiornare in mio favore, come da accordi, la proprietà della neonata agenzia che rappresento. Naturalmente io dovrò riscattare con un mutuo la parte rimasta nel possesso di Fernando, almeno in questa fase, ma proseguendo le attività dell’immobiliare con queste premesse così positive che si stanno mostrando, non credo che ci potranno essere proprio dei problemi nel rispettare i tempi di quanto previsto. Forse è giunto per me soltanto con queste carte il vero momento per voltare pagina, per chiudere completamente con il mio passato, per aprire le porte a qualcosa indubbiamente da rinnovare, e che forse non avrei mai immaginato fino a poco fa. Nei prossimi mesi credo che cambierò di me tutto ciò che sarà ancora possibile, ed anche di quanto appare ulteriormente ancorato agli anni trascorsi, persino le abitudini, tanto è mia intenzione calcare al massimo le variazioni attuabili nelle mie giornate. 

Infine, esco dall'ufficio, chiudo l'agenzia, inserisco l'allarme. Faccio un salto da Lorenzo per distrarmi, nel suo locale poco distante, ma se non c'è lui dietro al bancone non mi fermerò neppure. E invece è lì, lo saluto, mi sento bene, gli dico, poi sorrido, faccio presente che sono contento di vederlo. <<Hai forse preso qualche decisione importante?>>, fa lui tanto per stuzzicare. <<Forse>>, faccio io, <<ma niente di particolarmente interessante>>. Lui mi serve la solita birra rossa piccola alla spina, poi mi guarda un momento. <<Stai cambiando>>, dice tranquillo; <<e spero in meglio>>. Sorrido, mi guardo attorno, gli dico che qualcosa effettivamente si sta muovendo, che provo un nuovo entusiasmo, e forse non sento più la necessità di abbassare la testa e di lasciare che le cose procedano per conto proprio. Lui annuisce, non sa che cosa io pensi davvero, però è certo che uno come Lorenzo sa comprendere al volo l'aria che tira. Va avanti e indietro nel servire altri clienti, poi si ferma di nuovo da me e mi guarda per un po'. <<A volte vorrei essere come te>>, gli dico, quasi con commozione. <<No, tu sei ben altro>>, fa lui; <<e stai ancora migliorando>>. Sorrido, butto giù l'ultimo sorso, poi me ne vado.

Fuori l'aria è fresca, quasi piacevole. Penso a domani: c'è un grande appartamento che verrà venduto, proprio domani; e l'acquirente verserà sul conto bancario della mia agenzia una quota corposa già prevista. Bene; andiamo avanti, mi dico, tutto procede.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 16 novembre 2022

Diverse solitudini.


            Oggi è domenica, ed io non ho proprio alcun impegno, posso restare a letto fino a tardi, anche se è da un pezzo ormai che sono sveglio. Quando ancora abitavo con mia moglie in questa piccola casa, non mi sarei mai attardato così a lungo prima di saltare fuori dalle coperte e mettermi rapidamente in piedi, almeno per assecondarla. Luciana invece, a quest’ora, probabilmente è già al lavoro nella rosticceria di suo padre, e sta lì sicuramente a sfornare teglie calde e vassoi da appoggiare dentro al capiente bancone riscaldato. Alla fine della mattinata potrei passare come per caso da quelle parti, magari quando ormai non c’è più quasi nessuno da servire. Proprio da Luciana potrei farmi sistemare dentro una busta qualcosa per un buon pranzo da asporto, e forse anche chiederle se è possibile vederci, magari nel tardo pomeriggio, oppure nella serata, come lei preferisce. Forse Luciana in quel caso si potrebbe fermare per un attimo, guardarsi lentamente attorno, pulirsi leggermente le mani sul grembiule bianco, prendere del tempo insomma, e poi dire soltanto: <<Va bene; ti aspetto a casa di mio padre, se vuoi passare a prendermi>>. Sarei contento, se tutto accadesse esattamente in questo modo, ed in quel caso senz’altro le sorriderei con garbo, pagando alla cassa quanto dovuto, e lasciandole poi un piccolo saluto d’intesa. Ma non sempre le cose vanno così, ne sono cosciente, per cui mi sento preparato già da adesso ad un suo rifiuto, tanto da chiedermi se valga la pena persino di andare fino là a mettere in opera questo mio sciocco tentativo.

Resto per parecchio tempo a riflettere su come sia meglio comportarmi, poi mi alzo dal letto, mi lavo, taglio la barba, scelgo gli abiti adatti da indossare, ed alla fine, dopo aver anche fatto tante altre piccole cose di minore importanza, mi decido ad uscire. Compio a piedi un lungo giro senza una meta precisa, poi, quasi provando una specie di innegabile attrazione, mi ritrovo davanti alle vetrine della rosticceria "da Mauro", per dare un’occhiata. Luciana è al suo posto, dietro al bancone, proprio come mi ero immaginato, ed io entro subito e le rivolgo un debole sorriso di saluto, mentre attendo il mio turno per essere servito. Poi le indico col dito sopra al vetro quello che desidero tra quanto è rimasto, vista l’ora, e lei, senza dirmi niente, asseconda fedelmente le mie preferenze. Sistema ogni cosa con cura dentro a dei contenitori, poi compone una busta che mi porge sopra al banco, guardandomi un attimo negli occhi. <<Ci vediamo stasera?>>, le chiedo allora rapido, toccandole la mano, mentre prendo quanto sta porgendo, in un momento in cui soltanto lei può sentire quel che dico; e Luciana attende un momento prima di rispondere, proprio come mi ero immaginato. <<Si>>, dice alla fine sottovoce; <<portami dove posso dimenticare per un po’ tutto questo brutto periodo>>.

Torno verso casa, ed improvvisamente mi sento bene, come se finalmente tante tra tutte quelle cose rimaste in aria, fossero ormai risolte, e non avessero più necessità di essere affrontate e tradotte in termini più semplici. Non voglio più stare da solo, adesso ne ho certezza; desidero scambiare i miei pensieri con Luciana, ascoltare attentamente le sue parole, almeno in quei momenti in cui desidera parlarmi, e poi sentirla accanto, aiutarla a dipanare i propri crucci, e condividere con lei tutto il possibile. Voglio capire i suoi pensieri, comprendere le sue idee, i suoi desideri, ed azzerare tutte le sciocchezze che si sono messe di traverso tra noi due, parlando e comportandomi con il massimo possibile di sincerità. Forse può essere che il mio si dimostri ancora una volta solamente un gesto completamente inutile, come tanti che ho già fatto; però adesso voglio portarlo fino in fondo, e mettere subito mano a quanto di meglio riesco a fare, affinché niente con lei resti intentato.

Al più presto devo cambiare abitazione, prendere in affitto un appartamento più spazioso, dove non si respiri ancora l’aria della mia ex-moglie, e dove anche Luciana possa sentirsi libera di seguirmi se le va. Soltanto adesso forse ho compreso il suo riserbo, la ritrosia dimostrata nel venire a visitare le mie stanze da singolo che furono abitate da una coppia, ma desidero superare al più presto anche queste difficoltà, ora che mi appaiono molto più chiare. Le farò scegliere qualcosa del nuovo arredamento, farla sentire a proprio agio insieme a me, e farle scordare un po’ il proprio passato, se è quello un ostacolo tra noi, nello stesso momento in cui io mi impegnerò con tutte le mie forze a dimenticare il mio. Ma certo, come avevo fatto a non pensarci prima: Luciana è più giovane di me, non ha esperienza, ha sempre abitato con i genitori prima, e poi solo con suo padre, quando la madre è morta. I miei trascorsi l’hanno spaventata, ha immaginato di me un uomo pronto soltanto a divertirsi, incapace di comprendere i suoi dubbi; ma adesso devo soltanto dimostrarle che non è così, che noi due possiamo darci davvero un futuro insieme, e condividere così le nostre diverse solitudini.

 

Bruno Magnolfi  

lunedì 14 novembre 2022

Peccato.


            Ultimamente mi sembra di procedere sempre di più nel chiudermi in me stesso, forse lentamente, ma con un evidente moto costante, e di avvertire, nel provare questa sensazione di isolamento da tutto, il rischio di poter perdere completamente la capacità di sentirmi come gli altri. Osservo con attenzione tutti, in special modo coloro che conosco, e mi appaiono oramai sempre più distanti dai miei modelli, come se la loro stessa struttura di pensiero, ma anche le aspirazioni, le necessità, le voglie istintive, fossero del tutto differenti alle mie, ed in me adesso fosse annidato soltanto un malessere diffuso, un’incapacità latente a togliermi di dosso il lato più sensibile al dolore. Sto male, anche se non comprendo con precisione perché e di che cosa. Forse proprio di questa differenza che rilevo quotidianamente. Mi rigiro in mezzo alle mie cose, e subito le disprezzo, nella stessa maniera in cui potrei odiare una rete a grandi maglie dentro cui sono caduto, come in una trappola, chissà in quale maniera, e che adesso quasi mi costringe ad un completo immobilismo, senza neanche concedermi la possibilità di chiedere soccorso, un intervento caritatevole, un aiuto qualsiasi, per liberarmi dall’obbligo di restare immobile, così, senza nessuna possibilità di scelta. Vorrei tanto, certe volte, avviare dei cambiamenti nelle mie giornate, giusto per dare variazione ai soliti percorsi, ma poi ricado con semplicità nelle abitudini, e quando mi accorgo che molte persone attorno a me spesso non fanno neppure caso a ciò di cui io al loro posto mi preoccuperei parecchio, ecco che giunge il moto spontaneo di netta chiusura tra me e tutti questi.

            Con questi pensieri entro nella birreria di Lorenzo, forse l'unico, tra chi frequento, che riesce a comprendermi anche senza dover porre delle vere domande, ma lui non c'è stasera, e a servire dietro al bancone oggi è presente soltanto uno dei suoi colleghi, anche se questo in genere è il suo orario. Mi siedo, prendo una birra, aspetto che accada qualcosa, anche se sembra tutto calmo. Ci sono dei ragazzi che parlano tra loro, e ad un tavolo una coppia discute di qualcosa sottovoce. Dopo un po' arriva Lorenzo, fa un cenno all’altro e poi sparisce sul retro. Quando torna a farsi vedere dietro al bancone mi saluta, sistema subito qualcosa che forse è ancora da mettere un po’ in ordine, poi inizia col preparare dei panini che hanno appena ordinato un paio dei ragazzi. <<Sembra che la tua agenzia vada forte>>, mi fa senza alcuna enfasi. Non rispondo niente, so che lui intende solamente punzecchiarmi per farmi dire qualcosa, ma non è esattamente di questo che vorrei parlare. Aspetto qualche minuto, poi, quando mi ripassa proprio davanti, dico: <<Mi dispiace per Elisabetta, se è questo che vuoi sentirti dire; e poi sono stato preso in mezzo, senza la possibilità di tirarmi indietro, anche se la mia idea non era certo quella di mettere su una nuova attività>>. Lui non dice niente, prosegue a svolgere i propri compiti dietro al bancone, e alla fine viene vicino a dirmi: <<Non ce l’ho con te, lo so che in fondo sei buono, però non dovresti allontanare tutti in questo modo>>.

            Immagino che Lorenzo ultimamente abbia parlato con Elisabetta, e lei si sia sfogata spiegandogli che le cose per il suo lavoro stanno andando male, che la sua conosciutissima agenzia di quartiere, grazie a me, ha già perduto dei clienti, che la sostituzione della mia figura professionale risulta meno semplice di quello che sembrava, e che alla fine ha subìto uno scherzo che non si meritava. <<Non è facile certe volte essere sé stessi>>, gli dico tanto per dire, ma lui non mi risponde, continua a servire gli altri clienti, passa e ripassa davanti a me, ma è come se ormai non esistessi. Mi alzo, pago la birra, quindi mi avvio per uscire dal locale. Non so neppure io cosa sia meglio fare: se fregarmene di tutto, oppure fare qualche tentativo per recuperare qualcosa dei rapporti con le persone che maggiormente mi interessano. Mentre giungo sulla soglia del locale, Lorenzo mi raggiunge: <<Mi sa che sei sempre più da solo>>, mi dice mentre corregge qualche prezzo della birra sulla lavagnetta dell’entrata. <<Forse cambio casa>>, gli dico non trovando altro argomento. <<Magari ti fa bene>>, risponde lui; <<Ma non andare ad abitare troppo lontano da qui, altrimenti diverrai sempre più un estraneo>>. Allora gli metto una mano sulla spalla, per salutarlo, e infine esco.

            Sto pensando troppo a me stesso, almeno in questo periodo, rifletto mentre mi incammino verso la mia macchina. Devo assolutamente trovare la maniera di svagare la mia mente, e di trovare di nuovo quella leggerezza che sembrava accompagnarmi fino a qualche tempo fa. Non sono più neppure passato dalla tavola calda di Luciana, da diversi giorni, e lei comunque non mi ha telefonato: ci stiamo perdendo, proprio come avevo immaginato; ma non riesco neanche a decidere, giunti a questo punto, se sia un bene per ambedue, oppure un vero peccato.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 12 novembre 2022

Tutto alle spalle.


            Mi sono reso conto che Fernando è soltanto un faccendiere, un affarista spregiudicato, un individuo senza tanti scrupoli, capace quasi di tutto, se appena la situazione lo richiede; una persona che è riuscita con facilità, ed anche in poco tempo, ad aggirare il mio comportamento ingenuo con dei semplici stratagemmi in cui sono caduto come uno sciocco, lasciandomi poi da solo ad impegnarmi nel portare avanti una società che lui ha creato grazie a me e alle mie spalle, pronto però a rastrellare la maggior parte degli utili frutto del lavoro mio e dei miei collaboratori, ed a parte aver impiegato il capitale di partenza, senza neppure muovere un solo dito per meritarsi i proventi della nostra ormai già ben avviata agenzia immobiliare. Certo, io non avrei potuto fare altro, anche se avessi compreso tutto il suo raggiro, se non mandare avanti le cose che la mia esperienza nel settore mi ha reso in grado di fare, e poi va da sé che mi sono stupidamente bevuto, senza provare proprio nessun dubbio, la storiella della mia ex-moglie improvvisamente piena di quattrini che ad un certo punto metteva di mezzo il proprio fratello per ripagare in qualche modo il suo ex-marito fesso dalla fregatura incassata col divorzio. Essere cascato in questa trappola mi fa sentire adesso soltanto un povero sciocco, anche se alla fine comprendo che sia convenuto anche a me lo stare al gioco e mandare avanti le cose esattamente come loro le avevano previste.  

Non capisco però come sia possibile per certi individui mostrare una completa indifferenza nei confronti dei sentimenti di tutti gli altri, e Fernando adesso sa perfettamente quanto io mi senta profondamente ferito nell'orgoglio, e così se n'è tornato tranquillamente nella sua Nuova Zelanda, senz'altro anche per stare dietro a qualche altra faccenda poco chiara delle sue, ma soprattutto per evitare ancora di incontrarmi e di dover concedere a me qualche spiegazione. Qui in città in fondo nessuno lo conosce, così tutti coloro che vedono lungo la strada principale l'insegna luminosa dell'agenzia di immobili "F. & A.", non pensano certo a quel socio fantasma, a chi non appare mai insomma, a qualcuno che neppure si conosce e che non si è mai visto, ma soltanto a me, a colui che ci ha messo la faccia in questa impresa, e che passa sicuramente come l'arrivista pronto a calpestare tutto per i soldi e per gli affari. Passerà anche questo momento, mi dico certe sere nel momento in cui mi sdraio nel mio letto, e smetterò di provare questa sensazione quasi da opportunista quando incontro per strada qualcuno che conosco e che mi riconosce. Sono peraltro convinto, anche se ancora non ne ho parlato con Luciana, che lei sappia benissimo cosa io abbia fatto in questo frangente, anche se sono certo che non conosca affatto i retroscena di tutta la vicenda. È stata forse fredda con me quando ci siamo visti. Probabilmente ha già compreso tutto, ho subito pensato. Oppure niente.

Potrei addirittura non cercarla più, in fondo ci vuole niente a perdersi. Nessuna spiegazione, nulla di quante possibili parole si possono sprecare per chiarire qualcosa di inspiegabile. In fondo non ho bisogno di niente: né di amicizia, né di carezze ambigue; l'incapacità che sento nello scambiare una normale comunicazione con tutti gli altri, sembra adesso proprio la cifra che contraddistingue ogni mio passo. Tanto vale prenderne coscienza e farne a meno. I ragazzi che prestano lavoro a tempo determinato presso l’agenzia ovviamente mi salutano ogni giorno con rispetto, come fossi io il proprietario ed il padrone di tutta la baracca. Ma io non mi sento così, e nello stesso momento in cui cerco di essere umile per smorzare quella idea di fondo che quasi sicuramente gira in modo costante nelle loro teste, forse mi rendo immediatamente quasi ridicolo ai loro sguardi inconsapevoli. Sono diventato un personaggio strano, mi rendo conto, una figura poco chiara, un individuo ambiguo, e mi sarà probabilmente impossibile, nei tempi a venire, riuscire a impossessarmi di un profilo maggiormente definito e più solare.

Poi incontro il solito vicino di casa mentre sto rientrando. Lui mi saluta, forse senza trovare al momento dentro di sé niente da chiedermi, o qualcosa magari di cui parlare senza impegno, come fa sempre, ma io mi fermo immediatamente di fronte a lui, lo guardo in faccia come per chiedergli qualcosa di importante, e invece gli comunico tutto d'un fiato: <<Cambio casa, vado via da questo condominio; in fondo, a parte con lei, non ho mai avuto veri rapporti con i miei vicini, neppure con la famiglia con cui condivido lo stesso pianerottolo>>. Lui resta senza parole, mi guarda perplesso, poi sillaba, a bassa voce: <<Mi dispiace; e dove va ad abitare?>>. Questa domanda mi coglie impreparato, ma non ha alcuna importanza, ho la risposta giusta: <<Ancora non lo so, devo valutare in questi giorni alcune possibilità>>. Poi lo saluto e salgo le scale fino al mio appartamento. Ho compiuto il passo, rifletto; non tornerò più indietro.

 

Bruno Magnolfi

giovedì 10 novembre 2022

Oltre il presente.


            Se ci penso attentamente, mi pare persino impossibile essermi ritrovato in una situazione di questo genere, soprattutto perché sono consapevole di come in tutto questo si sia verificata solamente una serie quasi infinita di ordinarie incomprensioni. Se rifletto che ho potuto lavorare per anni al fianco di una persona che mi era sempre apparsa scostante nei miei confronti, chiusa al massimo verso di me, quasi fossi uno di cui sopportare a malapena la presenza, laddove scopro soltanto adesso che invece per lei era vero tutto il contrario, e che semplicemente non siamo mai riusciti ad attivare fra di noi una adeguata comunicazione, ancora rimango basito. Così come non ho ancora compreso esattamente i veri e fondati motivi che in precedenza hanno portato il mio matrimonio poco per volta verso l'inevitabile divorzio. Non so, semplicemente non sono stato in grado di comprendere parecchie cose, lo riconosco, ma non tutti possono essere così attenti e perspicaci.

No, devo ammetterlo, con le donne non sono mai riuscito a capirci niente, ma a questo punto a cosa servirebbe continuare ad analizzare tutto quanto per cercare qualche spiegazione che assopisca ogni mio moto di nervosismo? A niente; tanto vale per me dichiararmi preso nel gorgo delle cose, e andare avanti magari evitando di nuovo quello sbirciare curioso verso gli elementi del passato, sempre con la pretesa di poterli finalmente spiegare in modo esaustivo, una volta per tutte. Se poi ascolto gli altri quando mi parlano, a me sembra che tutte quante le parole che giungono alle mie orecchie fluttuino per conto proprio nella mia testa senza trovare una reale conclusione. Ascolto, seguo ogni argomento, ma spesso mi pare che tutto sia scucito dal contesto, e allora per me rimangono in aria parecchie cose irrisolte, e di tutto il resto afferro quasi soltanto la costruzione delle frasi, senza il loro più concreto significato. È persino una sensazione strana da definire, tanto che non ne ho mai parlato con nessuno, anche se ritengo che succeda la stessa esatta cosa anche a molte altre persone che conosco, particolare che ognuno per ovvietà tende con sicurezza a trattenere per sé gelosamente. Quando parlo con un conoscente, non credo che quello comprenda davvero ciò che sto dicendo, limitandosi probabilmente ad annuire solo a certi aspetti scontati e maggiormente superficiali. Tutto il resto si perde, ne sono più che sicuro, tanto da comprendere, alla fine dei miei discorsi, soltanto qualcosa che poi non serve a niente, e che nei casi peggiori riesce ad essere tranquillamente travisato.

Entro nella birreria di Lorenzo, anche stasera, tanto per trovarmi davanti una persona a cui ancora concedo una grande fiducia nelle proprie capacità di afferrare al volo quanto mi passa per la testa. Non mi guarda direttamente, però fa una piccola smorfia simpatica mentre spilla per me una rossa piccola alla spina. <<Ho visto Elisabetta>>, mi dice poi sottovoce, con lo stesso tono di quando chiede se desidero più o meno schiuma nella birra. <<Mi ha detto che tu non hai capito nulla di lei, e che forse è oramai anche troppo tardi per tentare una vera spiegazione>>. Non mi meraviglia affatto questa cosa, così gli sorrido abbassando lo sguardo, tanto per sottolineare che tutto ciò mostra soltanto il lato ironico delle mie giornate, quello che mi porta sempre più distante da chi sembra starmi più vicino. Lorenzo poi serve altri clienti, e a me non viene nulla da aggiungere a quanto ho appena ascoltato, tanto che quando lui torna verso di me, gli dico solamente che mi dispiace, ma in tutto ciò non posso assolutamente farci niente. Lui probabilmente non è d’accordo, ma non replica affatto, ed io alla fine scolo la mia birra, lascio qualche moneta sul bancone, e quindi me ne vado. 

Non so di che cosa io senta la necessità, però al momento mi pare che potrei decidere addirittura di cambiare quasi tutto delle mie giornate: avviare nuove abitudini, nuove conoscenze, darmi un nuovo tono, gettando alle ortiche il mio solito comportamento melenso e da perdente. Alcune cose in fondo non stanno affatto andando male, e probabilmente devo puntare proprio su quelle per ritrovare lo spirito giusto, quello di chi non sta troppo a preoccuparsi delle sfumature. Passo dal mio ufficio, anche se a quest’ora non c’è più nessuno. Entro, mi siedo, e dalla scrivania telefono a Luciana, chiedendole senza giri di parole di vederci. Lei ci pensa un attimo, poi accetta. <<Passo a prenderti con la mia macchina tra una mezz’ora>>, le dico, e lei risponde che va bene. Forse è Luciana il mio futuro, penso deciso mentre avvio il motore dell’auto nuova che ho appena acquistato, dando indietro la vecchia utilitaria. Devo essere sereno, mi ripeto mentre guido senza meta lungo alcune strade che conosco, giusto per perdere del tempo. Ho bisogno di credere maggiormente nel futuro, sentirmi positivo, adeguato ai tempi, ed accettare tutto il resto con una certa indifferenza, come se non mi riguardasse troppo a fondo, lasciandomi alle spalle, insomma, ciò che non mi serve. 

 

Bruno Magnolfi       

mercoledì 9 novembre 2022

Lasciandomi tranquillo.


            Stasera sono andato a mangiare, come facevo fino a qualche tempo fa, nella tavola calda “da Mauro”. Dei soli cinque presenti, c’era soltanto un altro tavolo occupato, così mi sono seduto a quello d’angolo, dopo aver osservato per qualche momento i vassoi dentro al bancone riscaldato della rosticceria da asporto. Infine, mi sono fatto servire una semplice porzione di lasagne, e poi un piccolo tortino ai carciofi, accompagnato da mezzo litro di vino sfuso. Nella calma del locale mi è parso per un attimo di essere tornato indietro nel tempo, anche se adesso non c’era Luciana a servirmi e a farmi compagnia, e questo mi ha provocato il desiderio di liberare la mente da tutte le preoccupazioni e le amarezze che sembrano volermi attanagliare in questo ultimo periodo. Suo padre dopo un po’ mi ha visto, dal retro del negozio, e allora si è avvicinato al mio tavolo, ma giusto per dirmi con cortesia che lei si sente meglio, e che probabilmente fra qualche giorno potrà riprendere servizio nel loro locale. Ho provato un grande piacere nel sentire quelle parole, così ho potuto anche cenare con una maggiore tranquillità. Nel tavolo vicino al mio due uomini, approssimativamente della mia stessa età, sembravano contenti pure loro, non so di che, però parlavano di cose leggere, senza impegno, e sembravano capaci di vedere l’aspetto divertente di qualsiasi argomento si stessero occupando. Li ho ascoltati per un attimo, e mi è parso di conoscerli da sempre, come mi fossi distaccato da quei loro modi forse da troppo tempo, ma senza averne dimenticato il senso più profondo. <<Buonasera signor Landi>>, ha detto infine uno dei due, voltandosi leggermente verso di me. <<Buonasera>>, gli ho risposto io, non ricordando affatto di aver mai conosciuto quel mio interlocutore.

            <<Sono il marito di Carla, l’amica di Elisabetta, ci siamo incrociati qualche volta dalle parti dell’agenzia, anche se nessuno ci ha mai presentato>>. Ho allungato con calma una mano, sopra al tavolino, e stringendola lui mi ha detto di chiamarsi Giorgio, e l’altro Renato. <<Stavamo parlando per combinazione proprio di questo nostro quartiere, e di come sia formato da gente che in fondo si conosce quasi tutta, o direttamente, oppure per vie traverse>>. Sorrido, annuisco, riconosco che è proprio in questo modo; così quei due mi invitano a spostarmi al loro tavolo, se mi fa piacere, <<tanto per non stare tutto solo>>, dice Giorgio, ed io accetto l’invito, trovando piacevole questo incontro. <<Ricordo ancora le vecchie botteghe sulla strada principale, quando ero piccolo ed andavo con la mamma a fare qualche compera>>, dice Renato, e in questo modo tiriamo fuori a turno piccole memorie e qualche aneddoto d’epoca curioso e particolare. <<Mi hanno detto che hai aperto tu quella grossa agenzia immobiliare all’incrocio tra via Cavour e via Mazzini>>, dice Giorgio a un tratto, con modi comunque più amichevoli che da impiccione. <<Si era verificata una combinazione fortuita>>, ho detto io senza alzare troppo la voce, <<ed allora ho pensato di svecchiare un po’ anche quella zona>>. Ridono, loro due, mentre continuano a mangiare verdure fritte con l’arrosto, e sembrano apprezzare in ogni caso la mia compagnia, forse anche considerando che conoscere una persona inserita nel settore immobiliare, può sempre tornar utile un giorno o l’altro.

            Giorgio, comunque, con un certo tatto, non tira fuori neanche di sfuggita l’argomento Elisabetta, e neppure le mie dimissioni dalla sua agenzia e tutto il resto, anche se di sicuro è perfettamente a conoscenza di ogni dettaglio. Non mi sento imbarazzato difatti, ed anzi rifletto che alla fine non è successo niente di particolare, almeno ai loro occhi, se non che mi sono trovato un’occupazione sicuramente migliore, un posto di lavoro assolutamente non rifiutabile, come chiunque probabilmente avrebbe fatto al posto mio, e questo mi pare senz’altro comprensibile. Loro mi spiegano che questa è la loro serata libera; <<Dalle mogli, naturalmente>>, precisa Renato, <<così quando andiamo via da qui ci infiliamo in un locale dove suonano del jazz; potresti venire con noi, se ne hai voglia>>. Li ringrazio, ed anche se non ho una vera alternativa, tiro fuori un impegno inventato che purtroppo mi impedisce di andare insieme a loro, anche se mi piacerebbe. <<Tu non sei sposato>>, chiede ancora Renato. <<Lo sono stato>>, spiego io, <<e so cosa significa prendere una boccata d’aria ogni tanto>>. Ridiamo, ci facciamo portare il conto, si paga alla cassa, poi usciamo tutt’e tre nell’aria fresca e piacevole della serata. Ci salutiamo, ed io mi sento bene, sollevato almeno da alcuni di quei problemi che forse ultimamente mi ero incaponito a rigirarmi nella testa.

Cammino da solo, adesso, lungo il marciapiede rischiarato dai lampioni, e credo sempre più che in fondo il mio dovere sia quello di proseguire lungo la strada che ho intrapreso, senza pormi troppe domande, senza lambiccarmi continuamente il cervello. I miei errori, se proprio ci sono, verranno fuori prima o dopo, penso; altrimenti svaniranno, lasciandomi tranquillo.

 

Bruno Magnolfi  

lunedì 7 novembre 2022

Condominio di estranei.


            Non posso lamentarmi. Sono stato messo in mezzo, senza riuscire ad esprimere la mia opinione. Però la colpa è mia, che non ho avuto la capacità di comprendere quello che stava davvero succedendo. Mi ritrovo adesso a svolgere un mestiere stimolante, a guadagnare più del doppio di quanto mi era concesso fino a poco tempo fa, e ad avere una giornata lavorativa senza orari fissi, come un vero dirigente. Ma devo anche ringraziare di tutto questo proprio chi non avrei mai voluto. Ed adesso non posso fare niente di diverso, se non andare avanti lungo questa strada che è stata predisposta e messa a punto proprio per me. Forse provo addirittura un senso di vergogna, almeno nei confronti di chi mi conosce, e naturalmente conosce la mia storia vera. Luciana è tornata a casa finalmente, però si sente ancora debole, ed avrà bisogno ovviamente di una lunga convalescenza. La sua brutta infezione le ha lasciato addirittura degli strascichi fastidiosi, e in ospedale le hanno dato delle cure molto forti. Ho potuto farle visita, ma non è stato neppure un bel momento. Lei appare molto cambiata, non ha ancora neanche molta voglia di parlare, e soprattutto di ritrovarsi davanti ad un semplice conoscente come me, con cui non ha neppure troppi argomenti in comune. Aspetterò pazientemente che migliori, mi sono detto poi, uscendo da casa sua, e magari in seguito ritroveremo quella sintonia che pareva preludere a qualcosa di sentimentale.

            Invece, non ho ancora avuto il coraggio di passare dalla birreria di Lorenzo. Mi aveva criticato per aver mollato l’agenzia immobiliare di Elisabetta, come se stessi cercando di mia iniziativa di fare una carriera nel settore, dimenticando e lasciandomi alle spalle chi mi aveva insegnato i veri rudimenti del mestiere. Adesso devo rivelargli la verità su tutto quanto, e poi sfogarmi, se possiamo ritenerci ancora amici, almeno con lui, nonostante non mi venga affatto facile. Se cercavo la distanza con le persone che conosco, ecco che me la sono costruita perfettamente, e tutta da solo, poco per volta, senza intravedere la maniera per ricostituire neppure qualche parvenza di intesa verso qualcuno. Fernando forse non tornerà più in agenzia per vedere come stanno andando gli affari ed anche il resto, però ha già previsto tutto, e mi ha assicurato che tra un anno, o anche meno, potrò iniziare a riscattare, con i miei possibili cospicui guadagni immobiliari, la parte di società che avrà trattenuto per sé fino a quel momento, in maniera da lasciarmi, in poco tempo, completamente da solo a gestire tutto quanto e a mettermi in tasca quei proventi dell’agenzia che comunque ha messo in piedi lui. Perciò dovrò essergliene grato per chissà quanto tempo ancora, anche se non ne avrei nessuna voglia.

            Mi sembra comunque di vivere soltanto delle contraddizioni, al punto di aver addirittura pensato, durante qualche intenso momento di poco tempo fa, che il miglior amico nei miei confronti si fosse dimostrato proprio Fernando, il fratello della mia ex-moglie, laddove lui, attraverso di me, stava semplicemente sistemando degli affari economici rimasti in sospeso nella sua famiglia. L’elemento positivo, in tutto questo, è che improvvisamente, e per certi versi, mi sento più libero di prima, capace, in orari differenti, di passeggiare per strada nel quartiere e di pensare, mentre me ne vado in giro, a tutto ciò che voglio. Già diverse volte mi è preso il desiderio di passare dall’ufficio di Elisabetta, sedermi magari davanti alla sua scrivania come un qualsiasi cliente, e chiederle con sincerità di lei, di come se la passi, dei suoi progetti, ed anche della sua piccola agenzia immobiliare di cui già provo qualche nostalgia; ma per il rispetto che devo assolutamente portare di fronte ai sentimenti di tutte le persone, ho dovuto evitare accuratamente fino adesso anche questo percorso. Comunque, i ragazzi che sono stati assunti per svolgere quasi interamente il lavoro nella mia azienda, sono tutti in gamba, e per ora stanno portando avanti in modo egregio i loro compiti, mentre la segretaria a mezza giornata che disbriga al mattino le mie pratiche, sembra proprio una giovinetta seria, anche se è alle prime armi con il mondo del lavoro, avendo appena completato gli studi.

            Mi sento sempre più un imprenditore, cosa che mai nella mia vita mi ero sognato di poter diventare un giorno, e forse per questo, sento di provare persino una certa vergogna, tanto da sentire sempre più forte il desiderio di cambiare abitazione, lasciare le tre stanze d’affitto rimaste a me dopo il divorzio da mia moglie, e mai sentite come una vera casa mia. Il motivo scatenante però sono proprio gli sguardi di tutti i miei vicini, che si sono sicuramente scambiati sottovoce le informazioni sui miei rapidi cambiamenti lavorativi, tanto da essere passati senz’altro a visionare la nuova agenzia immobiliare dove svolgo il dirigente, così come sono più che sicuro che qualcuno di loro abbia pensato di cominciare già a darmi del lei, aumentando la distanza verso di me e lasciandosi alle spalle quella familiarità che fino ad ora aveva contraddistinto quasi per intero il nostro condominio.

 

            Bruno Magnolfi

domenica 6 novembre 2022

Incapacità d'aiuto.


Ero fermo, in una giornata qualsiasi di poco più di un anno fa, seduto dietro la mia scrivania, praticamente come sempre, a riguardare i vari appuntamenti in calendario per il mio lavoro. <<Adriano>>, mi aveva detto d’un tratto Elisabetta, appena con un insolito filo di voce, richiamando la mia attenzione dalla zona opposta della stanza adibita ad ufficio dove stava la sua postazione. L’avevo guardata, avevo atteso che mi dicesse qualcos’altro, ma subito ero stato colto dalla sua inedita espressione sconfortata, come per un'improvvisa incapacità ad andare avanti, accompagnata da uno strano sguardo lacrimoso, quasi per un evidente smarrimento, dietro le lenti spesse dei suoi occhiali. Avevo atteso giusto un attimo, prima di decidermi, d’altronde com’era naturale, a chiederle qualcosa, ma in quel momento preciso per combinazione era squillato il telefono. Avevo risposto subito, ascoltando la voce di uno dei nostri possibili clienti che desiderava spostare l'orario per visionare un appartamento in vendita, così avevo trattato la faccenda, mi ero rinfrescato la scaletta, poi mi ero segnato il nuovo appuntamento, infine avevo salutato. Intanto avevo notato Elisabetta spostarsi sul retro della nostra piccola agenzia immobiliare mentre si soffiava il naso, così quando avevo riagganciato il telefono, mi ero alzato per raggiungerla, e soprattutto per sapere cosa stesse succedendo. <<Niente>>, aveva detto lei riprendendo il suo posto e l'atteggiamento di sempre. <<Soltanto una cosa mia, senza importanza>>. A quell'epoca non esisteva quasi alcun dialogo tra noi, escluso quello più stringente riferito alle attività dell'agenzia, ed anche se a volte mi ero interrogato per comprendere se dipendesse in qualche maniera da me quella nostra distanza, in realtà continuavo a dare la colpa di tutto al carattere duro e scostante della mia collega.

Non stavo male in ufficio, mi bastava soltanto ignorare la presenza di Elisabetta, anche se eravamo solo in due, e fare in modo che la mia zona di lavoro in agenzia fosse come impermeabile alle sue frequenti espressioni mentre rispondeva al telefono, ed anche al suo modo di parlare spesso da sola quando digitava qualcosa sul suo elaboratore elettronico. Naturalmente per lei, nei miei confronti, probabilmente era la medesima cosa, e difatti difficilmente volgeva lo sguardo verso di me, che comunque, proprio per contratto, dovevo occuparmi dei sopralluoghi agli appartamenti, finendo per rimanere in ufficio a smistare contatti e a prendere gli appuntamenti, appena per un'ora o due ogni giorno. Mi era comunque tornato strano che quella volta si fosse rivolta a me chiamandomi per nome ed assumendo un'espressione che non le avevo mai visto sulla faccia; come dovesse confidarmi qualcosa di estremamente personale, addirittura di intimo, il che sarebbe stato ancora più insolito di tutto il resto, in virtù proprio della sua evidente scarsa considerazione nei confronti della mia persona. Certe volte, nel lungo periodo in cui ho lavorato con Elisabetta, mi sono chiesto, almeno in svariati casi, se quell'atmosfera instaurata fin da subito tra me e lei, e continuata per tutta la manciata di anni di lavoro assieme, non fosse addirittura il risultato di un mio comportamento, qualcosa capace di procurarle una particolare avversione, e del quale non ero mai stato capace di comprendere la vera natura, insomma quasi il risultato di un mio personale atteggiamento del tutto inconsapevole, mediante il quale la situazione instaurata tra di noi, fin dal momento in cui ci eravamo conosciuti, si era mostrata assolutamente non modificabile.

Ciò non toglie nulla al fatto che io quel giorno non sia proprio riuscito a dare una spiegazione al suo comportamento così insolito, anche se in fondo niente con tutto questo mi faceva smettere con naturalezza di continuare a farmi gli affari miei. In seguito, non ci avevo più pensato, anche perché niente del genere si era più verificato, ma alla luce di quello che molto più avanti mi aveva detto la sua amica Carla, cioè la storia dei suoi nascosti sentimenti verso di me, le cose avevano iniziato ad assumere aspetti almeno in parte più chiari e addirittura comprensibili. Ciò che però mi tornava come minimo insolubile, era questa incapacità completa ad instaurare una vera comunicazione tra me e lei, come se una parete divisoria, magari in apparenza trasparente, eppure solidissima, tra i nostri diversi e contrastanti modi di essere, si fosse interposta nel nostro ufficio fin da subito, e in una maniera oltremodo invalicabile. Me ne ero comunque fatto una ragione, qualsiasi motivazione ci fosse stata dietro, e la mia personale capacità di adattarmi alle varie situazioni, aveva fatto in modo che non me ne fossi mai assolutamente preoccupato, lasciando a tutto quanto il corso al quale, quello scandire dei mesi e anche degli anni, sembrava proprio. Quel giorno, comunque, ricordo che restai perplesso, ed anche se mi era stato difficile, visti i trascorsi, porre ad Elisabetta qualche domanda diretta, ugualmente sono sicuro adesso che provai un certo sfumato dispiacere, sia per le sue sofferenze incomprensibili, che per la mia evidente incapacità di esserle d’aiuto.

 

Bruno Magnolfi

venerdì 4 novembre 2022

Silenzio forzato.


Alla fine, è arrivato Fernando, proprio nella maniera come immaginavo facesse, d'improvviso, senza neanche una telefonata di avvertimento. Mi ha salutato allo stesso modo di ogni altra volta, si è seduto davanti alla mia scrivania, ha osservato attentamente quasi tutto dei nuovi uffici, poi mi ha chiesto quali novità ci fossero in agenzia e come andassero le cose, nonostante in questo breve periodo appena trascorso lo avessi sempre tenuto aggiornato per via telefonica. Ha dato poi anche una scorsa al registro generale, e quindi ha salutato i ragazzi che ormai se ne stavano andando, giunti alla fine del loro orario di lavoro. Ma non mi è parso troppo interessato a tutto questo; piuttosto mi ha dato l’impressione di una persona preoccupata per qualche motivo, ma non certo per l’agenzia immobiliare che ha appena completamente finanziato, o per l’avvio dell’attività. Gli ho detto più o meno tutto quello che desiderava sapere, gli ho fatto vedere i resoconti del lavoro svolto dai ragazzi, una massa di informazioni che stavo selezionando poco per volta con grande attenzione, in modo da prendere seriamente in esame tutte le notizie giunte sulle possibili compravendite. <<Ci sono tre acquirenti molto interessati, che per mia esperienza credo proprio che porteranno fino in fondo le loro transazioni>>, gli ho sottolineato con leggerezza, anche se lo aveva già letto sopra ai documenti. <<Nel quartiere però, come tutte le nuove attività, siamo guardati un po’ a distanza, anche se qualcuno passando si sofferma già a leggere le ottime offerte sulle vetrine>>.

<<Va bene>>, ha detto lui; <<avevo calcolato che ci sarebbe voluto quasi un intero anno prima di andare a regime; perciò, sono abbastanza soddisfatto dei risultati di queste prime settimane>>. Però ascoltandolo, mi pareva, all’improvviso, di stare al cospetto di un uomo d’affari con cui non avevo praticamente niente da spartire. Lo studiavo con intensità, cercando di comprendere, magari da un dettaglio minore, da un’inflessione della voce, o da un’espressione, qualcosa in più; eppure, molto di lui, mentre stava così di fronte a me, pareva sfuggirmi quasi del tutto. <<Ho visto mia sorella Laura>>, è sbottato Fernando a un certo punto, quasi con indifferenza. <<Mi ha chiesto di te, come te la stavi passando, e se questo nuovo lavoro ti provocava almeno un po’ di entusiasmo>>. Sono rimasto in silenzio aspettandomi un seguito, ma forse lui attendeva da me una qualche reazione che invece non giungeva. Poi mi sono alzato, ho detto che forse era meglio se spegnevo le illuminazioni, così lui mi ha osservato senza dire niente, ed infine ha detto soltanto: <<Laura vuole rivederti>>, come se fosse la cosa peggiore che potesse capitarmi. Mi è parso legittimo, mentre azionavo gli interruttori; in fondo, dalla nostra separazione, non ci eravamo quasi più incontrati, e non ci trovavo neppure niente di male, visto che adesso ero in affari con suo fratello.

<<Va bene>>, ho detto dopo qualche minuto; <<magari potremmo vederci tutt’e tre>>. Lui mi ha guardato ancora, con lo sguardo piuttosto serio, poi ha detto soltanto: <<No; soltanto tu e lei>>, inchiodandomi a qualcosa oramai già definito. <<È qui fuori, dentro una macchina; adesso io e te chiudiamo tutto, mettiamo gli allarmi e tutto il resto, e poi tu vai a cena insieme a Laura>>. Sono rimasto di sasso, ed anche se non avevo alcun programma per la serata, ho cercato di passare in rassegna, in meno di un secondo, quello che avrei potuto inventarmi come una scusa plausibile, non trovando nulla. Ho sistemato le carte sulla mia scrivania, in silenzio, senza più guardare Fernando, poi ho spento le luci ed ho lasciato che lui uscisse sopra al marciapiede. Soltanto quando ho terminato di sistemare tutto, mi sono voltato verso la strada. Lei era dentro un taxi, non mi guardava, ma ha fatto un cenno, poi ha semplicemente aspettato che io aprissi lo sportello ed entrassi in macchina. <Ciao>>, ho detto semplicemente, e lei mi ha risposto nella stessa esatta maniera che mi attendevo, voltando la sua espressione fredda per un momento verso di me. Aveva prenotato in un ristorante dove non ero mai stato, e durante il breve viaggio abbiamo parlato esclusivamente di cose generiche.

Quando ci siamo seduti ad un tavolo appartato, lei ha ordinato qualcosa al cameriere, insieme ad un a bottiglia di vino, ed io ho chiesto di servirmi la stessa cosa. <<Sono in debito con te>>, ha detto lei. <<Mia zia avrebbe tanto voluto lasciare in eredità la tenuta vinicola in Maremma a tutt’e due, ed io non ti ho neppure detto nulla, neanche quando è morta. Per questo ho pregato mio fratello di mettere su qualcosa proprio per te, per ripagarti, almeno in parte, visto che la mia azienda sta andando benissimo in questi ultimi tempi>>. Mi sono sentito raggirato, reso incapace di avere persino un’opinione, stretto tra decisioni già prese, però ho fatto un sorriso; e poi, sono rimasto in silenzio.

 

Bruno Magnolfi        

mercoledì 2 novembre 2022

Soprattutto.


            Lorenzo ormai si comporta con me in maniera fredda, quasi distaccata. Sicuramente a lui non è piaciuto lo scherzo che ho fatto alla sua amica Elisabetta, dandole il benservito dopo tanti anni di lavoro presso la sua agenzia immobiliare, ed inaugurandone in pochi giorni un’altra più grande, proprio nel medesimo quartiere, pronta a farle una spietata concorrenza. Ma non mi dice niente di tutto questo, si limita a fare qualche innocua battuta di spirito, quando vado nella sua birreria, e poi basta. Lui naturalmente conosce Elisabetta da parecchio tempo, forse si sono frequentati addirittura quando erano bambini; quindi, da questo lato, comprendo che qualcosa adesso sia cambiato nel suo comportamento verso di me. Però mi piacerebbe che ne parlasse apertamente, non richiudendosi attorno alle proprie opinioni. In ogni caso, quando arrivo nel suo locale, gli chiedo per favore di prepararmi un panino con dell’affettato mentre mi siedo al bancone con molta calma, e di versarmi la solita rossa piccola. Lui non mi guarda, compie ogni gesto con professionalità, ed assume in silenzio un atteggiamento di estrema correttezza, proprio come farebbe con qualsiasi altro cliente. <<Mi ha telefonato Elisabetta>>, gli dico di colpo, tanto per rompere quel silenzio assurdo, ed affrontare l’argomento che adesso pare dividerci. Lui mi getta un’occhiata senza alcuna espressione, come aspettando il seguito. <<Ha detto che le cose non le vanno male, che il nuovo aiutante è molto bravo, e l’agenzia sembra non abbia risentito di alcuna variazione negativa da quando me ne sono andato>>. Lui mi porge la birra alla spina, si ferma per un attimo, poi dice che lei è in gamba, e che sa perfettamente come uscirne dalle difficoltà.

            Aspetto qualche minuto, mentre Lorenzo serve un altro cliente, poi, quando ripassa davanti a me, gli sparo la bordata più grossa che mi riesce di mettere insieme. <<La sua amica Carla mi ha detto che Elisabetta si è innamorata di me da qualche tempo, ed il fatto che io mi sia deciso a non lavorare più con lei, sembra che le abbia addirittura restituito una parte di serenità>>. Lui si immobilizza, mi guarda fisso, poi dice: <<Bisogna che le telefoni, uno di questi giorni: sento la necessità di sapere dalla sua voce diretta quello che succede>>. Io sorrido, sentendomi addirittura intimidito da una situazione in cui mi sembra di trovarmi al centro dei pensieri di troppa gente, poi dico: <<Quando mi ha telefonato, ha chiesto addirittura come stessi, domanda che non mi aveva mai rivolto direttamente in tutti questi anni>>. Lorenzo si allontana, capisce perfettamente che sto cercando di recuperare il rapporto di amicizia che avevo fino a poco fa verso di lui, però probabilmente deve ancora digerire il gesto, secondo lui poco carino verso la sua amica, delle mie improvvise dimissioni, ed il conseguente scatto professionale in avanti con la nuova agenzia, anche se tutto quanto non è certo stato frutto di una mia idea. Comunque, quello che desideravo dirgli, sono riuscito a tirarlo fuori, adesso poi sta a lui valutare tutte le forze in gioco sopra questo tavolo.

            Finisco il mio pranzo, mi alzo dallo sgabello, vado alla cassa. Lui digita il mio conto, poi mi allunga lo scontrino. <<Ci vediamo>>, gli dico mentre pago, e lui mi fa un sorriso di consumata professionalità, anche se avverto una lieve incertezza nel suo comportamento, quasi volesse improvvisamente trattenermi, chiedermi forse qualcosa in più, oppure spiegarmi che in fondo non ha niente contro di me, ma che probabilmente non mi reputava una persona in grado di comportarsi con gli altri con tutta l’indifferenza che sono riuscito a dimostrare. Mentre esco dal suo locale, provo all’improvviso una sensazione strana, come se avesse avuto sempre ragione lui, fin dall’inizio: cioè, che avrei magari dovuto riflettere meglio su quelle decisioni che mi si profilavano davanti; che non avrei mai dovuto abbracciare i disegni speculativi di un qualsiasi finanziatore senza troppi scrupoli, pronto ad aprire delle attività che non desiderano tenere in alcun conto il retroterra umano che insiste anche in un tessuto cittadino di persone semplici proprio come il nostro, solamente perché non ne fa assolutamente parte. Sono riprovevole di qualcosa, insomma, tolto il fatto di approfittare di questa convenienza per migliorare le condizioni con cui mando avanti tutte le mie giornate. Però non posso sopportare così il peso della colpa, penso; devo assolutamente trovare la maniera per levigare almeno alcune delle asperità che si sono formate intorno a me.        

            Cammino a piedi lungo la strada principale del quartiere, e quasi meccanicamente mi dirigo verso l’agenzia di Elisabetta, senza però avere nessuna idea precisa nella mente. Quando arrivo lì davanti mi soffermo, poi sorrido: lei è al suo posto come sempre, alla scrivania, appena visibile dietro tutte le locandine appese sopra la vetrina, e che propongono, come è d’uso, case e appartamenti in vendita. <<Ciao>>, le dico socchiudendo appena la porta, e lei mi rivolge subito un largo sorriso, come mai era capitato da quando la conosco.

 

            Bruno Magnolfi