venerdì 30 settembre 2022

Incomprensioni.


            Carla mi ha telefonato nuovamente, e con naturalezza mi ha chiesto scusa per il disturbo; poi ha anche aggiunto altre cose del genere, però sempre senza troppa importanza; ed infine, con voce vagamente preoccupata, mi ha chiesto come stessero andando in ufficio le cose con Elisabetta. <<Come sempre>>, le ho risposto senza neppure soffermarmi troppo a riflettere, tanto mi pareva inutile e scontata la domanda. Però subito dopo mi sono reso conto che forse la sua richiesta era frutto di una certa mia inconsapevole mancanza di sensibilità nei confronti della mia collega di lavoro, probabilmente maturata nella monotonia di tutti questi anni trascorsi con lei gomito a gomito, tanto da non lasciarmi far accorgere di qualcosa che invece, chissà da quanto tempo e forse sempre di più, sta scavando persino adesso nel temperamento di Elisabetta. Così quando le ho chiesto a Carla se ci fossero delle novità di cui non ero a conoscenza, o delle quali purtroppo non mi ero proprio reso conto, lei si è subito ritirata attorno ad alcune frasi generiche, alla fine senza spiegare niente di importante. Poi abbiamo chiuso la conversazione, considerato che non avevamo molto altro di cui discorrere, ed io, in casa da solo come ogni sera, ho iniziato a riflettere attentamente su tutto quanto, per vedere se magari mi tornava in mente qualcosa capitato nelle ultime settimane, eventualmente un dettaglio a cui proprio fino ad ora non avevo dato peso. Non so, ma a me, persino in questo esatto momento, non pare sia accaduto qualcosa di particolarmente rilevante; anzi, nella sostanza devo dire che in agenzia le cose scorrono in maniera sempre uguale, ed i rapporti di lavoro tra me ed Elisabetta sono rimasti sempre invariati. Non abbiamo avuto discussioni, non c’è stato nulla che si è frapposto tra me e lei, ed ognuno di noi due ha sempre costantemente atteso ai propri compiti.

            Allora ho pensato che le fosse accaduto qualcosa al di fuori dell’orario di lavoro, qualcosa di cui la sua amica Carla cercava adesso di sapere un po’ di più, ritenendo che con lei non ne avesse fatto parola. Oppure, ho immaginato di essere davvero io che non mi sono reso conto di aver urtato in qualche modo, senza minimamente volerlo, la sensibilità oppure l’amor proprio della mia collega, la quale adesso potrebbe attendere solo l’attimo e le parole giuste per rinfacciarmi il suo disagio, parlandone, almeno per il momento, solamente con la sua amica più intima, che però, con questa telefonata, desidera ora lanciarmi un semplice segnale. Non so, non riesco a capire, mi pare quasi di rivivere la situazione inverosimile del momento in cui mia moglie Laura disse all’improvviso che se ne andava, che era stufa di tutto, che avrebbe chiesto il divorzio, senza peraltro che io avessi minimamente compreso il motivo principale per comportarsi in questo modo. D’accordo, non ci può essere nessuna relazione tra le due cose, però è del tutto sgradevole assistere al compiersi di certi fatti senza riuscire a decifrarne il senso. Così sono uscito di casa, anche se era tardi, tanto per prendere un po’ d’aria e cercare di sbrogliare in qualche modo questo concatenarsi di elementi.

            Quasi senza volerlo, percorrendo i marciapiedi così, uno di seguito all’altro, ma senza alcun particolare itinerario, sono arrivato fin sotto all’appartamento dove abita Luciana, e mi sono subito soffermato un attimo sotto alle sue finestre, quasi immaginando, da un attimo all’altro, che potesse proprio affacciarsi, magari magneticamente richiamata dalla mia presenza da quelle parti. Ho sorriso tra me di questo pensiero, e poi ho subito proseguito con la mia passeggiata. Anche con lei le cose non mi pare stiano andando in maniera troppo chiara. Qualche sera fa, quando sono andato a cenare alla tavola calda dove lavora, mi è sembrato tenesse, rispetto a tutte le altre volte, un comportamento più distaccato verso di me, come se fosse, al contrario di sempre, meno contenta di vedermi insomma, tanto che le ho chiesto se c’era qualcosa che non andava bene. Mi ha risposto di essere semplicemente stanca quella sera, ed io non ho insistito, visto comunque che aveva da servire oltre me anche altri clienti. Forse ha ragione il mio amico Lorenzo, quando afferma che spesso le donne risultano del tutto incomprensibili, almeno per noi maschi che siamo probabilmente più sempliciotti e più diretti. In ogni caso ho pensato che fosse il caso di farmi vedere meno spesso nella rosticceria-tavola calda che Luciana manda avanti con suo padre e un paio di dipendenti, anche se un po’ mi dispiace, non foss’altro per la comodità di poter frequentare un locale del genere proprio vicino casa mia.

 

            Bruno Magnolfi  

mercoledì 28 settembre 2022

Lineare e monotono.


            Nel pomeriggio di oggi, come ogni giorno, stavo uscendo dall’agenzia immobiliare per cui lavoro, una volta lasciato in aria un semplice saluto ad Elisabetta, rimasta alla sua scrivania come sempre, quando, proprio davanti alla vetrina dove applichiamo ben esposte le locandine con le offerte delle case più interessanti e convenienti, ho incontrato Mannelli Lorena, quella stessa ragazza che era già venuta da noi diverse volte a cercare un appartamento da acquistare. Era ferma, come in attesa, e vedendomi si è subito voltata verso di me, come si aspettasse da un attimo all’altro di vedermi arrivare, per poi sorridermi timidamente come fa chi sta cercando di superare un po’ della propria vergogna, anche soltanto per farsi trovarsi proprio lì, davanti al nostro ufficio. Le ho rivolto un saluto, naturalmente, e lei mi ha spiegato che non le andava di entrare in agenzia, ma giusto per non trovarsi di fronte la mia collega, anche se aveva ancora bisogno dei nostri servizi. Mi ha detto di fretta che la sua recente relazione sentimentale era già andata ad interrompersi, e che in questo momento, con una certa tristezza, stava tornando da noi a cercare un monolocale per sé, com’era già stata tempo fa la sua intenzione iniziale. <<Il mio orario di lavoro per oggi però è terminato>>, le ho detto subito, anche per non darle troppa corda; però le ho anche promesso che avrei dato un’occhiata alle possibilità che avevamo, e se avesse voluto farsi rivedere tra un paio di giorni, le avrei sicuramente illustrato qualche soluzione abitativa.

            Mi è parsa contenta, ha annuito con la testa, mi ha anche ringraziato per la mia pazienza, poi mi ha stretto a lungo la mano, ma ho capito immediatamente che forse avrebbe voluto addirittura abbracciarmi, tanto le ho letto negli occhi la tristezza e come un inizio spontaneo di commozione. Così mi sono offerto di accompagnarla almeno per un breve tratto di strada, e di offrirle un caffè nel locale meno lontano. Perciò ci siamo sistemati ad un tavolino, e la Mannelli mi ha spiegato che era rimasta molto male per la fine repentina del suo fidanzamento, e che avrebbe dovuto imparare a fidarsi un po’ meno degli uomini e delle loro promesse. Ho assentito, quasi facessi parte di un genere diverso, poi le ho detto che mi dispiaceva per le sue vicissitudini, ed alla fine le ho spiegato che a quel punto avrei proprio dovuto andarmene perché qualcuno mi stava aspettando, così mi ha salutato con la stessa cortesia, dandomi soltanto un appuntamento telefonico per i prossimi giorni, e passare dall’agenzia nel caso le avessi detto che c’era qualcosa di interessante per lei. Mi sono sentito meglio, una volta liberato dalle sue angosce stringenti, però anche un po’ dispiaciuto per quella sua evidente incapacità di comprendere bene la natura delle persone.

            Poi mi sono fermato da Lorenzo, e visto che non c’era nessuno a quell’ora nella sua birreria, gli ho raccontato dettagliatamente la vicenda di questa ragazza. Lui ha ascoltato attentamente, poi mi ha spiegato che questi tipi di donna sono quelli che ti fanno impazzire, ed è quasi meglio non averci troppo a che fare, trattando questo argomento come se io avessi qualche robusta aspettativa nei confronti della Mannelli. L’ho comunque ascoltato in silenzio come sempre, e non mi è sembrato il caso di ribattere alcunché, nonostante non mi tornasse troppo neppure la sua analisi grossolana. Poi, mentre serviva altri clienti che erano giunti nel frattempo, ho immaginato per qualche secondo di mettere su veramente una storia sentimentale con la Mannelli, superando peraltro l’evidente differenza di età tra noi due, e mi è subito scappato da ridere, tanto che Lorenzo si è voltato a guardarmi con un’espressione interrogativa. Quindi l’ho salutato, e poi sono uscito, proseguendo la strada trafficata verso la mia abitazione, che da lì rimane poco lontano. Forse Lorenzo vorrebbe che mi trovassi qualcuna, ho pensato. Naturalmente una tizia che in qualche modo arricchisse la mia giornata, piuttosto che apportarvi degli ulteriori problemi.

            Ma a quel punto mi è tornato a mente il comportamento della Mannelli, che non era voluta entrare in agenzia per non incontrarsi con Elisabetta. Strano, ho pensato; non mi risulta che tra loro ci fossero stati dei precedenti colloqui, visto che a trattare con lei sono sempre stato solo io. Forse tutto deriva dall’impressione che la mia collega sia legata a me in qualche maniera, e girarmi attorno possa portare a qualche discussione in ufficio. Oppure questo consegue dall’incapacità di una ragazza come Lorena nel trattare con le altre donne, come in certi casi si sente dire in giro di qualcuna di loro. Non ho saputo rispondermi, purtroppo, ma sono rimasto a lungo a pensarci, fino ad immaginare qualcosa che nella nostra agenzia è possibile notare da parte di chi ne è un estraneo, ma non da noi due, ormai abituati da tempo ad un comportamento lineare e monotono.

 

            Bruno Magnolfi   

lunedì 26 settembre 2022

Maschera.


A quell’epoca ero soltanto un ragazzo, però mi era sembrato ad un certo momento di poter parlare già come un adulto, tanto da essere capace di affrontare argomenti a volte anche complessi, mettendomi in mostra, quando potevo, con qualcuno dei miei insegnanti di scuola, e continuamente, quasi con naturalezza, con i miei compagni di classe, usando paroloni che leggevo e che studiavo su dei vecchi libri che conservavamo in casa nostra sopra alcuni scaffali. Difatti succedeva, in molti casi, che i ragazzi di mia conoscenza si mettessero in circolo, tutti in silenzio ad osservarmi e ad ascoltarmi in maniera piuttosto interessata, specialmente quando dicevo che a mio parere c’erano molte cose che non andavano bene nel mondo, e che oramai si sentiva la necessità di cambiare la testa di chi aveva in mano il potere, anche se forse quei miei amici sapevano perfettamente che ero sempre stato un tipo un po' introverso, tanto che finivano quasi sempre col far finta di nulla, togliendo in questo modo tutto il peso e l'importanza che forse avrebbero anche potuto assumere quei miei discorsi.

Mi pareva di conoscere quasi tutti nel mio rione, perché a quell’epoca si poteva dire che noi ragazzi si cresceva praticamente per strada, visto che i nostri genitori, fin da quando si era piccoli, sicuramente assorbiti da tanti problemi spesso di natura economica, non si erano mai davvero preoccupati di noi e delle nostre giornate. Eppure, nel periodo a ridosso dell’adolescenza, avevo iniziato io stesso ad ascoltare più attentamente chiunque mostrasse un minimo di volontà per fermarsi a dire qualcosa proprio a me, o anche semplicemente a qualcuno lì vicino, imparando in fretta a rivolgere a tutti delle domande particolari, sempre coerenti, formulate a mio parere con spiccata intelligenza, al punto da non permettere facilmente ai miei conoscenti di trattarmi come un qualsiasi ragazzino poco maturo. <<Dario>>, mi chiamava qualcuno dal marciapiede dove mi intrattenevo, ed io naturalmente rispondevo con prontezza, ed anche con un sorriso radioso, d'altronde conoscevo quasi tutti per nome, e molti nel quartiere sapevano perfettamente chi fossi e quale fosse il mio nome.

<<Sono preoccupato>>, dicevo a volte con voce forte; <<mi pare che tutto proceda troppo in fretta, e che tutti noi, con tanti discorsi che abbiamo voglia di fare, non avremo mai alcuna possibilità di cambiare minimamente il corso delle cose>>. <<Stai studiando per diventare un grande saggio>>, mi diceva qualcuno con una risata, ma io mi facevo serio, perché quello che mi trovavo ad affermare credevo di pensarlo veramente, non foss’altro per averne letto qualcosa su quei libroni di casa appartenuti a mio nonno. Poi, durante un periodo qualsiasi, smisi di uscire dalla mia stanza per qualche giornata, tanto che alcuni oramai si chiedevano se fossi malato, o che cosa mai mi fosse accaduto, ma infine tornai davanti al solito circolino dove si trovavano sempre tutti, a spiegare con espressioni sempre più serie che avevo dovuto tentare di farmi ricevere da quelli che all’epoca contavano molto, per spiegare loro direttamente quanto il futuro mi stesse preoccupando. Dissi addirittura che mi avevano persino ascoltato quelli del Comune, e che un giornalista locale, da quelle parti per puro caso, mi aveva fatto persino un'intervista completa, tanto erano parsi importanti i miei argomenti. Non era vero niente, naturalmente, ma la mia spavalderia, semplice copertura alla timidezza congenita, mi aveva spinto oltre ogni immaginazione, fino a falsificare la realtà.

Dissi alla fine che un grosso membro del partito più popolare e conosciuto all’epoca, mi aveva chiesto di prendere la loro tessera, per farmi militante di quell’organizzazione, esattamente come aveva fatto lui, ma a quel punto venne chiesto proprio a qualcuno che frequentava quell’ambiente, se fosse vero ciò che affermavo, e così in poco tempo tutti iniziarono a ridere di me, e a non credere più ad una sola parola di ciò che avevo affermato fino a quel momento. Il mio declino giunse così all’improvviso, ed io dovetti rinchiudermi da quel momento in avanti in un ostinato silenzio, dimenticare i paroloni che avevo imparato ad usare, senza peraltro neppure saperne del tutto il significato, e a togliermi quell’aria da spavaldo che avevo fatto aderire sopra il mio viso infantile, come fosse una maschera. Evidentemente persi tutti coloro tra i miei compagni che in qualche modo avevano creduto davvero nelle mie capacità, e in breve tempo mi ritrovai da solo, colmo di vergogna, e incapace addirittura di replicare a qualsiasi battuta spiritosa mi veniva detta dietro.

 

Bruno Magnolfi

sabato 24 settembre 2022

Solito garbo.


Con Luciana ci siamo accordati per vederci il lunedì, quando la rosticceria-tavola calda dove lei lavora rimane chiusa per turno di riposo. A me va benissimo, tanto più che almeno un paio di volte, durante il resto della settimana, vado comunque nel suo locale a consumare la cena o a prendere qualcosa di pronto per asporto; perciò, ho modo di vederla e di fare con lei due chiacchiere veloci, sempre che non ci siano troppi clienti da essere serviti. Si parla di molte cose tra di noi, ed anche se gli argomenti certe volte sfiorano temi profondi, lì affrontiamo sempre con modi leggeri, riuscendo a rendere tutto scorrevole e tranquillo. Suo padre, quando si fa vedere dietro al bancone, ha sempre la solita espressione burbera, però non mi ha mai detto niente, anche se ha capito benissimo che tra me e Luciana c'è un'intesa. Forse potremmo uscire assieme anche più di una sola volta a settimana, però mi è parso di comprendere rapidamente che lei non vuole stringere molto il nostro rapporto di amicizia, e le va bene invece coltivare questa nostra conoscenza senza spingerla troppo, e soprattutto senza darsi degli scopi. Non so ancora quasi niente del suo passato, e mi aspetto però che me ne parli una di queste volte, anche se non voglio certo fare il curioso. Per adesso comunque siamo usciti assieme soltanto una volta, ma è stato piacevole, una serata scivolata via veramente bene.

Avevo pensato, durante uno dei prossimi lunedì, di portarla nel mio appartamento, anche soltanto per farle vedere dove vivo, ma, pur senza chiederglielo espressamente, ho capito in fretta che a lei non farebbe troppo piacere, così ho sorvolato altrettanto velocemente su questo argomento. Invece Luciana mi ha subito fatto presente che le andrebbe molto frequentare il cinema, così ci siamo informati per fare degli abbonamenti al circuito cittadino, e tutto sommato anche a me non dispiace affatto questo programma. Tutto sommato non ho compreso molto di lei, a parte questo suo vivo interesse per le proiezioni cinematografiche, e certe volte, mentre mi sta parlando, sembra persino accenni a qualcosa che a me sfugge, come se desse per scontato qualcosa che non so. Penso che ci sarà tutto il tempo per comprendere meglio queste sue maniere di esprimersi, in ogni caso devo dire che Luciana riesce sempre a tenere viva con me ogni conversazione, e soprattutto riesce a non fare mai delle domande dirette, come se non fosse neppure troppo curiosa di quanto vado pensando mentre mi spiega i suoi argomenti, oppure se i suoi modi fossero talmente cortesi e rispettosi da restare spesso un passo indietro rispetto alla necessità di conoscermi un po’ meglio.

A me sarebbe presa subito la voglia di parlarle della mia ex-moglie, ad esempio, e di come le cose non andassero tra noi, anche perché il mio matrimonio fallito resta comunque la vicenda più importante del mio recente passato, però mi sono adeguato subito ai comportamenti di Luciana, e così non le ho detto molto neanche di questo, limitandomi a parlarle di qualche cliente della agenzia immobiliare per cui lavoro. Mi pare di capire che lei non è che sia del tutto disinteressata rispetto alle mie esperienze precedenti, soltanto non le va di essere messa al corrente di troppe notizie su di me, o perlomeno non vuole saperle immediatamente. Il cinema, comunque, mi pare una perfetta soluzione: ci offre la possibilità di visionare una pellicola ben scelta, ed in seguito scambiarci i nostri pareri su quanto appena visto, concludendo la serata al tavolino di qualche caffè mentre ci si confronta sulle impressioni ricevute. Forse, io appaio una persona perfino troppo semplice nell’immaginare che tutto possa scorrere così, senza problemi. Ma, per il momento, credo che sia la maniera migliore per mandare avanti la nostra reciproca conoscenza, e in seguito le nostre rispettive sensibilità probabilmente riusciranno a spingerci ben oltre questo semplice programma.    

A me è venuta subito la voglia, dopo lo scorso lunedì, di chiedere al mio amico Lorenzo un suo parere su quanto sto tirando avanti con Luciana, ma il riserbo che voglio mantenere per il momento con lui, non mi permette di essere decisamente troppo esplicito. In ogni caso sono passato come sempre dalla sua birreria, e mentre stavo seduto davanti al bancone della mescita, ho lasciato che lui mi guardasse per un momento con profondità, con l’espressione di chi sta valutando quali cambiamenti ci possono essere stati ultimamente nelle mie giornate. Gli ho sorriso sentendomi quasi scoperto, ma sono riuscito a dirgli solamente che sono uscito qualche sera fa con una tizia che mi intriga molto, e lui non ha insistito neppure per saperne qualcosa oltre il dovuto. Ed io gli sono stato grato, naturalmente, per questo suo solito garbo.

 

Bruno Magnolfi

venerdì 23 settembre 2022

Offerta non declinabile.


            Sono andato a casa di Fernando, su suo invito; d’altra parte, il grande appartamento che ha acquistato lo ha avuto tramite la mia agenzia immobiliare, e così desiderava molto volentieri farmi vedere come lo aveva arredato. Si vede subito che si è affidato ad un professionista per i mobili ed il resto, e quindi gli ho rivolto con cortesia i miei più sinceri complimenti. Lui, dopo un attimo, ha preso una scatolina da un cassetto e me l’ha data, mentre con tranquillità stavamo bevendo qualcosa nel soggiorno; un orologio da polso di gran marca. <<Non era il caso>>, gli ho detto immediatamente, <<per me è soltanto il mio lavoro, quello di trovar casa alle persone, insomma>>. Lui però mi ha guardato senza ribattere. <<Ho un affare da proporti, a questo proposito>>, mi ha detto poi con serietà. <<Ho notato che c’è molto movimento nella compravendita di appartamenti in questa città; perciò, io metto tutti i capitali che servono, tu la tua lunga esperienza in questo campo, ed apriamo un’agenzia immobiliare come si deve, qualcosa di presentabile, naturalmente, non come quel buco dove lavori adesso>>. Sono rimasto fermo col mio bicchiere, incapace di replicare a qualcosa che non mi sarei mai aspettato. <<Ci vorrà una buona campagna pubblicitaria, agli inizi, ma sto già pensando a tutto quanto; tu assumi subito per cominciare due o tre ragazzi da far galoppare in giro a cercare clientela, e per il resto gestisci tutto quanto dall’ufficio, naturalmente in società con me. Potremmo chiamarla “F. & A. immobili” sommando le iniziali dei nostri nomi, ma chiederò cosa ne possa pensare qualcuno che conta nel settore delle immagini aziendali>>.  

            Mi sono seduto, ho guardato fuori un attimo, oltre la grande terrazza che si affaccia su una buona porzione della città, poi ho bevuto un nuovo sorso del mio aperitivo. <<Hai tempo una settimana per trovare un fondo sulla strada principale del quartiere che abbia almeno due belle vetrine, e all’interno lo spazio sufficiente per tre o quattro uffici, completo di servizi. Cosa ne pensi?>>. Ho deglutito, sono tornato ad osservare la sua espressione seria, poi ho dichiarato, ma come tra me, che avrei dovuto lasciare l’agenzia di Elisabetta. Lui ha sorriso, poi ha subito aggiunto: <<la società la facciamo al cinquanta per cento, ma gli affari dell’agenzia li porti avanti da solo, io non voglio minimamente essere d’intralcio>>. Sono riuscito a dire che era senza dubbio una meravigliosa offerta, ma era meglio se ci pensavo almeno un giorno, giusto per non fare le cose troppo affrettatamente. <<Va bene>>, ha detto lui; <<all’ora di pranzo di domani però voglio la tua risposta, ma se fosse negativa sappi fin da adesso che troverò qualcun altro da inserire al posto tuo>>. Mi è parso che tutto corresse davanti ai miei occhi come mai era accaduto in vita mia, però non c’era neppure una pecca rilevabile in quello che Fernando mi stava offrendo, e all’improvviso, riflettendoci così, mi sentivo davvero del tutto sprecato a lavorare ancora in quella piccola agenzia di Elisabetta. Quando infine sono uscito da casa sua, prima di salire sull’elegante ascensore, ho stretto la mano con forza a quel mio nuovo socio, e mi sono sentito bene, protetto, quasi al sicuro.

            Le cose certe volte cambiano repentinamente, senza preavviso, ed io ho avvertito girarmi la testa, tanto sembrava che tutto avesse iniziato a prendere per me una piega differente. Ho pensato di fermarmi un momento alla birreria di Lorenzo, ma con la sensazione prepotente di essere capace di spifferare immediatamente a lui tutte le mie cose, ho evitato di andarci, cercando di non farmi influenzare nelle mie scelte da niente e da nessuno. Sono tornato a casa mia invece, e visto che c’era il solito vicino sul portone a salutare chi passava, mi è parso mio dovere fargli un saluto generoso, colmo di un gran sorriso, quasi di chi è cosciente di avere tra le mani una gran fortuna. Poi ho aperto subito il mio terminale collegato con quello in agenzia, ed ho scartabellato qualsiasi offerta sul mercato per un fondo come richiesto da Fernando, e ne ho trovato uno esattamente del tipo che avrebbe potuto rispondere d’incanto alle nostre esigenze. Ho controllato tutto quanto ciò che riguarda la possibilità di adibirlo a degli uffici, considerato che era stato fino a poco prima una concessionaria di automobili, ma niente mi è sembrato osteggiare il nostro progetto. Ho pensato di telefonare subito a Fernando per informarlo, ma poi mi sono trattenuto, anche per non apparire come un bambino sciocco che ha appena ricevuto un nuovo regalo da scartare. Allora mi sono sdraiato sul divano, ho chiuso gli occhi, ed ho pensato un po’ a Luciana, incapace di sentirmi in altro modo se non felice, nel momento esatto in cui l’avrei messa al corrente di ogni novità.  

 

            Bruno Magnolfi

mercoledì 21 settembre 2022

Giusto verso.


            <<Scusami tanto se ti disturbo>>, mi ha detto subito al telefono Carla, l’amica della mia collega di lavoro. Di fatto, non ricordavo neppure di averle dato il mio numero; perciò, sono rimasto, anche per più di un attimo, piuttosto sorpreso di questa sua chiamata. Lei ha cercato di spianare la strada a ciò che aveva in mente di dirmi, ponendomi piccole ed innocue domande interlocutorie su delle cose generiche, tipo: “come vanno le cose?”, oppure se il mio lavoro procedeva ancora bene. Ho dato risposte rapide prive di seguito e lei probabilmente si è resa conto velocemente che doveva andare al sodo per proseguire quella conversazione. <<Sono preoccupata per Elisabetta>>, mi ha confessato allora, cambiando anche il tono della voce. <<Si comporta con me come se avesse in mente qualcosa, ma cercasse di nasconderlo. Ho pensato a delle difficoltà per il lavoro, oppure al rapporto professionale con te nell’agenzia immobiliare, ma fino adesso lei è riuscita ad essere molto evasiva, tanto da lasciarmi completamente al di fuori della natura dei suoi pensieri>>. Mentre Carla parlava, riflettevo velocemente su quelle frasi, cercando di trovare il senso profondo di quella telefonata, anche perché, come anche lei si aspettava, non ho saputo risponderle assolutamente niente di importante nei confronti delle sue preoccupazioni. <<A me sembra vada tutto come sempre>>, le ho detto immediatamente; <<e proprio non ho notato negli ultimi tempi in Elisabetta particolari differenze di comportamento>>. Lei alla fine si è mostrata soddisfatta, e non ha voluto insistere, così ha ringraziato cortesemente e a lungo, e quindi mi ha salutato.

            Naturalmente, quando poi sono andato in ufficio come ogni giorno, ho osservato subito Elisabetta con uno sguardo indagatore, come per cercare di comprendere a che cosa avesse voluto alludere la sua amica con quella sua insolita telefonata, ma non mi è riuscito di notare alcuna variazione nei suoi modi di fare. Così, ancora prima di uscire dall’agenzia per dar corso agli appuntamenti immobiliari della giornata, ho cercato di stuzzicare Elisabetta chiedendole qualcosa su di un certo cliente, e lei mi ha risposto quasi come ogni volta in casi simili, però con una leggera inflessione nuova nella voce, quasi un tremolio, che forse non avrebbe dovuto significare proprio nulla, ma che mi ha subito fatto pensare ad una relazione con quelle preoccupazioni avanzate dalla sua amica. Ovviamente, non ho insistito, tanto più che non sono certo affari miei, e poi non riesco a provare alcun desiderio di conoscere delle cose personali di una ragazza con la quale oltre al lavoro ho ben poco da spartire. Sono uscito, con la mia solita cartella piena di mappe sotto al braccio, e mi sono avviato al mio lavoro. Forse ha conosciuto qualcuno, in questo periodo, di cui per il momento non vuole mettere Carla al corrente, ho riflettuto con superficialità, magari soltanto per una sorta di riservatezza, oppure per una semplice difficoltà a dare spiegazioni di certe piccole premure; poi mi sono interessato soltanto di quello di cui dovevo occuparmi.

            Più tardi sono rientrato in agenzia, e mentre Elisabetta era al solito posto di lavoro, davanti alla sua scrivania si trovava seduta proprio Carla, passata dall’ufficio forse per approfondire meglio quell’argomento di cui al telefono sembrava tanto interessata. Ho salutato ambedue con normalità, ho sistemato delle carte in un faldone, tirandole fuori dalla mia ampia borsa, poi mi sono seduto al terminale per aggiornare la lista dei miei appuntamenti. Ovviamente il mio più forte desiderio, considerate le dimensioni ridotte dell’agenzia in cui lavoriamo io ed Elisabetta, è stato subito quello di occuparmi delle cose più strettamente necessarie, e quindi andarmene, considerato che per contratto non sono tenuto a rispettare un vero e proprio orario di lavoro, in maniera da lasciare loro due da sole, libere così di parlare senza la mia presenza. Ma a quel punto la mia collega mi ha guardato con intensità, quasi sorpresa, oppure anche meravigliata che andassi via, tanto che mi ha chiesto qualcosa di un appartamento da tempo in vendita, come per trattenermi il più possibile in ufficio. Mi sono sentito quasi imbarazzato della situazione, considerato che Elisabetta non mi pone mai delle domande, se non sono strettamente necessarie, e soprattutto non sono riuscito a comprendere quale potesse essere lo scopo finale di tutto questo. In ogni caso ho tirato fuori la cartellina che riguardava l’immobile in questione, ed ho dato subito le spiegazioni che lei mi aveva chiesto. Tra le due amiche intanto era sceso il silenzio più completo, tanto che immaginavo già Carla prendere la sua borsetta e poi andarsene, come per togliersi dall’intralcio, ed invece mi sono accorto subito che ambedue adesso mi stavano osservando fisse, come per appurare con attenzione quali fossero le mie risposte, e forse i miei comportamenti. Infine, ho detto che adesso avevo proprio da fare, lasciando la cartellina sulla scrivania di Elisabetta, ma anche così qualcosa è parso non andare esattamente per il verso giusto.  

 

            Bruno Magnolfi

lunedì 19 settembre 2022

Vita corrente.


            Oggi resto a casa. L’agenzia immobiliare per cui lavoro in questo giorno è chiusa, per il resto non ho altri impegni, e nessuno tra tutti coloro che conosco si aspetta di vedermi sbucare all’improvviso. Certe volte mi chiedo il senso che abbia questo solitario combattimento giornaliero contro un nemico impalpabile, inafferrabile, che non si riesce neppure a descrivere, anche se condiziona costantemente l’esistenza. Mi muovo lentamente da solo nelle mie tre stanze d’affitto, e intanto penso per scherzo che potrei barricarmi accatastando qualche mobile a ridosso del portoncino d’ingresso, in maniera da non permettere a nessuno di venirmi a disturbare. Ho dei viveri in cucina che posso far durare per parecchie giornate, magari razionando accuratamente le scorte; e comunque, staccando il telefono e il campanello del portoncino che dà sulle scale del condominio, posso riuscire ad evitare lo sfondamento delle forze dell’ordine o dei vigili del fuoco per un tempo anche piuttosto lungo. Per il momento non ho delle armi, però potrei procuramene, e in ogni caso posso affilare per bene qualche lungo coltello da cucina, in maniera da prepararmi a qualsiasi possibile attacco dall’esterno. Tenere fuori da qui tutto quanto, questo è il mio scopo principale in questo momento. Potrei affacciarmi ad una finestra ed urlare sulla strada delle frasi provocatorie e sconsiderate, a un certo punto, perché se nessuno si interessa di me non c’è proprio alcun fine per tutto quanto, e potrebbe capitare che trascorrano anche dei mesi prima che i vicini si accorgano del forte odore di cadavere che giunge alla fine dal mio appartamento.

            “Vi ho fregati”, potrei far trovare scritto da qualche parte, forse su un muro bianco già pieno delle mie frasi buttate lì con un pennarello scuro e indelebile. Ma ad evitare che qualche piccolo giornalista locale mi descriva, il giorno seguente al ritrovamento, semplicemente come un povero pazzo, devo trovare delle ragioni sufficienti a dimostrare che non voglio più essere parte di questo meccanismo privo per me di qualsiasi significato. Rido da solo, parlo a voce alta, mi muovo a scatti, gesticolo con le braccia come tenessi un comizio di fronte a decine di persone, per incoraggiarle il più possibile alla lotta, perché niente si può ottenere se non si ha un seguito, un grosso numero di individui disposti a sostenermi, convinti come me che non si può più andare avanti in questa maniera, che dobbiamo chiudere con questo sistema malato. Poi mi tranquillizzo e mi siedo. La solitudine certe volte gioca dei brutti scherzi, devo assolutamente cercare di conservare il massimo della razionalità, riflettere costantemente su quanto devo fare, e mettere in fila ogni elemento, in maniera da poter affrontare ogni giorno che nasce con un uso sempre adeguato di un metodo, quello che permette di ottenere il massimo del risultato con il minimo sforzo.

            Qualcuno bussa leggermente al mio portoncino di casa, così apro rapidamente per poi trovarmi di fronte la mia vicina di pianerottolo preoccupata per gli strani rumori che le sono giunti alle orecchie dal mio appartamento. D’altra parte, queste case sono state costruite con delle pareti talmente sottili che diventa impossibile mantenere una propria riservatezza, e le mie esternazioni di poco fa hanno subito provocato delle conseguenze, forse non solo nei confronti di questa donna curiosa. La rassicuro, le spiego che va tutto bene, mi sono soltanto scaldato un po’ nel corso di una telefonata con un amico, ma discutevamo soltanto di cose stupide, senza una grande importanza. Lei mi guarda evitando di assumere un’espressione troppo convinta, e prima di ritirarsi verso le proprie stanze, getta un’occhiata oltre le mie spalle, ad assicurarsi, per ciò che riesce a vedere, che quello che le ho appena finito di dire sia davvero accettabile e soprattutto non in contraddizione col resto. Chiudo la porta dopo i saluti, poi indosso una giacca ed esco immediatamente di casa: una bella camminata nell’aria fresca è quanto ci vuole per smaltire il nervosismo che ho accumulato negli ultimi tempi. Percorro lo stretto marciapiede stradale a passi ampi e anche rapidi, in maniera da allontanarmi velocemente dal mio condominio. Dovrei cambiar aria, rifletto, prendermi un periodo di riposo ed andarmene da qualche parte dove non mi conosce nessuno, e in questo luogo prezioso cercare di farmi rapidamente delle nuove amicizie, conoscere delle persone che siano del tutto diverse da quelle che adesso sono costretto ad incontrare ogni giorno.  

            Potrei salire su un aereo, piombare in una nazione di cui non conosco neppure la lingua, trovarmi costretto soltanto per mezzo dei gesti a chiedere agli altri tutto ciò che mi possa essere utile e perfino necessario. Sarebbe una bella esperienza, rifletto; basterebbe soltanto che non avessi da preoccuparmi del mio lavoro, delle persone che conosco, della mia vita corrente, insomma.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 17 settembre 2022

Precedente disagio.


            Più tardi passerò a prendere Luciana alla tavola calda dove lavora; eravamo già d’accordo sul vederci proprio stasera, ma per sicurezza le ho fatto una telefonata di conferma nel primo pomeriggio. Mi aveva detto altre volte che a quell’ora risponde sempre lei all’apparecchio per prendere le eventuali prenotazioni di qualche cliente, comunque mi ha fatto ugualmente piacere sentire la sua voce che diceva: <<rosticceria “da Mauro”, in che cosa posso esserle utile?>>. Ho provato un piccolo brivido, dico la verità, però mi sono subito ripreso. <<Sono Adriano>>, le ho detto allora con voce chiara, così abbiamo subito confermato l’orario dell’appuntamento, poi evidentemente ci siamo salutati. Non andrò a mangiare da lei stasera, proprio per non creare la situazione da cambio di ruoli che sarebbe del tutto inevitabile; perciò, senza spiegarle niente, le ho detto semplicemente: <<a dopo>>, chiudendo così la conversazione. C’è un locale tranquillo ed elegante dove ho pensato di portarla questa sera, non troppo lontano da dove ci troviamo, ma sufficientemente fuori zona; ho messo in moto quindi la mia utilitaria, ed adesso sto fermandomi esattamente davanti alla sua tavola calda. Sono in anticipo di qualche minuto, attenderò fermo alla guida, penso, per non farmi notare da suo padre, che potrebbe riuscire a provocarmi qualche disagio con il suo sguardo sempre tagliente. Avevo pensato di portarle un piccolo regalo, ma non avrei saputo cosa prenderle; perciò, ho deciso di assumere un comportamento maggiormente disinvolto, senza formalismi o gesti inutili.

            In fondo non conosco quasi per niente Luciana, ed oltre al rapporto da cliente fisso della sua tavola calda, non so nulla per esempio del suo passato o di altre cose del genere, e quindi devo forse aspettarmi da lei anche qualcosa che fino adesso non ho mai considerato, premesso che rimane comunque una persona, secondo il mio parere, dal comportamento sempre piacevole e alla buona. Mi sono fermato alla birreria di Lorenzo prima di venire fin qui, non tanto per chiedergli dei consigli, visto che vorrei sentirmi libero di comportarmi come più mi sembra adeguato, quanto per mangiarmi un panino e bere qualcosa senza restare da solo nel mio appartamento ad indugiare sui tanti dubbi che all’improvviso sembrano volermi assillare. Lui deve aver notato qualcosa nel mio abbigliamento, oppure nella maniera di comportarmi, perché mi ha fatto un sorriso ammiccante, di chi ha compreso benissimo quanto mi stia passando dentro la testa, ma da persona intelligente non mi ha rivolto alcuna domanda, e a me ha fatto piacere. Non nutro troppe aspirazioni dal mio prossimo futuro, però mi provoca una certa soddisfazione trovare in Luciana un’amica sincera con cui poter trascorrere qualche ora del mio tempo libero. Anche lei non credo sia troppo distante dalle mie piccole aspirazioni, perciò questo ritrovarsi tra persone di mezza età, come ormai siamo noi, avviene senza che nessuno di noi due miri a qualcosa che punti troppo in alto, verso dove sappiamo già non ci potrà certo aprirsi l'idillio.

          Così resto immobile, seduto nella mia macchina, incapace adesso di fare alcun gesto, e semplicemente attendo gli eventi senza neppure grandi aspettative, anche se sono sicuro di non essermi troppo esposto alla critica di chi potrebbe incolparmi della capacità di sciupare qualsiasi cosa, e farmi sentire responsabile di comportamenti poco adeguati. Poi vedo socchiudere dall'interno la porta della rosticceria, perciò mi irrigidisco al mio posto dietro al volante, ma è solamente un falso allarme, anche se mi porta subito a rendermi conto che Luciana è in ritardo di dieci minuti. Forse dovrei entrare dentro il locale, rifletto; forse lei si aspetta magari che io mi comporti proprio così. Non saprei, mi pareva una giusta idea quella di attendere lungo la strada, ma in questo momento mi prendono i dubbi; perciò, apro lo sportello della mia macchina e metto subito un piede fuori. Però non è il caso mi faccia pescare da lei in una situazione così di incertezza, perciò torno a rientrare dentro l'abitacolo, cercando di assumere un contegno maggiormente rilassato. Mi rendo conto di essere caduto in una completa agitazione però, e all'improvviso mi viene la voglia sconsiderata di mettere in moto la macchina e allontanarmi alla svelta da qui, salvo inventarmi qualche giustificazione più tardi, o magari domani. Non so più che pesci pigliare, sento che la mia indecisione sta prendendo rapidamente il sopravvento sulle mie capacità, e forse il mio amico Lorenzo avrebbe saputo consigliarmi perfettamente qualcosa anche in un caso del genere, visto che io non riesco a decidere niente. Ma infine eccola, per fortuna; le apro lo sportello da dentro e Luciana naturalmente prende posto, sorridente, in forma, con gli occhi leggermente truccati; anche se io adesso non so neppure cosa sia meglio fare per riuscire a nascondere il profondo disagio di appena un attimo fa.

 

        Bruno Magnolfi

giovedì 15 settembre 2022

Qualsiasi possibile cliente.


            Fernando ha telefonato, mi ha detto che voleva vedermi, così abbiamo fissato un appuntamento per la fine del mio orario di lavoro. Non so cosa voglia dirmi, non mi ha fatto alcun accenno, e a dire la verità da quando si sono svolte dal notaio le pratiche per l’acquisto dell’appartamento che la mia agenzia gli aveva proposto, lui non si è più fatto sentire. Anche se resta il fratello di Laura, la mia ex-moglie, ha sempre mostrato un comportamento che non mi lascia tranquillo. Mi ha detto per telefono che è molto soddisfatto del suo acquisto, e questo naturalmente non può farmi altro che piacere, però adesso non vorrei scambiare altri rapporti con lui, così come peraltro non ne ho mai avuti, e come per giunta da anni non ne ho più con sua sorella. Mi ha invitato a casa sua, <<tanto per farti vedere come mi sono sistemato>>, ha detto svelto al telefono, e mi ha anche spiegato in modo piuttosto fumoso che forse ha una proposta da farmi, anche se credo che queste siano le solite sciocchezze che si dicono soltanto per darsi importanza e per incuriosire qualcuno. In ogni caso non ho niente di cui dovermi scusare o rammaricare con lui, e quindi mi sento tranquillo, privo di qualsiasi indugio o perplessità.  

Il fatto però, è che sono troppo legato alle mie solite cose per lasciare che qualcuno possa pensare di stravolgerle anche soltanto in una maniera leggera. Comunque mi dispiace apparire scortese con chiunque sia, figuriamoci con Fernando che resta in qualche modo un mio parente. Perciò va tutto bene, anche se continuo a lambiccarmi il cervello nel cercare di comprendere che cosa mai desideri da me una persona come lui, emigrante della prima ora che è riuscito, forse grazie proprio al suo fiuto, a fare fortuna in un paese lontano e tanto differente dal nostro. Elisabetta ogni tanto mi guarda segretamente mentre analizza i messaggi di posta elettronica che riceve sul suo terminale, ed io, che ho la scrivania dalla parte opposta del nostro ufficio, però voltata verso la sua postazione di lavoro, proseguo ad elencare le richieste dei presunti clienti che desiderano visionare qualche appartamento. C’è molto movimento in questo periodo, e indubbiamente anche se io e lei formiamo un’agenzia immobiliare ridottissima, ugualmente riusciamo a cavarcela bene, anche se gli utili d’impresa naturalmente vanno tutti a suo favore, visto che è lei la titolare.

Poi guardo l’orologio: ho un appuntamento già fissato fra non molto, così metto nella borsa le carte che mi servono ed il mazzo delle chiavi per visionare questa casa ubicata in un rione piuttosto lontano da dove mi trovo, così infine esco dall’ufficio, lasciando Elisabetta completamente immersa nel suo solito daffare, salutandola con un semplice gesto della mano. Io e lei evitiamo il più possibile di scambiarci delle opinioni, proprio per non dare vita a battibecchi inutili e sgradevoli, come già in passato ci è capitato. Ciò non toglie che io sia quasi sicuro di una sua segreta e leggera sofferenza per il rapporto distaccato che ci siamo imposti: lei appare sempre nervosa, preoccupata di avere tutto sotto controllo, tesa per la possibilità, sempre in agguato nel nostro mestiere, di sbagliare l’uso della parola giusta con qualche cliente attento, o di dimenticarsi qualche dettaglio che magari possa mostrarsi fondamentale appena un attimo dopo l’irreparabile. Forse però, dietro a queste sue perplessità, si trova semplicemente una ragazza forse un po’ sola, con qualche problema caratteriale da gestire, e soltanto potendo separare da certi suoi comportamenti la sua vera identità, probabilmente si potrebbe scoprire una persona dolce, timida, sensibile.

Appare evidente però che non sono affari miei tutto ciò che ci sta dietro la sua maschera, ed alla fine io rappresento soltanto l’unico dipendente della sua agenzia immobiliare, con un piccolo stipendio fisso mensile, e delle provvigioni sulle compravendite che comunque sono poca cosa in tutto l’insieme. Ogni tanto a questo proposito mi viene impellente la voglia di chiederle un aumento di stipendio, e forse per evitare discussioni e arrabbiature, evito persino di affrontare questo difficile argomento. Non mi sono mai neppure incuriosito troppo su quanto possa guadagnare una figura professionale identica alla mia in un’azienda diversa, ma a me sostanzialmente piace la vita tranquilla, le cose pacate, la capacità di disinteressarsi dei temi troppo spinosi, così vado avanti come sempre, senza crearmi troppe preoccupazioni, oltre quelle di mostrarmi cortese e disponibile con qualsiasi possibile cliente mi trovi davanti.  

 

Bruno Magnolfi

martedì 13 settembre 2022

Sarà per la prossima volta.


            Probabilmente avrei bisogno di prendermi una pausa. Sto di continuo a riflettere sulle opinioni che si formano gli altri nei miei confronti, dando per scontato che sia sempre importante essere d’accordo con tutti per quanto riguarda le mie scelte, tanto che ultimamente sono addirittura passato a frenarmi per certe cose per cui qualcuno probabilmente potrebbe sollevare qualche critica se io un giorno di questi facessi una mossa in un senso oppure in un altro. Non riesco quasi più ad immaginare ciò che mi piace davvero e ciò che invece detesto, e semplicemente vado avanti con monotonia nella normalità più consueta, provando il leggero ma concreto terrore che qualsiasi variante prendessi per caso in considerazione, sarebbe giudicata da qualcuno come un terribile sbaglio. Ogni sera mi fermo come sempre nella birreria di Lorenzo, che mi conosce oramai da tanti anni, rispondendo a qualche sua domanda generica con dei semplici monosillabi, e certe volte soltanto con un accenno di sorriso, tanto mi preoccupa il fatto di dovergli spiegare come mi stanno andando veramente le cose. Non è che non vorrei proprio parlarne con lui, quanto mi appare pesante il fatto di dover affrontare una nuova critica, anche da parte sua, per come mando avanti le mie giornate. 

Poi incrocio sul portone condominiale il mio vicino di casa, e lui mi guarda un momento con intensità, quasi vedesse qualcuno semplicemente arrotolato attorno alle proprie cose. <<Come va?>>, mi chiede fermandosi un attimo, già sapendo senza alcun dubbio quale sarà la mia risposta, ed io perciò mi limito a fare un semplice cenno con la faccia e con gli occhi, come se le cose andassero ormai per proprio conto. <<Ci vuole pazienza>>, fa allora lui, stilando secondo me il massimo dei luoghi comuni. <<Pensavo stamani che per uno come me non c’è alcuna possibilità di ritirarsi da questa giostra>>, gli dico quasi scherzando. <<Perciò devo stare al gioco sempre e comunque, anche se non mi piace>>. Immagino sia esattamente quello che voleva sentirsi dire, per cui mi sento abbastanza tranquillo. Lui invece mi guarda meglio, prende tempo toccandosi la mascella con una mano, e poi fa: <<le giornate sono composte da tante piccole e grandi esperienze, ed ognuno di noi è sempre pronto a spiegare agli altri che cosa gli sia capitato, ma sono sempre le stesse cose, neppure si può più meravigliarsi di niente>>. Forse ha ragione, rifletto: probabilmente è la personalità che viene a mancare alla lunga, quel senso distintivo che mostra un proprio modo di mettere a fuoco ogni cosa, e interpretare anche le consuetudini con un metro di giudizio più individuale.

Così lo saluto e poi rientro con calma nel mio appartamento: potrei fare un giro, più tardi, penso con intenzione. Magari infilarmi in un cinema, oppure da qualche parte dove suonano della musica, considerato che anche se sono da solo nessuno mi impedisce di fare qualcosa del genere. Forse potrei andarmene a cena in un ristorante alla moda, invece di andare a sedermi, come faccio anche troppo spesso, nella solita tavola calda dove peraltro c'è sempre Luciana, che sta aspettando ancora che io mi decida per fare un giro con lei. Va bene, dico tra me all'improvviso, come parlando con qualcuno che in questo esatto momento sta aspettando la mia decisione. Mi cambio d'abito dopo essermi lavato e sbarbato, e poi torno ad uscire, non senza aver consultato un giornaletto che riporta l’elenco degli spettacoli per questa sera in città. Esco, prendo la mia utilitaria ed arrivo rapidamente davanti ad un ristorante all’aperto dove sembra ci sia un tastierista che fa della musica.

Entro, mi siedo ad un tavolino che mi indica il cameriere, poi scelgo qualcosa da mangiare nell’elenco sopra la carta che mi è stata portata. Mi guardo attorno, non c’è molta gente, forse questo posto è frequentato con un orario più dilatato, penso, in ogni caso a me va benissimo in questa maniera. Trascorre quasi una buona mezz’ora, poi mi servono la mia ordinazione, mentre sto chiedendomi con sempre maggiore insistenza che cosa ci sto a fare da solo in un luogo del genere. Assaporo i piatti, ascolto la musica che sembra gradevole, e all’improvviso ho l’impressione che qualcuno stia dietro di me ad osservarmi. Mi volto, ma non c’è nessuno che guarda dalla mia parte, tutti sono in compagnia, ed impegnati in risate e in conversazioni. Avrei potuto invitare Luciana in un locale del genere, penso con intensità; e magari adesso comportarmi proprio come tutti, invece di starmene da solo come qualcuno che non riesce neppure ad avere un po’ di compagnia per la cena. Saldo il conto, alla fine, poi mi alzo e quindi me ne vado. Potrei passare adesso dalla tavola calda dove lavora Luciana, tanto per farle una sorpresa, vista l’ora. Ma ormai è tardi, rifletto, nel suo locale hanno già chiuso, molto probabilmente; va bene, penso; sarà per la prossima volta.

 

Bruno Magnolfi

domenica 11 settembre 2022

Progressiva liberazione.


            Ci sono dei giorni in cui mi trovo a ripensare al mio periodo di matrimonio con Laura, prima della nostra definitiva separazione. Fin da quando l’ho conosciuta lei mi è sempre apparsa taciturna, silenziosa, distaccata, talvolta anche in quelle occasioni in cui magari ci si sarebbe aspettati dal suo comportamento un maggiore entusiasmo. Agli inizi per me non era affatto un problema, ed anzi, comprendevo benissimo la sua maniera riservata di confrontarsi con gli altri e con me, tanto da evitare di chiederle, come forse sarebbe tornato naturale, se ci fosse stato qualcosa a suo parere che non andava per il verso giusto. Aveva sempre uno sguardo come interessato ai dettagli meno evidenti, quasi che la sua attenzione fosse destinata non a chi aveva vicino, ma a coloro che restavano maggiormente nascosti al suo campo visivo, forse un comportamento mutuato dalla sua lunga attività di maestra d’asilo. Alla stessa maniera, in certi rari casi, tirava fuori una voce forte e un po’ stridula, probabilmente abituata a richiamare a sé l’attenzione dei bambini meno obbedienti, coloro che si sentivano liberi, almeno nelle ore scolastiche, di comportarsi nei modi più disordinati, e quindi irrispettosi dei compagni e degli insegnanti. Comunque, non parlava mai troppo neppure del suo lavoro, limitandosi a dirne ogni tanto generalmente qualcosa di negativo, soprattutto per la grande stanchezza mentale che le derivava dal dover stare tutto il giorno a contatto con un’infanzia che, proprio per età, mostrava spesso con naturalezza dei comportamenti poco razionali.   

            Personalmente, una volta compresi appieno questi elementi, cercavo di non porre mai a lei delle domande dirette su qualcosa che la riguardasse, ed avevo presto imparato a parlare con Laura quasi soltanto di argomenti generici, lasciando ai suoi desideri la possibilità di spiegarmi giusto qualcosa, e se ne aveva davvero la voglia. Naturalmente, a quell’epoca lavoravo già nell’agenzia immobiliare, e così quando rientravo nel nostro appartamento durante il tardo pomeriggio, tanto per allontanare un po’ quel silenzio che si veniva immancabilmente a creare tra noi due, a volte cercavo di descrivere la personalità di qualche cliente a cui magari avevo fatto visitare un immobile, soffermandomi su qualche particolare che più di altri mi aveva colpito. Lei mi ascoltava, certe volte sorrideva di quei miei discorsi, ma normalmente non mi rivolgeva mai delle domande dirette, mostrando di non essere in fondo neppure troppo curiosa di quei miei incontri così vari. A quell’epoca, al posto di Elisabetta, nel lavorare con me in agenzia, c’era suo padre, persona già anziana e di antica impostazione professionale, che per fortuna ben presto lasciò completamente quell’attività che aveva inaugurato addirittura negli anni del dopoguerra, intestando tutto alla figlia, non prima di averle ovviamente insegnato i segreti che a suo avviso costituivano la nostra attività. Perciò, in quel periodo, dopo essere stato per anni dipendente del padre, diventai, a pari condizioni lavorative, un sottoposto della figlia, senza poter neppure manifestare alcuna opinione in merito. 

            Con Laura spesso si andava con la nostra utilitaria a farci qualche passeggiata in campagna, almeno durante le domeniche di bel tempo, e in certi casi si restava a cena in un ristorante alla buona, subito fuori città, dove avevano imparato a conoscerci e ci trattavano perciò come dei vecchi clienti. Mi piaceva quel rilassamento progressivo davanti al tavolino, e spesso cercavo, magari con qualche scusa infantile, di trattenerci il più a lungo possibile in quell’ambiente così casalingo, dove ci portavano volentieri dei dolcetti, il caffè, un dito di liquore, e tutti quanti intorno a noi parlavano con grande diletto, pur sottovoce, rispettando gli altri clienti ed il lavoro dei camerieri. Forse eravamo stati un po’ frettolosi nel prendere la decisione di sposarci, però in quel momento ci era parso che tutto per noi si stesse mettendo in maniera positiva, e siccome avevamo qualche soldo da parte, pensavamo che probabilmente non ci sarebbe stato in futuro un periodo altrettanto favorevole. E poi avevamo passato ambedue la soglia dei trent’anni, ed aspettare ancora ci sarebbe parso quasi ridicolo. Tutto tornava insomma, e sulla base di questo entusiasmo le cose andarono benissimo per almeno un anno, quasi due. Poi ci fu un allontanamento progressivo l’uno dall’altra, e in quel periodo più cercavo di interrogarmi sul motivo di quanto accadeva, più perdevo di vista qualcosa di importante.

            Negli ultimi tempi sembrava proprio non avessimo quasi più niente da dirci, ed ognuno di noi due silenziosamente mandava avanti le proprie cose senza neppure interpellare l’altro, tanto che la gara che si era come impostata, era quella di starsene separatamente il più possibile fuori da casa. Non litigammo mai, non se ne presentò neanche in quei momenti un vero e valido motivo per farlo, ma quando lei decise di andarsene, sembrò ad ambedue una vera liberazione.

 

            Bruno Magnolfi

venerdì 9 settembre 2022

Sono uno sciocco curioso.


            Lorenzo ha detto che con una donna se non si mostra subito la propria personalità è bene lasciar perdere. Io allora gli ho detto che secondo me quello è solamente un luogo comune, ed ho aggiunto che in fondo ad ognuno di noi c’è un proprio modo di fare e di pensare, anche se non mette in evidenza certi dettagli decisamente ruffiani. Lui ha sorriso, poi si è allontanato per servire un altro cliente della sua birreria. Naturalmente non gli ho parlato di Luciana e delle mie aspirazioni nei suoi confronti; ho soltanto detto che dopo tanto tempo una di queste sere sarei potuto uscire con una ragazza che conosco, non più giovanissima, però carina, e lui si è sentito in dovere di darmi qualche consiglio. In ogni caso non so neppure, a pensarci bene, se sia davvero una buona idea quella di uscire in questo momento con Luciana. In fondo, almeno per adesso, quando vado alla sua tavola calda, ogni volta trovo in lei una persona sempre pronta a sorridermi, un’amica che viene subito verso di me per scambiare qualche parola, per ascoltarmi, ammesso che in quel momento non sia troppo impegnata con il suo lavoro, e che comprende benissimo quali siano i miei veri problemi, tutti quelli che certe volte le spiego senza mai omettere nulla; e quasi sempre riesce ad evitare di darmi suggerimenti, o addirittura proporre degli spudorati consigli; ascolta, semplicemente, e questo è già molto per me; talmente tanto che proprio non vorrei perdere adesso questo rapporto di amicizia speciale con lei compiendo frettolosamente uno stupido passo falso.               

            Probabilmente Lorenzo, anche se mi conosce da tanto tempo, non riuscirebbe a comprendere il tipo di rapporto che si è instaurato tra me e Luciana; quindi, diventa del tutto inutile che io gli parli di questo, anche se riconosco che su molte cose lui sa sbrigarsela molto meglio di me. <<Forse non farò niente>>, gli dico a voce bassa quando torna a fermarsi un momento dietro alla mia birra. Ma è soltanto una provocazione, perché lui è il tipo di persona che non si dà mai per vinto, e che se decide di credere in qualcosa è proprio la volta che porta fino in fondo tutti i suoi desideri. <<Stai scherzando>>, mi dice difatti con leggerezza. <<Questo è impossibile, devi portare avanti le cose, magari mostrandoti però meno perdente di quello che appari, tutto qua>>. Lo ascolto, non ribatto un bel niente, ma capisco che lui non può essere affatto d’accordo con me sul comportarmi con Luciana esattamente nella maniera in cui sono e mi sento. <<E come si chiama, questa tipa?>>, fa lui dopo un po’, come se il nome cambiasse qualcosa nelle opinioni generali o nei miei comportamenti. Mi attraversa la mente, con la rapidità di una saetta, il pensiero che Lorenzo possa conoscere Luciana; in fondo lavorano persino nello stesso settore, anche se lui prepara soltanto dei panini; così gli dico: <<Rosanna>>, inventandomi un nome che non lo avvicini alla verità.

            Poi arriva una comitiva di confusionari, così pago la birra e poi me ne vado, tanto la nostra conversazione frammentata non porterebbe a niente di nuovo. Ma subito, mentre sono già sulla strada, mi viene la voglia improvvisa di passare da lei, da Luciana, magari soltanto per farle un saluto, anche senza fermarmi nella sua tavola calda. Suo padre, che poi è il titolare di quella rosticceria, ogni volta che vado da quelle parti continua a guardarmi quasi con un certo sospetto, come se avesse compreso già tutto e non fosse d’accordo, nonostante il fatto che sia io che sua figlia abbiamo ormai passato la mezza età, e che lui non dovrebbe nutrire alcuna gelosia nei confronti di una donna matura che cerca soltanto di essere apprezzata. Con questo pensiero, comunque, mi passa quella voglia che avevo, e allora decido al momento di fare due passi da solo, magari per riflettere meglio a tutte queste mie cose. Probabilmente a quest’ora hanno già finito di mettere via i vassoi e le cose avanzate, ed hanno già dato una bella ripulita al bancone, pronti per chiudere il locale e andarsene a casa. Mi piace talvolta pensare a quello che Luciana sta facendo in qualche preciso momento, anche se per me è soltanto uno scherzo, una maniera come un’altra per occupare la mente. Parecchie volte le ho parlato del mio lavoro e di come sia difficile, durante la giornata, trarne delle vere soddisfazioni, e lei mi ha compreso benissimo, tanto più che anche per lei, da quando è mancata sua madre e si è ritrovata a dover aiutare suo padre con la tavola calda, le cose non vanno certamente in maniera migliore. <<I miei progetti erano altri>>, mi ha detto una volta; ed io non ho fatto alcuna domanda in merito a questo, proprio per non apparire soltanto uno sciocco curioso.

 

            Bruno Magnolfi    

mercoledì 7 settembre 2022

Serata perfetta.


            Il mio vicino di casa dice che secondo lui non va per niente bene: è chiaro che ognuno ha tutto il diritto di tenere in casa propria un animale da compagnia, naturalmente; ma lasciarlo scorrazzare nell’ingresso del palazzo condominiale, lungo le scale, davanti al portone e nel giardinetto fiorito sul retro, a lui non va proprio giù. <<Capisco che un gatto sia abbastanza difficile da gestire, però ancora prima di adottarne uno si deve riflettere bene sulle conseguenze che ci possono essere>>. A me personalmente questo micio grigio non ha mai dato noia, anzi, lo trovo socievole, sempre pronto a farsi accarezzare senza dare problemi, però capisco che trovarselo sempre tra i piedi possa dare disturbo. La signora Gina, del piano terra, non si fa certo dei problemi, e tiene il suo portoncino regolarmente socchiuso, in maniera che quel suo gatto possa andare e venire da casa sua con grande libertà, magari scegliendo di espellere i propri bisogni esattamente in dei luoghi che siano il più possibile distanti dal suo appartamento, nelle aree condominiali, cioè. Lo guardo mentre quest’uomo mi parla, e sembra quasi dalle sue parole che quello comunque sia il massimo di tutti i problemi che una persona possa avere. Lascio una pausa mentre osservo le chiavi di casa, poi gli dico con piena sincerità che mi piacerebbe anche a me avere un gatto, e quello subito mi squadra con severità, quasi avessi detto la cosa peggiore del mondo.

            Chissà cosa dicono di me questi miei coinquilini di vecchia data; forse che sono un tipo un po’ strano, troppo solitario per poter essere davvero normale. Quindi lo saluto, anche se capisco di avergli dato una delusione, dopo aver cercato in me un alleato, ed affronto le scale per andare a rifugiarmi come sempre nelle mie stanze, quasi come il gatto della signora Gina del piano terra. Devo muovere qualcosa nei miei comportamenti, penso. Oramai vivo di abitudini, e la cosa peggiore è che quasi non riesco a fare a meno dei soliti gesti che compio ogni giorno. Per stasera ho pensato di andare sul tardi a mangiare alla tavola calda “da Mauro”, e magari aspettare fino all’ora in cui Luciana e suo padre chiudono il locale, in maniera da proporre a lei di fare un giretto prima di accompagnarla fino a casa. Posso andare fin lì con la mia utilitaria, e portarla a prendere un gelato in qualche elegante pasticceria con i tavolini, tanto per scambiare qualche parola tra noi, così com’è già successo un paio di settimane più addietro. Non mi sono più fatto vedere alla tavola calda da quella serata, proprio per non sembrare uno che si approfitta subito delle situazioni, ma adesso penso proprio di poter azzardare una richiesta del genere, sempre che lei sia disponibile.

            La saluto, mi siedo, lei si avvicina con il suo sorriso, ed io le chiedo subito se le vada di uscire con me. <<Stasera sono un po’ stanca>>, mi dice mentre guarda nel bancone vetrato cosa sia rimasto per la mia cena. <<Non importa>>, le dico, pronto a ritirarmi in buon ordine anche se la sua risposta mi fa soffrire anche più di quanto avrei mai immaginato. <<C’è ancora dell’arrosto con delle verdure>>, mi dice allora, come se questo piatto sostituisse positivamente qualsiasi altra cosa; ed io naturalmente annuisco, senza opporre alcuna difficoltà. Penso subito che forse ho fatto trascorrere troppi giorni senza farmi vedere, e questo comportamento sicuramente non ha giocato un ruolo a me favorevole, ma adesso è troppo tardi per rendermene conto, tanto vale che finga, se mai me lo chiedesse, di aver avuto delle difficoltà di qualche genere. Invece lei torna con un vassoio bello carico, anche con del vino rosso, e mi dice che potremo comunque rimandare tranquillamente a domani sera, se a me andasse bene. <<Ma certo>>, le dico di getto, rinfrancato da quella proposta. <<Fanno della musica, in un locale dove sono stata una volta: potremmo andarcene lì>>. La osservo quasi imbambolato, e all’improvviso mi sento felice come un bambino, tanto da dover distogliere presto lo sguardo dal suo bel viso sorridente, perché mi sento che potrei addirittura commuovermi per quelle parole. Forse lei si accorge del mio attimo di confusione, così saluta un cliente che sta andando via, dandomi il tempo per potermi riprendere.

            <<Va bene, anzi, benissimo>>, le confermo sorridendo. Poi Luciana mi lascia mangiare da solo sparendo per qualche minuto sul retro, ma quando torna viene da me, si siede al mio tavolo e mi dice che anche per lei va molto bene. Finisco, me ne vado dopo averla salutata, risalgo sulla mia utilitaria, e quindi torno nel mio appartamento. C’è quel gatto sornione della signora Gina dentro l’ingresso, così gli accarezzo la testa; ed anche lui sembra davvero contento stasera.     

 

            Bruno Magnolfi

lunedì 5 settembre 2022

Migliori cose da fare.


            La Scuola Media di via Toscanini, un grosso edificio risalente agli anni ’20, che soltanto nel secondo dopoguerra era stata intitolata a Giosuè Carducci, nel periodo in cui la frequentavo come studente riportava questo nome in grande persino sulla facciata, al posto di chissà quale altro, probabilmente sostituito di fretta negli anni della ricostruzione, tanto che si intravedeva ancora affiorare qualche sbavatura delle vecchie lettere sopra il portone principale, facendosi notare qua e là come per ricordare l’antica e originale presenza di chissà quale illustre personaggio di un’epoca ormai già trascorsa. A me la scritta del nome di questo poeta, comunque, forse per quei caratteri in stampatello minuscolo che non avevo mai del tutto imparato a scrivere, incuteva un senso di disagio, quasi che nello stesso momento in cui varcavo la soglia di quell’ingresso, entrassi nella casa di un vecchio signore un po’ austero che ovviamente mi osservava passare con severità, mostrando un giudizio già negativo su qualsiasi possibile risultato scolastico avessi mai potuto raggiungere, compresa naturalmente la condotta. A me non importava neanche molto rimanere seduto al mio banco per tutta la mattina, qualcosa però avrei dovuto pur fare pensavo, ma quello che mi interessava maggiormente era che i miei compagni non si accorgessero troppo della mia presenza, tanto da scegliere sempre i posti più defilati, quelli negli angoli in fondo alla classe, osservando tutto il resto da quel punto di osservazione come se non fossi neanche presente.

            Per questo esatto motivo cadevo sempre un po’ dalle nuvole nel momento in cui uno degli insegnanti diceva a voce alta il mio nome per richiamare maggiormente a sé la mia evanescente attenzione, e a me sembrava persino impossibile dover ripiombare così in un solo attimo in mezzo a tutti gli altri compagni, come se davvero fossi uno di loro, e non un estraneo come mi sentivo quasi sempre, capitato là dentro per un puro caso. Parlavo poco con gli altri, anche durante le pause della ricreazione, e quando venivo interrogato dai professori su qualche materia che avrei dovuto conoscere, tendevo a non dire mai troppo di ciò che avevo imparato, mostrandomi meno preparato di quanto fossi effettivamente. Naturalmente i miei risultati erano appena sufficienti, però se anche non riuscivo a brillare in quelle materie, gli altri studenti della mia classe parevano apprezzare la mia riservatezza, al punto da tollerare la mia presenza insieme a loro anche se non intervenivo mai per dire la mia opinione su quanto veniva discusso. La nostra insegnante di storia e geografia, al contrario degli altri, trovava il mio comportamento distaccato del tutto insopportabile, tanto da indicarmi continuamente con un dito mentre parlava, oppure riferendosi direttamente a me col suo sguardo pungente, o dicendo ogni poco il mio nome per far scrollare qualsiasi apatia dalla mia mente. Ed arrivò fino al punto di far sistemare un banco singolo direttamente accanto alla propria cattedra, voltato verso di lei, in maniera che durante le sue ore di lezione dovessi per forza prestare il massimo di attenzione alle sue parole, senza potermi distrarre neppure un momento.

            Ho sempre avuto il dubbio che dietro a tutto questo ci fosse un accordo segreto con i miei genitori, ma la verità non l’ho mai saputa, forse anche perché non me ne sono mai interessato fino a quel punto. Tra i miei compagni c’era sempre qualcuno che prendeva il mio comportamento per semplice timidezza oppure per goffaggine, ma alla lunga la mia serietà d’espressione e la distanza osservata nei confronti di tutti, riportavano sempre ogni atteggiamento verso un più normale rispetto. Non mi sono mai sentito davvero un allievo di quella scuola. Ero soltanto un ragazzo che passava per caso da quelle parti, uno che sicuramente aveva molto da imparare, ma che avrebbe voluto farlo in una maniera più distaccata da quella socialità obbligatoria. Ovviamente amavo leggere e studiare, ma tutto quanto riuscivo ad apprendere dalla carta stampata dei libri, ero convinto di doverlo trattenere dentro di me, piuttosto che darlo in pasto all’aula intera durante ogni stupida interrogazione. Per tutti questi motivi poi, riuscivo a farmi affibbiare un voto basso persino in condotta, non certo perché fossi un attaccabrighe o un confusionario, quanto perché il collegio degli insegnanti aveva stabilito che io fossi regolarmente quasi assente nel normale procedere delle lezioni, e questo naturalmente per loro era apparso fin da subito qualcosa di insopportabile.

            Conobbi una ragazza di una diversa sezione, durante l’ultimo anno, e lei mi fece comprendere che in fondo avevo ragione: nessuno in quella scuola meritava qualcosa di più della mia bassa considerazione, e non aveva alcun senso dare troppa importanza ai giudizi degli altri; potevo ancora fregarmene, insomma, ed era questa, forse, la cosa migliore da fare.

 

            Bruno Magnolfi 

venerdì 2 settembre 2022

Comportamenti naturali.


            Qualche giorno fa è tornata a farsi vedere in agenzia nientemeno che Carla, l’amica della mia unica collega di lavoro, che però mi ha salutato con una certa freddezza; quindi, si è seduta davanti alla scrivania di Elisabetta, ed ha atteso qualche minuto in silenzio prima di poter andare con lei a prendere un caffè nel localetto qua di fronte. In quel poco tempo in cui è rimasta in ufficio, io non le ho rivolto nient’altro che un semplice saluto iniziale in risposta al suo ordinario buongiorno, ma immediatamente dopo mi è venuto a mente che forse è proprio il comportamento che adotto in certi casi, a rendere le persone scostanti con me. Così ho cercato di cambiare subito atteggiamento. <<Come stai>>, le ho chiesto allora con un certo tono allegro mentre sistemavo dei fogli; <<potresti farti vedere più spesso qua da noi, la nostra in genere è una giornata piuttosto monotona, vediamo soltanto qualche cliente ogni tanto, ma pochi anche di quelli>>. Carla mi ha guardato senza riuscire immediatamente a rispondermi, poi ha detto soltanto: <<tutto bene, ma non vorrei disturbare il vostro lavoro>>. Ho tirato in alto le spalle sorridendo, come a mostrare che non c’era nessun disturbo possibile, e lei mi è sembrata indifferente ai miei segnali. <<Potremo sempre venderti un appartamento>>, le ho detto allora per fare lo spiritoso, ma Elisabetta mi ha gettato uno sguardo fulminante, e Carla ha sorriso senza rispondere niente. Forse dovrei insistere, ho pensato; magari alla lunga potrei riuscire a smuovere di più il comportamento di chi mi trovo di fronte.

            Ho lasciato perdere, e loro sono uscite lasciandomi da solo per circa dieci minuti, ma subito dopo mi è venuto a mente Lorenzo, il mio amico della birreria dove vado quasi ogni sera. Lui riesce ad essere perfetto in ogni circostanza: dice una sola parola al cliente che gli chiede una birra, e quello immediatamente si mostra pronto a raccontargli per filo e per segno tutte le proprie cose. Oppure non dice un bel niente, fa il suo lavoro, e lascia che gli altri di fronte al bancone si sentano già dei suoi amici, come se lui fosse capace di comprendere al volo ogni loro difficoltà. Certe volte lo invidio: credo sappia sempre perfettamente la maniera migliore di comportarsi, qualsiasi individuo o comitiva gli si pari davanti. Lo studio, qualche volta, e vedo come riesce quasi sempre a meravigliarmi proprio per la naturalezza con cui si comporta. Non è marginale la capacità di interagire con gli altri per un individuo. Ne scaturiscono delle possibilità che spesso si stenta persino a comprendere, tanto riescono a spianare la strada. Forse dovrei impegnarmi di più in questo senso, ho pensato; magari fare o dire delle cose che normalmente non avrei voglia di esternare, ma tramite le quali tutto diventa più facile, persino farsi dei nuovi amici.

            Così, poco dopo, dovendo uscire dall’ufficio per andare ad incontrarmi con un possibile compratore di casa, ho atteso naturalmente che tornassero sia Elisabetta che Carla, e siccome quest’ultima è rimasta sulla porta dell’agenzia scambiando gli ultimi saluti prima di andarsene, ho colto al volo l’opportunità per chiederle con entusiasmo se le andava di fare un tratto di strada con me. Lei non ha detto di no, anche se sembrava perplessa, ma io ho preso la sua risposta quasi per un’affermazione raggiante, così mi sono spinto con lei sul marciapiede, e le ho sorriso con determinazione. Tanto per parlare, le ho rivolto una serie di domande leggere, ma lei si è limitata a rispondere con un sì o con un no, per cui ho iniziato subito a discorrere di me, e di come mi trovassi bene a lavorare con Elisabetta, anche se non è neppure troppo vero. Carla ha detto poco dopo che lungo la via doveva fermarsi in un certo negozio poco più avanti, ed io l’ho accompagnata fin lì, spiegandole che mi aveva fatto molto piacere fare due passi in sua compagnia, così lei mi ha sorriso, mi ha salutato, e poi è sparita dentro ad una bottega di casalinghi, lasciandomi proseguire per la mia strada.

            Subito dopo ho cercato di analizzare il mio comportamento con lei, e mi è sembrato di non avere fatto degli errori smaccati, limitandomi a parlare di argomenti generici, senza tentare battute di spirito poco comprendibili, oppure inanellando delle domande insidiose. In ogni caso Carla non mi è sembrata troppo propensa ad intavolare discorsi impegnativi, ed ho immaginato che probabilmente, nello stesso momento in cui si è liberata di me, abbia quasi tirato un bel sospiro di sollievo. Sono sicuro che altri avrebbero fatto molto meglio al posto mio, però mi sono convinto che sia questa la strada da intraprendere, e che nel futuro tutto sicuramente mi verrà più naturale.

 

            Bruno Magnolfi