mercoledì 21 agosto 2019

Estreme decisioni.




"La tua macchina è un rottame", mi dicono ridendo certe volte i miei colleghi di lavoro mentre si trastullano davanti alle macchinette del caffè. "È già tanto se entra ancora in moto, però solo vederla andare in giro suggerisce un moltiplicatore di preoccupazione per tutti quelli che circolano lungo le strade di questa città". Loro scherzano, ridono, si danno di gomito. La mia utilitaria effettivamente è un po' vecchiotta, ma anche se prosegue ad andare benissimo e ad adempiere perfettamente al suo dovere, io non rispondo mai alle loro battute spiritose. Sono uno che si affeziona alle proprie cose, non cambio niente con la leggerezza che invece hanno loro, e quando proprio mi ritrovo a farlo, è soltanto perché in qualche maniera mi ci vedo costretto.
Come ogni giorno poi arriva l'ora di andarsene da questi uffici, e qualche volta tremo all'idea che mentre stiamo tutti nel parcheggio dell'amministrazione pubblica, la mia macchina improvvisamente stenti a partire. Tutti mi guardano, qualcuno fa il tifo sperando che questo possa accadere davvero, infine il motore si avvia come sempre, ed io tiro un profondo sospiro di sollievo. Non sono mai stato uno a cui piace stare in mezzo agli altri, ma soprattutto mi sembra che nessuno tra chi ho intorno si faccia mai i problemi che invece io mi pongo.
“Non mi interessa niente”, penso con convinzione di tutti quanti gli altri, mentre ingrano la marcia ed esco dal parcheggio riservato ai dipendenti della pubblica amministrazione. Il mio vero mondo è la mia casa: starmene tra le mie mura a riflettere sull’esistenza e su tutto ciò che giorno dopo giorno mi passa sotto al naso. A portata di mano tengo sempre il mio specchio, naturalmente, il mio fedele fratello gemello, adottato da me tantissimi anni fa per riempire il vuoto che a volte sento, abitando da solo e senza avere rapporti di amicizia con nessuno. 
Spengo il motore davanti al palazzo dove è sito anche il mio piccolo appartamento, e poi salgo le scale, tranquillo, sereno come sono proprio del fatto che tutto anche oggi sia andato come sempre per il verso giusto. Perché il problema maggiore è l’ansia che mi prende immaginando qualcosa fuori posto, oppure che la sequenza o il ritmo di tutta la giornata possa essere stravolto da qualcosa che non ho considerato, o a cui sbagliando ho dato una scarsa rilevanza. Per questo guardo nello specchio, per leggere direttamente sul mio volto l’elemento che malauguratamente possa essermi sfuggito, e comprendere già dall’espressione degli occhi del mio gemello, quell’elemento che merita di essere affrontato e approfondito.
“Devi cambiare auto”, sembra dirmi lui in questo momento; “prima che quello che temi più di tutto succeda veramente”. Sgrano gli occhi: mi sembra impossibile che mio fratello arrischi un suggerimento di quel genere, così scruto meglio tutti i particolari di cui riesco maggiormente a tener conto nell’immagine chiara e precisa che ho davanti a me. Poi mi alzo dalla sedia, giro un po’ per casa cercando qualcosa che possa distrarmi dalla rivelazione che ho appena avuto, ma poco dopo torno alla mia scrivania, dove ancora troneggia la piccola cornice che racchiude il mio prezioso specchio. E’ proprio così, mi rendo conto infine; non posso proprio attendere che si infrangano improvvisamente le mie aspettative, e che la mia utilitaria si rifiuti ad un tratto di ripartire. “Ho deciso”, penso; “domani stesso passerò dal concessionario di automobili e ne comprerò una nuova”. Il mio gemello approva.

Bruno Magnolfi  

mercoledì 14 agosto 2019

Acquisizione di fiducia.


          

            Sono già tre giorni che il geometra non si fa vedere nell’azienda. Nessuno dice niente, ognuno prosegue semplicemente a svolgere le proprie funzioni come sempre. Gli operai sul cantiere, peraltro, ultimamente sono andati avanti piuttosto spediti con i lavori, e c’è stato addirittura bisogno di ordinare una nuova betoniera di calcestruzzo con la pompa per iniettarlo nelle casseforme, così da effettuare la gettata di un solaio già perfettamente armato e pronto: l’assistente ha cubato in modo corretto le quantità di materiale che servivano, ed alla fine tutto è andato bene. L'apprendista più volte ha chiesto qualcosa sottovoce, forse preoccupandosi per l’assenza del responsabile tecnico, ma poi si è dato da fare per ciò che lo riguardava, e si è reso conto anche lui che in quel momento non c'era proprio bisogno di nessun altro.
Il signor Chelli in questi giorni è sempre rimasto chiuso dentro al suo ufficio, e in ogni caso tutto quanto nell'impresa è parso filare nel solito modo, senza particolari scossoni. Ma l'assistente di cantiere sicuramente adesso sta meditando di affrontare per primo l'argomento: andare da lui con modi cortesi ed in punta di piedi come è suo solito, ma senza mezze parole chiedergli se per caso d'ora in avanti tutti in azienda si ritroveranno a fare a meno del loro geometra, proprio come sembrerebbe. Non è una differenza di poco conto, secondo il suo parere; le responsabilità che ricadono sulla testa di tutti gli altri impiegati ed operai è piuttosto grande senza la sua figura, ed almeno una parola di chiarezza da parte del titolare in questo momento potrebbe essere utile, quasi necessaria. A fine mattinata perfino la segretaria è stata vista parlare a bassa voce con il magazziniere, e sicuramente l'argomento affrontato non era molto distante da quello che sta passando dentro alla testa anche di tutti gli altri lavoratori dell’impresa.
Il signor Chelli con i suoi modi pacati e un po' oscuri potrebbe comunque rispondere che non c'è niente di non detto, che bisogna soltanto avere un poco di pazienza, che le cose si aggiusteranno, e di lavoro per l’azienda sembra proprio che ce ne sia ancora tanto nel prossimo futuro, e che basta stringere un po' i denti, impegnarsi a fondo, e che tutto si sistemerà. La segretaria si muove nel corridoio tra gli uffici tenendo gli occhi bassi: probabilmente anche lei è sorpresa della situazione; il geometra sembra evaporato, e senza spiegare niente a nessuno è andato via, forse già in un'altra impresa, magari in una ditta concorrente, e chi rimane in questa azienda adesso è costretto a farsi carico di tutto, anche di quelle che erano le sue specifiche attività.
Poi, a fine giornata, quando gli operai sono già andati via e dentro la sede è rimasto soltanto l’assistente di cantiere e il signor Chelli, arriva il geometra con la sua solita espressione sulla faccia. “Adesso tocca a te”, dice al suo subalterno mentre sono da soli. “Però non preoccuparti: se hai dei dubbi riguardo qualche lavorazione, puoi sempre telefonarmi, in qualsiasi momento, e per il resto hai tutte le capacità per affrontare in maniera adeguata qualsiasi problema. Sei in gamba, te la puoi cavare bene, gli operai impareranno presto a rispettarti se ti fai sentire più deciso, e al signor Chelli fra qualche tempo potrai anche chiedergli un piccolo aumento di stipendio, considerato tutto quanto. Non ci sono preoccupazioni, tutto filerà per il verso giusto, ed in fondo da ora in avanti anche per te le cose potranno soltanto migliorare”. L’assistente non trova niente da ribattere: ora si è alzato in piedi, lo ha guardato negli occhi appena per un attimo, poi ha mosso qualcosa con le mani sopra al piano della sua scrivania, e poi, dopo una specie di lungo sospiro, quasi per decidersi ad una risposta meditata, dice soltanto che va bene, e in fondo non c’è proprio altro da aggiungere.

Bruno Magnolfi

venerdì 9 agosto 2019

Estraneo.


      

            Ho sempre avuto un difetto. Mi hanno guardato, mi hanno studiato, si sono dati da fare amici e conoscenti per scoprire quale fosse la vera natura di una cosa del genere. Poi hanno desistito, ed anche i parenti più stretti si sono disinteressati di tutto, visto che alla fine io stesso mi dimostravo ogni volta indifferente a qualsiasi risultato. Così convivo da sempre con un qualcosa che non è neppure stato del tutto compreso, ma sui risultati del quale chiunque se vuole può facilmente rendersi conto. Oggi mi guardo attorno e mi sento una persona comune, anche se dentro di me prosegue ad essere attivo questo elemento di diversità.  
            Certe volte vado a piedi fino alla sede di un’associazione di volontariato che si occupa di persone anziane. Vorrei dare una mano, così mi intrattengo a parlare con qualche vecchio che normalmente sta da solo a guardare nel vuoto e a disinteressarsi di tutto. Prendo una sedia, mi metto lì accanto, dico qualcosa con calma, senza attendermi necessariamente una qualche risposta. Capita che nessuno abbia degli argomenti, così anche io dopo un po’ resto in silenzio, cercando in qualche modo di immedesimarmi negli sguardi sfocati di chi mi sta più vicino. Non mi aspetto un bel niente, eppure qualche volta riesco a registrare un semplice gesto, un’espressione in un viso rugoso, una debole esclamazione improvvisa, che dimostra quanto venga apprezzato il mio sforzo, ed è soltanto la mancanza momentanea di parole adeguate penso, ad imporre quel perenne silenzio.
In fondo non c'è bisogno di spiegare un bel niente rifletto, la cosa importante è soltanto sapere che ognuno se vuole ha la possibilità di dire qualcosa, anche se non lo fa. In questo modo la compagnia che offro a queste persone sembra quasi una ben poca cosa, ma per loro non è così, e apprezzano il mio strenuo impegnarmi, rifiutando sdegnosamente dentro se stessi di considerarmi superficialmente come uno di loro. Sto lì, osservo qualcosa, rimango in silenzio, e qualche vecchio ogni tanto mi guarda come per comprendere meglio il mio compito, semmai ne abbia uno. "Sta qua", sembra vogliano dirmi tutti quando infine mi alzo per uscire ed andarmene, e la mia sensibilità  generalmente è subito pronta ad interpretare questi pensieri.
Mentre torno a casa poi, ripercorro con la mente tutto quanto ciò che è successo, anche se in apparenza non è accaduto un bel niente, e mi rendo sempre più conto che non si può essere diversi da quello che effettivamente noi siamo. Mi fermo per allacciarmi una scarpa, sorrido, sento il mio difetto che dentro di me spinge ad essere onesto e riguardoso verso tutto ciò che ho attorno, e so per certo che anche io come tanti non potrò essere diverso. Quando infine mi ritrovo dentro casa mia accendo la televisione, e mi pare impossibile che il mondo là dentro sia costituito da gente così distante dai miei pensieri. Proseguo a darne la colpa al mio difetto di sempre, forse perché è anche la cosa più facile da fare, e in ogni caso la distanza che sento marcare non può essere soltanto un problema del tutto personale: ci dev’essere per forza una visione più oggettiva di tutte le cose, anche se a nessuno sembra mai interessare. Devo evitare di immaginare il mondo lontano da me, anche se non possono essere le persone come me ad aver aumentato la distanza col resto. Domani tornerò da quei vecchi rifletto, è l’unica cosa da fare in questo momento, perché in fondo a quei loro sguardi c’è molto più significato che in qualsiasi altro angolo si possa andare a cercare.

Bruno Magnolfi    



domenica 4 agosto 2019

Soltanto delle abitudini.


          

            “Devi stare attento”, dice il professore al ragazzo, gesticolando con le braccia per mostrare, oltre le parole, tutta la sua preoccupazione. “Questi sono momenti difficili”, dice ancora, mentre si trattiene un attimo con la sua borsa in mano davanti alla scuola; “ognuno vuole affermare la propria opinione, qualche volta persino con la forza, senza guardare in faccia mai nessuno. Oggi ti hanno soltanto bruciato il giornale mentre lo stavi leggendo, ma domani chissà”. Lui è ancora perplesso: gli era preso fuoco, ma fortunatamente soltanto per un attimo, anche il ciuffo di capelli sopra la sua fronte, ma è riuscito con le mani a spengerlo subito, e sono rimaste soltanto le punte appena un po’ bruciacchiate. “Lo sanno bene questi”, ha subito pensato, “che coloro che si oppongono cercano di ritrovarsi in uno scantinato qui vicino dopo la scuola, proprio per discutere sul da farsi. E probabilmente loro vorrebbero adesso la lista completa dei nomi che frequentano quel luogo, per poi mettere in atto chissà quali operazioni. Vogliono annullare ogni altra opinione, non si rendono neppure conto che in questo modo la loro affermazione porterà tutto verso tempi ancora peggiori”.
“E’ incredibile che abbiano un seguito”, riflette ancora, “che molti di loro, proprio come sembra, si lascino abbindolare in questa maniera da certi discorsi pesanti di qualcuno: sono persino disposti a cambiare parere su questioni estremamente importanti o fondamentali pur di conservare dalla propria parte tutto il consenso degli sciocchi che gli danno corda. Costituire delle sacche di resistenza scolastica ormai è diventata l’unica maniera di opporsi a questa barbarie”. Quando i ragazzi del liceo certe volte ne parlano in classe davanti ai loro insegnanti, tutti quanti fingono di disinteressarsi di certi argomenti, anche coloro di cui si conosce benissimo la propria indole; salvo tirare fuori d’improvviso la loro vera natura arrogante e violenta appena se ne presenta la prima occasione. Comunque sia queste persone non riescono neppure ad argomentare qualcosa davanti a tutti; vogliono solamente avere ragione, è questa la sola vera volontà che manifestano. “E l’unica vera ragione che cercano è soltanto nello scontro, mai in un confronto civile, come se avere delle idee e delle opinioni significasse soltanto costituire una fazione, una sciatta tifoseria, una banda”.
            Il ragazzo adesso è confuso, persino il suo insegnante sembra spaventato mentre se ne va, perché è probabile che qualcuno tra questi violenti personaggi tenti qualche nuova azione di quel genere, e si può star certi che prima o dopo qualche gesto sfuggirà loro di mano, fino a combinare qualcosa di assolutamente irreparabile. Qualcuno dei suoi compagni nelle riunioni dello scantinato ha sostenuto addirittura che va pur trovato un punto d’incontro con quegli studenti così facinorosi, proprio per cercare di affievolire in qualche modo la loro voglia di conflitto, ma naturalmente è stato dimostrato dagli altri che è addirittura impossibile un compromesso di quel tipo. Persino le autorità scolastiche non possono fare nulla di fronte a questa evidente barbarie, ed anzi c’e anche chi sospetta che possa esserci, all’interno del corpo insegnante e nella presidenza del liceo, chi addirittura cerca in qualche modo di difenderli e di sostenerli.
            La situazione è complessa, pensano adesso in molti, forse ci vorranno addirittura degli anni per veder cambiare queste cose; probabilmente non c’è altro da fare in questo momento che assoggettarsi a quanto sta accadendo, senza neppure mostrare di opporsi a tutto quanto. Oppure prendere coscienza al massimo della realtà vera che scivola tra loro, e mostrare pubblicamente tutto quanto sia possibile per evidenziare che le cose debbono prendere proprio un’altra strada; e farlo in fretta, prima che certe maniere di comportarsi divengano praticamente una sorta di normalità, quasi una prassi; insomma, soltanto un’abitudine.

            Bruno Magnolfi