giovedì 28 agosto 2014

Per ogni volta.

           

Fuori dai vetri l'aria è diversa. Gianpiero resta fermo nella sua auto parcheggiata al bordo della strada cittadina. Osserva le persone che camminano sul marciapiede e intanto ascolta la radio a basso volume, con indifferenza, quasi come se aspettasse qualcuno. Poi una persona che non conosce lo guarda con insistenza attraverso il finestrino, e lui si sente improvvisamente ridicolo. Cosi decide di scendere, sbattendo dietro di sé lo sportello, e di muovere qualche passo, anche se con l'incertezza di chi proprio non sa neppure verso dove dirigersi.
Lorina attraversa la strada camminando di fretta, tra i suoi pensieri la voglia di liberarsi velocemente da tutti gli impegni della mattina per poi rientrare in ufficio, ma giusto per sistemare ancora qualche carta avanti di tornarsene a casa. A lei quell'auto parcheggiata sembra proprio di conoscerla, così si avvicina, vede all’ultimo che dentro c'è qualcuno, si ferma, osserva attentamente il viso dell'uomo immobile là seduto; infine le pare di vivere in quel preciso momento qualcosa che già conosce, perciò si volta, ma resta comunque lì a pensare quale segnale le stia mai giungendo.
L'uomo dentro l'auto intanto si è scosso, si è sentito osservato, è sceso, ha richiuso dietro di sé lo sportello. Ecco, pensa Lorina, adesso tutto è compiuto. Gianpiero dopo aver mosso alcuni passi sul marciapiede si volta verso di lei, la guarda, si comporta come per lasciare che le cose vadano avanti. Non volevo disturbarla, dice Lorina. Non importa, fa lui, sentivo giusto la necessità di immergermi tra la gente di questo marciapiede affollato. Se vuole posso camminare per un po’ insieme a lei. Mi spiace, ma non ho il tempo, dice Lorina, e intanto lo guarda con un’espressione curiosa, come cercando qualcosa dentro di sé. Va bene, dice Gianpiero, in ogni caso sono contento che lei sia riuscita a scuotere la mia attenzione: rischiavo di continuare così chissà ancora per quanto. Adesso comunque va tutto bene.
Lorina si allontana di alcuni passi, ma poi si ferma e si volta nuovamente verso Gianpiero. E’ come se tutto questo fosse già accaduto, gli fa. Lo so che è una sensazione che a volte si può provare, ma in questo caso è diverso, è tutto molto più preciso, più netto, quasi più dettagliato. Lui la guarda con espressione indecifrabile, poi dice: lo so, ne sono cosciente, sono io che forse la stavo aspettando, che in qualche modo sapevo che sarebbe arrivata, per questo probabilmente mi sono messo qui al bordo di questa strada. Ma non ha senso, dice Lorina, noi non ci conosciamo.
Non vorrei spaventarla, dice Gianpiero mentre volge lo sguardo in un’altra direzione pur stando fermo, vorrei soltanto che lei approfondisse da sola le sue riflessioni. Ma non riesco a capire neppure cosa io debba fare, dice lei: vorrei proseguire con le mie cose, ma qualcosa mi trattiene qui; qualcosa che pare anche avere una certa importanza. Non si preoccupi, fa lui, io sono soltanto una persona qualsiasi, non c’è niente che scada esattamente in questo momento: lei può continuare tranquillamente il suo percorso, io posso salire di nuovo sulla mia auto, da ora in avanti noi ci immergeremo nuovamente ambedue nella nostra indifferenza, e niente probabilmente ci riavvicinerà più di adesso; saremo per sempre due sconosciuti, dobbiamo accettarlo, anche se forse non era esattamente questo il nostro destino.


Bruno Magnolfi    

martedì 19 agosto 2014

Quasi volutamente estraneo.

            

Forse, rifletteva Cesare Bonini, forse ci riesco. Non era troppo difficile, si trattava soltanto di impegnarsi un po' di più fino ad arrivare in cima alla salita, tanto per fare un minimo di allenamento. Sono piccoli sforzi, questi, è sufficiente convincersi di esserne capaci, pensava, il resto poi è soltanto una sciocchezza.
Invece era crollato, Cesare Bonini, senza più fiato e con le gambe doloranti, peraltro ormai a poca distanza dalla meta, quella che si era prefissato di raggiungere come per una ennesima scommessa con se stesso. Era soltanto un gioco, lo sapeva, ma adesso gli era parso proprio che tutto il resto avrebbe fatto da lì a poco la medesima fine. Non aveva più entusiasmo, ecco il punto, ed adesso riusciva solo a compiangersi per quello che non si sentiva più in grado di fare.
Per questo motivo lei aveva continuato ad aspettare Cesare Bonini quella sera, con tutto l'impegno e la voglia di ogni sera, ma lui non si era fatto vedere, né durante quella sera, e neppure in quelle seguenti. Trascorsero quasi due mesi in questo modo, lei piena di un esagerato orgoglio per poterlo davvero cercare, e Cesare Bonini perso dietro a dei pensieri che forse non aveva mai neppure avuto, ma che adesso lo inchiodavano ad una solitudine quasi senza speranza. Infine lui prese tutto il coraggio che riusciva ad avere dentro di sè, e le inviò un biglietto.
Ciao, le diceva, cercando di tenere un tono allegro, quasi come se non ci fossero mai state tra di loro tutte quelle promesse di sentimenti e di futuro assieme. Non posso dire che non sia successo niente, le spiegava; né allo stesso tempo che sia accaduto veramente qualcosa di importante. Sto bene, ti ho pensato spesso, non ci sono veri problemi come forse potresti facilmente immaginare. La prossima settimana passerò sotto casa tua come sempre, ti lancerò il nostro segnale pattuito, e se tu vuoi potremo vederci e magari ricominciare tutto come prima.
Poi Cesare Bonini aveva infilato il biglietto in una busta che a dire la verità aveva tenuto in tasca per diversi giorni, fino a stropicciarla e a renderla sgualcita, e quando infine si era deciso a consegnarla, una sera uggiosa piena di nuvole e promesse di cattivo tempo, e ad infilarla nella cassetta per la posta di lei, si era accorto all'ultimo momento che nel proprio messaggio non aveva detto niente di quel suo silenzio. Non le aveva neppure chiesto scusa per il suo comportamento, e non le aveva neanche fatto cenno dei suoi sentimenti o dei suoi rinnovati propositi per il futuro. Così si era vergognato almeno un pochino quando ugualmente aveva messo il biglietto nella sua destinazione, ma in ogni caso, dopo averlo fatto, si era comunque sentito subito meglio.
Cesare Bonini non ricevette mai alcuna risposta, nessun segnale fu capace di far tornare le cose così come erano state precedentemente, ed una sera, camminando volutamente lungo quelle strade in cui sapeva avrebbe probabilmente potuto incontrarla, la incontrò davvero, ma soltanto per rendersi conto in quell’attimo per lui quasi imbarazzante, che lei non aveva più voglia neppure di guardarlo, proprio come ci si comporta con un qualsiasi estraneo.


Bruno Magnolfi

lunedì 11 agosto 2014

Speranze in equilibrio.

          

Dovrei togliere per bene le pieghe dalla gonna e dal vestito prima di muovermi da qui, pensa lei mentre cerca di rispondere all'ultima richiesta con un piccolo gesto e poi praticamente con un semplice sospiro. Non sono molto soddisfatta, aggiunge però subito dopo a voce bassa; in fondo, riflette di seguito come parlando tra sè, reputo di meritare qualcosa di più che qualche normale complimento. Sono d’altronde abbastanza giovane, anche di bell'aspetto, e sono sicura che non dovrà passare ancora molto tempo prima che qualcuno tra coloro che contano si accorga delle mie capacità. Lui annuisce mentre la guarda, forse reputando di poter immaginare perfettamente i suoi pensieri, in ogni caso consapevole di non aver proprio compreso fino in fondo quei sospiri, e probabilmente conservando la voglia di mostrarle in qualche modo con maggiore decisione quanto possa essere convinto anche lui di quello che lei ha appena detto, pur non trovando le parole adatte per spiegarglielo. Così resta semplicemente in un silenzio ambiguo, osservandola con uno sguardo incerto, quasi perplesso.
Per recuperare però le dice subito che secondo lui non è giusto quanto accade in certi ambienti, e quanto lo disgusti quella normalità imperante di non accorgersi in alcun caso di un bel niente; e se anche un tizio, le dice certe volte, riesce a notare qualcosa di buono in qualcuno, ecco che subito fa finta di nulla, per poi addirittura voltarsi dalla parte opposta, magari per evitare di far mostra di una propria debolezza, oppure per una vera e propria personale incapacità di fondo.
Lei si alza dalla poltroncina del caffè all'aperto, getta un'occhiata lungo il marciapiede di quella via centrale, poi dice: sento la volontà di fare due passi, quasi per convincere se stessa di questa sua voglia precisa. Lui si alza velocemente dietro lei, lascia in fretta una mancia al cameriere, e quindi con solerzia le va dietro, riconquistando il suo fianco come gesto e posizione principale di tutto il suo darsi daffare. Probabilmente loro sembrano una coppia come tante, pensa lui, almeno all'apparenza, anche se di fatto si vedono di rado; in ogni caso a lui pare di essere migliore tutte le volte che riesce a trascorrere un pomeriggio od una serata insieme a lei, e questo forse è tutto ciò che secondo il suo parere alla fine conta per davvero.
Certi giorni mi pare di poter essere quasi contenta di quanto sembra succedere, fa lei, ma altre volte mi sento affranta da tutta questa situazione. Non voglio sostenere certo di sentirmi una depressa, però sicuramente spesso mi viene a mancare l'entusiasmo di cui invece provo la necessità. Lui a queste parole si sente di abbracciarla, di dirle che lei è senz'altro la migliore, e che ci vorrà soltanto un poco di pazienza, e poi le cose inizieranno sicuramente a filare in modo giusto. Lei si schernisce a quel punto, dice che certe volte non le importa neppure per tutto quel tempo passato a scuola di recitazione, e che ciò che le interesserebbe più di tutto, almeno in quel momento, è sapere soltanto che qualcuno riesce finalmente ad apprezzarla per la sua personalità, per il suo piglio, per quel suo modo particolare di affrontare tutte le cose.
Camminano, quando non stanno su da lei, senza neppure avere mai una meta precisa: lei quasi sempre con quel suo broncio che ogni tanto quasi impercettibilmente varia in un sorriso, e lui che parlando sembra ogni volta voler condannare esageratamente le difficoltà che lei dice di incontrare sulla strada delle sue aspirazioni. Quando si salutano lui le lascia sempre qualche parola di speranza insieme ai soldi che le permettono di tirare avanti ancora qualche tempo. Sono soltanto dei prestiti, si dicono spesso senza neppure usare le parole, e forse non c’è neanche bisogno di sottolinearlo.


Bruno Magnolfi

domenica 3 agosto 2014

Immune alla vita ordinaria.

           

Tutto avviene dentro di me, non c'è niente di male in questo, rifletto con calma. E’ sufficiente appena un pizzico di questa polvere celeste, tanto per iniziare, e poi così farò reagire il mio organismo quel tanto che basta per dar vita ad un lento processo verso l'immunità. Da ora in avanti dovrò semplicemente tenere sotto controllo le dosi da assumere ogni giorno, sempre alla medesima ora, sempre un grammo in più ogni volta. Questo veleno per i topi è potente, lo ha detto con chiarezza il tizio che me lo ha venduto, ed è un prodotto che posso acquistare facilmente in tutti i negozi per orticoltura e cose del genere.
Ci vorrà molto tempo, ne sono cosciente, ma non ho alcuna fretta; dovrò affrontare dei sicuri rivolgimenti di stomaco, dei dolori anche persistenti in tutto l’apparato digestivo, ma poco per volta il mio fisico si adatterà a questo prodotto, reagirà con forza producendo gli anticorpi che servono, e tutto procederà così fino a quando riuscirò infine ad assumere una dose completa di questo veleno senza lamentare alcuna reazione. Sono immune, potrò allora gridare in faccia a chiunque; cosa della quale voialtri non potete affatto vantarvi, né adesso né mai, esseri goffi come siete, miseri organismi frutto soltanto di debolezze, corpi fragili, facili prede di qualsiasi sostanza, persino di uno stupido veleno per topi.
Il mio corpo è il miglior laboratorio che esista, rifletto, posso tentare su di lui gli esperimenti che voglio, e plasmare con decisione e costanza tutto ciò che mi passa dentro la testa. La polvere celeste ormai è entrata in circolo, ne avverto già qualche reazione, esco di casa per camminare in mezzo alla gente e così lenire in qualche modo questi piccoli dolori che provo. Sorrido forzatamente mentre incontro tutte queste ignare persone, loro non sanno minimamente ciò che sta avvenendo dentro di me, questo processo che lentamente sta cambiando tutto di questo mio corpo. Non sto molto bene, ma è un elemento del tutto momentaneo, e poi non è affatto importante, perché è proprio nel superamento di fasi del genere che riuscirò a diventare superiore a chiunque. Gli altri non lo sanno, non riescono neppure ad immaginare il lento processo a cui mi sto sottoponendo, non si rendono affatto conto di ciò che sta elaborando autonomamente il mio perfetto organismo, non comprendono per nulla quanto qualcuno come me possa in questa maniera essere differenti da tutti.
Sono costretto a fermarmi nei pressi di un angolo per via di un tremore alle gambe; la testa mi gira, mi sento confuso, ma sono soltanto le ultime avvisaglie del mio organismo che sta prepotentemente superando la crisi. Sto già meglio, lo sento, sono già oltre il confine, oltre la linea di demarcazione tra me e tutto il resto, rifletto: adesso posso guardare tutti gli altri con occhi diversi, vantare persino nel mio atteggiamento la superiorità che oramai mi sono conquistato in questa maniera. Adesso sono migliore, rifletto, inutile persino negarlo.


Bruno Magnolfi