giovedì 28 giugno 2018

Saluti superflui.



La madre senza guardarla dice qualcosa a voce bassa, mentre si sposta lentamente intorno al tavolo della cucina, ma lei finge di non aver neppure sentito quelle poche parole che le paiono dettate soltanto dalle abitudini e dai modi di sempre. Segue un piccolo silenzio piuttosto teso durante il quale la figlia si aspetta di ascoltare la ripetizione dello stesso discorso, ed infine difatti l’anziana donna conferma con voce appena meno tollerante di prima, quanto aveva già chiesto alla figlia: sei sicura di dover uscire proprio in questo momento? le fa, come se intendesse mettere in dubbio l’importanza o la legittimità di ciò che lei abbia da fare. Ma certo, dice la figlia, tanto non ci metterò neanche molto tempo, tra un’ora o poco più sarò di ritorno.
La mamma allora si siede, mostrando l’atteggiamento rassegnato di chi ancora una volta deve subire la realtà non potendola gestire come vorrebbe. Osserva qualcosa di un vecchio giornaletto sul piano del tavolo mentre la figlia si prepara, poi quando lei apre la porta in fondo al corridoio prima di salutarla, chiede se può acquistarle delle sigarette. Lo sai mamma che ti fa male fumare, dice la figlia, forse te ne porterò una, ma deve bastarti per tutta la giornata. Poi torna indietro con l’espressione corrucciata di chi sta dimenticando qualcosa di veramente importante, entra per qualche attimo nella sua stanza, ed infine torna in cucina guardando sui mobili, mentre richiude la sua borsetta dopo averci guardato dentro.
Avevi dimenticato le chiavi di casa? le chiede l’anziana donna guardandola con occhi piuttosto spenti. No, fa lei, avevo soltanto preparato un elenco delle cose da fare e da comprare, ma adesso chissà dove l’ho messo. In ogni caso, fa l’altra, se non hai le chiavi non preoccuparti: tanto ci sono io in casa per aprirti. Va bene mamma, ho capito, d’altronde dove vorresti andare; è solo che non capisco come abbia fatto a perdere il mio foglietto. Lo ritroverai, fa l’altra, in questa casa non si è mai perso niente. Certo, dice la figlia spazientita, però si dà il caso che mi serva in questo momento, e non più tardi o magari domani. Come vuoi tu, fa la madre con l’aria rassegnata di chi si sente brontolare anche per un nonnulla.
Poi si alza dalla sua sedia e con lentezza studiata apre un cassetto della credenza: forse hai messo qualcosa qui dentro, dice mentre la figlia ha già ripreso a guardare dentro alla borsa. No, non preoccuparti, è soltanto una cosa che riguarda la mia distrazione, la mia memoria, però se adesso non trovo quel benedetto foglietto sto male, dice sbuffando e rovistando un po’ dappertutto. Intanto la mamma ha già aperto con indifferenza un altro cassetto e sembra voler passare in rassegna tutto quello che le capita davanti agli occhi, ma giusto per dimostrare alla figlia il suo impegno, perché per il resto non osserva neanche le cose che vede.
Va bene, dice la figlia alla fine; più o meno mi ricordo quello che vi avevo scritto, in fondo posso anche andarmene senza il mio elenco. Ma in quel momento sopra al mobiletto vicino alla porta rimasta socchiusa il suo foglietto eccolo lì, in bella vista. La mamma lo vede mentre lei va diretta per prenderlo per non farsene accorgere, così le dice soltanto: certe volte le cose stanno nei posti più abituali. Ma questo non lo dice per farsi ascoltare da sua figlia, quanto per dare alle sue parole un sapore superiore ad un dialogo qualsiasi, quasi come un monito di ordine generale, ed è per questo che l’altra apre la porta ed esce senza neppure un saluto.


Bruno Magnolfi


mercoledì 27 giugno 2018

Sguardi sinceri.


            

            Mi sento disperato, dice lui guardando dritto avanti a sé verso un indefinito punto fisso. L’altro non risponde niente, gli pare comunque che ogni cosa in quella piccola azienda si stia come predisponendo al peggio anche se lui non è ancora riuscito bene neppure a comprendere quali siano i veri motivi della catastrofe incombente, mentre continua a cercare, ma soltanto per dovere professionale, di non demoralizzare ulteriormente il suo cliente. Vorrei chiudere qui con quanto è accaduto, riprende lui; voltare questa pagina definitivamente ed immaginare da ora in avanti che tutto intorno a me riesca miracolosamente a risorgere, anche se non saprei proprio comprendere in quale maniera. Guardo il mio lavoro, la mia attività di sempre, le cose in cui ho sempre creduto, e mi sembra tutto ormai così distante, quasi che da ora non sapessi fare più praticamente nulla, neppure qualcosa direttamente con queste mie mani. Potrei però tentare un’ulteriore mediazione con la banca, dice l’altro; se ci riuscisse di farci accordare almeno un po’ di ossigeno, forse potremo essere in grado magari di trovare una nuova piccola commessa, giusto per farci andare avanti quanto serve a rimetterci in pista. Se l’approva posso anche attivarmi subito.
Va bene, dice lui già più distante: possiamo anche provare, non costa quasi niente farlo, però la completa mancanza di entusiasmo che ho in questo momento si spalmerà irrimediabilmente su tutto ciò che cercherò di fare. Questo è probabile, fa l’altro, in ogni caso il percorso non può certo essere diverso da questo che ho indicato, ed il mio consiglio da consulente d’impresa e anche da sostenitore di questa azienda è che si tenti ulteriormente almeno questa strada, mettendo purtroppo sul piatto della bilancia l’ultimo immobile rimasto tra tutte le proprietà della famiglia. È una decisione grave, fa lui; non posso certo prenderla a cuor leggero, ci devo pensare almeno per un giorno, e darne informazione come minimo anche ai miei, per poi trovare il coraggio per intraprendere quest’ultimo percorso. Io non penso sia proprio il caso di parlarne con troppa gente, fa l’altro: ognuno ad ascoltarla direbbe la propria opinione ed il proprio pensiero, col risultato di confondere le cose e renderle persino più difficili.
D’accordo, fa lui, adesso però mi dia almeno il tempo di pensarci sopra questa sera, vorrei ritrovare la mia consueta freddezza per le decisioni, prima di convincermi di averla completamente perduta. Certo, fa l’altro, tra un attimo la lascio solo, magari ci sentiamo più tardi. Va bene, dice lui mentre lo accompagna verso la porta dell’ufficio. Poi torna a sedersi presso la sua scrivania, osserva le matite, le cartelline, tutti gli oggetti che ancora stanno sopra quel piano di lavoro che ne ha già viste parecchie, ed improvvisamente gli sembra di stare bene, come di essere completamente fuori da quell’incubo opprimente che ha caratterizzato quegli ultimi mesi. Si alza, tira fuori una bottiglia da un armadio, beve un bicchierino, e poi osserva quelle foto incorniciate sopra le pareti che continuano a mostrare tutta la sua carriera di piccolo imprenditore. Poi torna a sedersi, la sua tranquillità lo rende coraggioso, si osserva per un attimo le mani, poi prende il telefono, compone un numero diretto e gli risponde dopo poco il direttore della banca.
No, fa lui all’apparecchio, non importa interpellare nessun altro, da questo momento non c’è più bisogno di alcun intermediario: tratterò direttamente io gli affari della mia piccola azienda, e se non vorrete accordarmi un ulteriore prestito per superare questa fase, lo dovete fare senza profili professionali interposti, ma semplicemente guardando me negli occhi.

Bruno Magnolfi

lunedì 25 giugno 2018

Minoranza.



C'è spesso una specie di sibilo dentro le mie orecchie, generalmente un suono indeterminato che comunque appare fine, aggraziato, quasi piacevole, e che emerge soltanto a tratti sopra ai soliti rumori infernali della mia giornata. Mi ritrovo  a seguirlo mentalmente qualche volta, e sento mentre lo ascolto che lui evolve rapidamente e in modo autonomo verso alcuni accordi, a volte giungendo a dipanarsi brevemente in un’armonia dolce, squisita, quasi come una carezza. La maggior parte delle persone che mi capita di incontrare durante i miei spostamenti quotidiani non si accorge assolutamente di un bel niente, anche perché forse non ha la minima idea di quanta ricchezza riesca a possedere anche una sola persona, e se solo cercassi di spiegarlo, chiunque di loro mi prenderebbe semplicemente per un matto. In sostanza i più non riuscirebbero neppure a farsene una ragione vera, perché quasi tutti ormai ritengono che il mondo in generale si esaurisca in loro oppure accanto a loro. Solo alcuni, persone forse più attente, individui da ritenere probabilmente più sensibili, comprendono e mettono in conto che ci possa essere qualcosa del quale, pur non sapendone quasi nulla, risultano senz’altro incuriositi, e si dimostrano persino attratti da elementi che purtroppo a loro sono sfuggiti fino adesso.
Il mio sibilo interno prosegue mentre parlo del più o del meno con qualcuno, ed io cerco di esprimere come posso tutte le mie opinioni, e mi viene anche da sorridere ogni volta che uno di questi con cui scambio dei pensieri cerca di convincermi che non c’è proprio nient’altro alla fine di quello che lui riesce a tratteggiare, non c’è niente alla fine delle sue idee e delle semplici parole che è capace di utilizzare intorno ad ogni argomento. I miei accordi musicali li sovrastano mentre continuo comunque ad ascoltarli, e tutto nasce proprio dalla semplicità di quanto gira dentro la mia testa, anche se poi sembra tentare come di ammutolirli, pur restando un’altra cosa, un’altra realtà, un diverso modo di intendere ogni cosa proprio per le motivazioni che la mia musica interna sembra porti avanti. Mi accorgo subito, quando incontro una persona che, al contrario di questa maggioranza di soggetti, riconosce subito l’armonia che tra noi potrebbe essere in comune ed è consapevole come me che la realtà sta proprio in altro modo, cioè non così determinata e definita come si vorrebbe, ma piena di infinite sfumature, che qualcosa inizia subito a legare in qualche maniera i nostri pensieri, lasciandoli più liberi, meno terreni, capaci di evoluzioni senz’altro positive e interessanti.
Poi saluto tutti e me ne vado verso le cose che normalmente più mi attraggono, e quando mi ritrovo ormai da solo, ripenso subito a quanto sono stato capace di essere me stesso con chi ho incontrato: non lo so per certo, questa è la verità, ma penso che chiunque abbia avuto qualcosa per cui esprimere in piena libertà il proprio pensiero, si possa adesso ritenere soddisfatto, anche se alla fine c’è sempre stato il mio sibilo ad indicare una diversa appartenenza di tutte le mie idee, che anche se non sono state condivise dalla maggior parte delle persone con cui ho avuto la fortuna di parlare, comunque hanno indicato una precisa direzione di cui adesso essere orgogliosi, fino a comprendere che non poteva proprio essere in nessun’altra maniera.


Bruno Magnolfi   


domenica 24 giugno 2018

Senza senso.




Mi dispiace, dice quello che maggiormente se ne intende di medicina, ma la donna non può proprio camminare. Gli altri si guardano con espressioni perse, a nessuno viene voglia neppure di chiedere ulteriori spiegazioni, ed uno o due di loro tornano a sedersi lasciandosi sprofondare sopra le sedie impagliate che stanno attorno al tavolo di legno, quasi senza un’altra precisa volontà. Potremmo approntare una barella però, dice dopo qualche minuto di silenzio lo stesso tizio che ha parlato poco prima: si possono usare alcuni pali di legno che ho intravisto là fuori, e poi stendere su quelli un lenzuolo ben legato.
Certo, dice un altro, lo possiamo fare; in considerazione però di tutta la strada disagevole che ci sarà da affrontare, un fardello del genere diventa un rallentamento notevole della nostra già stretta tabella di marcia. Può darsi che in questo modo non si riesca neppure ad arrivare a destinazione per l’orario che abbiamo pattuito, e questo fatto ci metterebbe nella condizione di essere un semplice bersaglio per chiunque voglia disfarsi di gruppi come il nostro.
Dobbiamo correre il rischio, dice un altro che è rimasto in piedi; non abbiamo alternative. Ci daremo il turno ad esempio ogni dieci minuti per sostenere la barella, e per il resto affronteremo tutto quanto come avevamo già previsto. Nessuno degli altri trova alla fine niente da ridire rispetto a questo progetto, e due di loro subito escono come per dar seguito a quanto stabilito ed approntare quindi la lettiga. Ma al momento in cui le cose sembrano già essere impostate, esce la donna leggermente zoppicando, e fermandosi sulla soglia della porta dice agli altri: lasciatemi qui; ci sono maggiori probabilità che ritorniate in fretta a prendermi una volta raggiunta la vostra destinazione, piuttosto che rischiare tutti di arrivare in ritardo e compromettere l’operazione.
Gli altri si guardano, probabilmente ha ragione in pieno pensano tutti, così con due parole quello che sa di medicina si offre di rimanere insieme a lei, e gli altri raccolgono velocemente le loro borse e se ne vanno dopo poco, senza ulteriori indugi. Loro due rientrano nella baracca, la donna si siede, lui cerca di sistemare al meglio le cose utili che sono rimaste a disposizione là dentro. Ce la possiamo fare, le dice con un mezzo sorriso sulle labbra: in fondo abbiamo molto tempo prima che ci scoprano, possiamo starcene tranquilli almeno per un po’.
Ma un forte boato irrompe nell’aria tiepida e tranquilla lasciando loro due senza parole. E’ soltanto il tuono, dice lei dopo un momento: un temporale si sta facendo avanti, non c’è niente d’altro per il momento che ci sta minacciando. La pioggia dopo un attimo arriva copiosa, il tetto della baracca suona come un tamburo sotto alle grosse gocce, i due guardano fuori il paesaggio fradicio ed aspettano con calma ancora pieni di speranza.  
Sono stufo di tutto questo, dice lui di colpo; mi sembra persino impossibile che si possa essere finiti in questo modo. Certo, ce la caveremo in un modo o nell’altro, ma tutto questo non avrà avuto alcun senso una volta giunti al termine. Hai ragione, fa lei, forse non avremmo mai dovuto imbarcarci in questa situazione, sarebbe stato sufficiente pensarci meglio, riflettere di più, calcolare meglio i rischi, anche se adesso è del tutto stupido tentare dei ripensamenti.

Bruno Magnolfi

mercoledì 20 giugno 2018

Falsità bonarie.



Io non sono quello che sembro. Certe volte per esempio fingo di tenere fortemente ad un qualcosa di generico che magari tutti conoscono e sul quale hanno anche probabilmente delle idee piuttosto precise, nonostante nella realtà più profonda a me non me ne importi proprio un bel niente. In questo modo però riesco ad incuriosire con facilità i soliti frequentatori del circolo presso questa associazione umanitaria dove trascorro quasi tutti i miei pomeriggi, lasciando all’ interesse che manifestano alcuni tra loro di formulare delle domande piuttosto circostanziate, alle quali naturalmente trovo la maniera per non rispondere mai, lasciando immaginare in questo modo che ciò che avevo da dire fin dall’inizio su quell’argomento sia stato in grado precedentemente già di averlo debitamente spiegato.
Spesso mi contraddico mentre faccio queste tirate, è del tutto inevitabile, e ci stanno poi sempre i soliti che subito si sentono pronti a sottolineare ciò che al contrario avevo sostenuto appena l’altro ieri oppure qualche settimana addietro, ma col mio sistema basato su di un sorrisetto che lascia supporre tranquillamente qualsiasi cosa, riesco quasi sempre ad uscirne piuttosto bene da queste situazioni piuttosto imbarazzanti. Naturalmente ci sono delle persone che in base alle mie prese di posizione mi scansano subito, indipendentemente anche dall’argomento di cui provo a parlare, ma questo in fondo mi pare perfino piuttosto normale.
Certe volte sono quasi contento che le mie parole portino in giro sulla faccia degli altri che mi trovo attorno un po’ di irritazione. In fondo credo non ci sia niente di male in questo, non si può essere sempre tutti d’accordo su qualunque faccenda, ognuno di noi avrà pur diritto di avere una propria opinione, anche se questa è soltanto il frutto del momento in cui viene espressa, o anche dell’umore con cui si cerca di spiegarla a chi ci circonda. Mi ascoltano con attenzione quasi tutti comunque, forse proprio perché gli aggettivi più importanti, quelli che caratterizzano le mie frasi salienti, cerco sempre di metterli verso la fine, annidando lì in poche parole la vera opinione che cerco di esprimere.
Qualcuno non manca di arrabbiarsi ma io lo lascio perdere. Non sono proprio io stesso in queste cose che dico e che sostengo, vorrei quasi spiegare a tutti. Non è colpa mia penso mentre li guardo se ci cascate regolarmente come dei tonti; non me ne importa un bel niente di una faccenda o di quell’altra, ve lo lascio credere soltanto per darvi un poco di brio, per farvi riflettere, per tentare di spostare anche la vostra opinione se mai ne avete una. Se ci pensate bene è soltanto un piccolo scherzo, una specie di recita in cui io mi identifico in qualcuno che pensa delle cose diverse dagli altri, ed in questo poi non c’è niente di male. 
Uno di questi giorni mi farò vedere per la prima volta come quello che sono davvero, e mi mostrerò profondamente dispiaciuto per quello che ho fatto a loro in tutti questi anni. Mi scuseranno e comprenderanno senz’altro questi poveri creduloni che sono quasi sempre cascati nelle mie prese di giro; di questo ne sono già più che sicuro.


Bruno Magnolfi


lunedì 18 giugno 2018

Conquista raggiunta.



La chiamano a voce alta anche per diverse volte durante questi pomeriggi di sole mentre se ne sta in solitudine da una parte, non tanto perché vorrebbero averla insieme con loro, visto che lei non dice quasi una parola e non è certo una persona di grande compagnia, quanto perché desidererebbero tutti che la smettesse di giocare sempre con l’acqua come certe volte continua a fare per ore ed ore in queste lunghe giornate d’inedia. Carla va fino alla fontanina in pietra in fondo all’ ampio cortile tutte le volte in cui ne sente la voglia, appoggia a terra con attenzione le due o tre bottiglie di plastica che porta spesso con sé, e poi con metodo inizia a riempirle, lentamente, senza versare mai neppure una goccia di quell’acqua fresca e limpida che scorre piacevolmente dal rubinetto. Poi travasa il liquido da una bottiglia all’altra, come fosse quello un elemento estremamente prezioso, e prosegue a fare tutte queste operazioni fino a quando qualcuno non riesce a convincerla in qualche modo a smettere.
Sono i quantitativi quelli che contano, la capacità di ogni recipiente di tenere dentro di sé più o meno liquido, e questo con certezza non è un dato scontato, ma varia indipendentemente dalla forma esterna che hanno fatto assumere all’involucro dentro la fabbrica dove è stato generato. Sono queste in fondo le scoperte più importanti che si possono fare quando si sperimentano cose di questo genere, proprio perché alla fine l’elemento essenziale che ci porta tutti un passo avanti è esattamente la coscienza con cui si affrontano le vicende reali che ci capitano, con il loro vuoto, oppure il pieno, sia di senso che di significato.
Poi Carla si scuote, raggiunge le altre donne della sezione femminile di cui fa parte, e si mette in un angolo forse a meditare le nuove scoperte che è riuscita ultimamente a mettere davvero insieme. Qualcuna la guarda con intensità e magari sorride alle altre, mostrando quell’incomprensione che lei però conosce benissimo e che riesce a sopportare senza alcuno sforzo, gettandosi attorno tutta quell’indifferenza che da sempre prova per chi non sa comprendere neppure i rudimenti della sua fondamentale scienza. Infine Carla si siede, da sola, senza chiedere alle altre alcuna attenzione per se stessa, ed è allora che una o due tra tutte si avvicinano a lei pur senza rivolgerle mai delle domande in forma diretta.
Sono soddisfatta, fa Carla a un certo punto; i miei esperimenti hanno mostrato in questi ultimi tempi che ci sono delle verità che purtroppo non conosco proprio per niente. Cose di cui non ho neppure sentito mai parlare; ma questo fatto per me è senz’altro positivo: significa che con la curiosità e l’applicazione che riesco ad impiegare posso facilmente scoprire addirittura anche dentro di me tutte quelle cose che non avrei mai creduto ci potessero davvero essere. Perciò mi sento pronta a lasciare per strada tutto ciò che adesso mi appare soltanto una zavorra, e sostituire il vuoto che viene a formarsi in questo modo con nuove idee e con nuove esperienze. Presto sarò del tutto rinnovata dice con compiacimento, e questa raggiunta fase sarà del tutto una mia importantissima conquista.


Bruno Magnolfi


giovedì 14 giugno 2018

Sbagli clamorosi.



Stanno tutti fermi nel momento in cui li guardi, ma appena sono sicuri di non essere osservati, ecco che iniziano a girarsi, a parlare tra di loro, a ridere e scambiarsi segnali di condivisione. Allora cerchi di ignorarli, di fingere che neppure siano qui, proprio da queste parti dietro di te, e che le cose di cui parlano risultino soltanto il frutto di superficialità e di semplice egoismo. In certi casi, sempre volgendo loro le spalle, ti soffermi ad ascoltare quei loro discorsi, e spesso ti pare persino impossibile che dicano davvero cose di quel genere.
Non ha alcuna importanza rifletti, sono soltanto costituiti di quel nulla che in un brutto giorno li ha voluti chissà come generare, e forse loro stessi prima o dopo si renderanno conto in maniera autonoma che i loro argomenti, con quanto pretendono di essere migliori di qualsiasi altra conclusione, non faranno altro che portare tutto quanto verso qualcosa che sarà peggiore di qualsiasi già nefasta previsione.
Poi però ti chiamano, mentre già ti eri quasi disinteressato dei loro comportamenti, e allora ti volti manifestando una certa sorpresa, ed ecco che quelli ti chiedono subito se vuoi provare a stare assieme a loro. Naturalmente fai cenno di no con la tua mano, come se avessi ben altro di cui occuparti in questo preciso momento, e per dimostrazione di questo pensiero ti allontani subito come se non avessi niente a che fare con gente di quel tipo, o forse per evitare ulteriori richieste da parte loro. Però inizi a pensare all’offerta che ti è stata fatta, e riflettendola meglio non ti sembra più così completamente assurda com’era sembrata inizialmente.
Così torni sui tuoi passi, ti fermi, loro sembrano ancora immobili, in attesa, però ti pare che sulle loro facce si sia formato un lievissimo sorriso. Ti guardi attorno, non trovi niente di anormale in tutto ciò che ti circonda, così vai a sederti su di una seggiolina del caffè all’aperto dove stanno tutti, mentre gli altri non sembrano neppure meravigliarsi troppo del tuo arrivo. Per il momento non hai voglia di parlare con nessuno, sia ben chiaro, però sai bene che ti verrà domandato qualcosa tra pochissimi momenti, perciò dovrai rispondere e spiegarti, ma sempre che tu ne abbia davvero voglia, ed insieme alle tue parole forse scivolerà via quella diffidenza che hai sempre avuto verso coloro che per tutto questo tempo hai considerato degli estranei.
Ti parleranno probabilmente di cose semplici, quasi di ovvietà, ma lo faranno giusto per instaurare un primo collegamento tra quelli che tu consideri due mondi differenti. Ed invece no, ecco che ti offrono qualcosa da bere, ti dicono che se non ti va puoi andartene in qualsiasi momento, ma se rimani lo fai soltanto per una tua precisa volontà, perché nessuno di loro ti trattiene. Come ti chiami, chiedono poi sommessamente, e tu lo dici, ed aggiungi subito qualcosa che sa di personale, esattamente come il tuo nome, e loro ascoltano, lasciano che tu spieghi i tuoi argomenti, tu dica quello per cui provi qualche necessità, ciò che ti sembra di poter estrapolare tra i tuoi pensieri in questo momento esatto, insieme a tutto quello che hai sempre considerato come una semplice profonda verità. Quando infine te ne vai saluti tutti: sono come me, pensi già meravigliandoti degli stessi tuoi pensieri; soltanto non sanno di sbagliare.


Bruno Magnolfi


domenica 10 giugno 2018

Urlo inadeguato.



Durante alcuni pomeriggi particolarmente luminosi, nelle ore che normalmente dedico alla riflessione attenta della realtà in tutte le sue particolari manifestazioni, mi capita di provare il desiderio di uscire con una certa tranquillità sopra al terrazzino del mio appartamento al terzo piano, come per dare un’occhiata alla strada piena di sole che passa proprio qui sotto; e forse per la stessa meraviglia che subito mi prende, ma anche per la voglia di farmi sentire da tutti coloro che transitano a piedi lungo il marciapiede, lancio un urlo con tutta la voce che mi riesce di avere in gola. Qualcuno si volta e ride divertito, altri fermandosi si sentono quasi offesi per le mie manifestazioni, in ogni caso ormai da un po’ di tempo chiunque si trovi a passare da queste parti, non manca mai di gettare un’occhiata verso le mie finestre.
Nel negozio all’angolo dove mi fermo quasi sempre ad acquistare le mie sigarette, mi dicono complimentandosi che il mio è proprio un urlo esistenziale, perciò apprezzato, altri però mi fermano lungo il tragitto accanto a casa anche per dirmi che dentro alla mia espressione c’è il senso di sofferenza esatto del nostro quartiere, stritolato in modo speciale lungo alcune vie, dal traffico e dall’inquinamento. Sorrido, non mostro mai alcuna certezza da condividere, mi basta sapere che in giro si stanno formando delle manifestazioni di apprezzamento e di curiosità nei confronti di quello che faccio. Così torno a casa con i pacchetti delle mie sigarette preferite, poi mi siedo, mi rilasso accendendomene subito una, ed a seguito anche un’altra, e penso alle piccole cose che spesso torturano i miei giorni soltanto con il loro semplice mostrarsi in modo negativo, contrastando il fluire lento e piacevole delle ore che si dipanano fuori e dentro la mia mente.
Infine torno ad uscire sopra al terrazzino, qualcuno già mi guarda, altri forse dietro alle tende delle loro case aspettano con ansia la mia espressione naturale, il mio mostrarmi al mondo, la mia piccola e inconsueta forma d’arte che così tanto fa parlare di sé almeno lungo questa strada. Ma forse per effetto di tutte le sigarette delle quali ultimamente sto un poco abusando, mi esce un grido che invece di distendersi come tutte le altre volte, verso la fine pare come strozzarsi, degradandosi a rantolo rauco prossimo ad un attacco di tosse, che fortunatamente riesco comunque ad evitare. Avverto una risata da qualche parte, e subito rientro.
Non mi aspettavo proprio un epilogo del genere, non ero preparato al tradimento improvviso della mia stessa voce, tanto che vorrei fosse possibile cancellare tutto, magari preparando meglio la mia gola a sostenere quello sforzo che le imprimo. Ma la frittata ormai è fatta, ed il senso di ridicolo che mi è calato addosso inesorabilmente non mi permetterà più, almeno in tempi brevi, di esprimermi ancora nel mio urlo di sempre. Me ne farò una ragione penso, attenderò con infinita pazienza l’occasione buona per tornare a cimentarmi nel mio grido verso gli altri, e questa volta comunque saprò mostrarmi maggiormente preparato, conscio come mi sento delle mie formidabili potenzialità, perfettamente all’altezza di ciò che tutti quanti inevitabilmente si attendono da me.


Bruno Magnolfi


lunedì 4 giugno 2018

Futuro impossibile.



In giornate come questa vorrei fermarmi, dice con voce pacata l’uomo a sua moglie. Non essere stupido, fa lei, non ce lo possiamo certo permettere. Non dicevo questo, cerca di spiegarsi meglio lui, è solo che d’improvviso mi sembra quasi tutto inutile, un’assurda e continua corsa in avanti senza alcun significato e nessuno scopo da raggiungere. Va bene, fa lei, hai prodotto anche oggi il tuo solito ed inevitabile grido di dolore, adesso però torna con i piedi per terra e deciditi a fare quello che devi.
Il marito prende la giacca, saluta, esce di casa, cammina lentamente fino alla fermata del bus, poi si siede presso la panchina sotto una tettoia di plexiglas ed infine resta lì, come non avesse alcuna decisione da prendere. Quando transita il primo mezzo pubblico lui sale con indifferenza insieme agli altri che gli stanno accanto, anche se questa evidentemente non è la sua linea, ed una volta a bordo si sistema in piedi accanto ad un finestrino, tanto per guardare fuori le facciate delle case che se ne fuggono per conto proprio. Scorrono così davanti ai suoi occhi anche parecchie fermate dove la gente variegata scende e sale, infine l’autobus affronta alcune strade periferiche dove si notano con evidenza degli spiazzi d’erba incolta tra le case, ed anche qualche piccolo canneto spontaneo al bordo di certi piccoli fossati di acqua ferma lasciati perlopiù al loro destino.
L'uomo scende ad un certo punto, anche se non sa con precisione neppure dove si stia trovando, perché in fondo non gli importa molto sapere di essere in un posto preciso, gli basta come di perdersi in un luogo qualsiasi, e di affrontare qualcosa che non vuole neppure immaginare in questo momento. Cammina per un po’ da quelle parti, osserva le poche cose degne di nota di quel quartiere, infine incontra un ragazzo che lo guarda con curiosità, come fosse un alieno caduto sulla terra non per propria decisione. Infine lui si ferma, immagina di osservarsi da un punto distante da  sé, come se tutto fosse una specie di disegno panoramico in cui rimane immobile un semplice uomo piccolo che non riesce neppure ad uscire del tutto dall’immagine, limitandosi a scorrere soltanto lungo i bordi, e cercando dentro di sé la soluzione dell’enigma in cui si sente immerso. Poi torna sui suoi passi, ritrova la fermata dell’autobus e percorre a ritroso quasi senza pensarci tutta la strada.
Più tardi sua moglie gli chiede cosa mai gli sia successo in tutto il giorno, ma l’uomo non le sa spiegare niente, e l’unica cosa che riesce a dirle è che c’era un ragazzo davanti a lui, forse abbandonato a se stesso, da qualche parte lungo una strada qualsiasi, ed a lui è sembrato all’improvviso che tutto potesse essere soltanto in quel modo, senza più nient’altro a cui potersi riferire, nessun tema forte che guidasse il suo cammino, nessuna persona vera a cui credere ancora per sapere cosa fosse meglio per il futuro di tutti quanti.


Bruno Magnolfi