venerdì 29 luglio 2022

Argomenti adeguati.

 

            La domenica non lavoro. Così generalmente mi alzo tardi con l’idea precisa di mettermi a riassettare le mie stanze e preparare almeno un sacco con la roba da portare in lavanderia in uno dei giorni successivi. Ma è facile che mi lasci prendere subito dalla pigrizia, specialmente dopo che ho trascorso la serata del sabato, come ultimamente mi capita, nella birreria del mio amico Lorenzo, magari trattenendomi là dentro fino a tardi, e già soltanto il gesto di abbandonare il letto e mettermi sotto la doccia per svegliarmi, diventa faticoso quasi quanto andare a lavorare nei giorni feriali. In un attimo poi, non so come, giunge l’ora di pranzo, e spesso scopro di non avere in frigorifero niente di buono per mettere insieme un pranzo accettabile, così in genere mi limito a radermi velocemente e filare alla rosticceria “da Mauro”, che per fortuna resta vicina al mio condominio, e quindi farmi incartare qualcosa da portarmi via, se voglio passare un po’ di tempo dentro casa, altrimenti sedermi tranquillo nella saletta di quel locale e mangiare ad esempio un quarto di pollo con le patate, per non aver neanche da lavare le stoviglie che probabilmente userei nella mia cucina. Certe volte c’è Luciana a servire la clientela, ma normalmente è così indaffarata nei giorni festivi da non riuscire a rivolgermi altro che un rapido saluto quasi sfuggente.

            Un vero peccato, visto che sarebbe quello il momento più adatto per invitarla ad incontrarci nel tardo pomeriggio, con la rosticceria ormai chiusa, se non altro per fare una semplice passeggiata distensiva insieme a me. Ogni volta penso che dovrei farmi venire nel corso della settimana questa idea da proporre, magari il giovedì, oppure il venerdì, ad esempio, quando lei è più tranquilla avendo meno lavoro, in maniera da predisporre al meglio un po' tutto quanto. Ma inevitabilmente arrivo alla domenica mattina e trovo sempre Luciana mentre sta sbuffando dietro alle richieste di intere famiglie che spesso hanno voglia di qualcosa che quel giorno in cucina non è stato preparato. Sorrido tra me: in fondo me lo merito che tutto prosegua in questo modo, non sono capace di prendere neppure la più semplice delle decisioni. Però mi piace sapere che ho sempre una possibilità nelle mie mani, ed allora la guardo mentre lavora e immagino i suoi pensieri e le sue domande molto personali che si pone sul mio comportamento. Timidezza? L'attesa del momento migliore? Oppure disinteresse, o persino dimenticanza? Infine pago il mio conto ed esco, non prima di averla salutata ed incassato da lei un largo sorrisone.

Ma una volta fuori da lì mi riprendono gli stessi dubbi di sempre, e la domenica diventa rapidamente una giornata vuota, priva di qualsiasi attrattiva. Certe volte mi ritrovo persino ad affrontare da solo quella stessa passeggiata che vorrei tanto fare con lei. Ma forse, nel caso, non saprei neppure di che cosa parlare, e probabilmente risulterei addirittura impacciato, senza argomenti, quasi goffo nella ricerca di sondare qualcuno dei suoi pensieri e dei suoi modi di essere. Mi è difficile a volte trovare delle cose da dire, e le sciocchezze di cui riesco a parlare di più sono quelle relative al mio stupido mestiere: abitazioni grandi e piccole, numero di stanze, altezza dei soffitti, pavimenti e servizi; ma poi anche ubicazioni nella città, vantaggi per la vicinanza dei mezzi pubblici, aree verdi poco distanti. Ma non posso certo parlare dell'attività di una agenzia immobiliare con la mia Luciana, probabilmente mi riderebbe dietro, a dir poco.

Così immagino sia stato meglio rimandarlo questo nostro primo appuntamento, anche se al momento in cui dovrà proprio avvenire non sono tanto sicuro che il risultato potrà essere del tutto positivo. Se ripenso a mia moglie, ad esempio, non riesco più neppure a ricordare di che cosa abbiamo parlato in tutti quei cinque anni che abbiamo vissuto insieme. Forse mi sono limitato ad ascoltarla, e lei ha trovato in me un interlocutore che annuiva facilmente con apparente interesse a tutti i suoi interminabili argomenti. Forse dicevo anche qualcosa ogni tanto, ma quando lei iniziava a descrivere le giornate del suo lavoro e di quello che facevano i bambini nella scuola materna a cui era assegnata, sono sicuro controbattevo subito con i miei appartamenti ancora da vendere, ed il corto circuito che si formava era tale da indurci a prendere delle lunghe pause di profondo silenzio. Credo sia necessario un argomento che ci avvicini, tra me e Luciana, ed è a questo che sto lavorando, e tra non molto sono sicuro che avrò trovato sicuramente quello più adatto.

 

Bruno Magnolfi

lunedì 25 luglio 2022

Lento corso.


Ricordo che da piccolo certe volte ero nervoso, non sopportavo niente e nessuno, tanto più coloro che mi chiedevano con insistenza che cosa mai avessi per comportarmi in quella maniera. Non so, forse era soltanto una maniera escogitata da me per attirare l'attenzione, però certe volte tendevo ad allontanare tutti, anche se, nel momento in cui rimanevo effettivamente da solo, mi pareva d'essere ancora più nervoso e triste. La mia solitudine in certi casi diventava comunque una compagnia sicura, forse una maniera per non dovermi confrontare troppo con gli altri, proprio anche quegli altri bambini della mia stessa età con cui a volte giocavo, ed il timore poi di essere giudicato dagli adulti mi spingeva sempre di più ad evitare tutto di loro, persino quegli sguardi indagatori. Ricordo vagamente, ma quasi con un certo piacere, quei momenti, come se esistesse un collegamento preciso tra adesso e quel periodo temporale così distante. Stasera sono passato dalla rosticceria "da Mauro", e mi sono fatto mettere, dentro una vaschetta, tre fette di arrosto ed un contorno di verdure da mangiare a casa. Luciana non c'era, e suo padre mi ha guardato a lungo, senza trovare niente di particolare da dire, mentre aspettava che scegliessi cosa prendere davanti al suo bancone tiepido dentro la vetrina. Forse non mostrerebbe troppa ostilità se iniziassi ad uscire con sua figlia, ho pensato; però non provo alcuna voglia di affrontare delle discussioni con lui, o di vedere delle facce serie, o peggio terribili richieste di chiarimenti. Per questo proseguo a rigirare tra le mani il numero di telefono di Luciana senza decidermi a farne qualche uso. In fondo romperei subito un preciso equilibrio, continuo a ripetermi, e quella speranza di uscire fuori dalla solitudine che da anni mi attanaglia, sarebbe improvvisamente persa, in un caso o nell'altro. Ma fino a quel momento resta lecito per me conservare strette tutte le varie possibilità. Perciò proseguo ancora a prendere del tempo, a lasciare magari che accada qualcosa di indipendente dalla mia volontà, prima di tentare un primo passo. Anche da piccolo probabilmente mi sarei comportato in questo stesso modo, tanto che la coerenza dei gesti e delle decisioni mi pare adesso un valore indubbio.

Credo che in agenzia si sia presentata di nuovo la signora interessata al terra-tetto in vendita, probabilmente su invito telefonico preciso della mia collega, e che le siano state offerte delle condizioni di trattativa sul prezzo migliori delle mie, in maniera da stringere rapidamente i tempi verso un accordo favorevole, ed allontanarmi personalmente del tutto dall'affare, anche se a me in fondo non importava nulla già fin dall’inizio di questa compravendita, visto che non faceva parte delle mie risorse. Resta il fatto che uno di questi giorni dovrò comunque far visionare alla donna questo immobile, ma a quel punto la mia sarà una presenza sul luogo solamente formale, giusto per ripetere soltanto ciò che la mia collega praticamente ha già deciso. Pare difficile provare con il mio lavoro delle reali soddisfazioni, ed anche quando riesco a stringere un accordo di acquisto con un cliente, c'è sempre Elisabetta a porre spesso e volentieri le ultime finali condizioni. Non posso dire niente in questi casi, lei comunque resta il mio capo, la titolare vera dell’agenzia immobiliare per cui lavoro, e quindi posso soltanto ringraziare, oltre ad avermi assunto, del fatto di saper conservare un certo equilibrio di rapporti tra me e lei. considerato ovviamente che siamo solo in due.

Ciò che comunque prosegue a spaventarmi di più della mia giornata è semplicemente il fatto che spesso assomiglia terribilmente a qualsiasi altra, in mancanza di avvenimenti concreti che incoraggino delle rilevanti variazioni. Probabilmente è colpa mia, a volte mi ripeto, che non riesco proprio ad introdurre con impegno delle vere novità in mezzo al lento scorrere delle ore; ma poi mi trovo a trarre delle piccole soddisfazioni anche soltanto nel ritrovare invariati i luoghi che frequento abitualmente, insieme naturalmente alle persone che vi incontro. Così la monotonia, che per tanti probabilmente resta il peggior nemico, diventa per me un elemento di tranquillità, capace di togliermi dal tormento del più osteggiato nervosismo. Quindi mi sento già contento nel compiere sempre più o meno gli stessi gesti, anche se a fine giornata non trovo nessun dettaglio per cui impegnarmi nel ricordare una data oppure un’altra; ma non importa, penso alla fine: in fondo la vita è fatta in questo modo, non sarò certo io capace di modificarne in qualche modo il lento corso.

 

Bruno Magnolfi

venerdì 22 luglio 2022

Assolutamente interessante.


Oggi sono giunto in agenzia come sempre verso la metà della mattinata, ma con mia sorpresa ho trovato la porta e la serranda ancora chiuse, visto che la mia unica collega, contrariamente al suo solito, non era ancora arrivata. Nessun problema, ho anch’io le mie chiavi, però mi è parso strano non essere stato informato per niente del suo ritardo o della sua assenza. Dopo un attimo, una volta entrato, è suonato il telefono, ma era soltanto un cliente che cercava proprio di Elisabetta. Ho risposto semplicemente di richiamare più tardi, ma quando poi ho riagganciato mi sono reso conto che non avrei saputo dare migliori informazioni a chi poteva cercarla, perciò ho provato a telefonare direttamente al portatile della mia collega, ma l’apparecchio ha suonato libero e lei non mi ha risposto. Dopo circa mezz'ora però mi ha richiamato, spiegandomi in fretta che aveva avuto degli imprevisti e che avrei dovuto rimandare al pomeriggio o ai giorni a seguire tutti i miei appuntamenti, visto che era necessario rimanessi in agenzia al posto suo. <<Va bene>>, ho detto subito, e lei ha spiegato soltanto che sarebbe arrivata come minimo dopo l'ora di pranzo. Così ho aperto la mia agenda ed ho chiamato i due clienti con i quali avevo fissato nella mattinata un sopralluogo per visionare degli appartamenti economici di poche stanze, ed ho spostato così quegli impegni alla settimana prossima. Poi mi sono messo a sistemare qualcosa sull’elaboratore, tanto per perdere tempo, ma dopo poco ho deciso che avrei soltanto risposto ad eventuali chiamate telefoniche, senza  guardare neppure la posta elettronica, ed alla fine ho iniziato ad impegnarmi in un gioco a video di parole crociate.

Poco dopo però è arrivata una signora interessata ad un terra-tetto elegante pubblicizzato sulla vetrina della nostra agenzia, così ho fatto immediatamente sedere questa donna davanti alla mia scrivania, ho cercato la documentazione di quella abitazione, e con tutta la calma necessaria le ho mostrato alcuni dettagli della planimetria, insieme a tutte le fotografie in mio possesso di quell'immobile. Questa signora, di età piuttosto avanzata, mi ha spiegato che suo marito è costretto da qualche tempo su una sedia a rotelle, essendo tetraplegico, e quindi c'è la necessità impellente per loro di trasferirsi in una abitazione che non abbia barriere o troppi gradini. Studiando anche ogni particolare si è subito visto che una casa come la nostra faceva proprio al caso loro, ed anche se è sviluppata su due piani, avrebbero potuto ricavare al piano terra per suo marito una camera completa semplicemente spostando alcuni arredamenti. Anche il prezzo è sembrato adatto alle loro possibilità, così, dopo diverse altre chiacchiere, abbiamo fissato una data possibile per visionare insieme le condizioni dell’immobile e tutti i particolari. <<Non è facile cambiare casa ad una certa età>>, ha aggiunto lei. <<E comunque non è certo qualcosa che si affronta a cuor leggero>>. Ho annuito, l'ho salutata sulla porta, poi ho ricominciato a preoccuparmi dei miei passatempi.

All'ora di pranzo mi sono infilato in un caffè poco lontano, giusto per divorare un panino privo di sapore e buttar giù con calma una bella birra fresca. Quando sono uscito dal locale era ancora presto, non restava altro da fare che un giretto a piedi tanto per sciogliere le gambe. Ho percorso così diversi marciapiedi, e non ho incontrato nessuno che conoscessi, perciò sono tornato verso l’agenzia, visto che non avevo altro da fare. E’ stato in quel momento che ho incrociato la Luciana, la figlia del proprietario della rosticceria-tavola calda dove mi fermo ogni tanto a prendere qualcosa, e lei mi ha mostrato un sorrisone incoraggiante, anche se si è scusata subito perché andava di fretta. Ma io non ho perso l'occasione e le ho detto che avrei potuto portarla al cinema, una delle sere prossime, e lei allora mi ha dato il suo numero di telefono, in modo da poterla contattare. Mi sono sentito molto bene per quel gesto, ed anche se lei è scappata subito, ho stretto il mio taccuino con il numero come fosse la cosa più preziosa che avessi mai posseduto. Quando sono rientrato in ufficio, Elisabetta era già lì, dietro la sua scrivania, forse leggermente trafelata, perché mi ha subito detto, come titolare dell’azienda, che se non avevo niente di urgente potevo prendermi tutto il pomeriggio libero, visto che lei avrebbe avuto necessità di fare parecchie telefonate. Così sono tornato subito in strada, e la vita improvvisamente mi è parsa bella, assolutamente interessante.

 

Bruno Magnolfi  

mercoledì 20 luglio 2022

Indipendente dalla propria volontà.


Dopo il nostro matrimonio, io e Laura, pieni di entusiasmo come eravamo in quel momento, ci concedemmo, com’è normale, un piccolo viaggio. Niente di speciale, non avevamo i soldi per fare chissà cosa, comunque si decise di andare a fare visita ad una anziana parente di mia moglie, una donna d'epoca e di campagna ancora piena di energie, nonostante l’età avanzata, residente da sempre in una grande abitazione di pianura della toscana meridionale, e fermamente a capo di una minuta fattoria coltivata, con l’aiuto di un folto gruppo di salariati, a vigneti per la produzione di vino da tavola. Andammo con la nostra utilitaria, dopo le sue insistenze telefoniche per incoraggiarci a raggiungerla al più presto, e già solo il viaggio assunse subito quasi il senso di un lento avvicinamento ad una diversa dimensione. La Maremma in quegli anni sembrava, almeno lungo certe strade polverose battute solo da vecchi e rari trattori, quasi un territorio di frontiera, con delle case sparse di qua e di là e affogate in mezzo a campi distesi a perdita d’occhio. Si dovette domandare diverse volte quale fosse la via migliore, specialmente in prossimità delle tante biforcazioni, e i contadini interpellati ci guardavano a volte quasi con una certa meraviglia, come a sottendere che era facile capire verso dove procedere. Giungemmo a sera, davanti ad un piccolo agglomerato di costruzioni, tra cui si riconosceva subito la rimessa, la vecchia stalla, un paio di grossi silos per il vino, e alla fine anche un magazzino dove forse veniva effettuata la spremitura delle uve e la trasformazione, oltre ad una gialla abitazione principale edificata su due piani. Tutt’intorno naturalmente soltanto lunghi filari di viti, in quella stagione ridotte a tanti rami contorti senza più nessuna foglia.

Ci venne incontro una donna rustica, con le mani tozze e la faccia scura, di chi ride raramente, però ci disse subito, dopo averci abbracciato con calma e con solennità, che potevamo metterci assolutamente a nostro agio, per godere tranquillamente di qualche bella giornata di riposo. Mi parve esattamente l'unica cosa che ci saremmo potuti permettere in un luogo di quel genere, ma già dal giorno seguente fummo introdotti in un mondo affascinante di cui fino ad allora non conoscevamo quasi nulla. Ci portarono nei vigneti, ci spiegarono i particolari della loro attività, ci fecero assaggiare una quantità di vini diversi fino quasi a stordirci, e quando ci misero a tavola a mangiare dettero il meglio che potevano, facendoci sentire accolti come dentro ad una vera famiglia, forse sorridendo un po' del nostro stupido impaccio, anche se la donna rustica e tutti i suoi aiutanti sembravano apprezzare davvero la nostra presenza. Laura era felice, o almeno così sembrava, lei che era stata in quella casa soltanto una volta quando era una piccola bambina, ed adesso pareva quasi inseguire quei giochi che forse aveva inventato sull'aia tanti anni prima. Ci sembrava in quel momento di essere lontani da tutto, e che la nostra vita coniugale appena iniziata presentasse in questo modo semplice i suoi lati migliori, tanto che quando giunse infine la giornata del ritorno a casa e alle nostre attività, ci parve subito di perdere qualcosa.

Laura mi ripeté quello che le aveva detto già la sua prozia, cioè che avremmo potuto tornare in quella casa esattamente quando si desiderava, magari proprio durante la vendemmia, ad assistere al momento più bello delle loro attività, anche se in seguito non ci tornammo più, e nonostante la nostra separazione fosse avvenuta circa cinque anni più tardi, non si parlò quasi più tra noi della Maremma, dei suoi parenti, e di quella casa distante un po' da tutto, tanto che quella manciata di giornate rimase in seguito come qualcosa di isolato. Solo negli ultimi tempi insieme seppi che era stata fatta a Laura la proposta, messa lì naturalmente dalla sua prozia, vedova da tanti anni e senza figli, di prendere poco per volta in mano l’azienda, magari proprio insieme a me, e di portare avanti quella che era stata la vocazione di sempre per quei terreni. Non seppi mai nulla fino allora di queste faccende, che forse avrebbero potuto cambiare il corso degli eventi, e qualche volta in seguito mi sono fermato per riflettere quasi per gioco su come potesse essere stata la mia vita con quella variante inaspettata, ma riconosco con realismo che è sempre inutile avere dei rimpianti, specialmente se le cose che contano davvero non dipendono per nulla dalla propria volontà.

 

Bruno Magnolfi  


lunedì 18 luglio 2022

Legittima intesa.


<<Diversi anni addietro ho avuto anche io una vera moglie>>, ripeto qualche volta alle persone che incontro nella birreria di Lorenzo durante certe sere. Riconosco che appare persino un po' ridicolo affermare qualcosa di questo genere, come se sposarsi fosse un solido punto d'arrivo per qualsiasi ragazzone senza troppe altre aspettative dalla propria vita. Ma per me è stata un'esperienza importante, anche se purtroppo si è interrotta, e non posso parlare delle mie cose senza far presente anche una cosa che ha lasciato così tanti strascichi dentro di me. Gli altri clienti del locale che bevono birra, mangiano salatini e annuiscono mentre continuo a parlare, sembrano sempre nella condizione di accettare facilmente tutto quello che gli viene spiegato, e poi sorridono, e forse davvero comprendono quanto tutte le cose belle prima o dopo siano destinate a terminare, così come ripeto a me stesso quasi ogni giorno. <<Durante il primo anno di matrimonio mi pareva di volare>>, spiego quasi rapito dalle immagini che proseguo a richiamare alla mente; ma poi c'è sempre qualcuno che interrompe le mie parole con qualche battuta spiritosa, e allora anche io faccio una risata e lascio perdere tutti i miei stupidi ricordi.

Mi sentivo importante in quegli anni, penso più tardi una volta da solo; ed anche se all’epoca non avevo un lavoro stabile e neppure una posizione, ugualmente ero disposto a qualsiasi cosa pur di sentirmi all’altezza della famiglia che avevo messo insieme. Laura, quando l’avevo conosciuta, lavorava già alla scuola materna, e così avevamo preso una piccola casa in affitto che ci sembrava un paradiso in miniatura, la stessa peraltro dove abito anche oggi, però da solo, visto che abbiamo dovuto separarci. Non so dire di preciso che cosa aveva iniziato a non andare più tra di noi, almeno non come nei primi tempi, però Laura nell'ultimo periodo del nostro rapporto stava male, non sopportava quasi più la mia presenza, ed anche per quanto mi riguarda c'erano giornate in cui tiravo a fare tardi fuori da casa pur di non stare a contatto con lei. Nel locale di Lorenzo qualche volta ci si può permettere di rivelare alcune delle proprie esperienze, anche se naturalmente non si deve mai esagerare. Finita di dire una cosa si butta giù un lungo sorso di birra, e tutto così sembra passato, alle spalle, senza bisogno di allungare troppo i discorsi.

Mi fermo quasi sempre in questa bettola mentre torno verso casa dopo il lavoro, e se proprio non c'è nessun altro cliente in quel preciso momento a tirare tardi e a bere qualcosa, allora scambio volentieri quattro chiacchiere direttamente con Lorenzo, che mi conosce da parecchio tempo e sa sempre comprendere i disagi di tutti, non disdegnando certamente quattro parole da scambiare con me. <<A volte vorrei andarmene proprio da qui>>, gli dico mentre lui dietro al bancone sistema i suoi bicchieri da lavare o da riposizionare sulle mensole; <<e così mettermi nelle condizioni di ritrovare la spinta iniziale, l'entusiasmo che non ho più, la voglia che avevo quando è iniziato tutto quanto, perché adesso mi sento moscio, senza interessi, incapace di mandare avanti ancora le giornate in questo modo>>. Niente di nuovo, penso, sono le solite cose che probabilmente gli dicono in parecchi clienti, le medesime lamentele di tutti, e chissà quante altre è costretto a sentirne chiunque abbia un locale senza troppe pretese proprio come il suo. Lorenzo ascolta, difficilmente interviene o pone delle domande, ma il suo silenzio fa anche parte del personaggio, perciò nessuno, tantomeno io, gli chiede di più.

Quando esco da lì mi pare quasi di portarmi a casa un amico, ed anche se questa sensazione dura appena il tempo per farmi giungere al portone condominiale,  mi sento ugualmente già più sollevato. In casa naturalmente ritrovo il solito disordine lasciato dalla mattina, ma senza guardarmi troppo attorno entro sotto la doccia, poi indosso dei vestiti più ordinari e più comodi, ed alla fine torno ad uscire, giusto per raggiungere la rosticceria “da Mauro”, dove mi accorgo subito già entrando nella sua piccola tavola calda, che c'è sua figlia Luciana stasera a servire i clienti. Decido immediatamente che mi siederò ad uno dei pochi tavoli ricavati davanti al bancone, lasciandomi portare una porzione di qualcosa già pronto, insieme a mezzo litro di vino bianco, nella speranza naturalmente che lei abbia voglia di scambiare con me almeno qualche sciocchezza. <<Sono contenta di vederti>>, mi fa lei immediatamente. <<Per stasera abbiamo cucinato qualcosa che ti piacerà senz’altro>>, dice. Sorrido, mi rilasso, c’è un’intesa forse tra noi due; ed anche se non è esattamente così, resta del tutto legittimo per me proseguire comunque ad immaginarlo.

 

            Bruno Magnolfi

venerdì 15 luglio 2022

Eccellente opportunità.


Se i giorni appaiono tutti uguali, allora il tempo è fermo, non c'è niente che scorre, ed ogni momento è soltanto la riproposizione di un altro momento già precedentemente vissuto. Questo penso spesso quando al mattino mi reco all' agenzia immobiliare presso cui lavoro, e non provo così  alcun timore per quello che potrà accadere di positivo o di negativo durante l'orario in cui sarò impegnato a proporre l'acquisto di qualche appartamento ai clienti interessati, perché sono sicuro che anche nell'arco di questa nuova giornata nulla potrà capitare che sia veramente una novità. La maggior parte delle volte mi fermo al caffè di Lorenzo per consumare una breve colazione, anche se lui a quell'ora non è ancora in servizio nel suo locale. Però per me probabilmente è soltanto un'abitudine, anche se è da dire che forse vale più il saluto cortese e sincero che ricevo dalla giovane cameriera che mi serve una tazza di latte e caffè a quel bancone, che qualsiasi altro gesto finto che sono costretto a scambiare con tante altre persone più tardi. Ad iniziare da Elisabetta, la mia collega di lavoro ed anche titolare dell’agenzia, che con la sua espressione sempre amareggiata apre e chiude ogni giorno l’ufficio, ritagliandosi una larga pausa nella zona centrale del suo orario. Per quanto mi riguarda invece, visto che la metà del mio stipendio è vincolato alle vendite che riesco ad eseguire, non rispetto un orario del tutto definito, considerato per di più che quasi nessuno desidera visionare gli appartamenti in vendita prima della tarda mattinata.

Quelle poche volte in cui, arrivando al lavoro, per qualche ragione non trovo la mia collega dietro la sua scrivania, e normalmente già impegnata con il telefono, mi sento subito una persona fortunata, e riesco ad iniziare senz’altro la mia attività con un piglio di ottimismo maggiore. In fondo dividiamo uno spazio non troppo grande, dove le nostre rispettive scrivanie si fronteggiano, posizionate con il fianco verso la vetrina che si apre sulla strada principale del quartiere, quasi del tutto coperta dagli annunci, con tanto di grandi ed esaurienti fotografie, di case, di negozi, di magazzini, e di appartamenti in vendita. Sinceramente, dipendesse da me, cambierei volentieri almeno alcune cose nella disposizione dei nostri posti di lavoro, ma tutto sommato cerco di evitare di pormi dei problemi a cui non posso dare né risposte e né opinioni. Elisabetta è una centrifuga, non sta mai senza mandare avanti qualcosa nell’acquisizione dei beni da mettere in vendita, o nel contattare qualcuno con la posta elettronica o per telefono, e durante le ore in cui io sono fuori per i normali sopralluoghi insieme ai clienti, lei ne approfitta per ricevere alla sua scrivania coloro che si affidano alla nostra esperienza per trovare dei compratori.

Generalmente vado a piedi fino in ufficio, e in seguito mi reco agli appuntamenti semplicemente con i mezzi pubblici. Un tempo avevo provato a muovermi con una buona bicicletta comprata d’occasione, però mi sembrava comunque poco decoroso farmi vedere in giro con quel mezzo, considerato anche che certe volte arrivavo sudato e affaticato agli appuntamenti. D’altra parte questa città è trafficata e caotica, e con la mia utilitaria sarebbe impossibile trovare dei buoni parcheggi, a cominciare dalla zona dove è posta l’agenzia. Perciò sono continuamente a salire e scendere su autobus e tram, ma devo dire che l’immersione completa in mezzo alla gente generalmente non mi dispiace. La mia collega al contrario non si muove mai dall’agenzia, per cui sono sempre io che devo visionare lo stato delle case e anche eseguire le fotografie che ci servono per pubblicizzare le vendite, ma tutto questo funziona abbastanza bene. Salvo il fatto che ogni giorno è simile all’altro, e che spesso riesco a confondere clienti, appuntamenti, strade e anche orari. Tutto dipende dalla fretta con cui mi trovo ad affrontare questi impegni, perché impiegando un po’ più di tempo, e qualche annotazione esauriente, tutto torna perfettamente al proprio posto.  

Resta il fatto che per tutta la giornata sono in giro per la città, e certe volte mi sento un burattino senza una volontà propria, tanto da eseguire per filo e per segno tutto ciò che viene pianificato dalla consuetudine, oppure anche dal caso, ma soprattutto dalla mia collega. Non c’è niente di male, penso a volte, in fondo ognuno deve avere il proprio ruolo, e poi questo mio posto di lavoro, anche se non è il massimo possibile, è giunto in un momento particolarmente difficile per me, e quindi, proprio per questo motivo, non potrei mai evitare di ringraziare ogni giorno di aver avuto anche questa, in fondo preziosa per me, eccellente opportunità.

 

Bruno Magnolfi  


mercoledì 13 luglio 2022

Va bene così.


La sera tendo ad andare a letto quasi sempre alla medesima ora. E certe volte, appena un attimo prima di addormentarmi, penso che forse non mi sveglierò mai più. In fondo, rifletto, non sarebbe proprio una gran perdita: nessuno rimane troppo meravigliato di non vedere più in giro una persona non troppo sociale che fino adesso peraltro ha vissuto da sola. Magari, una volta avvertita quella che un tempo è stata mia moglie, lei ricorderebbe per l'occasione i bei momenti che abbiamo vissuto insieme tanti anni fa. Ed il vicinato, cioè gli abitanti del mio condominio, probabilmente in quel giorno si scambierebbero l'informazione funerea a voce bassa, come per una forma di dovuto rispetto. Poi basta. Ma io ritengo di essere una roccia, e alla fine non ho voglia di lasciar pensare di me che non abbia più alcuna voglia di campare. Al contrario penso di avere molte cose di cui occuparmi nel tempo a venire, anche se ancora devo decidere con precisione quali possono essere. Quando poi mi addormento sono sicuro, con l'ultimo barbaglio di razionalità, di riuscire, anche in questa fase, a mettere in fila gli appuntamenti che sono stati fissati il giorno seguente per le vendite immobiliari dell'agenzia per cui lavoro, tanto che al mattino mi sveglio con le idee già ben chiare su tutto quanto di cui dovrò occuparmi durante la giornata.

Ma quando poi arrivo realmente in ufficio, scopro sempre che la mia collega, un tipo direi insopportabile, sempre nervosa, concentrata soltanto su se stessa, ancora prima di dirmi buongiorno, mi comunica rapidamente che ha spostato alcuni elementi della mia agenda, e così scopro che devo aggiornarmi a quanto ha deciso lei per il prosieguo del mio lavoro. Non posso dire niente, lei è il mio capo, anche se siamo soltanto in due, e poi non importa, penso, ho la capacità di sopportare qualsiasi variazione possa essere stata apportata, visto che se non riuscirò a mettere in pista neppure un preliminare contrattuale, forse in questo modo non sarà stata neppure tutta mia la colpa. Faccio qualche telefonata di conferma tanto per entrare nello spirito della giornata lavorativa, prendo qualche appunto finale sui miei taccuini, poi prendo la cartella gonfia di documenti ed esco per recarmi immediatamente al primo appuntamento. Da qualche tempo ho iniziato mentalmente a catalogare i clienti che desiderano acquistare una casa, e così la maggior parte delle volte non mi trovo davanti a delle sorprese sgradite. So già quali siano i tizi rognosi che vogliono conoscere ogni dettaglio dell'appartamento che visitano, oppure altri che desiderano soltanto spiegare il loro punto di vista, inanellando decine di storie per me di nessun interesse.

Quando torno in ufficio generalmente ho due tipi di maschere da indossare: sono soddisfatto di quanto sono riuscito a combinare, e quindi la mia espressione appare sorridente, oppure non lo sono per nulla, e la mia faccia tradisce i miei sentimenti negativi; in questo modo la mia collega, imperterrita dietro all'elaboratore e al telefono, può così evitare di porre la sua solita sciocca domanda su come siano andate le cose, anche se in genere è ovviamente la seconda situazione quella maggiormente preponderante. Specialmente in questo caso perciò, con tutta evidenza, non vedo l’ora di salutarla e di tornare velocemente verso casa mia, magari ripensando durante la strada agli incontri fatti con i clienti e a quanto posso avere sbagliato nella presentazione degli alloggi messi in vendita. E’ un mestiere difficile quello del venditore, e non c’è mai una vera e unica soluzione per ottenere quanto si desidera. E spesso è sufficiente una semplice sfumatura nella voce per non riuscire affatto a convincere il cliente.

Mi sento libero una volta terminato il mio orario di lavoro, ma non avendo nessuno che mi attende né a casa né da altre parti, molte volte avverto un vuoto che qualche volta farei di tutto pur di riempire. Per questo mi concedo sempre un passaggio in un localetto vicino casa dove il mio amico Lorenzo mi porta al tavolino una birra, un caffè, oppure un aperitivo, a seconda dei periodi. Ritrovare lui dietro al banco mi fa sentire bene, quasi a casa, come se avessi riabbracciato un vero amico, anche se dopo i saluti di rito e due parole di consuetudine, non saprei proprio che dirgli. Però mi basta, è la sua faccia che mi fa ritrovare un po’ di tranquillità; ed allora, va bene così.

 

Bruno Magnolfi


lunedì 11 luglio 2022

Nuove scelte.


Tempo fa conobbi un signore che voleva acquistare una casa. Aveva visto per caso delle offerte affisse sulla vetrina della nostra agenzia immobiliare, così ci aveva telefonato, e la mia collega aveva trasferito immediatamente la chiamata ad un operatore diretto, un vero venditore che si occupasse proprio di far visionare gli appartamenti, cioè io. Onestamente quel cliente aveva subito dichiarato di non avere ancora le idee molto chiare, soltanto avrebbe desiderato rendersi conto delle condizioni di qualche abitazione in vendita nel nostro quartiere. Fissammo un appuntamento per un sopralluogo al numero 15 di via Torcicoda, ed anche se l’appartamento al terzo piano era completamente vuoto e necessitasse almeno di una nuova imbiancatura generale alle pareti, questo tizio si mostrò quasi entusiasta di quella abitazione, tanto da chiedere la possibilità di fermarla con un minimo impegno di denaro. Iniziammo a parlare, e lui mi spiegò che era rimasto solo oramai da diversi anni, cioè da quando sua moglie era morta improvvisamente per dei problemi cardiaci. Parlava bene, disse di chiamarsi Antonelli, e che prima della pensione era stato docente di storia del cinema presso la facoltà cittadina di scienze umane. Non so come mi spiegò che il suo rammarico più forte era quello di essersi invaghito di una sua giovane assistente tanti anni prima, ed anche se non aveva avuto con lei nessun tipo di scambio, aveva provato ugualmente la colpa del tradimento nei confronti di sua moglie, all'epoca naturalmente ancora in vita.

Forse anche per questo non aveva voluto cambiare casa quando la sua consorte era venuta a mancare, nonostante la sua abitazione fosse troppo grande per un uomo solo, avvertendo ancora quel senso di colpa che in casi normali non avrebbe proprio avuto alcun senso, visto che sua moglie non aveva neppure subodorato l'aria della possibilità di un tradimento peraltro mai avvenuto, e che l’assistente dopo poco aveva terminato il suo contratto universitario. Però lui aveva comunque sofferto di questa situazione rimasta poco chiara, fino a quando, appena pochi mesi fa, aveva incontrato per caso di nuovo proprio la sua vecchia assistente, ormai divenuta aiuto regista, sposata e molto felice della sua carriera, una volta concluso il dottorato presso la sua cattedra. Subito dopo i cordiali e frettolosi saluti scambiati con lei, l'Antonelli perciò si era ritrovato come libero oramai di un grande peso, sciolto da quella sensazione a cui era rimasto legato per quasi vent’anni, e all'improvviso si era sentito soltanto un vecchio sciocco, però straordinariamente contento di aver trovato la giusta soluzione. Insomma quella nuova abitazione in cui andare a vivere per lui sarebbe stata quasi una rinascita, liberato come si sentiva adesso di ogni peso che il passato era riuscito a infliggergli pur senza avere avuto nessuna colpa.

Ci salutammo stringendoci la mano, con la promessa da parte sua che avrebbe attivato nei giorni immediatamente successivi le procedure previste per l'acquisto dell'appartamento, ma considerato che dopo un po' non giungevano da parte sua nuove notizie, mi concessi una telefonata diretta almeno per un semplice aggiornamento. Mi rispose una persona, a giudicare dalla voce, assolutamente diversa da quella che avevo conosciuto, tanto da indurmi a chiedergli: <<ma scusi, è proprio lei, il professor Antonelli?>>. <<Certo>>, rispondeva lui con grande determinazione e serietà, <<però ho cambiato idea sull'acquisto della casa, me ne dispiaccio; in fondo forse era soltanto un capriccio momentaneo, a cui non potevo realmente dare seguito>>. Ringraziavo, dopo queste parole, almeno per quella sua schiettezza, comunicando così alla mia collega che quello che mi era parso un contratto sicurissimo, in realtà era sfumato come niente, e che forse non si finiva mai di stupirsi nei riguardi almeno di certe strane persone.

La coerenza, riflettevo più tardi mentre tornavo verso casa, una volta terminato l’orario di lavoro; il tener fede ad una parola data, ad un impegno morale scambiato con un individuo estraneo a cui niente interessa, né deve interessare, delle vicende personali di un cliente. Ma tutto pareva oramai cambiare rapidamente di senso e di colore sotto gli occhi di chi per professione era costretto ad ascoltare le giustificazioni di coloro che non riuscivano più ad esprimersi con le semplici parole più essenziali, ma al contrario sembrava proprio, sempre più spesso, che provassero la necessità di trovare un senso oscuro ad ogni propria scelta.  

 

Bruno Magnolfi

sabato 9 luglio 2022

Scarso interesse.


Sarebbe sempre importante, per una persona che vive da sola come me, rientrare nell'appartamento dove abita e trovare le cose perfettamente in ordine. Ma durante i giorni feriali della settimana non sempre è così. Mi lascio andare, lo riconosco, e dopo il lavoro all'agenzia immobiliare non ho più energie, così la fatica che ci vuole per riordinare le mie stanze, pur costituite da pochi metri quadrati, è proprio troppa. Perciò ho preso l'abitudine di fermarmi alla tavola calda "da Mauro", poco lontano da dove abito, ed anche se nel momento in cui richiudo alle mie spalle la porta di casa so che troverò al mio rientro il letto ancora disfatto e i miei vestiti in disordine, almeno il tempo della cena lo trascorrerò in tranquillità, penso, senza troppi pensieri negativi. Tempo fa avevo parlato con la signora Corradini che abita nel mio stesso condominio, disposta a portare avanti quei lavoretti di cui personalmente non riesco proprio ad occuparmi, e ci eravamo messi d'accordo affinché desse una sistemata alla mia casa e si preoccupasse anche di fare le pulizie almeno un paio di volte alla settimana, ma poi mi sono reso conto che alla lunga non riesco a permettermi costantemente questa spesa, così  le ho detto che l'avrei richiamata soltanto se ne avessi avuto ancora la necessità. Perciò sono destinato a vivere nello sporco e nel disordine, considerato che l'impegno con cui affronto queste faccende durante la domenica mira soltanto alla conservazione di una minima rispettabilità che il lunedì generalmente è già di nuovo persa.

Il punto è che non guadagno molto col mio lavoro: praticamente non riesco a mettere da parte quasi niente, ed anche impegnandomi di più nel prendere gli appuntamenti per le vendite delle case, sono sicuro che a fronte di una fatica maggiore il risultato non sarebbe mai proporzionato allo sforzo. Così tiro avanti alla meglio, nei pressi di uno standard quasi accettabile, come ho sempre fatto, peraltro. La mia attività mi permette la sopravvivenza, poco di più. Mia moglie quando stava con me svolgeva il ruolo di educatrice in una scuola materna comunale, e con il suo stipendio sommato al mio ci potevamo permettere qualche vacanza, qualche cena nei ristoranti in voga, qualche serata teatrale. Tutto ciò, dopo la nostra separazione, è diventato per me solo un miraggio. Il fatto di uscire di casa ogni mattina con la giacca e la cravatta, ha lasciato immaginare spesso il vicinato che i miei compiti potessero essere superiori a ciò di cui mi occupo realmente, ed io l'ho sempre lasciato credere, forse soltanto per un certo orgoglio. <<Buongiorno ingegnere>>, mi diceva qualcuno agli inizi, addirittura. Ma anche le spese mensili di lavanderia, per conservare un guardaroba all'altezza del ruolo, non sono poca cosa, sommate agli acquisti di camicie impeccabili, cravatte e completi decorosi. D'altra parte nessun cliente sembra disposto all'acquisto di una casa pur modesta, se chi la offre è vestito come uno straccione.

Così alla sera, quando alla tavola calda mi faccio servire un piatto di pasta riscaldata, oppure della carne fredda e un contorno, mi viene da sorridere immaginando qualcuno del vicinato che possa capitare nella rosticceria "da Mauro", nel vedermi ridotto così, anche se tutti sanno che dopo una separazione coniugale si tende tutti un po' a lasciarsi andare. Nel mio caso però sono trascorsi già tre anni, e ancora non ho deciso cosa fare per cambiare in meglio la mia situazione. "Buonasera signor Landi", continua a dirmi Luciana, una bella ragazza sulla quarantina, figlia del titolare della tavola calda dove mi fermo. Lei è gentile, rispettosa, e il suo sorriso incoraggiante è uno dei motivi per cui vado volentieri in quel locale. <<Che cosa abbiamo di buono?>> dico sempre osservando la vetrina dove stazionano i vassoi ormai quasi vuoti alla mia ora. Lei mi conosce, e mi consiglia sempre ciò che ha di meglio, anche se suo padre non vede di buon occhio la sua simpatia verso di me. Così lascio sempre che sia Luciana a incoraggiarmi nel parlare con lei, proprio per evitare malintesi. Il fatto è che mi piacerebbe invitarla qualche volta a fare una passeggiata, e forse anche lei non rifiuterebbe questo invito, anche se i nostri orari lavorativi si combinano piuttosto male. Ma non ha importanza, penso dopo che ho pagato tornando verso casa; forse la mia situazione è più evidente di quello che vorrei dimostrare, e la mia solitudine lascia che qualcuno si avvicini a me più per un moto di pena manifesta, che per un vero interesse alla persona.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 6 luglio 2022

Quasi nulla.


            Esco da casa, prima dell’ora di cena. Forse passerò a prendere una porzione di qualcosa nella rosticceria poco lontano, penso, anche se non è questo il motivo per cui ho preso la giacca e sono sceso con calma lungo le scale del mio condominio. Anche oggi la giornata per me è scorsa via come sempre, nonostante una sensazione negativa abbia iniziato da subito ad instillare nella mia mente un malessere di cui credo di non avere mai davvero sofferto in precedenza. Già coricandomi ieri sera, avevo avvertito un’angoscia leggera e sottile inserirsi tra le pieghe dei miei soliti pensieri prima di addormentarmi, ma l’avevo presto scacciata richiamando alla mente, proprio per metterle in ordine, le cose da fare nei prossimi giorni. Avevo spento la luce e chiuso gli occhi quasi con soddisfazione, sicuro di ricordare perfettamente al risveglio quella manciata di impegni. Ma il mio sonno era stato disturbato da qualcosa di oscuro, di incomprensibile, e quei sogni veloci che si erano affacciati dentro di me erano spariti al mattino senza lasciare alcun seguito.       

       Stamani avevo solo un ricordo vago delle faccende a cui mi ero ripromesso di dar corso, e sono andato al lavoro presso l'agenzia immobiliare con la forte sensazione  di essermi dimenticato già parecchie cose. In agenda per la giornata di oggi avevo soltanto un paio di appuntamenti facili, e poi un certo numero di telefonate per verificare una serie di contatti. La mia collega mi ha salutato come sempre quando sono arrivato, conservando con serietà quella solita espressione di sfiducia nei miei confronti, ed io non le ho offerto neppure il solito caffè di mezza mattina nel localetto di fianco, considerato che provavo una pesantezza allo stomaco tale da non desiderare alcunché, neppure la sua presenza. Sono rimasto così un bel po’ in agenzia, poi ho preso la borsa e sono andato ai miei appuntamenti, senza riuscire di fatto a combinare niente di buono. Quando sono rientrato, dopo un pranzo costituito semplicemente da un panino col tonno, sembrava che tutto nell’ufficio fosse rimasto esattamente com'era in precedenza: la mia collega dietro alla sua scrivania, la vetrina con gli annunci di vendita assolutamente identica, la mia postazione di lavoro immobile e uguale a qualsiasi altro momento. Ho avuto una voglia repentina di novità, ma non ho detto niente, limitando i miei gesti allo scorrere rapidamente con gli occhi sopra le note telefoniche, e sedendomi dietro al piccolo terminale rimasto acceso. Mi aveva cercato un cliente mentre ero fuori, così ho richiamato subito il numero, ma giusto per ascoltare da una voce gentile e quasi ironica che ricordavo, la notizia per cui l’appartamento in vendita erano riusciti a piazzarlo senza di noi, tramite le loro conoscenze, e che quindi non c’era più bisogno dei nostri servizi d’agenzia. Ho ringraziato comunque, depennando immediatamente quel nominativo.

            Quando mi sono separato consensualmente da mia moglie, dopo un lungo periodo di bisticci e incomprensioni che adesso non ricordo neanche più, ho pensato subito, versando sul suo conto la metà del valore del nostro piccolo appartamento, che da quel momento sarei stato padrone di impiegare il mio tempo libero come meglio desideravo, considerato che lei per scelta se ne andava ad abitare nella casa della mamma. Invece, dopo i primi giorni di euforia per quella apparente libertà riconquistata, ho dovuto prendere atto che le mie giornate in questo modo riuscivano soltanto ad assumere sempre più un senso di vuoto e di inutilità. La stessa che provo questa sera, mentre cerco, non so neanche perchè, di trattenermi sul marciapiede accanto alla rosticceria dove mi sono fatto incartare un quarto di pollo arrosto e delle patate. Ho preso un aperitivo, poco fa, fermandomi al circolino delle carte, dove alcuni anziani si attardavano per un’altra briscola, ma non mi è interessato neppure, oltre a due parole scambiate col barista che conosco da sempre, gettare un'occhiata al tavolo da gioco.

Alla fine ho deciso che dovevo rincasare, e col mio sacchetto di cibo sono rientrato nel mio appartamento, incerto se mettermi subito a mangiare oppure perdere del tempo con qualche altra sciocchezza. Infine mi sono seduto al tavolino di cucina. Non ho steso neppure la tovaglia, non ha molta importanza credo, anche se di questo passo sono convinto che raggiungerò presto la fase dell’abbrutimento, dimenticando orari, impegni, e forse anche il rispetto di me stesso. Non fa niente penso; in fondo era già deciso che le cose dovessero prendere prima o dopo questa piega, non sarò certo il primo a ritrovarmi a dormire vestito sul divano davanti alla televisione, oppure a sbarbarmi sempre più di rado. Era previsto, non c’è altro da dire.

 

Bruno Magnolfi     

            

lunedì 4 luglio 2022

Nessuna opportunità.


            <<Sono qua>>, dico all’amico che mi sta aspettando come sempre, seduto dietro ad una birra nel nostro solito locale dove ci rifugiamo quasi ogni giorno <<Adesso dobbiamo proprio deciderci a combinare qualcosa>>, gli faccio come per affrontare immediatamente l’argomento più spinoso. Lui sorride, tracanna un sorso della sua birra mentre io mi lascio servire dal barista una rossa media alla spina; poi con calma mi spiega: <<forse ho trovato la soluzione che fa al caso nostro>>. Mi fa vedere un foglietto su cui è riportato un numero di telefono scritto di fretta, e lui, sempre sorridendo, mi spiega che dietro a quel numero c’è un tizio che potrebbe darci da lavorare. Gli dico che per me va bene, sono quasi agli sgoccioli, qualsiasi cosa sia sono pronto per affrontarla, ma lui dice di mettersi tranquilli perché probabilmente ci sarà da trattare solo un po’ per le condizioni e per la nostra retribuzione. Poi lentamente compone il numero, e subito gli risponde una voce femminile che dice di aspettare in linea qualche momento. Buttiamo giù un sorso, tanto per non dare importanza all’attesa, ma subito dopo il tizio che stiamo cercando dice che al telefono non si può parlare, e che dobbiamo incontrarci di persona per trattare la faccenda.

            Fissiamo per il pomeriggio in un caffè elegante della zona, e quando il mio amico riattacca, forse per la troppa semplicità, inizio a sentire l’odore di una solenne fregatura, anche se non so spiegarne il vero motivo. Tutto sommato, comunque, possiamo sempre dire che non ci interessano i suoi affari, e chiuderla lì con le sue proposte, penso. Il mio amico adesso dice che quel numero di telefono l'ha avuto da una donna del giro che conosce oramai da un po' di tempo, e quindi pensa ci sia sicuramente da fidarsi, e che dobbiamo soltanto verificare il lavoro e le condizioni. <<Forse ci sarà da fare gli intermediari con dei corrieri>>, dico io; <<probabilmente avremo a che fare anche con dei piccoli consumatori che ci daranno sicuramente un sacco di problemi>>. Il mio amico annuisce, in effetti pare strano pure a lui che questo tizio ci proponga del lavoro buono, senza neppure averci conosciuto in precedenza, però tutto è possibile in certi ambiti. Facciamo un giro a piedi nel quartiere e intanto chiediamo per telefono alle nostre conoscenze, naturalmente senza troppa insistenza, qualche generica informazione sul nostro gancio, anche se sembrano tutti molto abbottonati sull’argomento, oppure veramente non sanno quasi nulla.

Mi viene in mente all’improvviso di far chiamare dal mio amico questa sua famosa conoscente, e senza farle delle domande dirette, sentire che cosa sappia del tipo di cui si permette di dare così il numero in giro. Lei ride adesso, spiega che è soltanto uno che sta cercando di allargare il proprio ambito di affari, e che comunque è un tipo a posto, viene dalla gavetta come tutti, ma sembra che da un po' di tempo le cose per lui stiano navigando piuttosto bene. Il mio amico ringrazia e poi riattacca, ma io ci vedo sempre più qualcosa che non torna in tutta la faccenda. Nel pomeriggio andiamo al nostro appuntamento, e quando arriviamo ci fanno attendere un sacco di tempo prima di essere ricevuti in una saletta sul retro del locale. Il nostro uomo è un tipo elegante, sicuro di sé, senz’altro uno che sa trattare perfettamente le mezze cartucce come noi, ma ugualmente decido di non dargli la possibilità di considerarmi troppo dall’alto al basso.

Lui ci osserva, parla sottovoce con uno dei suoi, ci tiene in piedi ad una distanza di tre metri dal suo tavolino, poi ci chiede i nomi, segna qualcosa sopra un taccuino, riflette, pare quasi che impieghi tutte le sue capacità per tenerci in una situazione poco piacevole. Il mio amico si volta un attimo verso di me, come per farmi comprendere che neanche lui capisce che cosa stia succedendo. Poi arriva qualcuno che porta un foglietto, il tizio osserva la scrittura sulla carta, forse è l’informazione che aspettava, penso io, magari adesso si potrà parlare delle cose che maggiormente ci interessano. <<Mi dispiace ragazzi>>, dice improvvisamente il tizio che gli sta accanto in piedi. <<Per il momento almeno, non c’è nessun lavoro per voi due>>. Il nostro uomo ci guarda compassato, forse studia la nostra reazione, ma io personalmente decido di non averne alcuna, così faccio un gesto di saluto senza neanche ringraziare, e poi mi volto per uscire, mentre il mio amico balbetta qualcosa come per evidenziare il fatto che siamo gente a posto, con delle buone capacità e tanta voglia di fare, anche se non giunge alcun ripensamento da dietro il tavolo.

Usciamo, forse ci siamo giocati un’opportunità senza neppure comprendere il motivo per cui siamo stati scartati in questo modo. <<Non fa niente>>, dico al mio amico appena raggiungiamo il marciapiede. <<Per un tipo del genere non avrei mai lavorato volentieri>>.

 

Bruno Magnolfi