giovedì 30 maggio 2019

Equazione della parabola.


          

            Certo, la segretaria non appare troppo contenta di avere attorno a sé, da ora in avanti, un nuovo tecnico, nonostante si tratti di un giovane apprendista; proprio perché lo immagina, magari con piena sicurezza di sé, già pronto a girare tra quegli uffici della loro azienda curiosando probabilmente tra elementi già assodati, e magari traendo più di altri delle facili conclusioni sulle persone che là dentro vi lavorano. Le parevano sufficienti quegli impiegati già presenti in quella sede, visto che alla fine il geometra, l’unico vero professionista riconosciuto di tutta l’impresa, le sembrava avesse soltanto bisogno di un piccolo aiuto, quasi di un braccio fattivo che concretizzasse in reali attività le trovate della sua mente, di fatto incarnatosi già un anno prima nell’assistente di cantiere che era stato assunto, e non addirittura in due come invece è avvenuto. Però la sua forse è soltanto una forma di puro egoismo, visto che a lei in fondo piacerebbe in assoluto ci fosse il minor numero di preoccupazioni tra quegli uffici, e soprattutto che là dentro regnasse, almeno per tutto il tempo che ci trascorre, un po’ più di calma e di tranquillità. Invece questa importanza concessa dal signor Chelli al suo responsabile tecnico, assumendo per lui un altro aiutante, bisogna dire che alla segretaria prima di tutto fa montare una certa rabbia, come una specie di gelosia, che certe volte non riesce neppure a contenere troppo.
            Il geometra peraltro non si è più soffermato a bisbigliarle qualcosa di carino negli ultimi tempi, e lei, con il suo modo di fare in apparenza superiore ed indifferente a tutto ciò che circonda la sua scrivania, ha invece registrato perfettamente queste sue piccole mancanze, quasi uno scivolare inevitabile verso un possibile futuro disinteresse. In fondo lei sa benissimo che se al signor Chelli va mostrato il miglior lato timido e sognante per averlo completamente dalla propria parte, al tecnico invece non si può certo far vedere qualcosa di così etereo. Non c’è stato molto tra loro, questo è vero, però il sottinteso che serpeggia tra quelle stanze nei momenti in cui è ancora possibile lanciare uno sguardo o una piccola parola appena sussurrata, diventano spesso per lei quasi il motivo essenziale per proseguire ancora a portare avanti il proprio lavoro. In certi giorni si strugge, deve confessarlo, ma lo fa in silenzio, senza mostrare assolutamente niente di sé.
            Sembra quasi una piccola forma teatrale, quel loro piccolo segreto, così tenuto ben stretto in ognuno, almeno nella maggior parte dei casi, salvo certe volte lasciar andare tra loro qualcosa di infinitesimale ed oscuro, ma soltanto in casi sporadici, in attimi del tutto inaspettati, forse addirittura motivati molto semplicemente dal bisogno di tenere in qualche modo ancora accesa la fiamma. A lei certe sere le è persino venuto in mente qualche tentativo per incuriosirlo, lanciargli dei piccoli segnali per vedere quale fosse la reazione dell’altro. Ma non è proprio il suo stile, e nei confronti del geometra deve dire che ha sempre avuto l’atteggiamento di colei che resiste il più possibile alle sue lusinghe, e non può certo cambiare posa improvvisamente.
            Così le giornate lavorative proseguono, e se qualcuno nutre la speranza che questo nuovo ragazzo si trattenga il meno possibile in ufficio, trascorrendo la maggior parte del suo tempo con gli operai sui cantieri di lavoro edile, di fatto anche quel poco che probabilmente trascorrerà alla scrivania potrà dimostrarsi un vero impiccio per chi non vorrebbe mai avere qualcuno intorno, a meno che tutto questo per ragioni al momento inaspettate, non si dimostri un aiuto, una spinta, una possibilità in più per rilanciare una relazione del tutto clandestina, che sembra forse stia percorrendo una fase da parabola discendente.

            Bruno Magnolfi

mercoledì 29 maggio 2019

Trasparenza.


      

            Qualcuno parla a voce alta in fondo alla strada. Sono soltanto tre o quattro persone che discutono di qualcosa, ma in un modo neppure troppo animato, soltanto spiegando con una certa intensità ognuno il proprio punto di vista. Lui va loro incontro camminando con calma, mentre si fuma una delle sue sigarette che ha appena arrotolato tra le dita in maniera sapiente. Poi si ferma, ad una distanza di pochi metri da loro. Quelli interrompono i loro discorsi e lo guardano, come aspettandosi forse una domanda, o un’affermazione, insomma qualcosa a cui sembra si stiano già preparando. Lui invece non dice niente, nemmeno li guarda, attende appena un altro attimo, e quindi riprende il passo di prima. Li supera senza espressioni, mentre loro lo fissano aspettando ancora, prima di poter ricominciare a discutere come prima.
            “Bisogno di qualcosa, forse”, chiede uno in maniera indiretta, proprio per non lasciare andar via questo estraneo senza aver fatto almeno un tentativo per scoprire chi è, cosa mai ci faccia da quelle parti. E lui torna a fermarsi, si volta, guarda attentamente il tizio che ha appena parlato, poi prende ancora una boccata di fumo, e quindi prosegue. Al gruppo non piace dover sopportare un atteggiamento persino troppo spavaldo, così un altro tra loro chiede con voce decisa se abbia per caso sbagliato strada passando da lì, ma lui ancora non dice niente, solo torna a fermarsi, si gira indietro verso di loro, ed infine fa qualche passo indolente avvicinandosi al gruppo, come per affrontarlo bonariamente, ma conservando un'espressione seriosa.
            Gli altri a questo punto fingono subito una certa indifferenza, forse per non avere dei guai, e si rimettono a parlottare tra loro, ignorandolo completamente, come fosse quest’uomo un semplice intruso che tra un attimo probabilmente se ne andrà e non darà più fastidi. “Dobbiamo essere trasparenti”, dice invece lui guardando con curiosità le dita della sua mano stesa per aria, quasi se d’improvviso scoprisse di avere quell’arto composto di puro vetro, capace di mostrare i nervi, le vene, i muscoli e tutti gli altri suoi componenti sotto alla pelle fattasi improvvisamente inconsistente. Quelli non ribattono niente: se avesse da porre una domanda, forse sarebbero pronti a rispondergli, ma dover confrontarsi con uno probabilmente mezzo matto, non è cosa per loro.
Lui spenge la sua sigaretta sotto la suola di una scarpa, poi bofonchia ancora qualcosa sorridendo tra sé con fare compiaciuto, infine se ne va, lasciando involontariamente cadere per terra, mentre sta infilandosi le mani dentro le tasche, una banconota di piccolo taglio. "Amico", dice subito uno del gruppo raccogliendo i soldi da terra; ma lui si disinteressa di tutto e riprende a camminare con la stessa cadenza iniziale. Allora il tizio, con la banconota ancora sulla punta delle sue dita, gli va dietro rapidamente, quasi lo affianca, gli fa presente quello che gli sta succedendo. "Grazie", fa lui con un certo distacco, anche se sfila lentamente i suoi soldi dalla mano dell'altro; "sono giusto i quattrini che mi servono per un buon caffè".
“Domani tornerò”, dice poi a voce alta, in pratica parlando con tutti i presenti. “Ho intenzione di trasferirmi da queste parti prossimamente, ed ho bisogno di avere informazioni sulle persone che risiedono in questo quartiere. Sono un tipo tranquillo, non cerco guai e non creo neppure problemi; però ho bisogno che chi mi abita vicino adotti il mio stesso buon senso, e soprattutto mi venga ad informare se per caso qualcosa non gira in maniera adeguata. Perché nonostante io sia uno straniero”, dice poi a voce più bassa; “questo non vuol dire che abbia intenzione di vivere male”.

Bruno Magnolfi

lunedì 27 maggio 2019

Rappresentazione onirica.


        

            Sono deluso, forse potrebbe essere del tutto inutile anche parlarne. Certe volte giro per strada senza una meta, ed incontro quasi sempre delle persone che probabilmente mi assomigliano, perché se non altro hanno le mie stesse caratteristiche, e magari alla vista del particolare modo che possiedo di camminare lungo questi marciapiedi, mi lanciano pure un saluto, perché sanno perfettamente chi sono, mi riconoscono, e sono anche del tutto consapevoli di quello che significa resistere in questo piccolo mondo costituito dal gruppo storico di famiglie che ha sempre abitato tutto questo quartiere. Che me ne frega, penso tra me, sono soltanto degli sciocchi, solo dei tizi che vogliono vedere nelle mie vesti un personaggio pieno di notorietà, uno che ha avuto la fortuna di essere stato prescelto tra tutti quelli che aspirano a farsi strada in questa semplice realtà senza stile, utile soltanto alle persone prive di scrupoli.  
            Sorrido, qualche volta, e mi chiedo se ci sia un briciolo di serietà nel mandare avanti le cose in questa maniera. Siamo noi penso, coloro a cui è demandato un compito che forse in altra sede parrebbe del tutto inconcepibile, ma rispetto al quale, fingendo grande superiorità, riusciamo facilmente a mostrarci assolutamente all’altezza, tanto da racimolare con pochi sforzi la fiducia di tutti, fino a spiegare delle volte che forse siamo nati assolutamente per questo, per assolvere un compito che ad altri non sarebbe mai risultato naturale. In questa porzione di città ci sono io, sembro spiegare giusto passando davanti ad ogni cittadino che vedo, a preoccuparmi soprattutto per voi, ad adempiere a tutti quei compiti che ad altri sicuramente risultano ostici.
            Però alla lunga tutte le cose mostrano di logorarsi. Sembra persino impossibile che si possa continuare in questa stessa maniera all’infinito, così prende la voglia di voltarsi da tutt’altra parte, almeno in qualche occasione, e disinteressarsi di quanto a chiunque forse pare ancora del tutto necessario. Il punto è che a me non importa un bel niente di come possono andare avanti le cose alle persone che continuano a tifare per me. Lo so, per loro sono un simbolo, il punto di arrivo di un processo a cui aspirano tutti, ma per quanto mi riguarda oramai è soltanto un percorso noioso a cui devo quasi obbligatoriamente dare seguito, anche se non ne avrei più alcuna voglia. Certo, ci sono stati momenti del passato in cui ho faticato molto per arrivare ad essere quello che sono; ma adesso non è che per darsi una spinta ulteriore si debba per forza tornare con la mente ai periodi più difficili di tutto il percorso. Adesso è così, e questo deve bastare.    
            Però non riesco a mandare ancora avanti le cose nella stessa maniera di sempre: sorrido per mostrare ancora piacere rispetto ai complimenti che mi vengono rivolti, e poi faccio finta di impegnarmi davvero sui casi che qualcuno mi viene a presentare per avere al più presto una positiva soluzione. Di fatto non mi interessa più nulla, sono fatti loro le complicazioni in cui tutti si vanno a cacciare ogni giorno: si respira una fase del mondo in cui è l’individuo ad essere al disopra di tutto, non posso certo essere io ad invertire questa tendenza. Il potere che sono riuscito poco per volta a cucirmi addosso ormai è mio, non c’è più alcun bisogno che metta ancora in discussione la mia persona per mostrare quanto questo sia vero. Quindi basta, non devo più farmi vedere da queste parti: qualcuno penserà che non sto bene, o che mi sto impegnando in qualcosa che sta al di sopra della fantasia più comune. Invece mi prenderò una lunga vacanza, e mi godrò appieno quello che mi sono meritato, lontano da qui, da qualche parte splendente, dove non ci sia chi voglia ancora guardare con interesse la mia espressione, per riconoscere nei miei lineamenti, semplicemente, colui che gli sempre apparso come il rappresentante di tanti tra tutti i suoi sogni.

            Bruno Magnolfi 

domenica 26 maggio 2019

Nervi scoperti.


       

            Appena l’ha intravisto, nel corridoio tra gli uffici, probabilmente gli è parso un tipo sveglio, ma contemporaneamente anche sfuggente, uno che non si sofferma per nessun motivo su qualche sciocca formalità, ma va direttamente al nocciolo delle cose. Proprio per questo ne è rimasto favorevolmente colpito, bisogna dire, anche se ha provato subito un forte senso di frustrazione, immaginando se stesso, in un confronto del tutto inevitabile con lui, incapace di stare alla sua stessa altezza, almeno per ciò che riguarda il proprio generale spessore di personalità, che ha considerato subito, almeno nei suoi confronti, piuttosto inadeguato. Gli ha stretto la mano sorridendo, quando il signor Chelli ha fatto le dovute presentazioni, poi si è messo sottovoce a spiegargli qualcosa, ingarbugliandosi un po' nella improvvisa consapevolezza di non aver mai descritto a nessuno i propri compiti lavorativi, almeno dal momento in cui è stato assunto presso quell'impresa.
Naturalmente è subito sopraggiunto anche il geometra, che con grandi complimenti ha preso sottobraccio il nuovo arrivato, mostrando così di possedere soltanto lui dentro di sé i segreti fondanti del mestiere, e con un atteggiamento insolito, a dire la verità anche piuttosto finto, lo ha portato insieme a sé, facendolo salire sulla sua macchina e dirottandolo verso il cantiere di lavoro in cui l'impresa edile è impegnata in questo periodo, sicuramente per aver modo di presentargli personalmente i caposquadra e tutti gli operai dell’impresa. La segretaria invece è parsa quasi completamente indifferente al nuovo arrivo, peraltro come è suo solito fare per tutto ciò che non la riguarda in modo diretto, e in ogni caso, cercando un qualsiasi argomento, ha avuto subito da lamentarsi, appena giunta in azienda, per il troppo lavoro accumulatosi in quegli ultimi tempi.
Forse le cose in generale potranno anche migliorare per l’azienda, ha pensato l'assistente di cantiere mentre riprendeva fedelmente da solo il suo lavoro alla scrivania; però è evidente che ci vorrà qualcosa in più di qualche semplice spartizione dei vari compiti. Lui, a dire la verità, non saprebbe indicare cosa sia in questo momento a non funzionare bene nelle tante attività della ditta, però è chiaro come nessuno possa dichiarare di avere delle soluzioni pronte in tasca. Forse i giorni prossimi mostreranno qualcosa di diverso per tutti quanti, ha pensato senza troppa convinzione; però secondo il suo parere la necessità maggiormente impellente è quella di una collaborazione migliore tra tutti, e soprattutto meno verticistica.
Quando l’apprendista ed il geometra sono poi rientrati in sede, non molto dopo, è parso che svariati aspetti tra i più importanti dell’azienda fossero ormai stati chiariti, e per questo motivo è stato deciso dal signor Chelli, com’era naturale, di far affiancare il nuovo arrivato, almeno per i primi tempi, proprio all’assistente di cantiere. Per questo loro due si sono messi subito insieme a studiare i progetti da portare avanti, e l'apprendista è sembrato attento e silenzioso mentre seguiva i dettami delle varie lavorazioni. "Sono forse in atto dei piccoli conflitti in questa azienda", ha detto improvvisamente il ragazzo dopo una mezz’ora, usando un tono basso ma già di perfetta convinzione, e dando alle sue parole anche un risalto da domanda diretta, nel mentre  persisteva un momento di silenzio dentro l’ufficio. E l'assistente, meravigliato, che avrebbe quasi voluto dire di colpo tutto quello che realmente gli passava per la testa, e che per tanto tempo aveva tenuto solo per sé, ha invece preferito, almeno sul momento, rispondere di no. Però probabilmente non è riuscito ad essere del tutto convincente, e l'altro si è subito reso conto comunque di aver toccato un preciso ed evidente nervo scoperto di quella loro ditta.

Bruno Magnolfi

mercoledì 22 maggio 2019

Indietro fino là.



La giornata stamattina sembra fresca, ed il cielo appare solo parzialmente annuvolato, mentre guido la mia macchina verso la piscina sportiva dove mi reco tre volte alla settimana prima di andare al lavoro. È presto, nel bagagliaio ho inserito la sacca con dentro l'accappatoio e le altre cose che mi servono, e con calma percorro le strade che portano al quartiere cittadino dello sport. Forse non avrei neppure troppa voglia di togliermi i vestiti ed infilarmi nell'acqua trasparente al sapore di cloro, però è un impegno che ho preso con me stesso e devo rispettarlo.
Davanti all’ingresso dell’edificio allungato ho un ripensamento: spengo il motore dell’auto e resto immobile a guardare cosa avviene attorno a me. Giungono in pochi minuti altre due macchine, e gli autisti appena parcheggiato scendono in fretta con le loro sacche per andare ad infilarsi subito negli spogliatoi. Forse c’è qualcosa che stride in tutto questo, rifletto. Attendo ancora, la giornata si fa leggermente più luminosa, e nei giardinetti qui accanto qualche merlo becca in terra in mezzo all’erba. Forse potrei farmi una passeggiata, invece di spogliarmi ed entrare nell'acqua, anche se non cambierebbe molto il risultato.
Perciò esco dall'auto, aspetto con calma la prima persona che passa da queste parti e poi le chiedo se le andrebbe di farmi compagnia. È una signora con il suo cagnolino, e dapprima mi guarda in maniera storta, poi però mi dice che posso stare con lei mentre accudisce e porta in giro il suo cane. Mi spiega che ogni mattina loro due fanno più o meno il solito giretto, perché il suo cane è un abitudinario, così lei ormai conosce praticamente tutti gli alberi della zona. Annuisco, poi dico che mi pare triste fare sempre le medesime cose: “anche io difatti dovevo andare in piscina”, le spiego meglio, “ma all'improvviso mi sono sentito soltanto uno sciocco”.
La signora ed il suo cane ascoltano in silenzio le mie considerazioni, e poco dopo mi salutano per attraversare la strada, ed io resto da solo mentre adesso si avvicina inesorabilmente l’ora in cui devo recarmi sul posto di lavoro. Vorrei proprio trovare qualcosa che mi impedisse di andarci, e non perché ci stia poi tanto male, quanto per l’improvviso bisogno che provo di riflettere meglio e pacatamente su questa faccenda delle abitudini che adesso mi opprimono. Mi siedo sopra una panchina, e poco dopo arriva un tizio che apparentemente non ha molto da fare, se non tirare fuori con calma il suo giornale e mettersi a leggerlo proprio accanto a me. Non gli dico niente, mi basta seguire i suoi gesti ed interpretare l’attenzione che impiega nel seguire gli articoli. Quindi mi alzo e torno lentamente verso la mia macchina.
Quindi telefono al mio capufficio, gli spiego che non mi sento molto bene, e che perciò non posso proprio raggiungerlo in questo momento. Salgo di nuovo sulla mia macchina, potrei tornare a casa penso, ma forse quest’aria di libertà che sto provando terminerebbe troppo in fretta. Perciò metto in moto ed esco dal parcheggio, percorro il viale accanto allo stadio e poco lontano dai campi da tennis, quindi imbocco la strada verso la periferia ed alla fine mi ritrovo velocemente fuori dal caseggiato: ecco, forse qua da qualche parte ci può essere qualcosa che fa per me penso; probabilmente devo soltanto raggiungere il paese più vicino, visitarlo, concentrarmi sui dettagli delle viuzze e delle case più vecchie. Poi a quel punto forse mi sentirò più pronto per tornare davvero sui miei passi.


Bruno Magnolfi  



martedì 21 maggio 2019

Tendenze negative.



Immobile, sopra ad un solaio della futura abitazione ancora imbrigliato nelle casseforme, il geometra dell’impresa controlla con sguardo attento il corretto proseguire delle lavorazioni in corso. L'assistente di cantiere, mediante uno strumento ottico, raccoglie intanto le misure di tutti i manufatti già pronti, e va a segnarle su di un elenco che qualche giorno addietro ha predisposto con una certa cura, una griglia dove le quote adesso vengono sistemate in un ordine molto preciso e razionale. Gli operai oggi indossano ogni dispositivo di protezione individuale previsto dai responsabili della sicurezza, e qualsiasi manovra che compiono viene effettuata con attenzione e nel pieno rispetto di ogni regola. Nonostante tutto questo, si potrebbe dire, ieri si è verificato un incidente, non grave fortunatamente, ma ugualmente serio, ed evidentemente anche indice e spia di un certo nervosismo serpeggiante tra chi sta lavorando.
Il cantiere in ogni caso deve andare avanti, ed anche se con ogni probabilità ci sarà nei prossimi giorni un'ispezione dell'autorità per la sicurezza sul lavoro, ugualmente si procede con le operazioni che sono già state previste. L'assistente comunque è sempre rimasto convinto che chiunque svolga bene la propria attività non abbia mai nulla da temere, ma adesso in ogni caso forse nutre qualche dubbio sulla nota indole del geometra, sempre pronto a falsificare qualche cosa per trarne un certo utile. Giunge invece sul cantiere il direttore dei lavori, si accosta subito al responsabile tecnico, ed insieme annotano tutto quanto ciò che serve per una relazione dettagliata. Poco distante sta manovrando con pazienza una betoniera carica di calcestruzzo miscelato, e si comincia poco dopo con l'effettuare una nuova gettata di cemento.
L’operaio ferito infatti ha spiegato che non si è proprio accorto che dietro di lui si stava manovrando con la gru per sistemare un carico di mattoni forati per i tamponamenti delle pareti, e quando è caduto, spinto dalla massa del laterizio in leggero movimento, si è fratturato il braccio con cui ha cercato di proteggersi finendo a terra. Niente di speciale, ha detto subito il geometra, e comunque chi si fa del male sul cantiere d’ora in avanti verrà inserito in una lista composta da coloro che risulteranno in questo modo i meno affidabili. Qualcuno tra gli operai ha stretto i denti per non dare una risposta un po’ balorda, ed altri hanno alzato le spalle, come per mostrare che lavorando più lentamente e con maggiore attenzione ad ogni dettaglio a loro sicuramente non capiterà mai un bel niente, anche se ne risentirà la produzione.
Il clima quindi non è molto favorevole, come ha pensato diverse volte nella stessa giornata l’assistente di cantiere, e l’unica speranza che rimane per qualche positiva novità, è proprio l’introduzione della nuova figura di apprendista tecnico promessa dal titolare della ditta. Ha già visto passare dall’ufficio, nei giorni scorsi, alcuni ragazzi sicuramente freschi di diploma, ma forse i colloqui che sono stati fatti non hanno ancora dato l’esito sperato. Nessuno si fida ad informare il sindacato di quello che sta succedendo in questa impresa: la perdita del lavoro con una scusa o con l'altra sembra costantemente dietro l'angolo, e tutti pensano che non potrà essere di certo la presenza di altri burocrati sul posto di lavoro ad invertire la tendenza.


Bruno Magnolfi



domenica 19 maggio 2019

Esigue minoranze.




Oggi non posso uscire di casa, sarebbe proprio un vero suicidio, mi prenderebbero subito per rinchiudermi chissà in quale galera: ci sono i militari dappertutto con le camionette e gli autoblindo carichi di munizioni lungo le strade cittadine, e sono tutti pronti anche a sparare a mitraglia su chiunque come me si faccia minimamente vedere in giro. Però attendo che si faccia notte fonda, quando le ronde saranno molto più allentate, ed allora col favore del buio e con le scarpe dalla suola di gomma, farò una corsa disperata fino all'abitazione della mia Rosina. Signorina, le hanno intimato l'ultima volta che si è fatta vedere in giro; lei deve stare a casa sua, occuparsi della sua famiglia, abbassare lo sguardo davanti a suo padre quando le spiega come sarà il futuro, e dare retta ai suoi insegnamenti, perché lui probabilmente è un uomo saggio, non ci ha mai dato problemi, e forse sa bene come si evolveranno le cose prossimamente.
Ed invece suo padre ha fatto una dichiarazione pubblica, ad una radio locale, in cui ha sostenuto che le cose da ora in avanti dovranno per forza cambiare, e che non è più possibile restare immobili davanti a qualcosa che ci porta soltanto indietro nel tempo. Così gli hanno dato subito gli arresti domiciliari, e tutta la sua famiglia si è trovata a vivere una specie di incubo, in cui sembra impossibile anche poter ritrovare i semplici valori di un tempo. Naturalmente anche io sono stato messo sotto controllo, ed è per questo che le uniche cose che posso fare in questo periodo sono quelle di recarmi al lavoro e poi fermarmi nel negozio accanto a casa per acquistare dei generi alimentari. I militari controllano che io esegua questi ordini, e non intendono essere tolleranti se soltanto provo ad omettere quanto mi è stato intimato.
Rosina è una persona positiva, e nonostante i nostri telefoni siano naturalmente sotto controllo, è riuscita a farmi avere un piccolo biglietto di carta portatomi di nascosto da un conoscente con una scusa. Così le ho potuto comunicare, affidando allo stesso conoscente una risposta scritta, che andrò da lei stanotte, a qualunque costo, e che probabilmente insieme dovremo prendere il volo, racimolare le cose essenziali che ci possono servire, ed allontanarci alla svelta da questo paese. Fuori dal centro abitato abbiamo ambedue la possibilità di farci aiutare, e poi i militari non pattugliano le strade minori, almeno così mi hanno detto, e quindi potremo facilmente raggiungere una casa di campagna disabitata della quale possiedo le chiavi, ed intraprendere da lì una sorta di resistenza a quanto ci sta succedendo.  
Mi sembra impossibile si possa essere arrivati così in fretta fino ad un punto del genere, e soprattutto trovo incredibile che nessuno sostanzialmente se ne interessi. Tutte le persone che conosco sembra abbiano abbassato la testa mentre fingono di non sapere niente di niente: ognuno pare preoccuparsi soltanto di sé, delle strette cose personali, e se fino adesso a nessuno di loro sono state imposte delle restrizioni, probabilmente immaginano che a chi al contrario è già capitato, se le sia come andate a cercare. Per cui non è possibile aspirare alla solidarietà o anche ad un semplice aiuto, se non proprio da chi almeno in parte riesce a mettersi nei panni di chi soffre per la propria libertà. Ed alla fine sono comunque una stretta minoranza, quelli che più di tutti forse meriterebbero un elogio.

Bruno Magnolfi

sabato 18 maggio 2019

Rivelazioni.


          

            Lui si siede, ma nonostante si senta leggermente fuori asse per riuscire a guardare bene in faccia il signor Chelli, ugualmente, come per mostrare l'accettazione completa della realtà che gli viene imposta in qualche modo, non sposta la sua sedia, restando insieme ad essa in una posizione leggermente voltata da una parte, quasi fosse poco interessato all’argomento di cui probabilmente si parlerà tra un attimo. Il geometra al contrario, come spesso in queste occasioni, prosegue a trastullarsi ancora un po’ nell'osservazione di qualche pagina riguardante chissà cosa, tenendo in mano un fascicoletto spillato già prima di sedersi, e poi continuando a sfogliare anche dopo, ma con maggiore sufficienza, quelle carte che adesso tiene sulle gambe.
"Che le cose non vadano benissimo", dice il signor Chelli, "lo sapete anche da voi. In ogni caso questa ditta ha visto momenti anche molto peggiori di questo, e sicuramente ha in sé tutti gli anticorpi giusti per reagire e per trovare la soluzione ad ogni problema venga sollevato". Il geometra sorride, forse trova questo preambolo assolutamente superfluo, oppure ne sa già talmente tanto che vorrebbe velocemente e con semplicità andare al sodo di tutta la faccenda.
L’assistente di cantiere comprende soltanto adesso che con evidenza questa chiacchierata è stata messa in piedi soltanto per lui, probabilmente per affibbiargli qualche ulteriore responsabilità, forse qualche nuovo compito, riflette subito, o magari solo per chiarirgli di nuovo quali siano i suoi doveri anche nei confronti delle squadre degli operai; oppure per comunicargli in modo morbido che lui non è la persona adatta a svolgere ancora quel ruolo per cui è stato assunto, e che nonostante sia già trascorso più di un anno da quando è entrato a lavorare in quella azienda, adesso si è verificata la situazione giusta per cui lui rassegni le dimissioni e lasci libero l’incarico.
Sa che a fronte di una riflessione di questo genere, gli prende normalmente un certo tremore nelle mani, così va a nascondere velocemente le dita sotto alle gambe, incaponito a rimanersene in silenzio. Poi torna a voltare la faccia verso la scrivania. “Dobbiamo parlare con tutti gli operai”, fa il signor Chelli, “e chiarire a tutti che non è proprio il momento di mostrare della fiacca sul lavoro. Vanno seguiti, dobbiamo far sentire loro che noi ci siamo, che li stiamo controllando, che saremo inflessibili con chiunque non porti avanti degnamente la propria funzione”.
Sa di retorica tutto quanto, ma ci deve pur essere un sostanziale punto di arrivo di quelle parole messe in fila, pensa l’assistente di cantiere mentre è ancora concentrato su ciò che possa riguardare qualcuno dei suoi compiti. "Dobbiamo affrontare un periodo”, prosegue il signor Chelli, “in cui il loro impegno, e naturalmente anche  il nostro, devono essere portati ai massimi livelli, se vogliamo risollevare le sorti dell'azienda; e per fare ancora meglio tutto questo, ho pensato di assumere una nuova figura, un specie di aiutante apprendista che si occupi delle parti maggiormente burocratiche della certificazione di qualità, delle annotazioni degli orari e degli strumenti di controllo del lavoro, e anche di qualche contabilità minore. Certo, sarà una spesa in più, ma sono convinto che le cose potranno filare meglio se saremo maggiormente presenti sui cantieri e se le nostre squadre di operai avranno una guida più decisa”.
Niente da dire, pensa l’assistente: una mossa a sorpresa che comunque fa già trapelare qualcos’altro che probabilmente sarà chiarito nei prossimi giorni dal geometra. In ogni caso va di sicuro tutto bene, forse anche troppo per quanto riguarda le sorti aziendali, sempre che queste novità non coprano qualcosa che per il momento forse è prematuro venga rivelato.

Bruno Magnolfi  

giovedì 16 maggio 2019

Prova di resistenza.


     

            Non sono del tutto disperato, anche se qualche volta mi sento davvero giù di corda. Il fatto di dormire in un palazzo occupato dove ci sono quasi soltanto degli immigrati di colore, non significa affatto che io abbia perso completamente la fiducia nella mia capacità di rimettermi in piedi e ricominciare tutto daccapo. Mi sono andate male diverse cose negli ultimi anni, ma questo in fondo non significa un bel niente. Un vero lavoro credo non me lo darà mai nessuno alla mia età e presentandomi così malridotto. Però riesco sempre a rimediare qualche spicciolo dando una mano alle persone che mi conoscono per portare avanti qualche piccolo trasloco, mettere in giro nelle cassette della posta o sotto ai tergicristallo delle macchine ferme qualche pieghevole della pubblicità, o anche portare a domicilio la spesa di qualche vecchietta per un piccolo supermercato di questo quartiere. Sono cose semplici e pure legali, che non prevedono per me dei grandi rischi.
Quando torno ad infilarmi tra le mie coperte nella stanza dove ho sistemato tutte le mie cose, ritrovo per un attimo la persona che sono sempre stata fin da quando ero un ragazzo. È una sensazione bellissima ripensare per qualche attimo a tutte le possibilità che sono riuscito ad avere durante questo lungo lasso di tempo: ciò che ho conosciuto, quello che ho fatto, le cose che ho scansato, le persone che mi hanno voluto un po’ di bene, quelle a cui in un modo o nell’altro sono stato più vicino. È un percorso completo, ed in fondo soltanto io potrei averlo davvero intrapreso, con tutte le mie colpe ed anche i miei difetti. Dura poco il momento di queste riflessioni, poi cado subito nel sono profondo di chi trascina dentro di sé una stanchezza che dura ormai da mesi, se non di più. Quando torno a svegliarmi non vorrei per niente al mondo riaprire veramente gli occhi: però ci sono ancora i miei pensieri, l’elaborazione continua di tutti i miei ricordi, la voglia profonda di essere ancora una persona, non un rottame della vita come sono per davvero.
Giro per la città, saluto chi mi saluta, chiedo sempre una mano a coloro che incontro, ma non a tutti, soltanto a quelli che non mostrano la faccia da avversario, che non hanno l’espressione di disgusto per uno come me. Li riconosci subito quando li vedi: sono persone che forse vorrebbero avere intorno soltanto individui del tutto identici a loro, nati nello stesso luogo, con i medesimi pensieri, vestiti più o meno in modo simile, la solita corporatura, gli stessi discorsi da portare avanti. Non importa, penso con tolleranza; in fondo ognuno è libero di sentirsi come vuole, non può certo essere uno come me a rimarcare delle differenze: tutte le persone hanno una storia, ognuna di loro ha qualcosa da insegnare. Ci si aiuta tra di noi, quelli che vivono ai margini di questa civiltà.
Ognuno è libero di intraprendere la strada che più preferisce, alcuni si vanno ad infilare nel mondo della droga, altri progettano rapine con in mano coltelli da cucina o taglierini per incutere paura. A me non interessa, mi pare a volte di vivere soltanto per quei cinque minuti quando sono da solo, prima di dormire; e tutto quanto ciò che sono, e sono stato, improvvisamente mi viene incontro, e mi dice ogni volta qualcosa di nuovo, di diverso, e che forse tutto quanto anche per me potrà essere migliore, magari già domani. Per il resto accetto quello che mi è dato, e quando vado a mangiare alla mensa dei poveri, ringrazio sempre chi mi serve, perché so che quella è ancora una possibilità che mi viene data, un tentativo per mandare le cose avanti, affinché tutti i miei sforzi per arrivare fino qui non risultino mai del tutto vani. E poi perché alla fine ci sarà magari pure un senso alla sofferenza estrema che mi ha messo così alla prova per tutto questo tempo. 

Bruno Magnolfi

mercoledì 15 maggio 2019

Conoscenze dirette.



Il senso di liberazione che lui prova ogni sera, quando riesce finalmente a venir via dagli uffici aziendali dove ha lavorato per tutto il giorno, e quindi raggiungere la sua abitazione, si stempra velocemente e con semplicità nello smarrimento che avverte quando si ritrova da solo nelle sue due stanze fredde, buone soltanto nello spingerlo ad aprire il frigorifero per accorgersi immediatamente di non avere quasi appetito di fronte alla prospettiva di dover obbligatoriamente cucinarsi qualcosa di poco invitante. La riserva di entusiasmo messa da parte in tutta la giornata per quel preciso momento, diventa in questo modo una nuova delusione, tanto da spingerlo soltanto verso le notizie quotidiane della televisione, lontane ed impersonali.
Così decide rapidamente, come spesso succede, di indossare di nuovo la giacca ed andarsene fino al bar sotto casa, dove farsi scaldare un paio di tramezzini e fare magari due chiacchiere con qualcuno che sfoglia svogliatamente il giornale sportivo, o che osserva le persone che passano sul marciapiede fuori dalla vetrina dello stesso locale. Ha degli amici con cui qualche volta si vede di sabato sera o durante la domenica, ma abitano tutti piuttosto lontano, e non è il caso di telefonare a qualcuno di loro soltanto per stemprare quel suo senso di inutilità. 
Poi dice al cameriere, quasi con un automatismo, che non ne può più del suo lavoro, e che si sente sempre di più preso nel mezzo, esattamente tra la logica degli operai e quella dei proprietari. L'altro lo guarda, è difficile stare in una posizione del genere pensa, però si limita ad annuire, come volesse aggiungere che ognuno comunque ha i propri guai, e che forse bisognerebbe mostrare il coraggio di rifiutare delle situazioni del genere. L'assistente di cantiere sembra intuire il suo pensiero, così mentre continua a masticare il suo panino, dice che nella scelta lui per sua indole starebbe sempre insieme ai lavoratori manuali, ma che purtroppo non è mai conveniente. L’altro sorride, poi va dietro al banco a preparare un caffè.
Non posso rifiutare questo lavoro al punto in cui sono, pensa lui con più calma; proprio adesso che sto imparando davvero qualcosa, che riesco a sentirmi abbastanza a mio agio mentre sono sui cantieri, ed ho anche assimilato la maniera migliore per stilare le varie contabilità. Devo soltanto imparare ad essere più indifferente alle cose che avvengono intorno a me, andare dritto allo scopo senza perdermi dietro le faccende che non mi riguardano. Forse non devo mostrare neppure che tengo troppo a questo posto di lavoro: potrei dare l’impressione di uno che si affeziona ai luoghi in cui si viene a trovare, che ha paura di non riottenere in futuro un lavoro del genere, così comodo ed anche piacevole, così come si immagina il nostro capo.
In ogni caso durante una discussione in merito, posso sempre tirar fuori al momento più adatto qualcosa di ciò che sono riuscito a sapere sugli appalti truccati e sugli affidamenti diretti avuti con una percentuale; potrei farne appena un accenno leggero, giusto di passata, come fa chi sa molto di più di quello che vuole spiegare, e che non può certo essere trattato come un pivellino che non conosce come si sta in questo mondo. Oppure potrei stare zitto, ed ascoltare senza battere ciglio tutto quello che mi viene spiegato: anzi, forse è più facile fare così, in fondo ci sono delle cose che proprio fino in fondo non si riescono mai a sapere davvero.


Bruno Magnolfi 


martedì 14 maggio 2019

Sconforto evidente.


         

            “Le cose stanno andando sempre peggio”, dice quasi con ironia il geometra riferendosi alla segretaria dell’impresa, durante un momento in cui paiono rimasti da soli negli uffici dell’azienda. "Le commesse favorevoli purtroppo sono sempre di meno, le spese sembrano moltiplicarsi ogni mese che passa, e in mezzo a tutto questo gli operai si sono messi a fare gli imbecilli". La segretaria con mezzo sorriso sulla faccia continua a scartabellare le sue fatture da registrare, tenendo costantemente gli occhi bassi; poi esce per un attimo da dietro la sua scrivania e lui la prende per un braccio, la tira leggermente verso di sé, lasciandosi respingere con semplicità, sia pure con una certa delicatezza nei comportamenti. "Le cose si sistemeranno", gli dice lei un attimo dopo, guardandolo fisso come per evidenziare che a lei farebbe anche piacere, lì su due piedi, concedere a lui qualche smanceria, ma che non è proprio possibile. "Il signor Chelli saprà sicuramente trovare la strada giusta, come sempre è successo anche in altri periodi critici".
In quell’attimo rientra in sede l'assistente di cantiere, percorre il breve corridoio vetrato senza fare troppo rumore, poi entra nel suo ufficio, ed appoggia la sua borsa sopra ad una sedia. Non dice niente, sa che  sicuramente c’è qualcuno a lavorare nelle altre stanze degli uffici, ma a lui non interessa, sa che deve preparare e mettere in ordine la contabilità degli ultimi giorni, ed è disposto a portare avanti il suo lavoro, indipendentemente da tutto il resto. Fa capolino il geometra alla sua porta, ma soltanto per dirgli: “il signor Chelli ci vuole vedere più tardi, tutt’e due, e non penso sarà per qualcosa di semplice soluzione”. L’assistente lo osserva per un attimo, fa un cenno affermativo con la testa, infine si rimette immediatamente a svolgere quei suoi conteggi.
Intanto anche il magazziniere si è fatto vedere lungo il corridoio, ma soltanto per un attimo, giusto per spiegare in fretta alla segretaria che ci sarebbe da ordinare un certo materiale di cui sono quasi terminate le loro scorte, e tutto quanto velocemente viene da lei annotato, fino a far ripiombare subito dopo i locali nel silenzio. L’aria è tesa, inutile anche dirlo, e chiunque in casi come questi abbia voglia di dire qualcosa, lo fa a suo rischio. Infine il geometra va via, dice che deve andare a visionare non si sa che cosa, così accende una sigaretta prima di uscire, e poi sbatte quasi la porta, come per un improvviso effluvio di nervosismo.
Dopo qualche minuto la segretaria, quasi per uno sbaglio nel cercare qualche cosa, si fa vedere sulla soglia della porta dell’assistente. “Ciao”, gli dice, usando però una voce calma e bassa, quasi quella di un’amica che cerca di fargli qualche confidenza: “sembra proprio che tiri una certa ariaccia in questi uffici; a te non so che cosa sembri, però il geometra pare piuttosto agitato, come se gli girasse per la testa qualcosa che resta piuttosto difficile da comprendere, quasi se avesse delle novità che non riesce proprio a condividere con gli altri”.
“Non so”, fa lui con l’espressione di chi sta riflettendo seriamente; “però a me risulta che i problemi dell’azienda in questo momento siano tutti facilmente superabili, si tratta soltanto di qualche stato di avanzamento dei lavori che deve essere ancora liquidato, ma niente di più”. “Ma tu allora credi forse che il geometra abbia magari dei problemi propri, qualcosa che vada oltre il suo lavoro in questa ditta”. “Non so proprio che dire”, fa l’assistente, “però lui non mi pare il tipo di individuo che se la prenda troppo per le difficoltà aziendali; per cui è strano che sia agitato, forse ha soltanto qualcosa di personale che a noi non è dato di conoscere”. La segretaria a questo punto esce dalla stanza, e nel gesto che compie ritirandosi, mostra evidente una certo sconforto.

Bruno Magnolfi

lunedì 13 maggio 2019

Rivoluzione interna.


            

            Ci sono spesso delle persone che si muovono proprio in mezzo alle cose che penso, come se loro, che perlopiù sono individui che neppure conosco, la sapessero molto più lunga di me e di tutte le mie riflessioni, tanto da giocare a mettersi ogni volta di traverso, e continuare con tranquillità a prendermi in giro. Me ne vado gironzolando con le mani in tasca, ed intanto mi ritrovo a fare i conti con questa gente che continua imperterrita ad accompagnarmi, come se nessuno di loro avesse proprio altro da fare che stare a materializzarsi dentro la mia mente, e poi farsi portare a spasso da me con completa indifferenza. Mi fermo, osservo una scritta sopra un muro accanto al marciapiede, poi riprendo la passeggiata, e tutti quanti ancora insieme a me, come se la mia testa fosse la migliore carrozza per andare in giro. Forse c’è troppa solitudine dentro ai miei vestiti, medito in silenzio, ma loro ridono di un pensiero come questo, perché sanno che non è del tutto vero: sono qui apposta per tenermi compagnia, dicono, per stare con me, in qualsiasi luogo decida di recarmi.
            Entro allora in un locale dove c’è della gente che sorseggia caffè liquore e aperitivi, così mi piazzo da una parte mentre sento nelle orecchie una grande confusione di persone che scalpitano per parlare e dire qualcosa a tutti gli altri. Mi faccio servire un bicchierino mentre mi metto comodo ad un tavolino libero, poi ascolto le conversazioni delle persone che mi sono accanto. Sono i soliti argomenti, quelli comuni a tutti, ed a me pare che non avvenga niente di importante, così mi astraggo leggermente e mi godo con calma il leggero riposo del viaggiatore. Ma loro no: dicono irritati da dentro la mia testa che devo obbligatoriamente trovare qualcuno con cui fare della conversazione, perché non si può stare in un luogo del genere senza mettersi in mezzo come tutti e scambiare con tranquillità almeno quattro chiacchiere di circostanza. Così dico a voce alta che la serata è bella, riferendomi soprattutto ad un signore che sta seduto vicino a me. Quello annuisce, poi chiede se io venga spesso in questo caffè. Sorrido, dico che è la prima volta, e lui continua ad annuire, come se già sapesse qualcosa in più sull’argomento.
Poi affermo che a me generalmente non serve neppure stare troppo in compagnia, anzi trovo che la conversazione abituale tra le persone sia soltanto una perdita di tempo, un modo sciocco per non decidersi a provare il nobile sentimento della solitudine. "Forse", fa lui, "in ogni caso molti fatti probabilmente non si verrebbero mai a sapere se non ci si comportasse in questo modo". "Ha ragione", dico io, "e per questo probabilmente è meglio non saperle molte di quelle cose, se sono soltanto informazioni dozzinali e comuni a tutti quanti". "È un punto di vista interessante", fa questo signore, "non avrei mai immaginato fosse negativo avere delle conoscenze interpersonali". "E invece si", fo io, "perché si perde tutto di se stessi cercando di assomigliare a tutti gli altri". Poi butto giù l'ultimo sorso del mio bicchierino, saluto il mio interlocutore, pago al cameriere ed esco, mentre dentro la mia testa tutti quanti scalpitano quasi come ci fosse una rivoluzione.
Riprendo a camminare mentre inevitabilmente sento arrivare nella mia mente mille domande a cui non so neanche rispondere. Tutti i personaggi che albergano notoriamente nella mia testa adesso si sono alzati in piedi, e cercano di far valere ognuno il proprio parere, visto che su questo argomento sicuramente ne sanno molto. Vorrei dormire penso, in modo da trovare una maggiore tranquillità, anche se so che non è il modo giusto di affrontare le questioni. Ripercorro a ritroso quasi senza sceglierlo il mio stesso cammino, e ripasso così davanti al muro di prima con la scritta che per me non vuole dire niente: non mi interessa, decido nuovamente mentre procedo in avanti; in fondo sono soltanto alcuni particolari di un probabile dialogo che a me non appartiene; e che forse si potrebbe addirittura cancellare con una semplice mano di vernice.

Bruno Magnolfi

domenica 12 maggio 2019

Fallimento delle idee.




Ci sono delle sere in cui lui si sente triste. Saluta volentieri il geometra quando fuori, sul piazzale sterrato dove riposano gli autocarri e gli escavatori, ormai si è fatto buio, e con una scusa qualsiasi rimane da solo nella sua azienda, davanti alla scrivania che ne ha viste tante, a ripensare alla giornata, a quel periodo, o anche a tutto quanto insieme. Se anche ci riflette a fondo non è mai del tutto convinto di aver fatto delle scelte giuste, e in ogni caso non riesce ad isolare con facilità quali siano stati i suoi veri errori. Perché spesso si è visto semplicemente costretto a intraprendere certe strade, anche se non sarebbero state quelle che lui prediligeva. Per certi appalti ha pagato, non c'è dubbio, ma non poteva proprio fare altrimenti.
“Signor Chelli”, gli dicono quando a volte si ritrova lungo alcuni corridoi. E poi gli spiegano con un sorriso che si potrebbe fare questo, e che forse si potrebbe fare quello, e che non ci vuole poi molto, basta una piccola spinta, una percentuale, insomma un regalino, e l'appalto è subito suo, signor Chelli. "Andiamo a pranzo in un posto qui vicino, ne possiamo parlare con più calma", gli dicono con certe facce di bronzo quasi incredibili. Non c'è niente da fare, bisogna comportarsi come dicono loro, anche se non si vorrebbe, perché lui pensa all'impresa, ai suoi operai, alla sede dell'azienda, e capisce ogni volta che quel sacrificio va comunque fatto, mentre tutti insieme si deve continuare a ridere di fronte ad un tavolo del ristorante.
Si sente colmo di alcuni segreti che spartisce parzialmente soltanto con il suo geometra, e per il resto ritiene il suo comportamento esattamente in linea con quello di parecchi altri, anche se la brama di lavoro, di soldi da reinvestire nell’azienda, e di quel poco di potere che gli fornisce il suo mestiere, lo fanno sentire quasi bene, importante, come chi riesce ad avere il fiuto e lo sguardo più sottili di altri imprenditori con i quali sa di aver da sempre intavolato una vera competizione, senza alcuno scrupolo. A volte si ritrova a fingere, con tre o quattro di loro con cui spartisce la medesima sorte, e che generalmente sente per telefono, di non avere mai collegamenti con nessuno tra coloro che tengono in mano ciò che conta veramente nel settore, forse perché sa che è normale dire sempre così, in qualsiasi caso.
Mentre è da solo il signor Chelli pensa anche al futuro, anzi soprattutto a quello: ma mai a qualcosa che vada oltre al prossimo mese, grossomodo. Dopo si vedrà, riflette, ci sarà il tempo per escogitare qualcos’altro, magari per trovare degli alleati giusti con cui condividere le sofferenze eventuali, i momenti più difficili. L’importante è adesso: pagare le prossime fatture che arriveranno, ammorbidire il direttore della banca per avere ancora del credito, consegnare nel giorno giusto le buste paga agli operai; e poi farsi vedere sempre serio da tutti quanti, ma mai davvero preoccupato, perché nella sua ditta tutto procede bene, proprio come è stato già ampiamente previsto. Ci sono davanti ancora tanti anni di lavoro per me e per questa azienda, pensa ancora; basta avere sempre il giusto equilibrio tra tutti gli elementi che compongono l’insieme. Il resto poi è dato soltanto da un pizzico di fortuna, almeno quando tutto sembra proprio mettersi bene; oppure esattamente il contrario, sfortunaccia maledetta, quando non resta proprio altro che quella parola così lontana dalla mente ma così paurosa: fallimento.

Bruno Magnolfi  

venerdì 10 maggio 2019

Impegni seri.


         

            Stamani in azienda c’è stato un battibecco tra gli operai mentre stavano preparando il materiale e le attrezzature da portare sul posto di lavoro. L’assistente di cantiere si è avvicinato per comprendere quale fosse il motivo di tutta quella confusione, ma loro proseguendo a spintonarsi come scolaretti, hanno alzato le spalle senza dare alcuna spiegazione. Il signor Chelli, titolare dell'impresa, è arrivato in sede proprio durante quegli attimi, e non riuscendo a comprendere neppure lui cosa stesse succedendo, si è fatto l'idea, non si sa come, che la colpa in qualche modo fosse tutta dell'assistente, richiamandolo nel suo ufficio mentre era in preda ad una forte irritazione. Il fatto che il geometra non si fosse ancora fatto vedere, naturalmente non ha giocato un ruolo favorevole per nessuno, tantomeno per la soluzione del problema, e le cose hanno preso rapidamente una piega molto negativa, al punto che l'assistente sotto reazione emotiva davanti al proprietario dell’impresa che lo rimproverava di non riuscire a tenere a freno gli operai, ha mormorato che probabilmente da lì a poco sarebbe andato via da quella ditta.
            Più tardi, con una scusa piuttosto discutibile circa il suo orario, è arrivato il geometra, con la sua solita aria svagata di chi ha la testa tra le nuvole. Messo al corrente dei fatti si è schierato subito naturalmente dalla parte del signor Chelli, sostenendo però al contempo che non sarebbe stato quello il momento per lasciar andare via il loro assistente, difendendo di fatto con due parole il suo valore e la piccola esperienza maturata in azienda. Si è anche assunto l’onere davanti al titolare, di parlare con lui nel corso della medesima giornata, e di prendere senz'altro dei provvedimenti nei confronti di tutti gli operai, secondo il suo parere andati oramai quasi fuori controllo.
L'assistente di cantiere al contrario pensa che se la situazione è giunta fino a questo punto, lo si debba imputare espressamente a ciò che è riuscito a seminare ultimamente il geometra, con il nervosismo continuo che è stato capace di trasmettere praticamente a tutti sul posto di lavoro, anche se comprende benissimo che non potrà mai sostenere di fronte ad altri una cosa di quel genere. Così si mette a fare le solite cose di ogni giorno, aspetta circa un’ora in ufficio, poi dice al geometra che adesso prenderà il furgoncino della ditta per andare sul cantiere a visionare il proseguo dei lavori. Il geometra gli dice di attendere soltanto un attimo, ed infine, raccolte alcune carte nell'ufficio della segretaria, va con lui, come per tentare una via di salvezza per tutti quanti.
“Non è il momento per andartene”, gli fa senza preamboli una volta in macchina. Poi trascorre qualche minuto senza che i due tornino a dirsi qualche cosa. La strada corre, l’assistente guida impegnandosi nel non mostrare nervosismo, ma poi tira i freni bruscamente quando un uomo in bicicletta gli attraversa la via. “Perché?”, chiede innestando di nuovo la marcia e ripartendo. “Forse ci potrebbero essere, tra non molto, un passaggio di livello ed un’ acquisizione di mansioni più alte, proprio per te”. L’assistente resta colpito, avrebbe voglia quasi di ridere, tanti sono i cambi di scena in così poco tempo, ma resta serio aspettando che il geometra si spieghi meglio. Ma quello al contrario si mette a fare delle telefonate, e prosegue così fino a quando non giungono in cantiere, dove gli operai stanno lavorando come sempre a testa bassa.
Il geometra allora raduna tutti, e dice senza mezzi termini che non sopporterà un’altra vicenda come quella appena successa, e che nel contratto nazionale dell’edilizia è previsto il licenziamento in tronco per rissa sul cantiere. Tutti restano in silenzio, con gli occhi bassi, le mani sporche della polvere dei laterizi e del cemento. Infine riprendono ognuno le sue mansioni, senza aver detto praticamente ancora niente, e solo accennato, con il loro inequivocabile atteggiamento remissivo, che le cose sin da adesso, proprio per il loro impegno, sicuramente andranno meglio.

Bruno Magnolfi

mercoledì 8 maggio 2019

Ragioni da farsi.



Certe sere lui si sente stanco, e dopo la cena poco impegnativa consumata in casa con la sua compagna, una volta portato fuori il loro simpatico cagnolino di piccola taglia per una buona mezz'ora, passeggiando lungo il giardinetto proprio di fronte al palazzo dove abita, e dopo aver fumato in questa maniera l'ultima sigaretta di tutto il giorno, e magari scambiato due parole con qualche vicino che sta per l’appunto rincasando, rientra infine anche lui, per iniziare lentamente a prepararsi, lavandosi e spogliandosi, ed andare da lì a poco a coricarsi nel suo letto.
Però si sente stufo di queste giornate spesso persino troppo simili l’una all’altra, tanto da assomigliarsi quasi tutte. Certe volte crede proprio di essere del tutto sprecato per il lavoro che svolge: uno con la sua esperienza potrebbe aspirare a qualcosa di migliore, riflette spesso. In fondo non sarebbe neppure troppo difficile cambiare occupazione, figure professionali come la sua sono piuttosto ricercate in certe grandi imprese, e qualche volta parlando con dei colleghi di qualche altra azienda più importante, ne ha avuto una conferma più che diretta.
La ditta di cui fa parte da diversi anni, oramai si è fatta troppo piccola per uno come lui, con le sue competenze: là dentro, per un responsabile tecnico, non ci sono grandi prospettive, e non si può neanche aspirare a qualcosa di meglio finché lui rimane a lavorare lì, visto che i compiti che si ritrova a far svolgere a quei suoi operai, sono praticamente quasi sempre gli stessi, senza neppure delle possibili variazioni. Il titolare sicuramente è proprio una brava persona, ma anche uno che si accontenta, ed anche lui è un tipo grigio, noioso, sempre pronto a chiedere e a parlare delle solite cose, a preoccuparsi anche troppo delle medesime faccende, quasi come suonasse una melodia continuamente ripetuta.
Però c'è lei, la segretaria, con la quale a furia di velati complimenti lanciati verso i suoi modi e l'abbigliamento sempre di classe, tramite qualche parola detta perlopiù di sotterfugio, è riuscito alla fine, con una certa fatica a dire il vero, ad intessere una relazione piuttosto intrigante, anche se tutta giocata sempre un po’ troppo in punta di piedi e con poche prospettive. Lei non è male, sicuramente è una bella donna, forse anche lei sprecata per un posto di lavoro di quel genere, anche perché spesso appare come l'unica cosa viva dentro quell'impresa. "Buongiorno geometra", gli dice lei con slancio mentre sta arrivando, e lo fa con un tono di voce che sottintende già un gran numero di cose, almeno per uno come lui. Lui le sorride, e lascia all'immaginazione qualsiasi commento gli passi per la testa.
Però anche con lei, che è sposata ed ha anche un figlio, non c’è proprio futuro: basta accontentarsi divertendosi qualche volta alle spalle del loro titolare dell’azienda, passarsi qualche messaggio piccante sopra le scrivanie, sfiorarsi una mano di nascosto, e dopo basta, nient’altro, se non fare qualcosa che si esaurisca in fretta senza lasciare alcuna traccia. Non è molto per accettare di restare ancora a lavorare lì, ed è per questo che il geometra ha cominciato a parlare in giro della possibilità in tempi brevi di rendersi disponibile per un'altra occupazione. Non dirà niente a nessuno, naturalmente, almeno fino al momento in cui toglierà il disturbo. E la segretaria in qualche modo dovrà pur farsene a quel punto una ragione.


Bruno Magnolfi



lunedì 6 maggio 2019

Sfiorare di corpi.




Quando esce da casa per andare al lavoro, lei ha già un pensiero fisso che le attraversa la mente. Ha scelto con cura gli accostamenti tra i colori dei suoi elementi di vestiario, ed anche se sono soltanto delle gonne e dei maglioncini che ha comperato a poco prezzo sopra a qualche bancarella, sa che ogni capo si deve saper indossare con stile, come fosse qualcosa creato apposta per lei da qualche sarto importante. Anche la pettinatura ed il trucco leggero le portano via ogni mattina un certo impegno davanti allo specchio, ma quando poi si ritrova lungo la strada dentro alla sua utilitaria, tutto questo improvvisamente è come dimenticato, perché adesso fa parte di lei, visto che lei si sente proprio così, esattamente come si è vista riflessa una volta pronta, ed il resto è come lasciato alle spalle, scordato, almeno per un certo periodo di tempo.
Osserva con attenzione ogni cosa davanti alle ruote della sua macchina, mentre continua ad imboccare le solite vie del percorso usuale, fino ad attraversare il grande cancello dell’impresa dove lavora, generalmente lasciato aperto quando c’è qualcuno all’interno, e parcheggiando poi nel medesimo posto, lasciato libero ogni giorno in pratica apposta per lei. E’ una piccola ditta, quella dove è impiegata, e forse proprio per questo lei quando è là dentro si sente importante, come se molte delle cose presenti tra quegli spazi, smettessero di funzionare regolarmente, se soltanto la segretaria non si presentasse in orario.
Peraltro ogni giorno si sente come chiamata a portare una ventata di novità quando arriva, e siccome qualche volta ha provato un piccolo senso di frustrazione per non essere stata accolta con slancio da chi era già presente all’interno di quegli uffici, è lei adesso che cerca di provocare negli altri una reazione positiva quando entra, proprio per non lasciare alcun dubbio sul fatto che lei, in questo esatto momento, sia veramente arrivata. Il valore aggiunto di tutto quanto naturalmente è il geometra: l’unica personalità tra quegli individui che a suo parere potrebbe davvero in qualche modo tenerle testa, capace anche soltanto guardandola in una certa maniera, di farla sentire immediatamente una donna. Per questo l’unico modo per far procedere in modo positivo le cose, fin da quando ha iniziato a lavorare là dentro, è stato quello di cercare una specie di alleanza con lui, fino a concedersi in diverse occasioni anche in modo fisico e completo, naturalmente a patto che tutto restasse un  segreto tombale tra loro. 
C'è un'intesa che sembra aleggiare, senza che altri possano mai neanche sospettarne qualcosa, tanto che è sufficiente uno sguardo tra loro due, per dirsi molte più cose di quanto si potrebbe mai immaginare. Il lavoro procede, e qualche volta forse hanno pensato che lui e lei da soli, avrebbero potuto mandare avanti le cose senza bisogno di altri, ma poi sorridono, senza spiegare perché, e le loro mansioni sembrano come galleggiare su uno strato di attività del tutto ordinarie. Non si dicono mai niente di particolare, si limitano spesso a scambiarsi semplicemente le carte e i dati che servono a mandare avanti l’impresa, ma nel loro intimo con probabilità nascondono delle diverse intenzioni, delle voglie segrete che forse trasformano a volte quei semplici uffici da piccola impresa, in un duro carcere, un luogo che in certi giorni, quando i loro corpi si sfiorano, può trasformarsi in un vero e proprio supplizio.


Bruno Magnolfi 


domenica 5 maggio 2019

Altro a venire.


          

            A lui piace stare seduto in silenzio senza pensare a delle cose troppo definite. Anche quando è in ufficio, e sa di avere molto tempo per occuparsi delle sue attività principali, certe volte si lascia scivolare con la mente verso cose che rimangono ordinariamente anche molto lontane dal suo mestiere. In fondo non c’è proprio niente di male se uno come lui divaga per qualche minuto dai pensieri che normalmente lo assillano. Si tratta di fantasticare, di uscire momentaneamente con il pensiero da quegli uffici, allontanare la testa dai compiti di sempre, forse soltanto per evitare la trappola del troppo lavoro, di quello stare sempre con la mente pressata dagli impegni che spesso superano come numero quello che sembra essere il semplice necessario.
Poi c'è sempre un momento in cui tutto torna prepotentemente di fronte, e basta una porta sbattuta, la parola di qualcuno che vuole farsi ascoltare, in qualche caso anche un oggetto mal riposto che cade non del tutto casualmente da un ripiano, ed ogni cosa sembra crollare in un attimo, per riportare subito alla mente le attività ordinarie, ed a lui anche quel suo mestiere consueto, quegli indiscutibili rapporti di lavoro ormai ben assodati con le persone da cui è circondato ogni giorno. Il titolare dell'impresa, che si vede di rado, ultimamente non gli ha chiesto più niente a proposito dei rapporti con gli operai, ed il geometra da qualche giorno sembra impegnato in attività piuttosto distanti da quei problemi, quasi non avesse più tempo per le pallide sciocchezze, come sicuramente pensa, che sembra stiano tanto a cuore al suo assistente di cantiere.
A lui in fondo non interessa, a volte gli pare addirittura che gli operai lavorino meglio e di più se non hanno attorno i propri dirigenti d’impresa. Ha battuto persino una mano sulla spalla ad un caposquadra, non più tardi di due o tre giorni fa, ed era la prima volta che faceva una cosa di quel genere. L'altro lo ha guardato appena per un attimo, e con il suo leggero sorriso è parso voler momentaneamente annullare tutta la distanza istituzionale che c'e tra di loro, lasciando emergere un profilo più umano per tutt’e due. All'assistente è sembrato di avere fatto un gesto importante, e forse anche perfino giusto, qualcosa che mostrava in un certo modo persino la crepa che in qualche caso può apparire più evidente proprio dentro a quei loro uffici aziendali, dove tutto deve trovare un suo svolgimento e anche una propria spiegazione, e non ha voluto aggiungere nulla, proprio per non annacquare con delle stupidaggini di rito, ciò che pareva sufficientemente schietto e quasi normale.
In ogni caso comprende benissimo che non possono certo scaturite da un semplice gesto le precisazioni e i chiarimenti che paiono oramai sempre più necessari all’interno della loro ditta, ed il clima in cantiere è naturalmente rimasto quello della vigilanza armata. Il geometra sostiene che è salutare per tutti tenere gli operai così, piuttosto sotto pressione, e all'assistente di cantiere in fondo non importa proprio un bel niente: a lui basta che tutto fili liscio con tutti, fare sempre in modo di non trovarsi a dover difendere una posizione che magari non sente neppure come propria. Il suo ruolo a volte è sfuggente, lo sa bene, e la cerniera che forse dovrebbe rivestire affrontando i suoi compiti, qualcosa che probabilmente non comprenderà mai fino in fondo. Poi resta immobile di nuovo, seduto alla sua scrivania, un'altra volta ancora, come spesso accade, allontanando lentamente la testa da quei pensieri e da tutto ciò che ne può derivare; e quando infine torna a guardare con una certa speranza il quadrante dell'orologio, sa che tra poco, anche per oggi, sarà certamente terminata anche quella giornata di lavoro. Il resto poi si vedrà.

Bruno Magnolfi

giovedì 2 maggio 2019

Proprie occupazioni.



Il caposquadra ultimamente si dimostra un tipo tosto, uno che sa interpretare benissimo i malumori degli operai, e soprattutto farli suoi, affrontando così a muso duro, quando c'è da rivendicare qualche diritto per tutta la squadra, anche i tecnici presenti sul cantiere di lavoro. Mentre era in atto un sopralluogo della direzione lavori difatti, lui ha detto a voce sufficientemente alta, in modo da farsi sentire da tutti, “che gli operai sanno bene come portare avanti le opere e i manufatti affidati a loro”, e nessuno si è sentito in grado di contraddirlo.
L'assistente di cantiere è rimasto perplesso mentre teneva ancora in mano le piante progettuali, ed ha provato comunque un inconfessabile brivido di piacere, essendo al corrente peraltro del valore del lavoratore che aveva parlato. Il geometra, fermo poco più avanti, ha mostrato invece una completa indifferenza, anche se si capiva benissimo conoscendolo, che in quel momento fosse furente, almeno dentro di sé. Poi tutto è parso rientrare nella normalità, ma più tardi il titolare dell'impresa, venuto a sapere dei fatti accaduti, ha voluto approfondire l'argomento, mettendo a sedere davanti alla sua scrivania sia il geometra che l'assistente.
“Sono soltanto sciocchezze”, ha detto subito il geometra cercando in questo modo di sminuire le cose. Ma il titolare non è parso per nulla soddisfatto di queste parole, soprattutto per aver dovuto subire, come impresa edile, una evidente brutta figura davanti alla direzione lavori dell’ente appaltante. Perciò ha assunto immediatamente un’espressione seria e scocciata, poi ha chiesto con serietà all’assistente se ne sapesse qualcosa di più di tutta la faccenda. “Non molto”, ha risposto lui, “però è certo che sta covando del malumore tra gli operai, e forse sarebbe il caso di parlare con loro per comprendere meglio la cosa”.
Il geometra allora si è alzato dalla sua sedia con un modo di fare scocciato, ed ha detto senza mezzi termini “che gli operai devono stare sempre dalla propria parte; che non c’è neppure un’altra impresa sul territorio dove vengono trattati così bene come in questa; e che se qualcuno di loro ha voglia di andarsene, bene, si accomodi pure”. Ma il titolare non ha gradito troppo questa presa di posizione, anche se ha annuito ascoltando un punto di vista che reputava con evidenza piuttosto vicino al suo; ha spiegato con poche parole che lui comunque si fida di queste persone, che tutti quanti fanno parte della sua ditta da parecchio tempo, e che quindi se ci sono dei problemi è bene cercare di conoscerne la natura, per trovarne in qualche maniera una rapida soluzione. Il geometra a questo punto forse aveva voglia di uscire dall’ufficio, tanto appariva furioso, ma è rimasto comunque seduto, senza aggiungere niente né fare commenti.
“Tu”, ha detto poi il titolare all’assistente; “puoi cercare di parlare con loro per comprendere che cosa c’è che non va, e quale sia la vera origine del loro malumore; e puoi anche dire a tutti gli operai che rimane la ferma volontà da parte nostra, di superare una volta per tutte queste divisioni, e trovare al più presto una linea d’intesa”. L’assistente lo ha guardato senza ribattere niente, ma ha annuito mostrando la piena comprensione del problema posto; poi tutti si sono alzati dalle loro sedie, e senza tornare a guardarsi hanno ripreso le proprie occupazioni.

Bruno Magnolfi