venerdì 30 dicembre 2022

Largamente sufficiente.


            <<Certe volte osservo qualcosa di minuscolo>>, fa lei appoggiando un braccio sopra al piano del tavolo della birreria, <<e mi pare subito immenso, come se in un frammento di qualcosa pur così piccolo fosse già presente un mondo, e forse rappresentasse una semplice miniatura di tutto quello che già esiste attorno a noi>>. Non ci sono molti clienti nel locale, giusto tre ragazzi che scherzano tra di loro dall’altra parte della sala, e mentre della musica noiosa fa capolino ogni tanto dal confuso brusio delle voci e tra i rumori del lavaggio dei bicchieri dietro al bancone, Laura snocciola lentamente il suo pensiero, come fosse da sola a parlare con la propria immagine specchiata in mezzo a un vetro sporco di polvere e appannato dai fiati di qualcuno. La sua amica ride leggermente mentre la guarda, come se quelle parole che sta ascoltando fossero una qualsiasi spiritosaggine, così Laura aggiunge subito che per fortuna certi pensieri se ne vanno via velocemente dalla sua mente, come fossero soltanto degli elementi di passaggio.

<<Mi piace la maniera come ti stai pettinando i capelli, almeno in questi ultimi tempi>>, fa ad un certo punto l'altra, come se loro due dovessero tornare rapidamente agli argomenti di sempre e soprattutto con i piedi a terra. Poi cala con naturalezza qualche minuto di silenzio, quasi che le amiche non avessero alla fine troppi temi rilevanti attorno a cui discorrere. I ragazzi davanti al proprio tavolo proseguono intanto a ridere e a scherzare, apparentemente senza nessuna diversa preoccupazione. <<Non vorrei in nessun caso avere dei figli>>, riprende Laura come parlando ancora con sé stessa. <<Non sarei mai in grado di essere una vera mamma>>. L'altra adesso sta anche immobile, sicuramente quello è un argomento che non si può trattare superficialmente, perciò è quasi meglio, a suo parere, starsene fermi di fronte a certe affermazioni, e anche in silenzio. <<Mi sembrerebbe di poter rompere qualcosa di un bambino, solo nel tenerlo tra le braccia>>, dice ancora Laura; <<e poi sono sbadata, mi dimenticherei sicuramente di mio figlio, probabilmente lo lascerei per ore sopra una panchina al parco, o dentro un passeggino, soltanto per mettermi a parlare con qualcuno, magari di sciocchezze>>.

Generalmente, lei non tratta mai argomenti così tanto spinosi, forse anche perché sa che gli anni stanno trascorrendo velocemente, sia per lei che per la sua amica di sempre, ed è facile che certe cose, con una certa probabilità, loro due non avranno mai l'opportunità di affrontarle per davvero. Ma forse è proprio questa consapevolezza che mette adesso Laura in una strana condizione di disagio, come se non avere la possibilità di mettere su una famiglia propria, la portasse ad essere reticente a quegli impegni che potrebbero in qualche modo riguardare un'esistenza così diversa. L'altra forse non ha neppure mai affrontato, neppure con se stessa, un argomento di quel genere: sorseggia la sua birra, sorride, alza persino le spalle se qualcuno le fa un qualsiasi complimento. Ambedue sembrano accettare tutto ciò che poco per volta sembra snodarsi senza volontà nelle loro giornate, sapendo fin da subito che il percorso che hanno di fronte sarà probabilmente quello di veder invecchiare poco per volta i propri genitori, restando naturalmente sempre in casa accanto a loro, senza alcuna alternativa.

<<Anche se abbiamo quasi trent'anni per ciascuna, questo non vuol dire che non capiti anche per noi l'occasione giusta per mettere su una famiglia nostra>>, dice l'amica dopo un po', come se quella consolazione, ripetuta all’infinito, giorno dopo giorno, fosse già una maniera per giustificare anche i propri pensieri. <<Allora non hai proprio capito>>, le dice Laura con un improvviso impeto. <<A me non interessa l'argomento. Non mi ci vedo tagliata, né per i figli, né per un marito. Ho il mio lavoro, abito con i miei genitori, però mi sento libera di fare quello che mi va, senza troppi impicci>>. L'altra, pur non troppo convinta, resta comunque in silenzio, fino a quando, dopo qualche attimo, le dice decisa: <<e ti andrebbe, se in questo momento ce ne andassimo da qua dentro?>>. <<Certo>>, fa lei, <<non aspettavo altro che tu me lo chiedessi>>.

Molti, della loro stessa età, sono ormai andati via dal paese, ed hanno cercato di costruire qualcosa da altre parti, lontane o vicine che fossero. Chi è rimasto lo ha fatto spesso per indecisione, o forse soltanto per non aver colto l'occasione giusta quando era il momento. Le due amiche, già compagne di scuola dalle elementari, forse non hanno affrontato mai a fondo quella materia, fino a quando non è risultato all’improvviso che era ormai quasi troppo tardi per prendere una decisione un po' più drastica. Ma alla fine non si può avere tutti quanti i medesimi ideali, e se le sensazioni che ognuno prova sono del tutto personali, e quindi come tali degne di rispetto, anche loro seguono dei principi in cui credono davvero, e le proprie giornate sono comunque colme di idee da realizzare. <<A me va bene così>>, dice Laura all'improvviso. <<Certo, non mi aspettavo molto, fin dagli inizi, ma quel poco che ho adesso mi sembra largamente sufficiente>>.

 

            Bruno Magnolfi

         

mercoledì 28 dicembre 2022

Nient'altro da dire.


Vado sempre avanti, imperterrito, anche nel momento esatto in cui, questa giornata qualsiasi che pare snodarsi veloce e ordinaria di fronte a me, prosegue soltanto ad inseguirne una ulteriore, del tutto identica, durante la quale insisto a girare con la bicicletta a destra e a sinistra lungo tutte le strade principali del mio paese, conoscendo oramai a menadito ogni indirizzo di casa presso cui devo fermarmi, sollevare poi con un dito il coperchio della cassetta postale, e quindi scaricarvi dentro la busta affrancata, sfilandola con gesto usuale tra le altre dalla mia borsa capiente, nella anticipata certezza, almeno in qualche occasione, che la ricezione di questa sarà magari apprezzata, oppure per niente. Quasi un semplice automatismo, uguale forse ai saluti che scambio con coloro che incontro, nel compimento di un percorso che si assomiglia ogni volta, con poche eventuali modifiche tutte normalmente previste. È il mio mestiere, niente di diverso, al punto che conosco già alla perfezione dove fermarmi, con quale piede sorreggermi in equilibrio davanti ad una certa abitazione, o dove sostare un momento, per suonare un campanello per una raccomandata con ricevuta. <<Grazie Gino>>, mi dicono tutti, anche se in certi casi appare sufficiente un cenno di saluto, oppure un buongiorno scolpito nell’aria, senza bisogno di insistere troppo, per non rallentare la mia pedalata.

Mi ha invece fermato, davanti all'ufficio postale, proprio mentre stavo tornando dalla solita gita, quel sindacalista marito di Renza, giusto per salutarmi con cortesia e poi chiedermi, assumendo un'espressione più seria, quali potessero essere i punti dolenti del mio lavoro. <<Non saprei>>, ho risposto io dopo averci riflettuto un momento mentre riordinavo le mie cose, e lui subito ad insistere che forse poteva essere l’insopportabile caldo estivo, oppure le intemperie d’autunno a mettermi in situazioni difficili, e poi il super lavoro da affrontare in determinati periodi, o il pericolo di dover muovermi sempre per strada, costretto a mettermi al riparo dagli automobilisti distratti e anche dagli altri veicoli. <<Ma è il mio mestiere>>, gli ho detto; <<niente di particolarmente diverso da ciò che ognuno si possa immaginare, e che non si può certo pensare adesso di modificare>>. Il sindacalista è sembrato riflettere, ha detto che magari deve studiare più attentamente il mio caso, comprendere meglio quali siano, e se mai ci fossero, dei momenti davvero critici nello svolgimento del mio servizio. Poi, io ho riposto come sempre la mia bicicletta sul retro dell’edificio, e dentro la borsa ho notato che erano rimaste solo quattro affrancate da consegnare nelle frazioni fuori dal centro abitato, così sono salito sull'utilitaria che resta sempre a disposizione del portalettere, ed infine ho proseguito il mio giro, pregustando il momento in cui mi sarei fermato con qualche conoscente nel solito caffè, a prendere qualcosa e a riposarmi un pochino, visto che ancora era piuttosto presto.

  Ho pensato che tutto sommato da quasi trent'anni porto avanti questo lavoro, e non mi ero mai ritrovato a pensare che fosse un mestiere giudicato da qualcuno un po' disagiato e forse persino pericoloso, come mi ha detto proprio quel sindacalista, tanto più che in tutte le mie attività di consegna postale gli aggeggi elettronici moderni non mi hanno mai potuto aiutare. Comunque, fino ad oggi, io mi sono accontentato sempre di quello che la vita mi ha offerto, anche perché personalmente non ho mai avuto molto altro da dare agli altri; ma adesso che una brava persona come il marito della Renza mi ha detto quelle cose, mi pare che i miei servizi, forniti a tutti i cittadini di Calci, e forse considerati anche troppo usuali e scontati, per la gente di tutto il paese che conosco e che incontro per strada, sia quasi immeritata, e che perfino molti di loro approfittino troppo di me, chiedendomi favori e servizi che non sono neppure previsti tra le mie attività. Se ci penso con una certa fermezza, mi pare che dovrei essere maggiormente fedele a ciò che è stato stimato per le mie mansioni, e riferirmi rigorosamente a quelle, anche per far apprezzare di più ogni gesto in cui spesso sono impegnato.

Quando infine rientro in ufficio, la nostra direttrice sembra guardarmi quasi con una certa meraviglia, consultando subito il suo orologio, quasi io mi fossi approfittato furbescamente di qualcosa per svolgere più velocemente il mio compito, laddove certamente ci sono dei giorni in cui tutto scorre rapidamente, ma ce ne sono anche altri in cui mi trovo purtroppo a fare più tardi del solito, com’è del tutto naturale. Non mi piace per niente comunque questo clima, ed anche se, dopo gli ammanchi allo sportello del pubblico, noi delle poste siamo stati guardati male da molti paesani, ugualmente non credo proprio che ci possa essere qualcosa da ridire sul conto di uno oppure dell’altro, escluso evidentemente il collega disonesto che è stato subito allontanato. Siamo una squadra, ognuno svolge il suo compito; non ci trovo nient’altro da dire.

 

Bruno Magnolfi

sabato 24 dicembre 2022

Canto per palcoscenico.


            <<Potrei, direttamente; si, potrei io stesso stare qui direttamente a sostenere che questo spettacolo è un vero assurdo, e che proprio non ha alcun senso affaticarsi tanto per portarlo avanti, e che per di più è immorale che si tenga impegnato un pubblico cortese e intelligente come quello che adesso è qui, davanti a me, a cercare con fatica di decifrare queste mie stupide parole, addirittura preso dallo sforzo di comprenderne magari il loro significato, ammesso che le mie parole ancora siano davvero capaci di averne. Perché spesso le mie parole sono persino scollegate tra di loro, non seguono neppure un reale filo logico, ed allora tutto si perde, e così resta soltanto la fatica di seguire una strada che poi non porta mai da alcuna parte>>.

<<Potrei dirlo io, si, farlo presente subito, già dall’inizio, e così rompere quel velo di foschia che racchiude tutto quanto, in maniera che si dica e si sappia una buona volta la verità, e non restino in aria dei concetti pieni di frasi ambigue, di paroloni vuoti, ricchi soltanto di elementi vaghi, incapaci persino di tradursi in una storia vera. Ma come si fa, mi chiedo, com’è possibile per uno come me, una maschera più che una persona, a venire qui e dire a tutti che sono il primo a non credere affatto in ciò che sto dicendo e facendo. No, non mi è proprio possibile>>.

<<Perché, vedete: io non so fare niente, non sono capace di occuparmi d’altro che di questo, e se decidessi che questo niente non vale nemmeno la pena di essere fatto, allora anche io stesso non sarei proprio niente; e quindi, anche se questa debole costruzione, questo castello di carte, che con un semplice soffio può venire giù da un attimo all’altro, sta ancora in piedi, ci riesce soltanto grazie alla vostra benevolenza, alla tolleranza tanto di moda, alla sopportazione insomma, e in ogni caso è comunque tutto ciò che io riesco a mettere assieme>>.  

<<Ho provato, naturalmente, più e più volte, a farmi venire in mente delle idee, a tentare di impegnarmi in qualcosa di diverso da queste emerite sciocchezze, ma i miei propositi ogni volta sono sempre ricaduti a terra come aquiloni senza vento. Forse qualcosa mi spinge ad andare avanti lungo questa strada, ho pensato allora; forse si tratta solamente di insistere di più, di non darmi mai per vinto, di provare nuovamente a farmi apprezzare per ciò che sono, senza manomettere o falsificare neanche una virgola di tutto quanto. E allora eccomi qui, anche se oramai si è ben capito che sono il primo non credere affatto in ciò che cerco di portare avanti>>.

<<Qualcuno, con una certa dose di ironia, mi ha suggerito persino di prendermi un periodo di riposo, una vacanza, hanno detto, e magari ripensare meglio a questa mia necessità di essere sempre, ogni volta, così sincero. “A volte basta qualche pennellata di falsità, senza esagerazioni, per far risaltare ogni dettaglio di tutto il quadro”, mi hanno spiegato. Ma io non sono così, non riesco a mostrare agli altri qualcosa in cui non credo veramente, non vengo a patti con certi mezzi discutibili, solo per far apprezzare di più i miei tentativi>>.

<<Perciò, alla fine, devo spiegarlo a tutti voi con grande schiettezza, la stessa che contraddistingue tutti i miei comportamenti: io, non ho niente da dire. E forse, proprio grazie a questa affermazione, dovrei subito starmene zitto, ritornare rapidamente in un angolo e cercare di scomparire il più possibile agli occhi degli altri. Ma come si fa, penso io, a ridursi in questo modo, come un mucchietto di stracci senza neppure una struttura vera per tenerli in piedi. Non posso abbandonarmi a questo, non riesco ad abbandonarmi fino ad un punto tale>>.

<<E allora vi chiedo solo una cosa, a voi che siete un grande pubblico degno di assistere a spettacoli meno miserevoli di quello che sto dando io in questo momento: vi prego, sopportatemi, lasciate che io sia quello che sono, nell’assenza di pregi e con la massa di difetti che mi porto dietro. In fondo non è un gran sacrificio per voi: è sufficiente che perdiate soltanto due o tre minuti del vostro tempo pur importantissimo, e subito dopo dimentichiate tutto, come se io non fossi neppure mai passato proprio da queste parti>>.

 

Bruno Magnolfi    

giovedì 22 dicembre 2022

Possibili differenze nei conti.


Nessuno sembra abbia ancora voglia di parlarne, ma gli uffici postali di metà della provincia di Pisa, ormai qualche anno fa, furono coinvolti dalla notizia di un comportamento truffaldino che rapidamente fece il giro di quasi tutte le succursali, e soprattutto investì naturalmente il paese di Calci. La faccenda si risolse in seguito con un patteggiamento in sede giudiziaria che non portò neppure ad una pena particolarmente severa, oltre naturalmente alla perdita immediata del posto di lavoro, da parte di chi fu capace di provocare tanto sconquasso. Si trattava in quel caso di un dipendente, un impiegato di vecchia data dell’ufficio postale, che avendo accumulato una gran massa di debiti per chissà quale motivo personale, improvvisamente aveva pensato bene, mentre lavorava dietro allo sportello destinato al pubblico, di commettere qualche piccolo sbaglio in suo favore, nel momento in cui c'erano da fare i doverosi conteggi per il pagamento delle bollette di qualche cliente, oppure anche nei casi della riscossione in contanti di una pensione. Mai grosse cifre, sempre poca roba; però rastrellando qualcosa da un pensionato disattento, e qualcos’altro da una massaia poco pratica di conti, alla fine della giornata quest’uomo disonesto riusciva, senza farsene accorgere, a mettersi in tasca qualche buon arrotondamento sullo stipendio. Immaginandosi, ogni utente che si recava allo sportello, di aver compreso male qualcosa, o di aver forse perduto lungo la strada, per pura personale disattenzione, una banconota oppure due, andava a finire che nessuno di loro tornava agli uffici postali a reclamare l’ammanco, addossandosi con sufficiente certezza la colpa di tutto, sempre ammesso che il malcapitato riuscisse proprio ad accorgersi della differenza di somma. Tutto fino a quando, una donna di quel paese, una con pochi peli sulla lingua, alzò la voce in ufficio di fronte a tutti, ancora prima di parlarne con la direttrice dell’ufficio postale, la quale naturalmente cadde dalle nuvole, ma che subito si prodigò per comprendere meglio ciò che era realmente accaduto.

Sparsa la voce in paese, tutti allora si ricordarono di aver notato prima o dopo qualche piccolo ammanco, e la faccenda in un solo attimo divenne così di dominio pubblico. Il resto, tra carabinieri, dichiarazioni, e provvedimenti a cascata, fu inarrestabile, fino a giungere al punto che per quel posto di lavoro lasciato vacante, si mostrò estremamente complesso trovare in tempi brevi un valido sostituto. Perciò, almeno in un primo momento, dovette iniziare proprio la direttrice, la signora Vanni in persona, a prendere posto davanti al vetro forato dello sportello, e ad accogliere la clientela con il suo sorriso migliore, nella ricerca, da quei compaesani che con titubanza riprendevano poco per volta a sbrigare le loro faccende presso l’ufficio postale, di dare un’immagine serena di ripristinata onestà, senza mettere in mezzo alcun chiacchiericcio insignificante e privo di qualsiasi costrutto. Fu soltanto dopo diverse settimane che dalla sede centrale di Pisa si decisero finalmente ad inviare un impiegato esperto a dare una mano, ed allora fu proprio questo signore, un tipo di poche parole, molto professionale però, ad occuparsi per qualche mese, con serietà ed in perfetto silenzio, dei rapporti col pubblico, e soprattutto a maneggiare, con rapidità ed estrema precisione, i soldi di tutti.

Quando si decise che andava comunque assunto un nuovo impiegato per quella sede, scappò fuori Alberto, un giovanotto di un paese vicino con il diploma di ragioniere, spinto e protetto dai suoi parenti politici, che mostrò subito però la propria incapacità, ed anche l’evidente disinteresse, nello stare a quello sportello ancora rovente di strascichi, di polemiche e di diffidenza. Così, poco prima dell’inverno, nel periodo preciso in cui iniziava ad ingrossarsi il lavoro, venne assunta, pur a tempo determinato, una ragazza, una persona di nota famiglia nel paese, conosciuta da molti, forse anche per essere particolarmente estroversa, tanto da mostrarsi adattissima a tenere i rapporti umani con la cittadinanza. Ad un punto tale che, quando giunse la scadenza naturale del suo contratto, la gente che giungeva alle poste iniziò subito col chiedere di Laura, di quella ragazzona con cui tutti avevano iniziato ad avere buone relazioni, e che, dopo poco, venne con naturalezza richiamata in servizio, stavolta con un contratto definitivo. In tutto questo tempo, dall’allontanamento dell’impiegato poco serio, fino alla nuova sistemazione del personale, la direttrice, insieme a Renza, ed anche a Gino, il portalettere, non ebbero comunque un attimo di pace all’interno del piccolo ufficio postale, nonostante il prodigarsi di tutti nel tentativo di svolgere, con una estrema attenzione ed anche una minuziosa solerzia, ogni attività di quell’agenzia, tutto compiuto nello sforzo di riguadagnare quella fiducia nelle poste intaccata pesantemente nei tempi da poco trascorsi.

Poi, ogni particolare venne presto dimenticato, naturalmente, anche se rimase l’abitudine per qualsiasi cittadino utente dell’ufficio postale, di contare con estrema attenzione i soldi da dare o da prelevare sopra a quel banco, perché iniziò ad apparire evidente per tutti che un errore qualsiasi nei conteggi, voluto o casuale che fosse, si sarebbe sempre mostrato possibile.

 

Bruno Magnolfi

martedì 20 dicembre 2022

Senza ombra di dubbio.


C'è una quinta persona che lavora da anni nell'ufficio postale di Calci, in quel piccolo paese della provincia di Pisa. Si tratta di una donna, piccola, e un po' grassottella, però piuttosto vivace e simpatica, di mezza età, che si occupa a tempo pieno della parte più amministrativa di quella succursale. Ovviamente, è l'impiegata a cui maggiormente si rivolge la direttrice, la signora Vanni, comportandosi certe volte come se loro due fossero più che sufficienti a mandare avanti tutto il lavoro dell’agenzia. <<Renza>>, le dice certe volte la dirigente mentre lei sta piegata come ogni giorno sulla sua scrivania. <<Dobbiamo predisporre nel dettaglio un piano preciso per affrontare in modo adeguato il prossimo periodo>>. Così, iniziano a prevedere come meglio suddividere tutto il lavoro, parcellizzando il maggior daffare, che ciclicamente si presenta durante alcuni precisi periodi dell'anno, tutto sugli altri impiegati, come se a loro due non dovesse comunque cambiare una virgola di ciò che già fanno. In ogni caso, oltre i presupposti, ognuno poi naturalmente fa la sua parte, e tutto alla fine procede in maniera accettabile. Renza, è la moglie di un sindacalista abbastanza conosciuto tra i lavoratori di Pisa e dintorni, e la fede politica di lei, e soprattutto di suo marito, è quella di riferimento anche per la direttrice Vanni, ed è per questo che il loro sodalizio nell'ufficio postale appare agli occhi di tutti sempre notevolmente giustificato. Alberto resta molto spesso in silenzio quando loro due parlano anche in termini piuttosto banali del governo centrale, dei grandi ideali sociali, oppure di qualche amministratore politico locale. Agli occhi dei suoi colleghi lui rappresenta in qualche modo il partito di suo zio, ex-vicesindaco del centro destra, proprio colui che gli ha dato una mano per essere accettato a lavorare in quell’ufficio postale, e quindi avversato per questo, anche se le sue nascoste idee politiche magari non collimano affatto con quelle della sua famiglia. 

Non è semplice rimanere a lungo in un luogo di lavoro dove si ritiene che tu sia una persona che vive alle spalle dei propri parenti, e che per questo tramanda, in qualche maniera, delle idee politiche che non coincidono affatto con quelle degli altri. Lui fin da subito ha pensato di aver commesso un errore nell'accettare proprio quel posto di lavoro, mostrando così incapacità e debolezza. Perché il suo desiderio più forte, allora come anche adesso, era quello di dimostrare una personalità più indipendente, delle idee che non debbono mai essere date già per scontate, un’indole diversa da quella che troppo facilmente forse ci si potrebbe immaginare da lui, anche se per essere così e per fare tutto questo, occorrerebbe sicuramente molto impegno, ed una precisa volontà messa al servizio di un carattere senz’altro più deciso del suo. Infatti, agli occhi di tutti, si è mostrato in questo modo come un inetto, un ragazzone senza arte né parte, disposto a farsi spianare la strada da chi lo può fare, senza mettere in mezzo le proprie scelte, oppure un briciolo di personalità propria.

Qualche volta, quando il marito di Renza si è fatto vedere all’ufficio postale dove lavora sua moglie, anche soltanto per passarla a prendere al termine del turno di lavoro, Alberto ha pensato di scambiare con lui due parole, magari tirandolo un poco in disparte. Gli piacerebbe poter chiarire con qualcuno che se ne intende di queste cose, il suo pensiero più intimo, le sue idee politiche, il proprio bisogno di riscatto dal seno di una famiglia, esattamente come la sua, dove tutti appaiono perfettamente indottrinati. Forse gli piacerebbe anche farsi rilasciare la tessera sindacale, ovviamente della stessa organizzazione del marito di Renza, a dimostrazione di come davvero desidera essere considerato, e magari in seguito tentare di rappresentare le possibili rivendicazioni di sé stesso e degli altri impiegati postali, e sentirsi accettato nel pieno rispetto che pensa di meritare. Però poi si perde, prosegue a smistare i pacchi e la corrispondenza, e dimentica rapidamente i suoi auspici, fino a quando non le sente di nuovo parlare, la direttrice insieme con Renza, mentre mostrano con le loro parole di voler alimentare una leggera ironia di parte, anche nei suoi confronti. Alberto aveva anche pensato di poter godere di qualche possibilità in più in ufficio uscendo qualche volta con Laura, la ragazza che opera allo sportello del pubblico nel loro piccolo ufficio, però ha subito compreso che non sarebbe mai stata quella la strada per cambiare qualcosa della propria immagine.

Così, si snodano spesso le giornate, tra dei vaghi pensieri di riscatto, ed anche qualche piccola soddisfazione, magari quella provata nel saper portare avanti, comunque sia, e per ognuno degli impiegati postali, almeno il proprio compito. Tutti si osservano e si salutano, alla fine di ogni turno, prima di andarsene dall’ufficio, ed anche se sembrano così diversi l’uno dall’altro, quegli impiegati delle Poste di Calci, sanno perfettamente però che tutto viene semplicemente rinviato al giorno seguente, quando ogni dettaglio sarà ancora lì, senza ombra di dubbio.

 

Bruno Magnolfi

sabato 17 dicembre 2022

Perdita di tempo.


            Sto sempre dietro ad un paravento, lo so, me ne rendo conto; non ho niente di più da mostrare di me stesso, e forse non sarei neppure troppo capace di stare all’altezza di quello che mi trovo ordinariamente a compiere, se non fosse che il mio profilo è piuttosto basso, ed il minimo di risultato che ottengo dai miei blandi sforzi che a volte compio, dev’essere forzatamente per gli altri già sufficiente. In genere mi sento annoiato, e con ogni probabilità non avrei neppure voluto essere inserito in una realtà così monotona e del tutto priva di stimoli, se non fosse che era difficile per me collocarmi in una situazione diversa. Lo capisco, non ho avuto voglia di studiare negli anni scolastici, e mio padre, che aveva tanto insistito con me, non ha mai ottenuto alcun risultato, forse proprio per i suoi modi, oppure per quel suo pretendere e basta, ma adesso probabilmente non mi ricordo, e non saprei neanche dire. Mi rigiro nelle poche cose che penso, e mi pare che il tempo più importante per il mio futuro sia trascorso via senza che io abbia mai riflettuto adeguatamente su come impiegarlo. Il fratello di mio padre poi, ha steso una mano pietosa sulle mie spalle, e ad un certo punto, dopo che mi ero continuato a dibattere per un sacco di tempo nel cercare da solo certi lavoretti che purtroppo non sono mai riuscito a conservare e a rendere realmente duraturi, ha trovato ciò che per lui, e anche per tutti, era una soluzione assolutamente adeguata. Sono arrivato all’ufficio postale immaginando che anche in questo ambiente sarei rimasto ben poco, considerati tutti i miei trascorsi; invece, da questo lavoro, sembra proprio che nessuno mi manderà mai via, anche se non mi sono affezionato per niente alle attività che vi devo svolgere. Lascio andare avanti le cose un giorno di seguito all’altro, senza mai interrogarmi troppo su quanto sto facendo, come non ci fosse nessuna diversa soluzione per me, se non continuare così, ed accettare il mio ruolo.

            Questo paese di provincia è ancora più piccolo del mio, quello in cui sono nato, e che peraltro ho sempre un po' odiato, ma dove abito ancora, fortunatamente a pochi chilometri di distanza dal mio posto di lavoro, nelle due stanze poste sopra alla casa dei miei genitori. Al circolino dove vado spesso la sera, ci sono sempre le solite conoscenze lì pronte ad attendermi, e così tra coetanei si parla di cose leggere, si scambiano battute spiritose, ci si sfida alle carte, si beve qualcosa. Se dicessi a qualcuno di loro di non essere soddisfatto di me, si farebbero tutti una grossa risata, e poi basta: la vita è fatta in questa maniera, inutile star qui a lamentarsi o a tirar fuori cose che non si può certo modificare, potrebbero dirmi in un coro. Perciò seguo il mio turno, servo le carte, cerco di fare la giocata migliore a quel tavolo dove sembra che ridere e basta sia per ognuno la maniera migliore per tirare tutto in avanti. C'è stata qualche ragazza negli anni trascorsi, ma non c'è stato mai niente di serio, qualcosa magari più intenso che valesse la pena di essere spedito oltre le solite cose. Mi pare che tutto quanto sia poco accattivante, almeno per uno come me: sicuramente non mi sono mai meritato niente di particolare, però non ho neppure trovato intorno a me una situazione particolarmente incoraggiante.

Nell'ufficio postale dove lavoro si dipanano regolarmente gli elementi di un microcosmo completo, costituito da discorsi monotoni, gesti usuali, facce riviste con espressioni sempre un po' identiche, e discorsi che spesso non vale neppure la pena ascoltare. Smisto i pacchi e la posta, ogni volta che giunge il furgone da Pisa, ogni mattina, al momento in cui vengono scaricate da noi le presunte novità per un paese senza speranza come quello di Calci. Non ho niente contro questi bravi cittadini, è evidente; però sono io che non trovo niente da spartire con loro, così come con tutta questa provincia asfissiante, priva di stimoli, scarna di interesse, immobile e senza futuro. Per me era quasi una sfida essere capace di uscire con una ragazza del luogo, e quando si è concretizzata in un attimo questa possibilità, mi è parso, almeno per una serata, che qualcosa almeno potesse cambiare, e che la persona che vedevo ogni giorno dietro allo sportello dell'ufficio postale, potesse rivelarsi del tutto differente da ciò che avrei già potuto immaginare. Ma non è andata così, e tutto è rimasto esattamente come un colore diffuso sopra una tela incrostata di altri colori, mescolati tra loro in pennellate sovrapposte quasi senza criterio: un astratto, un dipinto senza capo né coda, difficile da interpretare, forse persino senza un vero significato, quasi un'assurdità, come qualcosa per cui è proprio inutile perdere ancora del tempo.

           

Bruno Magnolfi

giovedì 15 dicembre 2022

Semplice orgoglio.


Per molti degli abitanti del piccolo centro abitato, l’elemento fondamentale, e anche più evidente, dell’ufficio postale di Calci, resta l’immancabile bicicletta portata avanti dalla pedalata sempre precisa ed elegante di Gino, con la quale lui, durante qualsiasi mattina, svolge il suo giro per la consegna della corrispondenza. Lui non impiega molto tempo, e generalmente in poco più di un’ora riesce a far fronte a tutti i suoi compiti, anche se in seguito gli rimane ancora da servire le varie piccole frazioni del comune, non molto lontane, ma che comunque normalmente raggiunge con una piccola vettura di servizio, completando rapidamente tutte le consegne da fare. A Gino piace molto il suo lavoro, e lo svolge con solerzia e in silenzio, limitandosi a fare un semplice cenno di saluto a tutti coloro che conosce da sempre e che gli rivolgono quasi sempre dei grandi gesti, quasi fosse diventato, durante i suoi lunghi anni di servizio, un vero simbolo per tutta la cittadinanza. Non staziona quasi mai dentro l’ufficio postale, prende soltanto tutta la corrispondenza da consegnare dalle mani di Alberto, già ben divisa e ordinata, e poi si avvia subito, in qualsiasi mattina, ad affrontare la gita. Non è mai stato un tipo di molte parole, ed anche quando sta in giro, lungo le strade del suo paese, a parte il cenno di saluto immancabile che ricambia con la gente che incontra più spesso, normalmente non si intrattiene mai a chiacchierare con qualche persona, neppure quando è fuori dall’orario di servizio. Per tutti è il postino, e lui si sente completo nel rivestire appieno questo ruolo. 

Gino ha una moglie, Marisa, conosciuta tanti anni fa quando lei ancora aiutava suo padre nel piccolo negozio di ortofrutta che gestivano insieme, e che oggi purtroppo, come tante altre cose, non esiste ormai più. All'epoca lui si fermava volentieri, quasi ogni giorno, a comprare qualcosa da lei, al punto da avere, almeno nei primi tempi, una dispensa sempre stracolma di frutta e anche di verdura nella piccola casa dove abitava, fino a quando non aveva stretto con Marisa una maggiore amicizia, iniziando a passare da quella bottega anche soltanto per farle un saluto. <<La mia giornata è monotona e solitaria>>, le aveva spiegato qualche volta; <<ma mentre pedalo con la borsa piena di lettere, mi trovo spesso a pensare a te, Marisa, e a come sarebbe bello per me farti salire sul portapacchi davanti della mia bicicletta, e mostrarti in questo modo a tutto il paese>>. Lei era arrossita a queste parole, ma aveva subito accettato di vedersi con lui, nei pomeriggi in cui era sufficiente il suo babbo per servire la clientela del loro negozio. Si erano sposati in fretta, loro due, e Gino aveva sorriso a tutta Calci in quei giorni, via via che ogni cittadino del paese lo fermava per complimentarsi con lui.

La signora Vanni, la direttrice, in tanto tempo che lavora con Gino alle poste, non ha mai trovato niente da dirgli o da suggerirgli, se non qualche variazione di residenza che quasi di norma lui generalmente riesce a sapere già molto prima. Anche con Alberto il lavoro è sempre andato avanti senza grossi problemi, anche se, di quella manciata di colleghi dell’ufficio, lui è quello con cui ha sempre legato di meno, forse perché non è proprio di Calci, ma di un altro piccolo comune vicino, e raggiunge ogni giorno il paese con la sua utilitaria, come fosse un estraneo, uno che viene da fuori. Gino cura al meglio la sua bicicletta, e per non correre alcun pericolo, ed anche per evitare eventuali scherzi di qualche ragazzo che non ha niente di meglio da fare, nonché per proteggerla dalle intemperie, ogni giorno la ripone all’interno del loro magazzino, tra tutti gli scatoloni, le grosse bilance, e gli scaffali colmi di scartoffie e materiale d’archivio. Ci tiene molto nel fare in modo che tutto fili sempre nella maniera migliore, così quando gli rimane del tempo libero, si mette volentieri a lubrificare i freni e la catena, a pulire ogni più piccola parte metallica, e perfino i cerchi e anche i raggi, oltre naturalmente a controllare maniacalmente la pressione delle gomme.

Quando raggiunge Marisa, nella casa poco lontano dall’edificio delle poste, dove loro due hanno scelto di abitare già quando decisero di sposarsi, Gino si sente a posto, soddisfatto, completo per avere eseguito tutto quello che la sua giornata lavorativa gli richiede, ed anche se non hanno mai avuto figli, loro due, lui si sente comunque felice, ed è convinto ogni sera di essere riuscito a raggiungere qualcosa a cui teneva più di qualsiasi altro scopo, come un vero traguardo importante. Coloro che come minimo lo conoscono abbastanza bene, lo sanno perfettamente nel suo paese, ed è questo un altro concreto motivo di orgoglio per lui, tanto che il suo mestiere, agli occhi degli altri, è quasi un piacere, il piacere esatto di essere in qualche modo utile ai suoi concittadini.

 

Bruno Magnolfi    

martedì 13 dicembre 2022

Valore minore.


            Non mi sono mai preoccupata di quello che potrebbero pensare i miei colleghi dell’ufficio postale, nel momento in cui mi soffermo a parlare con i clienti che vengono allo sportello per compiere qualche banale operazione. Mi conoscono quasi tutti, oppure conoscono la mia famiglia, così mi salutano con cortesia, ed io chiedo loro come vadano le cose, della salute dei loro parenti, magari del motivo per cui da tanto tempo questo o quell’altro non si fa più vedere nella nostra agenzia. In molti, mentre stanno davanti allo sportello, proseguono a parlarmi di sé, dei loro problemi, dei piccoli guai ordinari che si trovano ad affrontare, e a me pare sempre qualcosa di importante quello che dicono. Mi sembra comunque una maniera cortese e doverosa di comportarsi la mia, e questo tentativo di fare almeno un po’ di conversazione, in generale porta tutti a farmi un sorriso, e a salutarmi con gioia, parlandomi volentieri delle loro cose, tanto che alla fine vanno via ben soddisfatti del servizio ricevuto, anche se è stato soltanto l’aver spedito una semplice raccomandata. La direttrice mi ha detto una volta che per lei va benissimo che io mi comporti così quando sto allo sportello, però senza mai esagerare, e poi le basta che non mi dilunghi troppo a chiacchierare quando c’è qualche cliente che attende il proprio turno. Ma non c’è mai troppa gente nel nostro ufficio, ed io da sola riesco a servire tutte le persone che vengono da noi nella mattinata. Il resto del tempo di ogni giorno poi lo trascorro con monotonia a casa dei miei, ad aiutare mia madre, specialmente da quando il mio papà si è ammalato, e non riesce più ad alzarsi dal letto, se non con grande fatica e sofferenza. Allora accenno ai miei genitori chi è venuto quel giorno all’ufficio postale e cosa mi ha raccontato, così loro si svagano ed hanno qualche notizia fresca di ciò che accade in paese.

            Forse dovrei aver frequentato di più qualcuno della mia età. negli anni passati, e magari essermi intrufolata in una cerchia di amici e di amiche con cui adesso uscire qualche volta, almeno alla domenica. Invece sono arrivata ad avere quasi trent’anni, e soltanto qualche vecchio compagno di scuola mi saluta con cortesia quando mi incontra per strada, oppure se si fa vedere alle poste per qualche commissione. Ma quasi tutti si sono sposati, ed hanno ormai la loro vita, mentre io sono rimasta ai loro occhi soltanto una zitella. Così, quando questo Alberto, di dieci anni più grande di me, un collega dell’ufficio postale che precedentemente neppure conoscevo, mi ha chiesto sottovoce se mi andasse di uscire con lui una sera, gli ho detto di sì, anche se non ho risposto subito, e l’ho lasciato, almeno per un po’, immerso nel dubbio. A mia mamma naturalmente ho raccontato una balla, poi mi sono fatta attendere con la macchina ad almeno cinquanta metri di distanza da casa mia, in maniera che nessuno sospettasse che quella sera mi vedevo da sola con un uomo, ma lui è stato cortese, mi ha portata in un locale di Pisa che già conosceva, in fondo poco distante dal nostro paese, e mi ha parlato di sé, delle sue giornate, del fatto che a volte si sente un po’ solo. Sostanzialmente mi è parso timido, già così come mi pareva in ufficio, ma in fondo ho apprezzato davvero il suo sforzo per avermi invitata, anche se non mi è sembrato avessimo molte cose in comune.

            Dopo qualche settimana, è tornato alla carica, e con un foglietto quasi incomprensibile lasciato piegato sul piano dello sportello a cui lavoro, mi ha chiesto di nuovo di fare un giro con lui, nella serata. Naturalmente gli ho detto di no, e così l’ho costretto in questo modo a chiedermelo ancora, nei giorni seguenti, almeno per un altro paio di volte. Non sono molto bella, me ne rendo conto, e di lui non sono neppure del tutto sicura che non abbia una fidanzata da qualche parte. Non abita nel mio paese, ma in uno vicino, così non riesco a sapere molto di lui. Sono una preda facile per uno come Alberto, è evidente, ed anche se la sua presenza viene a movimentare un po' le mie giornate, non voglio certe mostrarmi arrendevole. In più c'è da dire che nel nostro ufficio postale basterebbe una sciocchezza per lasciar comprendere a tutti che ce la stiamo intendendo io e lui, e da lì a farne notizia di popolo in tutto il paese, sarebbe proprio un attimo. Quando vado a lavorare, al mattino, lo trovo già lì che smista i pacchi, prima che venga aperto lo sportello per il pubblico. Lo saluto, certamente, ma senza guardarlo mai troppo, anzi tenendo nei suoi confronti quella leggera indifferenza che secondo me è assolutamente necessaria, fermandomi invece spesso a parlare con la direttrice e con gli altri, proprio come se Alberto, ai miei occhi, avesse un valore minore.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 10 dicembre 2022

Scarsa illuminazione.


<<Alberto Parrini!>>, dice quasi urlando la signora Vanni, la direttrice, mentre esce da dietro al paravento dove ogni mattina trascorre come minimo una buona parte del suo orario lavorativo, mentre peraltro all’interno dell’ufficio postale tutto in quel momento sembra tranquillo. Lui solleva rapidamente gli occhi dal grosso bancone su cui smista solitamente i pacchi, la posta ordinaria, ed anche le raccomandate che giungono in agenzia ogni giorno, lasciandoli preparati per le varie consegne oppure per le notifiche, e con sguardo interrogativo si alza in piedi, pronto già per ricevere l’ennesima lavata di capo relativa a qualche errore commesso. Ma stavolta, fortunatamente, non sembra proprio niente di grave, e la strega, così come l’appella lui quando ne parla con i colleghi, si calma subito nello scorrere anche le ultime rassicuranti parole di una comunicazione scritta che le è appena stata inviata, terminando comunque con il solito ammonimento a prestare maggiore attenzione al proprio lavoro. Laura, come al solito, sta allo sportello del pubblico, seduta dietro al classico vetro divisorio, e continua a parlare con un anziano cliente chissà di che cosa, tanto che, come di norma, non sembra neppure accorgersi di ciò che avviene all'interno dell’ufficio postale, e mentre ad Alberto fa innervosire già soltanto essere chiamato in quell’ambiente col proprio nome completo e a voce alta, a lei, come di regola, non giunge neppure l’eco di quel suo nome. Invece, stavolta, dopo un lungo momento, si gira, getta un’occhiata con indifferenza verso il retro dell’agenzia, infilando lo sguardo tra le porte spalancate che dividono gli ambienti, e poi sembra vagamente sorridere, quasi per interpretare i pensieri degli eventuali clienti in attesa. Alberto la guarda solo un momento, e dentro di sé decide con stizza che non cercherà neppure oggi di chiederle un nuovo appuntamento, immaginando così di farle pagare quel suo divertirsi alle proprie spalle.

Gli altri impiegati non sembrano dare molto peso alle cose che avvengono intorno ai colleghi, anche se in qualche occasione sono venuti fuori certi dettagli, parlando dei soliti argomenti in voga là dentro, che hanno dimostrato quanto il loro apparente atteggiamento di disinteresse per il pettegolezzo, sia in fondo soltanto una posa, e come tutti invece abbiano occhi, ed anche orecchie, estremamente vigile, tanto che niente là dentro riesce mai a passare del tutto inosservato. Laura, sostanzialmente, è solo una ragazzona annoiata che vive ancora con i propri genitori, forse incapace di frequentare delle amicizie sufficientemente forti, in grado di trascinarla fuori da casa; per lei le cose importanti avvengono, o non avvengono, tutte all'interno dell'ufficio postale dove lavora, per cui, anche se cerca di dimostrarsi sempre e soltanto annoiata di qualsiasi piccolezza possa venire a conoscenza, in realtà poi è pronta a registrare dentro di sé ogni tessera di un più grande mosaico in cui crede di tradurre la quotidianità del paese in cui abita e che vede passarle ogni giorno di fronte, di cui l'ufficio postale, a suo personale parere, risulta il centro focale, il luogo cioè in cui si vanno a raccogliere i risultati di ogni vicenda dei suoi concittadini. L'altro si chiama Gino, ed è un uomo ossuto, poco lontano dall'età pensionabile, silenzioso e dall'indole solitaria, che a volte sorride, quando qualcuno spiffera agli sportelli del pubblico qualcosa di cui non è a conoscenza, ma che non fa mai delle domande dirette, cercando di apparire il più possibile persona riservata.

Per Alberto, sono già quasi cinque gli anni che è riuscito a trascorrere dentro a questo ufficio postale, ed anche se per questa occupazione lavorativa è stato fortemente raccomandato da suo zio vicesindaco nella scorsa amministrazione della cittadina, in realtà diverse volte ha già maledetto in cuor suo il giorno in cui è entrato per la prima volta là dentro. La direttrice, di visione politica diversa da suo zio, non ha mai digerito del tutto l'aver visto giungere, ed aver dovuto sopportare, proprio uno come lui dentro l'agenzia che dirige, e se ha abbassato la testa fino ad oggi, è stato puramente per spirito di servizio, visto che all'epoca si era avvertita tutta la necessità, da quel momento in avanti, di nuove e più giovani forze dentro gli uffici postali. Non a caso l'anno seguente, dopo l'inizio del servizio di Alberto, era stata assunta, anche se per un periodo limitato, la stessa Laura, che subito aveva dimostrato alla direttrice le sue capacità sia di stare al pubblico, che di mostrare pazienza con qualsiasi cliente, tanto da riuscire ad essere nuovamente richiamata in servizio, dopo pochi mesi, una volta terminato il suo primo contratto. Fu esattamente in quel momento che Alberto, in un giorno in cui il suo umore era alto, ebbe il coraggio di chiederle nascostamente di vedersi più tardi, nella serata, e lei, trattenendo una risata piuttosto fuori luogo per un caso del genere, accettò quell'invito, fissando l'incontro vicino casa sua, dove Alberto l'attese, per quasi mezz’ora, dentro la sua utilitaria, presso un angolo fortunatamente poco illuminato, lungo la strada principale del loro paese.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 7 dicembre 2022

Appuntamento mancato.


            In lei sembrano spesso convivere due diverse nature. Quando parla, si capisce benissimo che cerca di dire soltanto le cose in cui crede, quelle che ha riflettuto di più, che reputa giuste per l’argomento di cui sta trattando; e quindi non potrebbe mai tirar fuori qualcosa di mascherato, attorcigliarsi intorno a discorsi che non possiedono un vero senso, o che non portano impresso nelle stesse parole che usa, il sigillo inconfondibile del suo pensiero. Ma quando deve operare delle scelte, ecco che questa parte così in apparenza saggia e lineare, sembra perdere facilmente una propria direzione, confondendo tanti elementi diversi, quasi come in un gioco dove lo scopo di tutto appare misterioso, a volte persino inconcepibile. Allora, si potrebbe intuire che dietro la prima ci sia soltanto una tecnica estremamente raffinata, delle perfette lezioni di stile imparate poco per volta, e inglobate talmente a fondo nella propria coscienza, da non dare più neppure una sola parvenza di argomento scolastico, e nella seconda invece è la stessa empatia ad emergere, la capacità di assorbire da fuori le sensazioni impresse al momento, e quindi restituite in puro sentimento.

            Lui non si fida, anche se continua ad uscire con lei. Non sa ben valutare quale natura di questa ragazza contorta gli risponda in un modo e quale in un altro, se non più tardi, o addirittura il giorno seguente, quando ciò che avrebbe potuto obiettarle immediatamente, non ha proprio più alcuna importanza. Il fatto che si vedano praticamente ogni giorno sul loro luogo di lavoro, svolgendo ognuno dei due la propria attività, non dà certo una mano a semplificare le cose. Intanto si pone così la necessità di nascondere a tutti gli altri l’intesa sottile che esiste tra loro due; e poi rimane in essere, comunque sia, il bisogno per ambedue di scambiare a vicenda certi dettagli legati esclusivamente al mestiere, senza usare nessuna particolare inflessione, che peraltro non potrebbe in nessun caso essere minimamente chiarita, o che, influenzando il comportamento, traviserebbe le razionalità del loro rapporto lavorativo. In fondo, ad operare in quel piccolo ufficio postale, sono soltanto in quattro, più una direttrice che staziona generalmente ad una scrivania nascosta da un paravento.

            Nei primi tempi era simpatico scambiare tra loro due un’occhiata o un semplice piccolo gesto che non venisse notato dagli altri, ma in seguito le cose si sono fatte più complicate, ed adesso, restando il fatto che la maniera di lei di dire di sì, oppure anche di no, si è rivelata spesso densa di complicazioni, e persino soltanto riuscire a vedersi nella serata, si è fatto sempre più difficile, tanto che lui, una volta aboliti per ragioni evidenti i foglietti di carta scritti e consegnati in segreto e con rapidità, non riesce mai a comprendere se ci sia a breve un futuro per la loro relazione, oppure se tutto sia ormai definitivamente crollato. La postazione dietro allo sportello vetrato, è senz’altro quanto di più in linea con la personalità di lei, che si intrattiene anche volentieri con certi clienti, nel momento in cui fa lavorare le macchine per il disbrigo automatico dei prodotti postali; mentre per lui, che mette in ordine nel vano posto sul retro degli uffici i tanti pacchi e le raccomandate che necessitano di essere rapidamente smistate, quella propria attività gli permette di misurare qualche pensiero personale in più, magari con qualche piccola pausa che gli lascia anche osservare con un certo distacco il lavoro degli altri. Quando arriva la comunicazione di qualche piccolo errore, quasi sempre inevitabile nella confusione di certi momenti, esce fuori la direttrice dal suo angolo, dove riceve i clienti che possiedono i conti finanziari più sostanziosi, e semplicemente pone subito qualche domanda irritante proprio verso di lui, forse soltanto perché non è quasi mai a contatto diretto con la clientela. Poi le cose si calmano, ma rimane in funzione questo odioso scudo protettivo per chi sta allo sportello, quasi una scusante aprioristica, che vale naturalmente anche per lei. Certe volte dirle soltanto che gli piace il vestito che ha indossato quel giorno, o come si è pettinata i capelli, è risultato un vero problema, e considerando che loro due rispettano quasi sempre degli orari diversi, anche se nel corso della giornata i loro turni si accavallano, completa il quadro delle difficoltà.

             Già più di una volta lui si è chiesto se sia il caso di tirare avanti una situazione difficile e di scarse soddisfazioni come questa, ma poi ogni volta ha sempre rimandato qualsiasi decisione definitiva, anche cercando di capire quanto davvero interessi a lei portare avanti quel loro rapporto. Lei è bravissima nel padroneggiare tutte le sciocchezze possibili, con lui come con la clientela dell’ufficio postale; ma quando i loro argomenti si fanno più seri, ecco che tradisce un comportamento a metà strada tra l'insicurezza e l'indifferenza. <<Non saprei>>, si limita a dire verso di lui sottovoce alcune volte; <<ma forse è meglio di no>>, gli risponde spesso, anche quando lui con grande fatica è riuscito a chiederle un nuovo appuntamento.

 

            Bruno Magnolfi

domenica 4 dicembre 2022

Vicino, così vicino.


            Io e Luciana, avanti l’inaugurazione della sua nuova trattoria, che peraltro oramai è quasi ultimata, ci siamo voluti regalare due giorni fuori città, in un rigenerante luogo di mare, giusto per rilassarci un momento e riprendere lo slancio di cui, nei prossimi tempi, avremo assolutamente bisogno per le nostre attività. Con la mia macchina, transitando lungo la costa toscana, ci siamo fermati a Talamone, in Maremma, dove ricordavo di essermi recato in completa solitudine già qualche anno addietro, e dove adesso ero curioso di tornare, anche per far visitare a Luciana un luogo incantevole, dove peraltro lei non era mai stata, e che, nonostante il pieno inverno, resta comunque un posto affascinante. Così ci siamo fermati nei pressi del delizioso porticciolo ai piedi del paese, e prese le giuste informazioni su un albergo poco più avanti, abbiamo trasferito le nostre poche cose in una delle tante camere libere in questa stagione. La giornata appariva bellissima, calma e piena di sole, così ci siamo subito concessi una piccola passeggiata a piedi sul mare, e quando ci è presa la voglia di noleggiare una barca per un giro fuori dalla baia, lo abbiamo fatto senz’altro, trovando persone gentili che hanno messo a nostra disposizione una piccola lancia con tutte le indicazioni necessarie. Cullati dalle onde, ci siamo subito sentiti in paradiso, ed allora mi sono ricordato del porticciolo militare dalla parte opposta dello specchio d’acqua davanti al borgo marinaro. 

            Per puro capriccio ho voluto fare un passaggio con la nostra barca proprio là vicino, e mi è parso che in quel momento non ci fosse proprio niente di interessante da rilevare. <<Sembra così strano che un luogo del genere sia destinato a dei traffici così pericolosi, e peraltro del tutto estranei ad un posto vocato a tutt’altro>>, ha detto Luciana guardandosi attorno. Ho sorriso, avrei voluto raccontarle lo strano incubo che avevo subìto durante la notte, a seguito del momento in cui mi ero imbattuto in un gruppo di militari che scaricavano una piccola nave carica di casse con bombe e proiettili, ma ho subito lasciato perdere. In certi casi mi perdo facilmente in qualche sciocchezza, ho pensato; come se, semplicemente, non assistendo di persona a quanto ci sembra maggiormente terribile, tutto ciò sia sufficiente a tenere tranquilla la nostra coscienza. <<Provoca angoscia sapere come certe parti di territorio siano destinate ad ordigni e a macchine da guerra>>, le ho detto come per chiudere l’argomento; <<in ogni caso è giusto esserne a conoscenza, così come è giusto essere a conoscenza del fatto che forse da qui partono addirittura delle armi che giungono in luoghi dove realmente si uccide, indipendentemente dalle motivazioni per farlo>>.

            Quindi ci siamo spinti verso il largo, e in poco tempo siamo arrivati fino allo specchio di mare davanti alla cittadina di Porto Santo Stefano. La giornata era ancora bellissima, perciò ci siamo scattati delle foto con lo sfondo del promontorio, ed in seguito siamo poi rientrati al porto e restituito il natante con motore fuori bordo al noleggiatore. <<Mi piace pensare che tutto stia girando in maniera positiva>>, ho detto a Luciana. <<Forse non sono mai stato particolarmente ottimista fino ad oggi>>, ho proseguito; <<però, da ora in avanti, le cose sembrano cambiare in modo veloce, e decisamente per il meglio>>. Lei ha sorriso, e nella luce calda della giornata mi è parso davvero che tutto stesse trovando la propria giusta sistemazione. A piedi siamo arrivati fino alla Rocca che sovrasta il caseggiato del piccolo paese, poi ci siamo presi un aperitivo in un locale poco lontano. <<Siamo persone insignificanti, confrontate a quello che avviene in ogni momento da ogni parte>>, ha detto lei forse in riferimento a quanto ci eravamo detti poco prima. Ho pensato che in questo modo Luciana provasse il desiderio di riappropriarsi di una logica maggiormente intimista, che poi è quella che ci caratterizza di più. <<Però non dobbiamo mai girare lo sguardo da un’altra parte, secondo me, anche se ci costa del sacrificio>>, le ho detto mentre osservavo il suo profilo nella luce del tramonto.

            <<Voglio parlarti di tutto quello che mi è accaduto, tutto quanto fino ad oggi>>, ho proseguito poi con espressione piuttosto seria. <<Desidero che tu assuma un’idea obiettiva su di me, il più possibile>>. Lei ha annuito, ha preso un sorso della sua bibita, poi ha risposto con semplicità che forse comprendere tutto è un compito probabilmente irrealizzabile, e che in ogni caso dobbiamo comunque tentare di formarci un’opinione su quanto è legittimo, su ciò che ci sfiora, quel che sentiamo vicino, che appare simile ai nostri stessi modi di essere; <<anche se tutto il resto non deve sembrarci mai qualcosa di estraneo, distante dai nostri pensieri>>. Mi è parso questo un ottimo proposito, così ho sorriso a Luciana, anche se in quel momento provavo dentro di me la dolce voglia del lasciarmi andare alla commozione, come mi trovassi di fronte a qualcosa che in fin dei conti avevo sempre desiderato, ma senza mai, proprio in nessun altro momento, essere riuscito a raggiungere.

 

            Bruno Magnolfi   

martedì 29 novembre 2022

Esistenza in divenire.


            Al termine di una giornata intensa di lavoro, mentre già ero rimasto da solo, giunge in ufficio una telefonata di Fernando. Non perde tempo, e dice freddamente, come già d’accordo, di avere sempre ricevuto e controllato, in questo lungo periodo, tutti gli aggiornamenti sullo stato finanziario della nostra agenzia immobiliare, ma in ogni caso vorrebbe vedermi al più presto per parlarne di persona; così ci accordiamo per il giorno seguente a quel medesimo orario. Si presenta con un commercialista, si siedono, scartabellano le documentazioni che presento subito sopra al piano della scrivania, poi lui dice che, vista la buona situazione in cui sta versando l’impresa, per la propria uscita dalla nostra società avrebbe stabilito di necessitare del doppio esatto di quanto pattuito inizialmente. Accuso il colpo, abbasso gli occhi, resto in silenzio. Poi, come ho imparato ormai da tempo, rispondo che devo pensarci, senza portare avanti delle obiezioni che apparirebbero ridicole, nonostante la cifra mi appaia spropositata e tale da non permettermi di sostenerla. Chiarisco comunque che gli darò una risposta tra un giorno o due al massimo, così Fernando si alza dalla sedia, dà un’occhiata in giro, e poi se ne va, seguito dal suo uomo, senza chiedere altro. Due giorni dopo, a seguito di attenta riflessione, gli rispondo secco per posta elettronica che la sua proposta è irricevibile, e per come stanno le cose, per me può anche rimanere titolare della sua percentuale di società. Anche lui prende del tempo, infine dice per tutta risposta che in questo momento ha bisogno di liquidi, e quindi si accontenterà di un semplice trenta per cento in più sugli accordi iniziali. <<Devo sentire cosa mi propongono alla mia banca>>, gli rispondo per telefono; poi lascio trascorrere ancora qualche giorno. Infine, Fernando torna ad insistere, dicendo al telefono che, se mi va bene, <<ci possiamo vedere direttamente dal notaio per la cessione di tutto quanto dietro un semplice aumento del venti>>.

            Accetto; l’istituto bancario non crea problemi nel versarmi tutta la cifra, ed il prestito è restituibile addirittura in cinque anni. Ci vediamo un paio di settimane più tardi per la firma del contratto di cessione delle quote, e l’ufficio notarile, dietro al mio bonifico, avvalora e certifica quanto abbiamo stabilito. Stringo la mano a tutti quanti ed alla fine esco leggero e piuttosto soddisfatto da quegli uffici: per me è come se finalmente chiudessi definitivamente con il mio passato, e ritrovarmi indebitato, ma finalmente libero, mi fa sentire benissimo. Fernando durante tutta questa trattativa non mi ha detto niente di sua sorella, ed io naturalmente non gli ho chiesto nulla di lei, anche se resta la mia ex-moglie. Adesso però è come se concretamente tutta la loro famiglia uscisse dalla mia vita, ed io ho la speranza di non sentirne più parlare, almeno per un lungo tempo. La banca mi ha dato fiducia, e soprattutto ha accettato i conti positivi che ho portato in visione sulla scrivania del direttore. Le cose vanno bene, ed io devo proseguire così, senza distrazioni. Vorrei parlarne con qualcuno, ma è difficile. Alla fine, mi vedo con Luciana: lei tra qualche giorno inaugurerà la sua nuova “Trattoria da Mauro”, ed è felice di questo. Per i primi tempi terrà aperto il locale soltanto per la cena, mi spiega, ma in seguito, se le cose sono positive, inizierà a tenere aperto anche per l’ora di pranzo.

            Facciamo un giro in macchina, io e lei, tanto per parlare, così le spiego qualcosa del mio momento lavorativo; poi saliamo fino al mio appartamento. Lei ha già trascorso la notte con me qualche volta, ed io le ho sempre lasciato comunque completa libertà di scelta. <<Ho pensato di portare qui da te qualche mio vestito, Adriano, se non ti dispiace>>, ha detto poi con semplicità. So cosa significa, ma ho cercato di dare comunque poco peso alla faccenda, sottolineando solo la giusta praticità di fare in questo modo. Luciana mi ha abbracciato, ha detto che stava bene con me, che tutto secondo lei stava procedendo a gonfie vele. Ho annuito, e le ho promesso che non avrei mai avuto segreti nei suoi confronti, perché secondo me anche delle piccole incomprensioni senza apparente importanza, possono portare facilmente a distanze poi incolmabili. <<Inizialmente starò io in cucina insieme a due assistenti>>, mi spiega; <<ma in seguito, se le cose procedono come spero, assumerò del personale all’altezza, in maniera da allargare l’offerta dei piatti e delle portate>>. Annuisco, sono molto contento del suo entusiasmo, e sono sicuro che le cose andranno bene, anzi, benissimo. <<Il locale non è grande, per cui più che sull’afflusso dei clienti, devo puntare tutto sulla qualità>>. Sono d’accordo, però il prossimo lungo periodo sarà caratterizzato per ambedue da lavoro molto intenso e da un notevole impegno. Va da sé, comunque sia, che purtroppo avremo sempre meno tempo per noi due: ma stiamo costruendo un futuro fatto tutto e solo per noi stessi, e questo resta il dato più fondante; come un’esistenza avviata e in divenire.

 

            Bruno Magnolfi        

domenica 27 novembre 2022

Strada tortuosa.


            Non so, ma se qualche volta penso a tutto quanto, a tutto ciò che ho fatto intendo, o che mi è accaduto, mi rendo conto che non sono riuscito a comprendere quasi niente delle persone che mi sono girate attorno fino ad oggi. Forse ho solamente tentato con svogliatezza di decifrare quei messaggi che mi sono giunti, ed ho cercato in malo modo di capire il senso che avevano quei gesti, quelle espressioni, le stesse parole che mi arrivavano, tanto che il risultato è sempre apparso negativo, incompleto, inutile, come se il linguaggio che mi sono ritrovato quasi sempre a dover decifrare, fosse del tutto diverso dal mio: di un’altra natura, scollegato, differente. Ho provato a parlarne con Lorenzo, all'ora di pranzo, mentre consumavo uno dei suoi soliti panini, in un momento in cui non c'erano troppi clienti dentro al locale che gestisce; e lui dapprima mi ha sorriso, poi però si è fatto più serio, ed allungandosi sul bancone davanti a cui ero seduto, anche per abbassare il tono della voce e dare alle sue parole un senso confidenziale, mi ha spiegato che secondo lui è un problema che riguarda ogni individuo, in grado maggiore o minore a seconda dei casi, ma che probabilmente è destinato a diffondersi ancora di più, e che dovremo farci i conti sempre più spesso negli anni a venire. <<L'incomunicabilità, è il sintomo del nostro generale malessere; ognuno di noi tende a chiudersi in sé stesso, incapace di spiegare agli altri i propri pensieri>>, ha aggiunto in modo secco. Sono rimasto in silenzio, mentre serviva in giro qualche birra, ed ho capito che, secondo lui, oramai parliamo tutti tra di noi in termini estremamente superficiali, e così non riusciamo ad affrontare gli argomenti più complessi e personali. Forse io stesso sono sempre stato troppo silenzioso con gli altri, ho pensato, e così gli altri non si sono mai sentiti incoraggiati a parlare con me delle loro cose.

Quando sono uscito dal locale di Lorenzo mi è parso comunque di avere una consapevolezza in più, e dopo poco comunque è giunta anche per me l'ora di tornare in agenzia e riprendere la mia attività. Ho pensato però che persino il lavoro che sto portando avanti, dirigendo questi uffici, pare che mi allontani da tutti, lasciandomi da solo a prendere decisioni e a stabilire priorità; ed anche se la mia esperienza mi fa mandare avanti questo mestiere ormai quasi per istinto, in ogni caso mi manca a volte quel potermi rapportare con qualcuno, certe volte magari discutendo e decidendo le soluzioni migliori, in condivisione o meno con altri. I ragazzi che raccolgono tutte le informazioni immobiliari possibili sul territorio cittadino, anche se sono simpatici e abbastanza volenterosi, non possono certo essere trattati da me allo stesso pari: perderei subito verso di loro quell'autorità necessaria per fargli portare avanti al meglio le proprie attività; e la segretaria, che presiede ai nostri uffici e alle linee telefoniche, oltre ad essere in fondo soltanto una ragazzina, so che non deve mai perdere di vista la profonda serietà della sua figura professionale, e quindi del suo posto di lavoro.

Quindi, è come se la mia solitudine si fosse fatta più intensa, almeno da un po' di tempo a questa parte, e la mancanza di contatti sinceri con qualcuno, poco per volta, si fa sentire sempre di più. Sicuramente una parte di colpa è anche mia, che non ho mai cercato, fin da quando ero piccolo, di ascoltare attentamente chi mi parlava, ma nello stesso tempo non sono mai riuscito a spiegare nel profondo il mio pensiero, o forse, addirittura, non ho mai cercato neppure di appurare la possibilità di farlo. Quindi, proprio per tutto questo, provo adesso una grande necessità di avere qualcuno al mio fianco, e l'unica persona con la quale posso condividere sia dei pensieri piacevoli, sia qualche preoccupazione, indubbiamente è Luciana, la stessa ragazza che indubbiamente trattiene dentro di sé delle piccole e grandi sofferenze che forse non è riuscita mai neppure ad esplicare. Il pomeriggio così scivola via veloce, senza che il mio daffare in ufficio mi lasci avere ancora delle riflessioni su tutti questi temi, e quando mi trovo all'ora di chiusura, nel serrare la porta di accesso e ad inserire l'allarme, il primo pensiero che mi passa per la mente è quello di telefonarle, se non altro per sapere come stiano andando le cose nella trattoria, che in linea con i suoi desideri, sta rapidamente prendendo vita.

<<Ciao, stavo proprio pensando a te>>, risponde subito Luciana; <<se volessi passare da queste parti, vorrei mostrarti i lavori così come stanno procedendo>>. Naturalmente accetto subito, poi salgo sulla mia macchina e volo da lei. Mentre parcheggio poi, proprio al momento di spegnere il motore, mi interrogo ancora per un attimo su tutto quello che mi passa per la mente. Mi sento sereno quando sono con Luciana; mi piace tutto di lei; e se la strada per giungere proprio dalle sue parti, alla fine si è mostrata per me oltremodo lunga e faticosa, forse ne valeva comunque tutta la pena.

 

            Bruno Magnolfi

giovedì 24 novembre 2022

Firma indelebile.


            Alla fine di una qualsiasi mattinata di lavoro, dopo aver messo in lista una serie di nuovi potenziali compratori di appartamenti, importantissimi per la nostra agenzia, tutte persone molto interessate alle nostre offerte, e naturalmente desiderose di visitare gli immobili in vendita presso di noi il prima possibile, mi giunge, filtrata dalla giovane ragazza che fa da segretaria nei nostri uffici, una telefonata inaspettata. <<C’è un signore all'apparecchio, uno che dice di chiamarsi Mauro, e di essere il proprietario di una tavola calda>>, dice Elena con la sua voce neutra. <<Certo>>, faccio subito io, <<lo conosco, me lo passi pure>>. Nel breve silenzio elettronico che subito si impone, avverto solo il piccolo scatto di un pulsante, poi indubbiamente un lieve rumoreggiare di voci sul fondo di quel locale che immagino e che conosco bene. <<Buongiorno, signor Adriano, scusi il disturbo>>, mi fa il padre di Luciana con parole garbate ma anche un modo molto abituato a discorrere senza timori con ogni tipo di persona. <<Abbiamo tutt’e due poco tempo da perdere, e quindi mi scuserà se affronto per telefono un argomento che forse meriterebbe essere trattato di persona>>. <<Non si preoccupi, mi dica pure>>, gli faccio io cercando di essere il più possibile alla mano. <<Vede>>, fa lui, <<conosco mia figlia, e da qualche giorno mi pare all’improvviso quasi un’altra, tanto appare entusiasta di lei e del vostro incontrarvi. Siccome abbiamo deciso da poco la trasformazione del locale, lasciando assumere a Luciana la gestione, mentre io contemporaneamente vorrei anche ritirarmi, visto che sono tanti anni che svolgo questo mestiere ed ho maturato ormai l’età della pensione, non vorrei che tutto questo provocasse un gran pasticcio>>. Sorrido, anche se sono da solo nell’ufficio, però mi viene difficile rassicurarlo, nonostante gli dica subito che non è certo mia intenzione confondere sua figlia fino al punto di farle perdere di vista gli impegni di cui si sta prendendo carico. <<Vede>>, prosegue lui; <<tra voi due so che ci corrono diversi anni, questo è innegabile, e Luciana fino ad oggi è sempre stata in famiglia, specialmente dopo che purtroppo è venuta a mancare la sua mamma; così, forse, adesso le manca proprio l’esperienza giusta in certe cose, e poi sinceramente, non vorrei andasse incontro a qualche forte delusione, ecco>>.

            Tiro un respiro, lascio in aria una pausa come per ponderare al meglio le parole che sto per pronunciare, ma infine replico: <<Luciana è una persona adorabile, ed io le voglio bene, lo dico con piena sincerità; se ci sarà un futuro per noi due, adesso mi sembra presto per riuscire a stabilirlo, però è giusto che si sappia fin da subito che io mi impegnerò affinché questo possa realizzarsi>>. Mauro forse vorrebbe aggiungere qualcosa, ma qualcuno sembra che lo chiami nella normale confusione sempre presente dentro al suo locale, così dice soltanto: <<Va bene, va bene; mi scusi ancora se mi sono permesso di disturbarla; però lei è mia figlia, ed io in questo momento ho soltanto il desiderio del meglio possibile per il suo avvenire>>. Ci salutiamo con reciproca cortesia, riattacchiamo la telefonata, e all’improvviso mi sento come se avessi chissà quanti anni di meno, invece di aver superato oramai la mezza età. Ma non importa, Luciana è una ragazza speciale per me, anch’io voglio renderla felice, e mi impegnerò a fondo per spianare la strada a tutto questo.  

Poi indosso il mio soprabito, avverto Elena che sto per uscire, ed infine prendo la mia cartella con i documenti, sostenendo, quasi per giustificarmi, che ho un appuntamento urgente con dei clienti che desiderano visionare uno dei nostri appartamenti in vendita. Ma non è la verità. Fuori dagli uffici compio un lungo giro a piedi, proprio come per andare incontro a chissà quali impegni, ed alla fine mi ritrovo davanti all'agenzia di Elisabetta, il mio vecchio luogo di lavoro, anche se sosto, con una mano sprofondata nella tasca e nell’altra la cartella, dalla parte opposta della strada, ad osservare quell'entrata, la vetrina, i piccoli negozi a fianco. Non so come, però mi nota la mia collega di un tempo, così socchiude la porta, e poi mi guarda, da questi dieci metri di distanza circa, mentre il traffico intenso rende le nostre figure molto più lontane tra di loro. Elisabetta si trattiene sulla porta dell'ufficio, senza uscire del tutto sopra al marciapiede, ed io forse vorrei farle un cenno con la mano, darle un saluto, ma poi mi volto da un lato, e riprendo a camminare, quasi non l'avessi vista.

Il giorno seguente, sopra una delle vetrine opache della mia agenzia "F. & A.", trovo una frattura: un colpo ben assestato con un corpo metallico, una botta insomma, che non ha sfondato il vetro, non ha neppure fatto scattare l'allarme, ha solo composto una piccola ragnatela concentrica poco evidente, ed ha comunque lasciato una firma assolutamente indelebile.

 

Bruno Magnolfi

martedì 22 novembre 2022

Desideri inespressi.


            <<Ciao, Luciana>>, le ho detto, appena si è seduta nella mia macchina. Mi ha guardato con un largo sorriso, ha sfiorato leggermente con la mano il dorso della mia, e ha bisbigliato che aveva da riferirmi una novità che la riguardava da vicino. Ho messo in moto, ingranato la marcia, poi ho svoltato verso la strada principale. Avevamo deciso di vederci già da un paio di giorni, e la scusa stava nel fatto di andare ad assistere ad un concerto del suo cantautore preferito, così mi sono mostrato immediatamente disponibile ad accompagnarla, una volta trovati i biglietti in prevendita. <<Mio padre desidera lasciarmi la gestione della sua rosticceria-tavola calda>>, ha detto subito lei, guardando oltre il parabrezza. <<Ma io gli ho detto che mi piacerebbe trasformare il locale in una trattoria tradizionale, e lui si è mostrato abbastanza favorevole>>. Ho detto subito che questa notizia mi pareva davvero fantastica, e che mi prenotavo già da ora per andare a cena nel suo nuovo ristorante. Lei mi ha spiegato che la sua vera passione era quella di cucinare, proprio come le aveva insegnato sua madre fin da quando era ancora una bambina, e che però, trascorrere tutti questi anni nella rosticceria della famiglia, per lei non era stato il vero coronamento del suo sogno. <<Ma adesso, prese le misure, si è visto che eliminando il bancone riscaldato e tutto il resto, si ottiene uno spazio sufficiente per diversi tavolini, fino a riuscire a mettere seduti anche una quarantina di clienti>>. L’ho guardata per un attimo, mentre eravamo fermi ad un semaforo, trovandola bellissima con quella sua espressione di entusiasmo che fino ad oggi non le conoscevo.

            <<Dobbiamo festeggiare>>, le ho detto mentre cercavo un parcheggio nella zona del teatro Verdi; <<prima assistiamo al concerto, e dopo ce ne andiamo in un locale>>. Così siamo entrati all’interno della sala e ci siamo seduti in platea nei posti a noi assegnati. <<Non ci vorrà neppure troppo tempo>>, ha proseguito lei, parlando sottovoce. <<In fondo, la cucina sul retro è grande, e quindi resta la stessa, almeno per il momento, e per la sala è sufficiente una rifrescata alle pareti, magari dei quadretti appesi che sappiano dare un senso al nuovo locale, e poi l’acquisto di un numero di sedie e tavolini, tipo osteria, che siano sufficienti>>. Le ho sorriso, ancora incredulo, ed ho annuito di nuovo, senza riuscire a trovare neppure le parole giuste per dimostrarle tutta la mia contentezza. <<Lascerò il nome di mio padre nell’insegna, e lui in cambio mi darà una mano agli inizi, e pagherà le spese della trasformazione. Sono felice, non so dirti neppure come io mi senta in questo momento. Mi pare quasi il giusto riscatto per mia madre, che in vita sua è sempre stata in cucina a sbucciare solo patate o poco più>>. Poi un presentatore è salito sul palco ed ha annunciato con enfasi il cantante ed il gruppo dei musicisti che lo accompagnavano, ed io allora ho preso una mano di Luciana, e lei si è stretta a me. Ho pensato subito che ad un momento così non ci fosse proprio niente da aggiungere: la musica fluiva, le canzoni apparivano bellissime, la serata era felice.

            In un caffè elegante poco lontano ci siamo fatti servire poi due coppe di spumante di gran marca, e dei tramezzini leggeri che ne accompagnassero ogni sorso. Io e Luciana abbiamo parlato di quei testi in musica appena ascoltati, e ci siamo trovati perfettamente d’accordo su molti di quegli argomenti, tanto da sembrare che attorno a noi non esistesse quasi più niente, come fossimo protetti da una grande bolla di vetro: all’interno, solo noi due, i nostri sguardi, le nostre parole, le espressioni sorridenti, con la costruzione calma di una relazione ancora da iniziare, ma desiderata fortemente. Quando infine siamo usciti, poco prima di salire in macchina, ci siamo scambiati un bacio, così, in mezzo ad un parcheggio, come ragazzini che non tengono conto di nulla, provando la necessità di sentirsi liberi di manifestare qualcosa di prezioso che improvvisamente sentivamo dentro. Ci siamo salutati davanti casa sua, con tenerezza, senza voler esagerare nel nostro ritrovarsi vicini. Tornando indietro, da solo dentro la mia auto, mi è sembrato che qualcosa di Luciana fosse ancora accanto a me, forse i suoi silenzi, il suo guardarmi, il suo bagaglio di sentimenti puri.

            Sono rientrato nel mio appartamento come se ancora volassi sopra al pavimento, poi mi sono concentrato per qualche momento sulla giornata di lavoro che mi attendeva l’indomani, poi ho dato un’ultima occhiata, nella stanza adibita a studio, sulla mia agenda degli impegni, ed infine mi sono coricato, provando quella leggerezza che non avevo più avvertito da chissà quanto tempo. Il silenzio della notte, infine, mi ha chiuso gli occhi, e tutto intorno ha preso lentamente la forma dei desideri rimasti inespressi, e forse schiacciati in un angolo angusto, e quindi dimenticati; fino a poco prima.       

 

            Bruno Magnolfi

lunedì 21 novembre 2022

Nessuna lamentela.


Alla fine, il vero trasferimento è risultato relativo soltanto a degli scatoloni pieni di libri, ai miei vestiti personali, e poi alla biancheria della casa, oltre a qualche mobiletto a cui sono particolarmente affezionato, ed infine ad alcuni elettrodomestici della cucina, insieme a qualcos'altro meno importante. Perciò, non è risultato necessario neppure interpellare una vera impresa di traslochi a cui affidare questi compiti di facchinaggio, ed è stato sufficiente farmi aiutare da un paio di ragazzi in gamba, persone che conosco da tempo proprio per il mio ambito di lavoro, e insieme a loro, tramite un furgone e qualche altro strumento adatto, l’intervento si è risolto con rapidità ed efficienza. Il nuovo appartamento al primo piano di via Mazzini invece, era completamente vuoto alla firma del contratto, ma insieme a Luciana, che mi ha accompagnato volentieri, ci siamo infilati subito in un mobilificio cittadino fornito di una vasta esposizione, e così abbiamo ordinato, con le misure delle pareti tra le mani, tutto ciò che poteva servire, arredando con gusto le spaziose cinque stanze che lo compongono. Mi piace respirare quest'aria di nuovo, non avevo riflettuto fino adesso quanto fosse deleterio per me e per il mio umore abitare ancora in quel piccolo appartamento che parecchi anni fa prendemmo in affitto io e la mia ex-moglie, poco prima di sposarci, e dove in seguito ero rimasto a vivere da solo. Invece, aver trovato questo nuovo alloggio, peraltro sito a poche centinaia di metri dal mio luogo di lavoro, è stato un vero colpo di fortuna, una combinazione da me molto apprezzata, tanto che le cose sembrano adesso girare improvvisamente tutte in un senso positivo.

I coinquilini del palazzo dove praticamente ho abitato fino ad oggi, non si sono neppure accorti di perdere nell’ambito di una sola giornata un loro vicino di casa, escluso il solito pensionato che staziona regolarmente subito fuori dal portone principale, ed annota nella sua mente ogni variazione che avviene da quelle parti. Anzi, lui è stato molto cortese con me, e quando ha capito che stavo ormai uscendo dal condominio per non tornarci più, almeno come residente nell’appartamento del terzo piano, mi ha stretto la mano e mi ha augurato buona fortuna, forse anche con un filo di vero dispiacere per veder andarsene un proprio conoscente. La mia nuova abitazione però, sembra proprio voler dare una spinta al mio desiderio di cambiare, ed anche se ci vorrà un po’ di tempo per ambientarmi completamente in queste stanze così spaziose, mi sento molto soddisfatto, incoraggiato persino ad apportare con calma delle piccole modifiche di varia natura, qualche miglioria, ed anche dei piccoli spostamenti di alcuni oggetti al momento appoggiati da qualche parte in via del tutto provvisoria. Stanotte ho dormito per la prima volta nella mia nuova camera spaziosa, che ancora profuma di intatto, ed anche se le differenze incontrate hanno portato qualche debole perplessità tra le mie abitudini, ugualmente mi sono trovato bene, perfettamente a mio agio.

Anche l’intero palazzo in cui è inserito l’appartamento appare di buon livello e maggiormente curato in ogni sua parte, almeno rispetto a dove ho abitato fino a ieri, oltre ad avere un ingresso condominiale vasto ed elegante, tanto che a me ancora sembra impossibile riuscire a permettermi dei dettagli e certe finiture così come appaiono in tutto l’edificio, anche se naturalmente ho soltanto stipulato un semplice contratto di affitto con i proprietari delle stanze, pur rassicurandoli di voler rimanere ad abitare qui per molto tempo. Costa di più, è naturale, ma il mio attuale stipendio mi permette di coprire bene le spese di locazione, mentre i pochi soldi risparmiati in questi anni mi hanno lasciato la possibilità di acquistare in contanti i nuovi mobili. Insomma, va tutto bene, ed anche il mio lavoro nell’agenzia immobiliare scivola tranquillo, confortando il mio impegno ogni giorno con della nuova clientela che si avvicina sempre di più ai nostri servizi, che appaiono pubblicizzati in allettanti offerte. Oltre Luciana, che si è dimostrata molto carina nel supportarmi in questa fase di cambiamento, il primo che ho avvertito del mio trasloco è stato Lorenzo, che si è complimentato per la mia “rinascita”, come lui l’ha definita, ed è arrivato persino ad offrirmi, dentro al suo locale, una bevuta beneaugurante, che ha scambiato con me sedendosi al mio tavolo per qualche minuto, a dimostrazione del suo incoraggiamento e delle proprie congratulazioni rispetto alle mie scelte. Insomma, sembra proprio viaggiare tutto bene, ed anche se il personale dell’agenzia che mi trovo a dirigere, vada spesso spronato a fare meglio, ed anche controllato, ad evitare brutte sorprese, non trovo proprio qualcosa di cui debba lamentarmi. Ho una bella casa, un buon lavoro, un’automobile nuova, mi sento in forma: non mi pare proprio il caso di lagnarmi di qualcosa.

 

Bruno Magnolfi 

sabato 19 novembre 2022

Procedimento imprevisto


Sono seduto davanti alla mia scrivania da dirigente dell’agenzia immobiliare "F. & A.", e sto riflettendo su come sembri addirittura impossibile che per più di cinque anni io abbia potuto condividere l'esistenza con una donna della quale, mi rendo conto soltanto adesso, non avevo compreso quasi nulla. Mentre sono da solo in ufficio, torno ancora a scorrere per incredulità le righe stampate su una lettera a firma di un certo avvocato, che in via confidenziale mi fa presente come non sia più possibile reclamare dei diritti sull'eredità ricevuta qualche tempo addietro in proprio favore dalla mia ex-moglie Laura, in quanto pienamente risarcito tramite la donazione a mio nome di una percentuale aziendale piuttosto cospicua della proprietà di questa stessa agenzia dove adesso mi trovo a svolgere il mio lavoro, a fronte peraltro, si dice nella lettera, anche di un regolare ed alto stipendio da direttore. Ora penso questo: non mi sarebbe mai passato per la testa di intentare una causa contro di lei per pretendere qualcosa di un suo bene di famiglia, e non vedo proprio quali pretese avrei potuto apportare in questo contesto, visto che avevamo già affrontato una rapida e dolorosa separazione; ma anche se avessi avuto diritto a qualcosa, per ragioni legali, ne avrei indubbiamente parlato con Laura, prima di intentare qualsiasi altra cosa. Adesso, veder scritta su carta un'offesa del genere alla mia buona fede, ed anche nei confronti delle mie più distanti intenzioni, mi pare addirittura un'enormità. Tanto più che quando l'attività speculativa di suo fratello Fernando lo ha portato ad aprire l'immobiliare che adesso dirigo, nessuno aveva parlato di risarcimenti di ordine familiare, ma soltanto di fondi corposi messi assieme da lui con il proprio intenso lavoro in Nuova Zelanda, e che, una volta tornato in patria, desiderava mettere a frutto aprendo un'impresa in cui investire solamente un certo capitale di partenza, lasciando poi gestire a me tutto quanto, fidandosi ovviamente della mia pluriennale esperienza nel settore immobiliare. Non avevo trovato niente di male in un'operazione del genere, a parte quella che ritenevo solo una incidentale parentela.

Ma tutto questo non basta: allegata alla lettera è stato inserito un documento ulteriore vergato su della preziosa carta intestata, molto ben scritto, in cui si chiede semplicemente di apporre la mia firma in calce in fondo al foglio, e a seguito ovviamente rispedirlo al mittente per raccomandata, dimostrando in questa maniera la mia intenzione manifesta di non avanzare pretese nei confronti di Laura, sia nel presente, sia nel futuro. Torna del tutto naturale che io firmi immediatamente questo foglio; non desidero niente da lei, e desidero far ciò non foss’altro che per il gusto di tranciare di netto ogni relazione eventualmente rimasta in sospeso con la mia ex-moglie, ed anche con suo fratello, con il quale purtroppo dovrò ancora incontrarmi tra diversi mesi per aggiornare in mio favore, come da accordi, la proprietà della neonata agenzia che rappresento. Naturalmente io dovrò riscattare con un mutuo la parte rimasta nel possesso di Fernando, almeno in questa fase, ma proseguendo le attività dell’immobiliare con queste premesse così positive che si stanno mostrando, non credo che ci potranno essere proprio dei problemi nel rispettare i tempi di quanto previsto. Forse è giunto per me soltanto con queste carte il vero momento per voltare pagina, per chiudere completamente con il mio passato, per aprire le porte a qualcosa indubbiamente da rinnovare, e che forse non avrei mai immaginato fino a poco fa. Nei prossimi mesi credo che cambierò di me tutto ciò che sarà ancora possibile, ed anche di quanto appare ulteriormente ancorato agli anni trascorsi, persino le abitudini, tanto è mia intenzione calcare al massimo le variazioni attuabili nelle mie giornate. 

Infine, esco dall'ufficio, chiudo l'agenzia, inserisco l'allarme. Faccio un salto da Lorenzo per distrarmi, nel suo locale poco distante, ma se non c'è lui dietro al bancone non mi fermerò neppure. E invece è lì, lo saluto, mi sento bene, gli dico, poi sorrido, faccio presente che sono contento di vederlo. <<Hai forse preso qualche decisione importante?>>, fa lui tanto per stuzzicare. <<Forse>>, faccio io, <<ma niente di particolarmente interessante>>. Lui mi serve la solita birra rossa piccola alla spina, poi mi guarda un momento. <<Stai cambiando>>, dice tranquillo; <<e spero in meglio>>. Sorrido, mi guardo attorno, gli dico che qualcosa effettivamente si sta muovendo, che provo un nuovo entusiasmo, e forse non sento più la necessità di abbassare la testa e di lasciare che le cose procedano per conto proprio. Lui annuisce, non sa che cosa io pensi davvero, però è certo che uno come Lorenzo sa comprendere al volo l'aria che tira. Va avanti e indietro nel servire altri clienti, poi si ferma di nuovo da me e mi guarda per un po'. <<A volte vorrei essere come te>>, gli dico, quasi con commozione. <<No, tu sei ben altro>>, fa lui; <<e stai ancora migliorando>>. Sorrido, butto giù l'ultimo sorso, poi me ne vado.

Fuori l'aria è fresca, quasi piacevole. Penso a domani: c'è un grande appartamento che verrà venduto, proprio domani; e l'acquirente verserà sul conto bancario della mia agenzia una quota corposa già prevista. Bene; andiamo avanti, mi dico, tutto procede.

 

Bruno Magnolfi