mercoledì 31 gennaio 2024

Revisione degli atteggiamenti.


<<Non so cosa pensare>>, dice Tiziana a Marco. <<Credo sia chiaro quanto a me possa dispiacere aver provocato un nuovo battibecco tra te e tuo fratello. Però non immaginavo affatto che certi argomenti potessero scatenare opinioni così diverse tra di voi. In fondo non sono neppure temi che vi investono troppo da vicino: tu che ti dai arie da intellettuale di Sinistra, e lui che è soltanto uno che almeno tempo fa ha simpatizzato per la Destra, ma magari senza neppure avere delle idee molto chiare, o più probabilmente soltanto per fare un dispetto proprio a te. Ma in fondo non sono neppure elementi troppo diretti e personali, per nessuno di voi due>>. Marco sorride, gli pare ormai quasi naturale il comportamento di suo fratello, non si è mai meravigliato di niente di ciò che negli ultimi tempi è stato capace di tirare fuori contro di lui. <<Un bisogno sfrenato di autonomia, la necessità di sentirsi avverso a chi gli è più vicino, queste le necessità che ha sempre manifestato>>, dice adesso Marco. Tiziana sembra comunque perplessa, per lei generalmente le cose scorrono in maniera facile, senza mai alcuno scontro caratteriale con le persone che le rimangono più prossime. <<Quelli di Sinistra sono soggetti spesso psicopatici, lo dico senza offesa, individui che con i loro comportamenti fanno saltare i nervi a chiunque si trovino nelle vicinanze. Ma in questo caso c’è qualcosa che forse è legato ad aspetti di tipo espressamente familiare>>. Lei prosegue con tranquillità a guidare la sua utilitaria, osservando in giro il luogo migliore dove fermarsi, mentre Marco resta in silenzio, lasciandosi scarrozzare senza tirar fuori alcuna obiezione.

<<Posso lasciarti da queste parti?>>, fa Tiziana ad un tratto, dopo che sono rimasti in silenzio per più di qualche minuto, come se fossero giunti in una zona che a lui possa tornare abbastanza comoda. <<Ma certo>>, risponde subito Marco quasi senza pensarci; <<però se vai avanti lungo questa strada per me va ancora meglio>>. Alla fine lei si offre di accompagnarlo fino sotto casa, come forse era naturale, e lui naturalmente la ringrazia, pur sottovoce, ma sfoderando lo stesso modo di fare di chi sembra dare per scontato che un favore fatto a lui è quasi un piacere per chi lo fa, e che quindi sottintende come lei lo avrebbe portato in ogni caso in quella via, non fosse stato altro che per il gusto di averlo a bordo della propria macchina; così scende con tranquillità dalla vettura, usando come saluto le solite parole che usa sempre: <<Ci sentiamo per telefono>>, le dice, per poi andarsene quasi di fretta. Però, subito dopo Marco si sente dispiaciuto di essersi comportato così, nonostante alcune parole sfuggite a Tiziana lo abbiano colpito, lasciandolo con un vago sapore amaro. Soprattutto quello che più non gli piace è il fatto che lei reputa uno schieramento politico quasi come fosse un vezzo di qualcuno, e non un preciso impegno sociale. Il suo disinteresse per questi temi, si trova a pensare adesso mentre rientra a casa, ed anche lo smaccato qualunquismo che spesso manifesta, sono elementi difficilmente digeribili, riflette, per uno convinto delle proprie idee come si ritiene lui.

Poi lascia cadere queste meditazioni: in fondo Tiziana è una persona piena di vivacità, spigliata, certe volte anche divertente, e tutto questo naturalmente fa parte di qualcosa che non può essere mai tralasciato. Piuttosto, il suo problema adesso è affrontare la presenza di Federico dentro la casa dei loro genitori, anche se immagina che suo fratello terrà anche in questa fase il suo solito comportamento: massima indifferenza, assommata magari al tentativo di ignorare qualsiasi riferimento diretto. Perciò, sale le scale condominiali senza sentirsi troppo offuscato da ciò che lo attende, e solo quando è ormai a metà della breve salita che si rende conto come forse solo mutando lui stesso il proprio atteggiamento potrà portare Federico su una strada differente e ad un diverso comportarsi. <<Ci vorrebbe una bella scossa elettrica>>, riflette con una certa convinzione, e quindi si ferma, torna a scendere i gradini, pur con molta calma, e dopo un attimo si ritrova di nuovo in strada. <<Forse potrei telefonare, per rendermi conto se Federico adesso è in casa. Potrei addirittura chiedere a Tiziana di accompagnarmi, magari con la scusa di alcuni libri, o certi appunti di lezione che abbiamo da scambiarci. Certo, la sua improvvisa presenza nel nostro appartamento potrebbe cambiare molte cose nei suoi modi>>. Quindi Marco raggiunge il caffè più prossimo, si siede, prende qualcosa da bere, e cerca pacatamente, ma con un vago entusiasmo, di escogitare un piano che possa apportare qualche variazione alle solite maniere con cui lui e suo fratello sono soliti accostarsi.

<<Gli sto concedendo persino troppa importanza>>, pondera in conclusione. <<Per me resta importante in ogni caso la coerenza, e per questo motivo non devo cambiare proprio nulla nelle mie abitudini. Sarà Federico, prima o dopo, a dover mostrare una variazione significativa nei miei confronti, e solo allora forse sarò disposto a rivedere qualcosa dei miei atteggiamenti>>.

 

Bruno Magnolfi   

sabato 27 gennaio 2024

Problemi esistenziali.


            Salgo senza fretta le larghe scale di marmo bianco fino al primo piano, dopo aver salutato il portiere che mi ha lanciato anche oggi una smorfia sorridente dalla sua postazione, proprio come fa di solito; quindi, cerco rapidamente, tra le tante cose che tengo dentro alla mia borsa tracolla, la chiave del portone massiccio dell’appartamento dove abito, e poi entro in casa. <<Ciao>>, dico dopo un attimo alla mamma che sta parlando pacatamente con la cameriera, così lei mi guarda velocemente, capisce al volo dalla mia espressione che qualcosa non sta andando come al solito, e mentre mi dirigo verso la mia camera per appoggiare le cose che ho con me, mi raggiunge, giusto dopo qualche attimo. <<Tutto a posto?>>, mi fa, tanto per vedere che cosa intendo risponderle. <<Non proprio>>, dico io appoggiando la mia borsa sul piano dello scrittoio. <<Ci sono delle persone che certe volte riescono a sorprendermi, anche se spesso credo di sapere ormai abbastanza bene quali siano i loro comportamenti abituali>>. Lei mi guarda con curiosità nell’attesa che mi spieghi meglio, ed io aggiungo soltanto che mi delude sempre riscontrare in qualcuno, tra le persone che frequento, dei comportamenti ostili a qualcun altro, chiunque esso sia. La mamma non insiste a chiedermi di più, ed io mi siedo mostrando di non avere voglia al momento di dare ulteriori spiegazioni. Più tardi però la raggiungo nel soggiorno, e mi sistemo in una delle comode poltrone davanti alla larga vetrata luminosa, mentre lei finge di non notare la mia presenza e prosegue con impegno a leggere qualcosa di un volume che sostiene aperto ed appoggiato sulle gambe, sottolineando qua e là qualche riga con un lapis che stringe tra le mani. <<Non riesco proprio a comprendere come, tra due fratelli, sia andata maturando poco per volta un’ostilità che persino a loro stessi a questo punto deve apparire per forza senza senso, ma che adesso non riescono più assolutamente neanche a gestire, tanto da trovare degli aspri contrasti oramai per qualsiasi cosa, divergendo persino per delle sciocchezze su cui normalmente forse potrebbero persino essere sostanzialmente d’accordo. Immagino che forse tutto sia dato dal fatto di dover abitare insieme, e dividere così la stessa stanza, e i pochi spazi a loro disposizione, oppure per un sentimento di avversione naturale trasmesso ai due direttamente dai propri genitori, e che quindi si può dire abbiano covato da sempre dentro loro stessi, anche se la mia è soltanto una supposizione>>.

Mia mamma mi osserva adesso, senza però decidersi a manifestare se sia il caso di impicciarsi o meno delle mie amicizie, anche se con la sua proverbiale capacità intuitiva, credo già abbia facilmente compreso che io stia parlando di Federico e di suo fratello. Difatti dice: <<Tu, Cristina, purtroppo hai fiducia di riuscire molto spesso ad avere una decisa influenza positiva su certe questioni, e soprattutto su certe persone a cui dimostri indubbiamente di voler bene davvero, nonostante certe volte le cose sembrano andare avanti in una maniera differente da come tu le avresti desiderate>>. Annuisco, non è esattamente di questo che desideravo parlare con lei adesso, però sono consapevole che probabilmente mia mamma ha piena ragione, tanto che riconosco quanto in questo modo le mie aspettative molte volte restino del tutto deluse. Non la guardo, e probabilmente mostro un’espressione seria, anche se quasi distante, affine al mio sguardo, così perso nel cercare dentro di me e forse sulla fila di alberi fuori dai vetri dell’appartamento, delle parole capaci di spiegare qualcosa in più. <<Hai ragione>>, dico dopo un po'; <<ci tengo a questo ragazzo, quando sta con me è piacevole, gentile, addirittura premuroso, ma con lui è impossibile parlare di suo fratello e di tutto ciò che lo riguarda, a costo di peggiorare le cose tra di loro, riattivando in un attimo il suo spirito avverso.>>. Mia mamma sbuffa leggermente, chiude il libro conservando le sue dita tra le pagine, poi si alza, mostrando una certa insofferenza nel digerire certe persone che non le piacciono troppo, anche se in questo caso non conosce affatto Federico o suo fratello, e quindi non può avere una reale opinione su di loro, se non data da ciò che le racconto io.

<<Il fatto è che ogni argomento in Federico diviene così uno stratagemma per sottolineare e dimostrare queste grandi differenze, anche se tutto quanto invece appare addirittura ridicolo, tanto le sue parole si dimostrano semplicemente simili a quelle di suo fratello, anche se usate in modo da apparire contrastanti>>. Poi mi alzo, getto uno sguardo fuori, e infine torno verso la mia stanza. Improvvisamente provo imbarazzo: non so cosa pensare, non so cosa decidere. Se in un primo tempo mi pareva insolubile il divario che provavo nei confronti degli atteggiamenti di Federico, adesso, forse soltanto perché lui non è qui con me, ne provo pena, tenerezza, voglia di spiegare sottovoce direttamente alle sue orecchie quello che, secondo me, non va nei suoi comportamenti. Mi piace, penso ancora, non posso fingere qualcosa di diverso, anche se per nessun motivo al mondo vorrei essere mescolata ai suoi problemi esistenziali.

 

Bruno Magnolfi

martedì 23 gennaio 2024

Idee universali.


            Per i primi minuti i quattro ragazzi avevano scambiato tra loro soltanto delle parole semplici e leggere, ognuno alla ricerca di qualcosa magari per ridere insieme, ma poi Marco aveva punzecchiato volontariamente gli altri, intavolando, in quella saletta del caffè dove si erano trovati, i temi delle ultime manifestazioni studentesche organizzate dai vari cartelli della Sinistra. Tiziana aveva bofonchiato qualcosa mostrando di non essere troppo d’accordo con quei moti di rivolta e quelle occupazioni simboliche delle facoltà, e Federico era rimasto in silenzio, lasciando che ognuno esprimesse la propria opinione. Ma suo fratello, dopo un attimo, aveva come rincarato la dose, quasi per mostrare di non provare alcuna paura nel discorrere di ciò che gli passava per la mente, ed aveva spiegato come <<questi fascistelli, ormai isolati, hanno dimostrato velocemente che senza le solite parole d’ordine contro i diversi, gli stranieri, le minoranze in genere, ormai hanno ben poche frecce al proprio arco da scagliare, e di cui riuscire a vantarsi>>. Cristina aveva subito annuito, e poi si era permessa di aggiungere che la scuola doveva essere di tutti, ed era l’ora di finirla col tenerne fuori certe branche della popolazione. Gli animi si erano scaldati quasi subito, e Federico, sentendosi tirato in mezzo per il proprio recente passato piuttosto opaco, aveva detto, alzando un po’ la voce verso suo fratello, che <<questi sono sempre i soliti argomenti sciatti portati avanti da certi individui>>.

            Marco non aveva ribattuto, ma dopo un attimo le sue parole avevano ripreso forza cercando di dimostrare come <<il potere politico, in questa fase, fosse capace soltanto di sbandierare dei concetti populisti, buoni per conservare il sostegno da parte delle persone semplici, ma mostrando una profonda incapacità ad essere davvero innovativi e all’altezza dei tempi>>. Era seguita una breve pausa, ma subito dopo Federico si era alzato, e con gran voce aveva concluso con forte ironia che la colpa di tutto era <<naturalmente dei soliti filogovernativi, che non si rendono mai conto di fare un danno a tutto il paese, cavalcando le parole d’ordine di tutti quelli che se la prendono con chi sembra buono soltanto a manifestare dissenso e diversità di vedute>>. Tiziana aveva parzialmente perso il senso di quanto era appena stato detto, però si era subito sentita come responsabile del battibecco che adesso stava rischiando di degenerare tra i due fratelli, e nel desiderio di mettere in mezzo qualche parola che agisse da raffreddamento degli animi, se n’era uscita dicendo che <<in fondo vogliamo tutti le stesse cose, non c’è alcun bisogno di farne delle tragedie>>. Adesso anche Cristina però si era alzata dal tavolo, e quasi ignorando Federico, che stava in piedi con la faccia rossa, aveva iniziato a rimettere insieme le sue cose per andarsene, anche se comprendeva bene che un’azione di quel genere avrebbe avuto probabilmente delle gravi conseguenze. Poi si era mossa, e Federico era andato subito dietro a lei, senza dimenticarsi di dare un forte spintone con la mano a suo fratello, come per voler sottolineare quanto sbagliate fossero le sue iniziative, e di conseguenza anche le sue idee.

Tiziana era senza parole, mostrando adesso un senso di profonda mortificazione per quanto appena accaduto, e Marco, rimasto impassibile nella sua sedia, proseguiva a cercare dentro di sé delle parole adatte, nel tentativo estremo di dimostrare ulteriormente la giustezza dei propri pensieri. Cristina, oramai sul marciapiede, raggiunta in fretta da Federico che tentava di farla fermare, sembrava del tutto incapace di giustificare il comportamento a cui aveva appena assistito. <<Lo capisci che tu provi dell’astio per tuo fratello, indipendentemente da qualsiasi cosa dica?>>, spiegava a voce alta lei a lui. <<Sei offuscato da qualcosa che non ha neppure ragione di essere, considerato che lui alla fine esprime soltanto delle parole giuste e ponderate>>. Federico allora restava in silenzio, a bocca aperta, immobile, incapace di ribattere qualcosa di sensato, dimostrando così, con questo stesso comportamento, la verità di ciò che aveva appena ascoltato, mentre Cristina se ne andava in fretta, desiderosa solamente di non vedere più la sua espressione sciocca. Tiziana, di controparte, chiamava il cameriere, pagava alla svelta le consumazioni del loro tavolo, e poi lasciava che Marco semplicemente accompagnasse lei fuori da quel locale, senza necessità di aggiungere assolutamente niente. Forse immaginava di trovare gli altri due fuori da lì, ma oramai non c’era più nessuno, e lei diceva soltanto: <<Vado a casa, per oggi tutto quanto ho ascoltato per me è stato più che sufficiente>>. Fuori, nella piccola piazza accanto all’ateneo, dove stavano sopraggiungendo adesso dei gruppi di studenti e di ragazzi, sembrava che i disaccordi tra le diverse idee non avessero mai avuto un vero asilo, e che non fosse poi così difficile trovare una sintesi comune. Si rideva, si facevano battute spiritose, e gli animi sembravano praticamente uniti, nel desiderio di raggiungere una tranquillità ed un accordo stabile, che dimostrasse così come fosse facile giungere ad avere in testa delle idee del tutto solidaristiche ed universali.

 

Bruno Magnolfi   

domenica 21 gennaio 2024

Vecchie conoscenze.


            Dentro al locale Federico era giunto per primo, ed aveva fatto un cenno al cameriere dietro al banco, poi era andato a sedersi ad un tavolino della saletta sul retro. In questo caffè della zona universitaria, durante ogni pomeriggio, anche se generalmente un po’ più tardi di quell’ora, iniziavano ad arrivare molti studenti, che poi si piazzavano seduti a ridere e a trascorrere la serata, ma in questo momento non c’era proprio nessuno, e a Federico gli era parso un po' triste essersi dati appuntamento lì a quell’ora con la sua amica del cuore, anche se lei aveva tanto insistito, quasi avesse da rivelargli qualcosa di importante. Nell’attesa, si era fatto servire un semplice succo di frutta, poi aveva tirato fuori dal suo zaino un piccolo quaderno su cui normalmente appuntava le cose da non dimenticare, e proprio nel mentre stava scrivendo una nota su un impegno scolastico per il giorno seguente, era giunta Cristina. Si era scusata come sempre faceva del proprio ritardo, ma adesso era subito apparsa sfuggente, quasi agitata, spiegando in due parole però che aveva appena bisticciato per telefono con una sua compagna di classe. <<Va bene>>, aveva detto lui, <<però adesso ci possiamo mettere tranquilli. Stiamo un po' qua, poi se vuoi possiamo farci un giro>>. Ma lei si era tolta il giaccone, la sciarpa, aveva appoggiato sopra la sedia una busta con dei libri e anche la sua borsa, da cui aveva tirato fuori il telefono, dei fazzoletti di carta, l’agenda, ed anche una penna, come non avesse alcuna intenzione di uscire dal locale troppo alla svelta. <<Dovevamo andare al cinema il prossimo sabato sera, ma lei adesso sembra proprio non ne abbia più alcuna voglia; a me pare impossibile cambiare idea così in fretta>>.

<<Potrei venire io con te>>, aveva detto Federico. <<Ma tu lavori alle pizze la sera del sabato>>, aveva fatto Cristina, <<non devi rinunciare a dei soldi che puoi guadagnare solo per colpa mia, piuttosto vado da sola>>. Lui era rimasto un po' male, gli pareva all’improvviso che un moto di generosità non accettato fosse persino qualcosa di peggio di un’offesa, così su due piedi aveva inventato una scusa: <<Ma no, il prossimo sabato sera sono libero. La pizzeria sarà chiusa per ragioni amministrative. Non devo fare alcun sacrificio. Sarò libero sabato. Posso venire al cinema con te. Non c’è alcun problema>>. Cristina lo aveva guardato senza credergli troppo. Poi aveva detto: <<Va bene>>, senza troppa convinzione, pur tenendo il punto. <<Ne riparliamo comunque venerdì, e per quel giorno forse avremo tutti cambiato i nostri propositi>>. Ed è proprio in questo attimo che era arrivata una bella ragazza, accompagnata dal fratello di Federico, forse un po’ imbarazzato. Marco, seguendola, sembrava difatti quasi coprirsi dietro alla presenza di Tiziana, e Cristina invece si era alzata subito in piedi, esprimendo una grande sorpresa, fingendo con naturalezza di conoscere da sempre questa ragazza mora, con gli occhi truccati, un abito quasi elegante, l’espressione sfrontata di chi non si pone problemi di fronte a nessuno, anche se ovviamente era dentro di sé perfettamente cosciente di interpretare semplicemente una parte, messa a punto soltanto in precedenza e per via telefonica con questa persona a lei sconosciuta. <<Ciao>>, le aveva detto con un certo trasporto, e l’altra, assumendo alla svelta il medesimo atteggiamento, e come quasi dimenticando per un attimo i loro due accompagnatori, aveva mostrato a sua volta un moto di spontanea amicizia. Federico restava seduto in questi attimi intensi, e abbassava lo sguardo sul proprio quaderno, nella ricerca di qualcosa su cui concentrarsi. Marco invece si guardava attorno, immobile, come succube di una situazione imprevista.

Le due ragazze proseguivano con le loro espressioni di sorpresa e di piacere, come due vecchie e vere amiche ritrovate per combinazione, e nel mentre continuavano a scambiarsi parole di allegria e di soddisfazione, quasi superiori ai comportamenti ordinari di un caso del genere, si sedevano al tavolino dove Federico adesso mostrava sorpresa ed anche un minimo di curiosità. Tiziana, ad un tratto, si presentava a lui con trasporto, dicendo il proprio nome e porgendogli immediatamente la mano da stringere, mentre Cristina spiegava a tutti come loro due si conoscessero da sempre, e che fino a quando avevano abitato nello stesso palazzo fossero state due amiche inseparabili, laddove Marco intanto si avvicinava di un passo, anche se non decidendosi ancora a far niente. <<Siediti>>, diceva allora Tiziana, <<lei è proprio la mia cara amica di cui già ti avevo parlato>>, e Cristina diceva a Federico quasi la medesima cosa. I due fratelli sul momento avevano finto di ignorarsi, poi anche Marco si era seduto sull’unica sedia rimasta libera attorno a quel tavolo, giustificandosi nel dire che loro due erano entrati là dentro soltanto per prendere un tè. Immediatamente, e forse per fortuna, era giunto il cameriere, che aveva preso le ordinazioni dei quattro, e subito dopo era calato un breve momento di lieve imbarazzo, ma poi Tiziana aveva spiegato, con un simpatico cenno, che lui era Marco, e Federico aveva mostrato un’espressione vagamente sorridente, quasi ironica, ma senza aggiungere nulla. <<È mio fratello>>, aveva spiegato poi Marco con un briciolo di determinazione. <<Ormai noi due ci conosciamo da tempo>>.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 17 gennaio 2024

Male minore.


            Già più volte, la signora Marcella, incontrando in certi giorni e in momenti differenti la signora Celeste, generalmente nei dintorni del loro quartiere, oppure direttamente sul portone del palazzo dove ambedue abitano con le rispettive famiglie, da quando è entrata con lei in maggiore confidenza, si è sempre preoccupata, in qualità  di attenta e giudiziosa vicina di casa, di chiedere alla sua conoscente, in maniera senz’altro garbata e con tatto, come le stessero andando le cose, o se ci fossero degli eventuali segnali di miglioramento della situazione all’interno del suo appartamento. Però, proprio l’ultima volta, incrociata nei pressi del piccolo supermercato rionale, la signora Celeste è sembrata quasi scocciata di dover forse riferire sempre le medesime cose, pur nella consapevolezza della mancanza di effettive novità, quasi come se quell’argomento per lei fosse diventato talmente pesante da preferire probabilmente non parlarne affatto, ed uscendo di casa azzardare così il tentativo di liberare il più possibile la propria mente dagli annosi problemi quotidiani. Naturalmente la signora Marcella, accorgendosi di questa situazione, non ha certo provato ad introdurre alcuna insistenza nel loro piccolo dialogo di cortesia, e si è limitata in quel caso ad accennare subito a qualcos’altro di scarso rilievo riguardante il loro condominio, tanto per sviare immediatamente i pensieri dal tema spinoso evidentemente mal sopportato dalla vicina. Riflettendoci in seguito, però, le è parso di ravvisare in quel comportamento un vero e proprio isolarsi, da parte della signora Celeste, cosa che le è sembrata l’esatto contrario di quello che, a suo parere, probabilmente lei avrebbe necessità di mettere in pratica, per cercare di alleviare la propria situazione.   

            Forse, alla base di tutto, si è anche immaginata un comprensibile moto di vergogna per le recenti rivelazioni confidenziali sul proprio stato di cose familiare, e soprattutto sulla debolezza manifestata dal bisogno di bere dei superalcolici, spesso fino quasi a stordirsi, ha pensato Marcella, ma alla fine le è parso difficile personalmente cercare di aiutare qualcuno, proprio come la sua vicina di casa, se quel qualcuno non desidera affatto essere aiutato. Così, dopo i saluti, ha alzato leggermente le spalle quasi per un moto spontaneo, tornando a preoccuparsi solamente dei propri problemi. Ciò che in tutto questo le è parso stonato, però, è stata la mancanza di riconoscenza della propria discrezionalità nel trattare certi argomenti, così come la capacità manifestata di ascoltare ogni cosa senza formulare dei giudizi affrettati, ed anche la disponibilità a non rivelare nulla ad anima viva, neppure ai propri familiari. Con questa leggera sensazione di amarezza, la signora Marcella nel pomeriggio ha provato più volte perciò il desiderio di suonare il campanello di casa della signora Celeste, magari per invitarla semplicemente a prendere un caffè nella sua cucina, e riscontrare così se l’impressione piuttosto negativa registrata al mattino fosse stata davvero giustificata.

<<Voglio scusarmi>>, ha invece detto subito la signora Celeste; <<però non posso appoggiarmi ad altri per tentare di sentirmi meno sola, visto che è dentro le mura della mia casa che si annidano le preoccupazioni che devo cercare di risolvere>>. Poi ha iniziato a piangere leggermente, mostrando così la sofferenza di cui è diventata vittima. E infine, ha ripreso: <<Mi sono rivolta al medico che ha in cura mio marito>>, ha aggiunto soffiandosi il naso; <<e lui ha detto che è del tutto normale, in presenza di uno stato depressivo manifestato da un familiare, la trasmissione diretta del proprio disagio agli altri componenti della stessa famiglia>>. <<Tutto ciò non è certo consolatorio>>, ha sibilato sottovoce la signora Marcella, e l’altra naturalmente ha annuito. <<Col medico ho finto comunque di essere forte, concreta, e in grado di sopportare questa situazione. E forse in certi momenti è anche vero, ma in altri mi sento a pezzi, incapace persino di reagire>>. Poi le due hanno cercato di alleggerire la propria conversazione, parlando di cose ordinarie ed evitando riferimenti a quanto detto precedentemente. Quando si sono salutate, la signora Celeste forse è apparsa un po’ sollevata, e comunque ha rinnovato con apprensione le proprie scuse, dando adesso la colpa di tutto quanto al suo sistema nervoso messo a dura prova dalla situazione in famiglia.

La signora Marcella allora ha ribadito il suo appoggio incondizionato, confermando che certe volte anche soltanto parlare dei propri disagi con qualcuno che si sforza di comprenderli, è già quasi l’inizio della loro soluzione, ed infine, una volta rimasta da sola, ha pensato che forse avrebbe invitato la sua vicina ad andare con lei a fare delle compere, uno dei giorni a seguire. <<Probabilmente un po’ di svago potrebbe essere per lei quello che proprio ci vuole>>, ha considerato. <<E in ogni caso per una come lei, nella sua situazione, mettere il naso fuori dalle mura domestiche per un’ora o anche due, non può essere certo un male maggiore di quello che sopporta>>.

 

Bruno Magnolfi

lunedì 15 gennaio 2024

Essere diversi.


Sto a letto, ma non riesco a dormire. Il buio della notte circonda tutto quanto, ed io continuo ad avere gli occhi aperti, spalancati, quasi nella ricerca di qualcosa su cui concentrare la mia attenzione. Accanto a me, mia moglie Celeste è una forma indefinita che respira sotto le coperte in modo ritmico e regolare, immersa nel suo sonno incosciente e probabilmente privo di sfumature. A volte non so che cosa io abbia desiderato davvero in tutti questi anni, ma accantono facilmente questo pensiero riflettendo che in ogni caso ho cercato di fare tutto quello che probabilmente ci si attendeva dalla mia persona. La mia famiglia è forse l’unica cosa che sono riuscito davvero a costruire, anche se spesso ho lasciato semplicemente che ogni giorno mi indicasse il passo successivo da compiere durante il giorno seguente, senza mettere mai a fuoco uno scopo vero da perseguire con costanza e con determinazione. Mi rendo conto che forse molte volte sono risultato assente, che mi sono disinteressato di parecchie cose, che ho latitato come marito e come padre, ma la mia personalità in fondo è proprio questa, incapace com’è di concentrarsi su uno scopo, e perciò inefficace nel tentativo di mostrarmi diverso da come effettivamente sono davvero. Osservo delle ombre vaghe sul soffitto della camera, accarezzato com’è dalla debole luce di un lampione della strada che filtra attraverso le tendine della finestra, ed immagino che probabilmente qualcuno, sopra al marciapiede, stia tirando tardi nel raccontare a qualcun altro le proprie esperienze, insomma i tratti salienti del proprio percorso. Io non saprei proprio che dire al posto suo; non ho neppure dei veri amici con cui confidarmi, e non ho neanche delle cose fondamentali da confidare. Il risultato dei miei giorni è soltanto la ricerca del silenzio, il mio mutismo con chiunque, la mancanza di opinioni da scambiare, considerata anche la mia incapacità nello spiegarmi in modo adeguato, e nel dire ad altri qualcosa anche di semplice, soprattutto argomentando su me stesso.

Mi rigiro, nelle ore dedicate al sonno se non riesci a dormire sei spacciato, così cerco in tutti i modi di addormentarmi, ma qualcosa all’interno di me stesso si ribella al riposo, come se la mia coscienza non fosse proprio del tutto a posto e rilassata. Presto i miei figli se ne andranno per la loro strada, rifletto, ed io e Celeste passeremo le serate in casa da soli, senza neppure scambiarci una semplice parola, e in lei sarà ancora più assente quel sorriso che fino a qualche tempo fa è stato in grado almeno di caratterizzare la sua presenza; io osserverò con distacco il suo prossimo e progressivo ripiegarsi su di sé, e forse anche lei mi guarderà con un maggiore distacco, ed io comunque sopporterò la situazione, come sempre. Mancherà qualsiasi entusiasmo in noi e tra di noi, e purtroppo ci dovremo adattare a mandare avanti delle giornate vuote di tutto, probabilmente sempre le medesime, indistinguibili. Non ho soluzioni diverse da questa consapevolezza, e purtroppo tra poco diverrà evidente che non c'è stato alcun impegno, né da parte mia, e neppure da parte di mia moglie, nel dare un senso diverso a queste giornate che scorrono già una simile all’altra, senza soluzione di continuità. L’assenza diverrà sempre di più la caratteristica del nostro tempo, nell’inutilità del suo sgocciolare infinito, imboccato come un’unica possibile strada da percorrere.

Infine, inevitabilmente invecchieremo, senza il desiderio di rendersene neppure troppo conto, e ci accontenteremo se la nostra salute si manterrà accettabile, in modo da farci andare avanti senza troppe lamentele da parte di ciascuno. I nostri figli verranno a farci visita ogni tanto, raccontandoci probabilmente sempre le solite cose, ponendo a noi delle domande semplici, a cui sono sicuro sapremo rispondere senza troppo imbarazzo, ma giusto per farci parlare un po’, e poi basta. I nostri vicini diranno di noi che siamo proprio una bella famiglia, senza che questo spieghi niente, e noi ci limiteremo ad annuire quando dovremo renderci conto, di fronte a qualche conoscente, che i nostri figli effettivamente sono cresciuti molto, forse anche troppo in fretta, senza sapere bene che cosa questo stia a significare. E forse è proprio questo che Celeste sta sognando nel suo sonno profondo, ed io invece, per lo stesso esatto motivo, sono qui immobile senza riuscire ad abbandonarmi al mio riposo. Qualcosa poi si muove sul soffitto della camera da letto: forse un barlume di chiarore che si perde con rapidità, ed io penso che tra poco sarà l’alba, e il nuovo giorno non porterà con sé niente di nuovo, se non il fatto che la mia stanchezza sarà giustificata, e mi farà soffrire tutto il tempo, rendendomi ancora più sfuggente e stralunato di quello che già sono. Ma non importa, penso: ognuno è fatto alla propria maniera, inutile per tutti tentare con impegno o meno di essere diversi.

 

Bruno Magnolfi

sabato 13 gennaio 2024

Abusi di potere.


La mensa universitaria è piena di ragazzi. In molti si cercano, di aspettano, si ritrovano qui per dividere insieme la pausa pranzo. Alcuni ridono, dicono qualcosa a voce alta, altri annuiscono, mostrano la propria soddisfazione, e naturalmente c’è anche chi se ne rimane in disparte consumando il cibo del proprio vassoio in silenzio, senza preoccuparsi di altro. Ci sono certi studenti che invece si lamentano di tutto, dei servizi che non funzionano come dovrebbero, delle lezioni inadeguate, degli orari inadatti, dei tempi di attesa a cui sono costretti per qualsiasi cosa che desiderano chiedere nelle segreterie e nelle facoltà. Altri commentano le terribili notizie di guerra nel mondo, e molti parlano della politica, e di certi schieramenti che in bocca a loro sembrano soltanto accorpamenti di persone senza scrupoli. Si dice che il governo di questo o di quel paese abbia indubbiamente le mani sporche, immerse come sono, senza nessun dubbio, in attività contrarie ad ogni etica e ad ogni morale, e qualche ben informato sostiene come sia soltanto questione di qualche settimana, forse alla peggio di mesi, e poi le cose cambieranno, dovranno cambiare, <<perché così non si può andare avanti>>.

Si programmano manifestazioni, assemblee, raduni, rivolte di piazza per evidenziare il disagio in cui versano i cittadini, e poi si tende a esaltare la forza del contropotere, capace di rimettere in riga le cose, di far modificare i comportamenti di molta politica, ormai costituita solo da affaristi corrotti bramosi solamente di conservare il più a lungo possibile la propria poltrona. Una ragazza dice con forza che vanno sostituiti al più presto certi personaggi estremamente discutibili, e gli risponde un tipo con gli occhiali usando parole di fuoco contro le più alte cariche dello Stato e del governo. <<Dobbiamo darci un appuntamento preciso>>, urla uno studente che poi va a scrivere, su di un muro lungo la strada, una frase inquietante, usando la vernice della bomboletta. Gli inservienti di cucina assistono impotenti a questo ribollire di coscienze, e forse qualche volta hanno paura dei personaggi più turbolenti, ma sanno che questa degli studenti è la forma più autentica di dimostrazione che le cose non vanno affatto bene, e che per tutti la spinta al cambiamento sembra a portata di mano.

Raramente Marco si è fermato per pranzo in questi luoghi, però adesso che gli animi sembrano proprio essersi messi in moto, per lui sembra impossibile non sentirsi immerso in prima persona all’interno della spinta propulsiva a cambiare le cose. Intanto la sua facoltà è ancora in rivolta per la lotta agli scarsi sbocchi professionali che offre, ma questi problemi di tipo vagamente corporativo sembrano adesso piegare la testa di fronte a ben altre lotte che molti si augurano di avviare. Ci sono tutti i motivi più espliciti per chiedere a gran voce di variare le cose, e non soltanto in ambito universitario, ed anche se alcuni in mezzo alla massa studentesca fanno ancora resistenza di fronte all’energia elettrica che si innerva e percorre rapidamente la testa dei tanti gruppi più o meno già organizzati e funzionanti, la maggior parte degli studenti dell’ateneo sembra mostrare le idee molto chiare su come proseguire e comportarsi rispetto alla classe politica al potere. Nessuno, per ragioni diverse, sembra ormai voler difendere i comportamenti del governo del paese. <<C’è la necessità di cambiare>>, si dice dappertutto, e poi si afferma che ci sono delle adeguate forze sociali per dare una spallata definitiva a certe forze politiche.

Marco segue volentieri e con interesse il fermento che percorre i corridoi universitari e non solo, e in ogni caso si sente pronto ad affrontare con chiunque gli argomenti che da sempre hanno incarnato anche le proprie opinioni. Non ha dubbi: la dialettica sociale e le sofferenze della parte più debole della popolazione portano senza alcuna perplessità a ribellarsi contro i poteri forti che in questo periodo dominano la scena politica. Va fatta sentire la voce dei cittadini, per le strade e in tutti i luoghi dove la necessità di urlare le proprie ragioni abbiano un senso. Lui si sente pronto, ed il suo desiderio è solo quello di mescolarsi alla folla straripante che chiede a gran voce un cambiamento radicale. Ogni piccola legge varata all’interno dei palazzi del potere ormai viene mal tollerata, e chiunque da tempo si è già convinto che non potrà mai arrivare niente di buono da questa congerie di personaggi discussi e discutibili che costituisce il governo del proprio paese. Non importa se suo fratello, ma anche la propria amica Tiziana, e tanti altri simili a loro, non mostrano la sensibilità giusta per avvertire come lui queste cose. Tutti questi dovranno rendersi conto, indubbiamente, e prima o dopo, che ci sono dei limiti oltre i quali la gente comune non può tollerare certi comportamenti da parte di chi è chiamato a rappresentarla. Lui andrà sempre in avanti con le proprie convinzioni, e chi non sarà capace di comprendere il senso profondo e costituzionale che anima una nazione come la sua, allora non è quasi degno neppure di farne parte.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 10 gennaio 2024

Rapporti relativi.


            <<Ho pensato un po’ a tuo fratello>>, dice Tiziana al telefono, forse tanto per parlare; <<ed alla fine credo di essere d’accordo più con lui che con te>>. Marco, con la cornetta all’orecchio, si siede sulla seggiolina che ha più vicino, ed attende per un lungo ed intenso momento che la sua amica si spieghi meglio, che chiarisca cosa intende con quelle parole, ma lei fa ad un tratto una breve e fragorosa risata, come per mostrare sia una certa leggerezza, anche se su un tema così delicato, sia persino un po’ di ironia per quell’apprensione che ha registrato quando le sono stati esposti i fatti da Marco. <<Trovo in Federico un ragazzo libero, una persona in grado di analizzare le cose in maniera piuttosto adeguata, invece che limitarsi agli elementi più superficiali, almeno per come me lo hai descritto tu, visto che io non lo conosco e non l’ho mai neppure incontrato>>. Marco riflette un momento, attende che sia stata pronunciata l’ultima parola, poi dice: <<Forse è vero, io sono senz’altro più dogmatico, prendo certe cose come verità assoluta se giungono da individui che ritengo autorevoli, magari senza troppo verificare l’autenticità di quello che viene affermato. Però se non facessi così mi sentirei sempre e soltanto una barca alla deriva, quasi impossibilitato a leggere nelle nuvole l’approssimarsi della direzione del vento, o nelle onde la forza di una corrente marina>>. Adesso è Tiziana a restare in silenzio, ma dopo un attimo dice che comunque a lei sembrano simpatici i comportamenti di suo fratello. <<Forse è una persona che non si perde troppo in riflessioni prima di decidere che cosa fare, e nelle varie situazioni ci si va ad infilare a testa bassa, senza tentennamenti, e questo è apprezzabile, e in questo senso ritengo che faccia bene a fare quello che fa>>.

            <<Se mi riesce, allora, cercherò di fartelo conoscere, soprattutto per cercare di toglierti dalla testa questa tua opinione positiva su di lui, considerato però che infine è giunto al punto, proprio in questo periodo, di non rivolgermi più neppure la parola, neanche quando siamo in casa e ci sfioriamo per ovvie ragioni>>. Lei torna a ridere: <<Va bene>>, fa subito dopo; <<in parte ti capisco; però se ti riesce di escogitare un sistema per tendergli un agguato, in senso buono naturalmente, lo incontrerò volentieri>>. Poi, loro due riagganciano, quasi dimenticando di proporre un appuntamento per vedersi, Marco per non essere troppo pressante, e Tiziana solo perché vuole lasciare in lui lo stimolo di organizzare davvero un incontro per conoscere di persona questo benedetto ragazzo. Certo, non sono sereni in questo momento i rapporti tra i due fratelli, come d’altronde non lo sono mai stati negli ultimi anni, ma forse per riuscire a smuovere qualcosa tra gli atteggiamenti di Federico, potrebbe essere questa l’occasione giusta, soprattutto per farlo riconciliare almeno in parte con suo fratello. <<La cosa migliore>>, pensa Marco quasi con sforzo, <<sarebbe in questo momento trovare la maniera per mettermi in contatto con quella Cristina a cui tanto sembra tenere Federico, e riuscire così ad organizzare un incontro a quattro, magari in una saletta di un caffè, dove la presenza delle due ragazze potrebbe davvero fare la differenza nei nostri rapporti>>. Così, quasi senza ulteriori riflessioni, Marco, approfittando dell’assenza di Federico, inizia con una certa attenzione a cercare, nella loro stanza comune, una traccia qualsiasi di questa ragazza, tra tutte le cose di suo fratello, ed alla fine, in mezzo alle pagine di una piccola agenda sommersa da libri e quaderni, trova il numero di telefono di Cristina, che subito ricopia, rimettendo poi le cose di Federico esattamente com’erano.

            <<Ciao Cristina, sono il fratello di Federico>>, dice Marco al telefono. <<Lo so che non ci conosciamo, ma ho trovato il tuo numero per caso, e così ti ho chiamato, ma lui non deve riuscire a scoprirlo, altrimenti sono finito>>. <<D’accordo>>, fa lei; <<Ma tu, che cosa volevi dirmi?>>. Marco prende una pausa, si schiarisce la voce, poi dice: <<Sei senz’altro al corrente del fatto che tra noi le cose non vanno bene, che non ci parliamo neppure, però a me questa situazione dispiace, e così vorrei escogitare una maniera per incontrarci, tu, lui, io, ed anche una mia amica che si presta volentieri. Magari riusciamo a sdrammatizzare le cose e a rendere i nostri rapporti un po’ più normali. Cosa ne pensi?>>. Naturalmente Cristina accetta subito la proposta di recarsi con Federico in un frequentato caffè del centro ad una certa ora, già per il giorno seguente, e naturalmente di non rivelare il fatto che a un certo punto, mentre lei e lui saranno lì, capiterà casualmente suo fratello nello stesso locale, e siccome le due ragazze, per accordo indiretto,  si metteranno subito a parlare tra loro, a quel punto tutt’e quattro saranno costretti a sedersi ad uno stesso tavolo, scambiandosi delle normali frasi di dialogo, anche tra i due fratelli. Poi interrompono la telefonata, e Marco resta pensieroso a sedere; <<ormai le cose sono impostate>>, riflette, <<anche se ho ancora qualche dubbio. In ogni caso questa prova va fatta, e forse qualcosa, chissà, magari inizierà a funzionare un po’ meglio>>.  

 

            Bruno Magnolfi

sabato 6 gennaio 2024

Senza poter fare niente.


I colleghi dicono che ormai sia soltanto una persona estremamente scostante, anche se sostengono pure che lui non sia stato sempre così. Poco per volta, affermano qualche volta tra loro, si è come andato a rinchiudere in sé stesso, e se qualche anno fa ci potevi parlare di qualsiasi cosa senza problemi, adesso prima di rivolgerti a lui devi pensarci, valutare bene le tue parole, e poi porgli una questione della quale lui abbia piena certezza, altrimenti non aprirà neppure la bocca. Si vede che non è una persona cattiva, che non sgomita come invece fanno altri per mettersi in mostra, però la sua presenza in ufficio spesso è inquietante, considerato che probabilmente all’interno del suo silenzio, lui mette a punto delle opinioni su tutto e su tutti attorno a sé. Loro aggiungono che non ha mai dato dei veri problemi, ha sempre svolto il suo lavoro in maniera normale, senza brillare, d’accordo, ma anche senza bisogno di farsi correggere. È il suo modo di stare in mezzo a tutti che è preoccupante: mai una parola, una lamentela, un’espressione della faccia che dimostri un pensiero su chi sta attorno a sé. Spesso sembra un automa solitario che lavora e si occupa delle cose che gli vengono trasmesse, e poi basta. <<Come va Achille>>, gli ha chiesto un suo collega di stanza quando è rientrato in ufficio, dopo il periodo di malattia. E lui non ha risposto direttamente, si è limitato a rivolgergli un’occhiata e a storcere la bocca, come per formare un’espressione di accettabilità delle cose.

All’ora di pranzo generalmente si limita a sedersi in disparte, nella piccola mensa aziendale del piano terra, e consumare in fretta il suo pasto, quasi non vedesse l’ora di sbarazzarsi di tutto e tornarsene a lavorare. Certo, adesso non sembra neanche un parente di quello che scherzava con tutti e spiegava normalmente il suo punto di vista; si capisce come la sua malattia depressiva lo abbia segnato, però sembra quasi impossibile che non riprenda almeno in parte e un poco per volta quei suoi atteggiamenti di una volta. Neppure l’impiegata del secondo piano, per la quale un tempo nutriva una certa simpatia, tanto da lasciare il sospetto in diversi colleghi che i due avessero una vera e propria storia fuori dal luogo di lavoro, incontrandolo lungo le scale o nell’ascensore, sembra abbia minimamente avuto il potere di scuoterlo dal suo torpore. Lei, quando qualche volta lo vede, gli sorride, lo saluta, lo stimola, ma per Achille non sembra avvenire niente di particolare in quell’attimo, e forse si limita a rispondere in qualche modo a quel saluto, però utilizzando soltanto una semplice e buffa smorfia del viso. Nessuno, tra tutti coloro che svolgono il suo stesso lavoro nel palazzo di uffici, si aspetta che le cose possano essere capaci di andare avanti così ancora a lungo. Deve sbloccarsi quella sua personalità; Achille deve trovare la maniera di riferirsi a qualcuno, di mettere a punto un dialogo, un modo per comunicare ad anima viva i suoi malesseri attuali, sempre che ne abbia.

In diversi hanno azzardato il parere che lui sia imbottito di psicofarmaci, ed il suo comportamento sia solo frutto di reazioni chimiche che avvengono nel proprio organismo durante tutta la giornata. A molti pare incredibile che un individuo si possa ridurre così nell’arco di un periodo relativamente piuttosto breve, ed alcuni, parlando di lui di fronte alle macchinette per il caffè, hanno tirato fuori che forse, se non fosse parzialmente sedato, potrebbe addirittura dimostrarsi pericoloso. Ma questo è da escludere, spiegano altri, se non fosse così nessuno specialista della sua malattia avrebbe firmato una liberatoria per farlo rientrare al lavoro e anche in seno alla società. E poi si vede di lontano che Achille non farebbe mai del male neppure a una mosca. Certo è che nessuno gli dà più confidenza, ed oltre a salutarlo semplicemente all’inizio e alla fine dell’orario di lavoro, chiunque tra gli impiegati d’ufficio lo tratta come una vera presenza inerte e praticamente quasi innocua. Un paio di colleghi hanno addirittura sostenuto che dovrebbero riconoscergli una pensione di invalidità e lasciarlo a casa, ma altri hanno alzato le spalle per indicare l’assurdità di una simile idea.

In questo modo vanno avanti le cose, e c’è chi si immagina un andamento delle giornate a casa sua estremamente complesso, quasi una tortura per i familiari di Achille. Sicuramente il suo è un comportamento passivo, praticamente apatico, ed avere per casa un soggetto che non parla, non risponde, non fa niente, e si limita a restare seduto senza espressione, non dev’essere certo qualcosa di semplice da accettare. <<In ogni caso la vita di ognuno riserva sempre delle sorprese>>, dice un collega. <<E se per Achille nessuno si sarebbe mai atteso un processo involutivo del genere, quanto gli è accaduto adesso sembra un monito per tutti. Quasi un mostrare che chiunque può ritrovarsi da un attimo all’altro nelle sue stesse precise condizioni. Senza poter fare niente>>.

 

Bruno Magnolfi

giovedì 4 gennaio 2024

Necessità di unione.


La signora Celeste mi fa pena. Non so cos’altro pensare. Lei vive per la sua famiglia, e la sua famiglia si sta sgretolando. Viene da me e mi fa: <<signora Marcella, sono alcolizzata>>. <<Ma che dice>>, fo io; <<si sieda un momento, si spieghi meglio>>. Così inizia a piangere, e in dieci minuti mi dice tutto. Che ha iniziato a bere per sopportare la situazione. E che adesso la situazione è persino peggiorata, e lei non riesce più a smettere. <<Deve andare da qualcuno che sappia aiutarla>>, fo io. <<Forse, gli alcolisti anonimi>>. Poi penso che la sua vera cura non sia esattamente quella. <<Ne parli con suo marito>>, le dico subito dopo. Lei mi guarda, poi dice: <<lui ha già capito ogni cosa, ma non muove un dito. È questa la cosa peggiore>>. Preparo un caffè, la signora Celeste si schernisce, non vuol dare disturbo. <<Mio marito e miei figli sono degli estranei>>, mi fa. <<In casa non riusciamo più a comunicare tra noi>>. Non so che dirle, la guardo e credo che forse sia soltanto troppo fragile. Troppo sensibile. Che se la prenda troppo per qualsiasi piccolezza. Quando torna nel suo appartamento mi pare sia più sollevata. Almeno per aver confessato a qualcuno che beve. Dovrebbe trovare un interesse a cui dedicarsi, rifletto. Magari un’associazione di volontariato dove sentirsi impegnata. Non lo so, suo marito senz’altro è una persona inerte. E anche i suoi figli non sembrano troppo sereni. Per questo lei dovrebbe trovarsi un interesse fuori da casa. Ma poi non lo so, perché tutte noi siamo soggette a delle pressioni. E non sappiamo mai come regolarci.

Più tardi busso alla porta, <<signora Celeste>>, dico senza alzare la voce, <<le ho riportato il tegame>>. Lei apre. <<Sono da sola>>, mi fa. <<Entri pure, signora Marcella>>. Così ci mettiamo sedute in cucina, e ci guardiamo, ma senza insistenza. <<Non ho ancora deciso nulla>>, mi spiega lei. <<Non c’è fretta>>, faccio io. <<Anzi, certe cose devono decantare per essere più chiare>>. Ci prepariamo un caffè, io vorrei chiederle del suo bere, però mi sembra perfettamente sobria, e questo è già un successo. <<Non tengo più niente in casa>>, fa la signora Celeste intuitiva. <<Così non mi prende la voglia di buttare giù una sorsata ogni tanto>>. Sorrido, mi pare quasi impossibile dover parlare di questo con una vicina di casa talmente a posto come lei. <<Però qualche volta mi fermo in un localino lungo la strada, e mi faccio servire qualcosa>>. Adesso la guardo, con un’espressione che vorrebbe essere quasi di rimprovero. <<Signora Celeste, il problema è dentro di sé, deve mettere un impegno maggiore se vuole uscire dai guai>>. Lei butta giù il suo caffè, appoggia la tazzina sul tavolo, poi fa: <<Oramai mi basta un solo bicchierino, anche meno, per sentirmi subito un’altra>>. Poi si alza, sistema le tazze dentro al lavello. <<Quando ho bevuto sto meglio, è questo il guaio>>. Stiamo ancora qualche minuto sedute, senza parlare, poi io mi alzo, e dico che vado.

Quando poi sono da sola sul pianerottolo, sento dei passi lungo le scale, al piano inferiore. Così mi affaccio leggermente alla ringhiera. È il marito della signora Celeste che sta rientrando. Mi prende la voglia di fermarlo e di dirgli tutto quello che so, ma mi freno, non vorrei peggiorare le cose. Mi trattengo quasi immobile, lisciando le foglie di una pianta che teniamo dentro un vaso. Lui arriva, sembra sorpreso di vedermi, forse si immagina che io sappia già tutto. <<Buonasera>>, mi fa, e nient’altro. <<Come si sente sua moglie>>, chiedo io sfoderando un grande sorriso di circostanza. Lui alza le spalle, pare quasi non sappia che dire, o che non voglia parlare. <<Al solito>>, dice alla fine, tentando di non fermarsi neanche. <<Era preoccupata per il vostro ragazzo minore>>, dico tanto per allungare il discorso. Lui mi guarda come sapendo di recitare una parte, poi fa: <<Però adesso Federico ha deciso di tornarsene a casa>>. Annuisco, mostrando con evidenza che questo lo sapevo di già. <<E lei è rientrato in ufficio>>, dico tanto per fargli capire con chi sta parlando. Lui intanto ha tirato fuori le chiavi, è chiaro, vuole sbarazzarsi di me, ed io lo lascio fare. Per il momento non ho delle vere domande da sottoporgli, ma un giorno o l’altro gli chiederò qualcosa di più.

Lui chiude la porta di casa alle sue spalle, mentre io sono ancora sopra al pianerottolo. Penso che qualsiasi donna di famiglia come me possa trovarsi nelle condizioni della signora Celeste. Però mi fa rabbia la sua incapacità di reagire. Vorrei sentire urlare qualche volta in casa sua, che lei si ribellasse. Invece è solo succube del proprio bisogno di famiglia, dell’amore per tutti in casa sua, della solidarietà che esprime anche per gli sbagli che vi vengono commessi. Non so davvero cosa augurarle. Forse che i suoi familiari ritrovino semplicemente la volontà di stare assieme.

 

Bruno Magnolfi

martedì 2 gennaio 2024

Incomprensioni evidenti.


Non dover dividere con mio fratello, almeno per un periodo, la nostra stanza di sempre, è senz’altro un grande sollievo per me. La sua è sempre stata qua dentro una presenza parecchio invadente, con quella indubbia capacità che mostra ogni volta di stare automaticamente quasi al centro di tutto, in certi casi pur lasciandosi apparentemente confinare in un angolo, magari per studiare o eseguire dei compiti scolastici, ma, ciò nonostante, restando in grado di non apparire mai poco ingombrante, neppure nei momenti in cui si è trovato a trascorrere almeno qualche ora fuori da casa, lasciando i suoi oggetti disseminati da qualsiasi parte. Poter usufruire adesso anche degli spazi normalmente traboccanti delle sue cose, è sicuramente un grande sollievo per me, addirittura quasi una scoperta. Però, adesso che mia madre sta inerte sdraiata dentro al suo letto, ammalata non si sa bene neppure di cosa, e che mio padre sembra un’anima assente che vaga persa tra i propri pensieri, questa casa assume di colpo la capacità di apparire vuota di tutto. Certo è che la scelta di Federico di andarsene da casa, almeno per qualche tempo, come ha sostenuto lui, è sicuramente una mossa piuttosto avventata, data da una personalità che morde il freno per qualsiasi comportamento, e che comunque non è destinata a lasciare molti strascichi nel futuro, pur lasciandogli la possibilità di mostrare una indubbia capacità decisionale, attuabile per ogni cosa ed in qualsiasi momento, magari anche senza ottenere dei buoni risultati perlomeno in considerazione di certe scelte particolari. Che i nostri caratteri siano estremamente diversi, e spesso anche del tutto opposti tra loro, è apparso evidente ormai da diversi anni, forse da sempre, andando indietro con la memoria, e che lui non sappia sopportare a lungo la mia presenza è ugualmente apparso spesso davanti agli occhi di tutti. Ma che in un momento come quello che la nostra famiglia sta attraversando, con tutti i problemi che questa inspiegabile crisi sembra spingere avanti, la sua assenza adesso pare mostrarsi come qualcosa di inaccettabile, quasi una ritirata in battaglia proprio quando c'è maggiore bisogno di lui.

<<Federico sta tornando a casa>>, ho detto a mio padre, tanto per farlo stare tranquillo almeno sotto questo aspetto, e lui mi ha guardato, ma forse senza un grande interesse, come se non desse alla cosa l’importanza che credevo probabile. Poi la mamma si è alzata dal letto, è entrata in cucina e si è messa ad armeggiare attorno a qualcosa, come fa sempre. La chiave infine ha girato dentro la serratura, ed è apparso dal corridoio Federico, l’espressione quasi spaventata, il passo di chi si attende di trovarsi di fronte a delle rovine fumanti. Naturalmente ha abbracciato la mamma senza dirle niente di particolare, mentre lei, come già ci si aspettava, ha ripreso a piangere, non si sa bene neppure per cosa. Nostro padre ha bofonchiato qualcosa, ed io mi sono seduto nell’attesa che qualcuno parlasse con una qualche chiarezza, ma nessuno di noi si è sentito in condizioni di avanzare qualche spiegazione. <<Sto bene>>, ha detto ad un certo punto la mamma, <<adesso che sei qui, è tutto a posto>>, ha spiegato in due parole a Federico e anche a noi. Alla fine, abbiamo fatto il caffè e ci siamo seduti al tavolo della cucina, come per scambiarci almeno qualche opinione, ma non c’era poi molto di cui parlare, ed anzi pareva che ognuno al momento fosse attraversato da pensieri del tutto diversi da quelli degli altri. Federico ha detto che dall’indomani sarebbe tornato a casa, giusto il tempo per recuperare le sue poche cose, e nessuno ha avuto nulla da ridire in proposito, anche se io mi sentivo più di tutti nelle condizioni di essere quantomeno interpellato. Così mi sono alzato e poi sono sparito in un’altra stanza, lasciando che a qualcuno venisse in mente di chiedere il mio personale parere. Invece dopo un po' ho sentito che il portoncino si apriva e poi richiudeva, lasciando che Federico tornasse nella casa degli studenti ad ammucchiare e a prelevare le proprie sciocchezze.

Così ho dato una riordinata alla mia camera, naturalmente lasciando la zona di Federico quasi del tutto sgombra, ad evitare una nuova sfuriata da parte sua, e poi ho deciso comunque di uscire da casa e farmi una piccola passeggiata per schiarirmi le idee. Prima di uscire ho telefonato a Tiziana, e lei ha subito accettato di vedermi in un caffè parecchio frequentato, poco lontano dalla zona universitaria. Ci siamo seduti ad un tavolino, abbiamo scambiato qualche parola di circostanza, poi io ho cercato di spiegarle quello che sta capitando nell’appartamento della mia famiglia. Tiziana mi ha ascoltato con interesse, ma ad un certo momento mi sono reso conto che era difficile farle capire i veri stati d’animo miei, dei miei genitori e di mio fratello, e difatti lei si è limitata a confrontare qualcosa della propria situazione familiare, dimostrando di non avere compreso quasi nulla. Poi abbiamo parlato d’altro, ed io mi sono sentito a questo punto piuttosto alleggerito.

 

Bruno Magnolfi