venerdì 26 luglio 2019

Soluzioni favorevoli.


           
            Alla sera, quando rientrano in sede, gli operai dichiarano sempre di essere troppo stanchi per parlare, e di avere perciò poca voglia di trattenersi presso la ditta. Inutile attenderli nei magazzini per farsi spiegare qualcosa del lavoro che hanno portato avanti nella giornata. Rispondono sempre a monosillabi e sono a dir poco sfuggenti. Soltanto un caposquadra qualche volta si ferma un momento per spiegare all’assistente di cantiere di che cosa probabilmente ci sarà bisogno per il giorno seguente. Poi basta, va via anche lui con la sua divisa sporca e le mani dure, callose, come quelle di tutti gli altri. Certe volte sono decisamente insopportabili con la loro maniera semplicistica di affrontare le cose. Ma in altri casi all'assistente piacciono: con poche parole mostrano già il loro pensiero, e in qualche caso è sufficiente comprenderli persino con una singola espressione.
Ci sono stati anche dei momenti difficili in tempi recenti, il geometra agli operai li ha sempre trattati tutti in maniera decisamente pesante, con il pugno duro, e loro qualche volta si sono persino ribellati, almeno fino al punto che in qualche modo ritenevano consentito. Adesso però che il capo dice di andarsene, probabilmente le cose potranno mostrarsi molto diverse: saranno forse possibili altre soluzioni, oppure degli accomodamenti differenti. L'assistente non sa se quella usata dal geometra sia l'unica maniera di comportarsi con loro, o magari se invece è possibile essere più morbidi ed anche comprensivi. A lui non riesce fare quello che se ne frega degli altri, che non è mai interessato ai problemi che possono avere tutti, ed all'altrui sensibilità: per il geometra ciò che ha avuto valore è stato sempre soltanto il risultato, e che fosse un operaio dell'impresa, oppure anche un subappaltatore a dover svolgere un certo compito, per lui è sempre stato fondamentale ciò che doveva essere fatto, e nient'altro.
Certo che ci possono essere altri modi di comportarsi, l'assistente di cantiere lo ha sempre pensato, specialmente nei momenti in cui è stato costretto ad essere presente durante qualche pesante lavata di testa. Ma adesso che probabilmente toccherà a lui assumere la responsabilità dei lavori, non sa più se sia quella la maniera migliore di comportarsi, o se invece sia possibile un modo almeno genericamente più comprensivo. Probabilmente a lui non riuscirebbe affatto tenere un contegno paragonabile a quello del geometra, ci sono dietro delle motivazioni di personalità, e forse è proprio questo l'elemento più rilevante di tutta la faccenda. Non si può balbettare davanti agli operai per poi dirgli che sono degli inetti o peggio dei fannulloni. Si può soltanto schierarsi con loro, in quel caso, se si sa che non sarà mai possibile tenere loro testa. Si può adottare un metodo più ruffiano, se si vuole, e mostrare il proprio potere evitando di sbatterlo sul muso a qualcuno, anche se resta l'incognita dei risultati.
A questo punto forse hanno saputo anche loro che il vecchio geometra lascerà presto l'impresa, e molti tra questi operai tireranno sicuramente un sospiro di sollievo. Però qualcuno tra loro si sarà già chiesto chi sarà nominato al suo posto come responsabile tecnico: forse l'attuale assistente di cantiere, avrà suggerito qualcuno, oppure verrà assunta una nuova figura professionale, avranno detto altri. Alcuni poi avranno sorriso pensando alla prima soluzione, altri si saranno sfregati le mani immaginando un futuro tranquillo e privo di quegli ammonimenti severi a cui erano stati abituati. Tutti hanno iniziato a guardare l'assistente con nuovi occhi, ma il solito caposquadra avrà pensato anche per gli altri: “siamo noi che portiamo avanti le cose, avrà detto, e in un modo o nell'altro saremo noi a dover portare avanti l'azienda”. L'assistente non conterà nulla se decideranno in questa maniera; oppure sarà il loro alleato se proprio questa appare la soluzione migliore.

Bruno Magnolfi

mercoledì 17 luglio 2019

Orario di lavoro.


         
            Compio i medesimi gesti ogni giorno, e qualche volta, quando qualcosa non va esattamente come vorrei, mi sembra persino impossibile che questo accada proprio a me stesso, senza che possa oppormi ad un fatto del genere, tanto che in certi casi mi prende addirittura un tremito, quasi una febbre, che mi lascia spossato e impossibilitato, almeno per una certa porzione di tempo, ad occuparmi di qualcos’altro. Tremo all’idea che possa cadermi di mano un oggetto qualsiasi, ma se in più quello è anche fragile, impazzisco al pensiero che possa rompersi sul pavimento in mille pezzi. Per questo uso sempre la massima attenzione in ciò che devo fare, tralasciando tutto quello che per qualche motivo non risulta strettamente indispensabile.
            Il momento migliore per me, specialmente nelle ore in cui sono in casa, è quando resto seduto senza fare assolutamente un bel niente, se non pensare alle mie cose, ed al massimo parlare da solo. Per questo appoggio sul tavolo lo specchio fedele, il mio fratello gemello, perché questo oggetto per me rappresenta tutto ciò che cerco dagli altri: un amico sincero che ascolta ciò che ho da dire, ed al massimo fa una debole smorfia sulla mia immagine riflessa, al momento in cui non si trova del tutto d’accordo con le parole che esprimo. La mia è una tecnica meravigliosa, quella per cui, qualsiasi cosa abbia in mente, passandola semplicemente al vaglio del mio piccolo specchio, riesco in questo semplice modo a comprenderne esattamente il valore e  anche quanto possa essermi utile. E’ sufficiente per me guardare l’immagine, e l’espressione che vedo nella cornice mostra realmente quello che penso, e quindi evidenzia in un attimo la verità più completa.
            Tra i corridoi degli uffici dove lavoro parlano sempre di calcio, e solo qualche volta di donne; io naturalmente non entro mai negli argomenti dei miei colleghi, mi limito a stare in silenzio davanti alle macchine automatiche per il caffè, e ad ascoltare senza troppa attenzione quello che dicono tutti. Mi tengono sempre da parte, forse perché non sono sposato, non ho una famiglia, e sanno che vivo da solo, e soltanto per questo immaginano che io sia abituato a non dire mai niente. Perciò mi lasciano stare, che poi è il risultato migliore che io possa ottenere da loro, visto che non ho interessi sportivi, e di donne fino a questo momento ne ho conosciute ben poche. Ci sono anche delle impiegate al mio piano di uffici, ma stanno quasi sempre per conto proprio in gruppi di due o tre, e non si fermano quasi mai a parlare con i colleghi maschili che sono certamente in numero maggiore. Non è facile far trascorrere bene tutto il tempo dell’orario di lavoro, ma in qualche modo sembra proprio che si possa riuscire anche in un’impresa del genere.
            Ed è proprio seduto alla mia scrivania che i gesti consueti diventano per incanto dei veri e propri automatismi, quasi delle azioni riflesse condizionate da una casistica di possibilità decisamente ridotta. Aprire un cassetto, prendere la pratica a cui si sta lavorando, individuare sulla carta gli elementi che maggiormente interessano, tutte attività perfettamente codificate che portano l’individuo che lavora nella pubblica amministrazione ad una alienazione completa dalle sue attività. E’ normale, dicono gli altri, si tratta di prendere tempo, nessuno fa fretta, tanto vale rimandare quanto è possibile, e cercare di svagarsi ogni volta che se ne sente la necessità. Perciò ci sono altri gesti: andare in bagno, alle macchinette per il caffè, nella stanza di qualche collega; oppure girare per i corridoi con qualche foglio dentro una mano, concentrati su qualcosa che neppure esiste, ed aspettare in questa maniera che anche questa giornata lavorativa abbia termine.

            Bruno Magnolfi

lunedì 15 luglio 2019

Lamentele assenti.



Nei giorni di festa resto in casa. Mi occupo di piccole faccende domestiche, e nelle pause mi siedo a pensare. Osservo davanti a me, dentro la sua piccola cornice di legno, l'immagine vuota che il mio specchio ripropone come sempre, e sento comunque che sicuramente niente di brutto potrà succedermi almeno fino a quando questa figura resterà insieme a me. Le parlo, naturalmente, e qualche volta le pongo anche dei piccoli quesiti, perché le risposte che riesco a ricevere dalla sua superficie lucida sono sempre molto utili, assolutamente in linea con quanto appare necessario. Ci sono spesso delle cose da decidere, iniziative da prendere, situazioni da affrontare per un motivo o per l’altro, ed è complicato farlo da soli, dover assumere su se stessi tutta la responsabilità di ogni caso che si presenta. Per fortuna ho lo specchio, che poi è il mio fratello gemello che mi guarda sempre con una certa lungimiranza, perché sa perfettamente che non prenderò mai una decisione importante senza interpellarlo.
Gli chiedo a voce alta se per caso debba essere maggiormente arrendevole con il mio capufficio, ad esempio, già ad iniziare magari dal primo giorno feriale in cui tornerò come sempre al mio posto di lavoro, e lui sa sempre con certezza cosa rispondermi, anche se a volte resta in silenzio, lasciandomi padrone di decidere sul caso specifico per conto mio. Non c’è niente di male penso, non può sapere tutto anche se io continuo a spiegargli ogni volta che rientro in casa tutto quello che mi è accaduto mentre ero fuori, specialmente durante le ore in cui sono rimasto in ufficio, nel nostro grande palazzo dell’amministrazione pubblica. Ci sono i colleghi che generalmente mi evitano, gli dico, e se strisciano vicendevolmente i loro cartellini identificativi ai tornelli, per entrare con comodità più tardi oppure per uscire un'ora o due prima, a me comunque non lo chiedono mai, proprio perché non si fidano affatto di me.
Anche il mio capufficio non si fida per niente dei miei modi, ed a me questo fatto non dispiace per niente, perché non sono uno che si comporta come tutti gli altri impiegati, e se secondo lui uno come me va guardato con un certo sospetto, e spesso lasciato semplicemente alle sue piccole manie, i suoi innocui passatempo, a me va benissimo. Già, perché siccome per occupare almeno un po' del mio orario, quando mi annoio come tutti davanti alla scrivania di lavoro, ho una collezione sterminata di matite colorate, alle quali rifaccio almeno una volta al giorno la punta, oltre a tenerle perfettamente allineate, e per tutti i colleghi questo è un segno evidente di stranezza e forse di diversità. Anche se qualcuno mi pone qualche domanda mentre sono insieme agli altri davanti alle macchinette per il caffè, io non parlo mai delle mie cose, e mi limito a sorridere e a tirare fuori giusto qualche monosillabo tanto per non apparire sgarbato.
Quasi tutti portano avanti un'altra attività, oltre l’orario in cui stanno in ufficio, forse per sentirsi almeno utili a qualcosa, penso io, ma a me questo non è mai interessato. Loro hanno delle famiglie da tenere assieme, io ho soltanto il mio fratello gemello da accudire e da lucidare ogni tanto. Parlano sempre di soldi, sembra che non ne abbiano mai abbastanza, e a me invece è sufficiente sedermi davanti al mio piccolo specchio prezioso per sentirmi già a posto, completo, come non avessi più bisogno di altro. Difatti non mi lamento di niente, e forse è proprio questo elemento che i miei colleghi non riescono affatto a digerire.


Bruno Magnolfi


venerdì 12 luglio 2019

Dati segreti.


           

            Esistono molti pensieri che riescono a girare nella mente di un lavoratore nell’attimo in cui percepisce che qualcosa potrebbe cambiare nella sua attività. E magari far migliorare tutte le sue giornate, facendogli assumere un ruolo più determinante, magari salire di grado nella gerarchia dei dipendenti, ritrovandosi quindi a fine mese con uno stipendio migliore, più potere, e forse ad avere anche più libertà nei suoi compiti, e addirittura persino negli orari di lavoro da rispettare. Lui perciò si limita ad attendere, e sorride a tutti, fa del proprio meglio riguardo qualsiasi cosa si debba occupare, e poi cerca di stare molto ben attento a tutto quello che avviene intorno a lui, come se dipendesse proprio da quello il suo futuro. All’assistente di cantiere gli è giunta la voce che il geometra è prossimo a dare le dimissioni ed andarsene in un’altra impresa edile, ed anche se ha finto di non credere alle chiacchiere di corridoio, ha subito iniziato a pensare alle possibilità che gli si possono offrire per la sua carriera. Per certi versi gli pare tutto anche troppo affrettato, ma quello che soprattutto non comprende è il motivo per cui il titolare della ditta dove lavora non lo abbia ancora interpellato, almeno per fargli sapere che cosa stia succedendo, visto che lui svolge in quell’impresa il ruolo più vicino al presunto congedante.
            Non ci vorrebbe poi neppure molto, almeno per lui, per assumere il ruolo di quel suo capo diretto, il responsabile tecnico della ditta; si tratta quasi esclusivamente di comprendere bene che cosa gli venga offerto nel cambio. A lui non interesserebbe neppure guadagnare molto di più, oppure avere l’auto aziendale a disposizione al posto della vecchia utilitaria che è costretto ad adoperare in questo momento per recarsi sui cantieri. Però in quell’ambiente sembra proprio che tutto abbia un prezzo, e colui che non riesce ad ottenere il corrispettivo maggiore anche per una qualsiasi sciocchezza, viene subito svalutato, tenuto poco di conto, come uno che non riesce a farsi valere. Non ha le idee troppo chiare l’assistente di cantiere, questo è evidente, e comunque tutta la mole di pensieri che sembrano così riottosi ad abbandonarlo, gli pongono continuamente il quesito fondamentale, e cioè se davvero tra poco sarà tutto proprio come immagina, o se per un qualche motivo che adesso lui non ha considerato, le cose al contrario si metteranno in tutta un’altra maniera. Per questo cerca di decodificare qualsiasi segnale possibile, specialmente in relazione ai comportamenti del signor Chelli, anche se niente fino adesso pare dargli una qualsiasi spiegazione.  
            Poi, in un momento in cui lui resta in ufficio per sistemare la programmazione dei lavori, lo avvicina la segretaria con una scusa riguardo un conteggio, e gli chiede poi sottovoce ma in modo diretto se sa qualcosa del loro geometra. L’assistente scuote la testa, gli pare quasi assurdo che sia proprio lei a venirgli a chiedere qualcosa di quella faccenda, ma gli sembra subito che le cose stiano girando anche troppo velocemente per permettergli una comprensione più chiara. “Si dice che vada via”, fa lei ad occhi bassi; “però non si sa come potremo fare noi nel futuro”. “Il titolare assumerà qualcuno per sostituirlo”, gli viene da dire all’assistente come per togliersi un peso da dosso, però immagina subito di aver compiuto in questa maniera un passo falso, come a mostrare che lui non se la sentirebbe neppure di prendere il suo posto. La donna adesso lo guarda, si allontana di un passo, poi si volta con rapidità tenendo ancora davanti a sé i fogli che aveva fin dall’inizio nelle sue mani, e mostra così di aver stillato perfettamente ciò che intendeva sapere.

            Bruno Magnolfi  


mercoledì 10 luglio 2019

Margini sociali.


           

            Si presentano casualmente dei periodi in cui all’improvviso mi sento ai margini di tutto. Per certi versi non me ne dispiaccio neppure, immaginando sia la personalità più nascosta di me che in questi casi si fa strada per rivendicare un ruolo e mostrarmi qualcosa che forse in passato è parso sfuggirmi. Così prendo la mia macchina e dopo aver fatto qualche giro vado a parcheggiare in una delle stradine più vicine al centro storico della mia città, senza neanche preoccuparmi troppo quale sia. Poi vago a piedi per tutte le vie che mi si presentano davanti, prendendo a caso per un verso o per un altro, incontrando davanti a me la gente indaffarata in chissà cosa, e lasciando che le case, i muri, i giardinetti e i marciapiedi, scorrano lentamente sotto alla mia vista, fino a quando sento che le gambe sono stanche, ed i piedi dentro le scarpe iniziano a mostrarsi del tutto indolenziti.
            Quindi torno indietro, cercando di fare a ritroso il medesimo percorso iniziale, perdendomi inevitabilmente nel cercare di ricordare da dove effettivamente sia passato, fino a non avere più memoria neppure di dove possa aver posteggiato la mia auto. Mi pare di averla lasciata vicina ad un certo negozio, ed invece proprio lì dove credevo potesse essere, adesso non c’è più, ed allora torno indietro, cerco di rammentare meglio i pensieri che mi sono passati per la testa fino a quel momento, e tento di trovare un indizio utile che mi porti proprio al luogo esatto dove poter ritrovare ciò che in questo momento mi serve più di tutto, anche se alla fine devo rendermi conto che sono completamente inutili i miei sforzi. Osservo due tizi che con dei grossi martelli spaccano la porta vetrata di una farmacia, arruffano tre o quattro sacchi di medicinali sotto agli occhi sgranati ed impauriti dei commessi, ed infine se ne vanno rapidamente. La realtà corre in avanti penso, non sono certo i miei piccoli problemi quotidiani ad ostacolarla.
            Mi rendo conto in tutto questo trambusto che si è persino fatto troppo tardi, che devo tornarmene in fretta verso casa, non è più il caso che mi trattenga ancora lungo queste strade, anche perché sono sempre più stanco, ed ho naturalmente voglia di sedermi e riposare. Infine salgo su di un autobus che va dalle mie parti, ma all’interno non c’è nessun sedile libero, così resto in piedi accanto al finestrino, lasciandomi dondolare nel pensiero antipatico di dover tornare domani a cercare ancora la mia auto. Quando finalmente entro in casa il senso di solitudine che non mi ha mai abbandonato fino adesso, improvvisamente sembra mollare la sua presa, e non ho neppure bisogno di affrettarmi ad aprire il cassetto della scrivania per sapere che il mio adorato specchio è proprio lì, e che mi ha aspettato con pazienza per tutto questo tempo, come un fratello affettuoso. 
Probabilmente dovrei portarlo con me tutte le volte in cui non mi sento particolarmente in forma. Sarebbe sufficiente lasciarlo scivolare dentro una tasca penso, e poi tenerlo lì, magari protetto con un fazzoletto steso sopra la sua piccola superficie. Non è una debolezza la mia, è soltanto la giusta corrispondenza per sentirmi meno solo, sostenuto, incoraggiato nei miei comportamenti, e quindi non ai margini di quanto mi è dato di assistere tutto attorno al mio modo di interpretare la realtà. Il mio specchietto lucido e pulito è la mia sicurezza, la mia capacità di essere una persona come gli altri, il potenziale adatto per mandare avanti le mie cose.
            Stasera mi preparerò qualcosa da mangiare penso, sedendomi poi al tavolo della cucina proprio davanti a lui che continua a fissarmi senza dare dei giudizi. Non c'è niente di male nel cercare un po' di compagnia in un oggetto penso, ed in fondo se davvero sono giunto proprio al margine delle relazioni, non credo proprio che la colpa di ciò sia soltanto mia.

          Bruno Magnolfi

lunedì 8 luglio 2019

Timidezze perse.


         

In fondo non me ne importa proprio niente, dice tra sé il geometra mentre guida con leggerezza l’auto aziendale che a breve peraltro dovrà restituire. L’impresa se la caverà benissimo anche senza di me, ne sono certo, ed il signor Chelli molto presto saprà ben scegliere a chi dover destinare dopo di me la propria fiducia. Se soltanto la segretaria fosse stata meno sciocca in questa fase, per noi adesso potrebbe essere l’occasione per vedersi ancora almeno qualche volta fuori da là dentro, ma purtroppo lei non ha forse tutto il cervello adatto per comprendere che le mie scelte di lavoro non possono dipendere da una qualsiasi storiella tra gli uffici, anche se forse non immagina quanto a me in fondo dispiaccia che in questo momento lei cerchi di evitarmi quasi del tutto. Magari basterà far trascorrere qualche tempo, lasciar depositare un po' di polvere, ed anche lei forse riuscirà a cambiare idea, a sentirsi meglio, perché alla fine anche se non le ho certo spiegato questo aspetto, a me indubbiamente non fa certo piacere perderla del tutto. Probabilmente tra due o tre mesi inizierò a telefonarle qualche volta, mettendo avanti una scusa oppure un’altra, e magari lei a quel punto si sarà già completamente tranquillizzata nei miei confronti.
Adesso mi dispiace fare il duro, pensa ancora il geometra, e la mia indifferenza nei suoi confronti evidentemente è soltanto una reazione, però in questo momento sono anche uno sciocco nel credere che avrei potuto spiegarmi con la segretaria, almeno prima che lei venisse a sapere che me ne andavo da questa ditta dalla bocca di chissà chi, magari direttamente da quella del signor Chelli, il quale certamente non avrà mancato di guardarla bene in fondo agli occhi per comprendere quale effetto facessero su di lei le sue parole. Sicuramente lui ha intuito tutto quanto già da un certo tempo, ma come è suo costume ha senz'altro sospeso ogni giudizio. Comunque non vedo l'ora di andarmene da questa azienda, riflette ancora il geometra; troppa monotonia si respira là dentro, troppe giornate, gesti, discorsi, discussioni tutte identiche, come fosse del tutto impossibile aprirsi un po' a qualcosa di diverso. E poi anche questa segretaria, che d'improvviso tira fuori tutta una maschera di sentimenti feriti quando era evidente da sempre che il senso delle cose tra noi due stava soltanto nel divertirsi un po', fare qualcosa di proibito alle spalle del nostro capo e un po’ anche di tutti gli altri, giusto per ritrovare in mezzo alla noia di ogni giorno una certa libertà, un pizzico di autonomia dai ruoli ingessati appena consentiti dall'impresa.
Non posso neppure considerare questa storia che si spezza con un vero e proprio rimpianto, pensa il geometra. Il mondo del lavoro è fatto in questo modo: ognuno approfitta quanto può di ogni occasione che si presenta, inutile fare tanto i sentimentali. Anzi, se ti mostri agli altri come un debole, è proprio il momento in cui tutti, in un modo o nell’altro, approfittano di te, fino a ridurti ad un poveraccio che si trascina nei corridoi cercando da qualcuno una parola di conforto. No, è escluso, non fa per me. Bisogna sempre anticipare i tempi, approfittare di tutto ciò che si presenta fin quando il momento è quello giusto, e poi mollare subito ogni cosa, senza neppure guardarsi indietro. Sono stato anche troppo buono nel costruire poco per volta il tecnico, pur ancora un po’ giovane, che in questo momento può iniziare già a sostituirmi, e prendere in mano il difficile ruolo di quello che sta in mezzo tra il titolare e gli operai. Ce la può fare, se segue a puntino tutto quello che gli ho spiegato, e se la può cavare bene se tira fuori la grinta che ci vuole. E forse può anche sostituirmi persino con la segretaria, magari per cercare di consolarla un po’ di certe sue amarezze. Si, è vero, forse è un po’ giovane, ma in fondo l’elemento più importante in queste cose è non andare mai troppo nel sottile, e buttarsi sempre in avanti, senza alcuna timidezza.

Bruno Magnolfi

venerdì 5 luglio 2019

Interessanti argomenti.


          

            Sono una persona normale. Una donna come se ne incontra a centinaia in un qualsiasi supermercato. Eppure certe volte qualcuno mi dice che ho un modo di guardarmi attorno diverso da tutte le altre. Davvero, penso io; ma se generalmente non mi guardo neanche troppo in giro; casomai mi limito ad osservare qualcosa, a rendermi conto di quello che avviene, spesso senza neppure sapere se la mia analisi corrisponda in qualche modo alla realtà. Alcuni hanno provato anche ad insistere su questo argomento, tanto che ho iniziato a portare degli occhiali da sole. Però ci sono dei momenti in cui mi sento addirittura sbagliata in mezzo agli altri. Forse perché non presto troppa attenzione a quelle che reputo delle sciocchezze. Vedo le persone che mi circondano ed ultimamente mi sembrano spesso monotone, prive di personalità. Mi pare che tutti si limitino a ripetere le medesime cose superficiali, senza mai approfondire i dettagli.
Poi incontro un tizio che mi spiega perché non è d'accordo su quanto continua a ripetere la televisione. Mi pare interessante il suo punto di vista, così tolgo gli occhiali mentre lui continua a parlare. Ci sediamo ad un tavolino dentro un caffè, e lui prosegue a dire che le cose dovranno cambiare, e che non è proprio possibile che tutto stia evaporando in sciocchezze come sembra che avvenga. Sono d'accordo, non è possibile penso utilizzare soltanto una minima parte del nostro cervello; dobbiamo impegnarci gli dico, o altrimenti astenerci da qualsiasi commento. "Giusto", fa lui, "vedo troppa gente che parla senza neppure sapere di cosa, perché non conosce per nulla gli argomenti, ha soltanto delle opinioni, e purtroppo sono spesso basate sul niente".
Ci salutiamo, dico che è stato bello scambiare con lui le mie opinioni e trovarne di così simili alle sue, poi proseguo da sola la mia passeggiata fermandomi presso un piccolo negozio di panetteria. C'è un certo affollamento là dentro, così prendo un numerino sequenziale e mi metto da una parte ad aspettare il mio turno. Si dice a voce alta che c'è da stare allegri, che l'economia va a gonfie vele e le cose in breve si sistemeranno tutte quante. Qualcuno ride per ossequio mentre aspetta di essere servito, e tutti annuiscono anche se poco convinti da quanto è stato detto. Penso dentro di me che oramai coloro che parlano sono quelli che invece dovrebbero starsene zitti, perché ripetono soltanto le parole della propaganda, senza comprendere le cose in maniera obiettiva.
Infine è il mio turno e guardando sui cartelloni dei prezzi mi rendo conto che ci sono stati dei rincari, ma non dico niente e faccio i miei acquisti come avevo previsto. Il fornaio mi sorride in maniera ammiccante, mi conosce da tempo, e dice sottovoce che è sempre un piacere vedere una bella signora come me nel suo negozio. Sul momento non dico niente, ma dopo un attimo replico che purtroppo ultimamente là dentro si sentono dei discorsi farciti di parecchie sciocchezze, e lui cambia subito espressione, e dice che la sua clientela è quanto di meglio si possa desiderare. Pago senza replicare, saluto il negoziante ed infine esco, mentre qualcuno tra quelli rimasti probabilmente pensa le mie stesse cose, anche se non ha il coraggio di dirle.
Sul portone del mio palazzo incontro un vicino di casa che mi saluta, così tolgo gli occhiali per infilare la chiave ed aprire, e quello subito mi dice le stesse cose del panettiere. E poi insiste, dice che ho dei begli occhi e che non dovrei tenerli coperti e altre cose del genere. “Sono stanca” gli dico senza usare dei mezzi termini; “ormai siete diventati tutti identici, sempre pronti a dire le medesime cose, a fare gli stessi accenni, come se il mondo si potesse ridurre soltanto a quelle pochissime cose che vi girano dentro la testa”. Quello resta senza parole, ed un po’ a me dispiace; però credo che certe persone prima o dopo devono tornare a starsene in silenzio come facevano una volta. Almeno se proprio non hanno niente di interessante da dire.

Bruno Magnolfi

lunedì 1 luglio 2019

Residuo attaccamento.



Mentre resta seduto alla scrivania del suo ufficio per riflettere sui problemi della propria ditta, il titolare dell'azienda spesso è anche consapevole di tutti i limiti suoi e della sua impresa, ed è per questo che quando si sente proprio arreso di fronte a qualcosa di particolarmente complicato che riguarda con evidenza la sua attività, ricorda subito ai suoi dipendenti, in modo bonario e un po’ paternalistico, che fanno tutti quanti parte di una stessa famiglia; salvo tornare rapidamente ad essere colui che decide le cose essenziali senza neppure farsi consigliare, appena si sente leggermente più sicuro di se stesso. Sono oramai svariati anni che questa segretaria lavora nella sua azienda, e se anche certe sue impennate di carattere lui non le ha mai del tutto digerite, in ogni caso sa perfettamente che l'esperienza che ha maturato là dentro, e la conoscenza approfondita dei vari dettagli del proprio lavoro, rimangono sempre un importante valore aggiunto per lei come per qualsiasi altro lavoratore. Per questo anche se adesso storce la bocca immaginando qualcosa che non gli piace affatto, ugualmente non se la sente di affrontare o prendere delle decisioni al riguardo. Preferisce fingere di non sapere niente, di non essersi mai accorto di niente, in modo da non dover assumere una posizione particolarmente precisa.
Anche dal suo geometra non si sarebbe mai aspettato esattamente una cosa di quel genere, nonostante negli ultimi giorni si sia sentito gradualmente sempre più distaccato da lui; forse perché, nella considerazione di quella abilità che ha sempre registrato e cercato di mettere in evidenza da quando lui lavora per la sua ditta, probabilmente data anche dalla pregressa esperienza maturata da questo dipendente in una grossa impresa molto in vista in quella zona, cosa della quale come titolare si è sempre mostrato particolarmente orgoglioso, adesso, specialmente ripensando a certi casi dubbi verificatisi nel tempo, probabilmente non appare più ai suoi occhi il responsabile tecnico che aveva sempre desiderato e accettato con gioia all’interno del proprio organico. E peraltro, proprio questo geometra, anche negli ultimi giorni, in pratica non ha fatto proprio niente per cercare di smontare quel disegno antipatico e da menefreghista che si è venuto via via a modellare attorno alla sua figura. Lui se ne va, pensa adesso il suo capo, e forse non c’è addirittura alcun bisogno di augurargli qualcosa di brutto.
Per quanto riguarda la sua segretaria invece, le cose indubbiamente stanno in maniera diversa. Lei manipola soldi sotto forma di finanziamenti bancari, fatture da riscuotere, contabilità da portare all’incasso: per lei tutta l’impresa, a fronte di questi motivi, deve coltivare una indubbia fiducia, non è proprio possibile un comportamento diverso. Per questo motivo lui, il signor Chelli, intestatario e responsabile di quella barca della quale la navigazione certe volte appare un po’ oscura, non può fingere indifferenza rispetto a qualcosa che non gli pare assolutamente possibile tenere nascosto. Perciò il suo proponimento, fin da quando si potrà presentare l’occasione maggiormente propizia, è esattamente quello di affrontare con lei precisamente quel tema, senza alcuna finzione o parola di riguardo, andando subito al sodo, cercando di comprendere le motivazioni sotterranee del suo comportamento, e soprattutto valutando l’attaccamento residuo all’azienda di cui almeno per il momento lei ancora fa parte.


Bruno Magnolfi