giovedì 23 giugno 2022

Giornate irripetibili.


            Diario. 15° giorno. Oggi purtroppo abbiamo compiuto un grave errore, immaginando che la gente potesse mettersi per sua natura sempre e comunque dalla parte della ragione. Ho visto così soltanto la violenza cieca, e dei comportamenti ingiustificabili, assieme alla voglia quasi disumana di affibbiare la colpa di qualcosa a qualcuno, senza nessuna riflessione preventiva. Noi ci siamo fidati di uno stupido ottimismo, dell’entusiasmo di chi divide tutto in due semplici parti, e si schiera sempre e comunque per una delle due, senza cercare mai dei compromessi tra le due fazioni. Siamo andati alla manifestazione dei gilet gialli di Nantes purtroppo così come si va ad una scampagnata, forse per sentirsi circondati da dei cittadini in tutto simili a noi, con gli stessi principi e magari i medesimi diritti; ma non è stato così, e siamo rimasti investiti da una realtà che probabilmente fino ad allora non potevamo neppure sospettare. Siamo così fuggiti al più presto da quella violenza inaudita a cui fino ad un minuto prima quasi non avevamo voluto credere, e comunque ci siamo subito sentiti distanti da tutti gli altri, persuasi come eravamo da una diversa logica, forse più ingenua, senz’altro più semplice e immediata, certamente incapace di scendere allo stesso pari di chi forse non aveva proprio niente da perdere. Ci siamo ritrovati addosso anche delle piccole contusioni alla fine, ma non ci siamo fatti curare da nessuno, aspirando solamente a fare ritorno alla svelta dentro al nostro camper, fermo in un parcheggio scambiatore della periferia della città, dove siamo rientrati in fretta alla stessa maniera come si giunge a casa propria.

            Persino il mio cagnolino, che avevo portato fiduciosa con me alla manifestazione, naturalmente chiuso dentro ad una borsa appropriata, è apparso subito turbato, sconvolto da quanto stava accadendo, come fosse proprio lui la coscienza critica di quanto ci stava passando di colpo davanti agli occhi. Forse siamo tutti sbagliati, ho pensato in quel momento: dei sempliciotti che vanno dietro a degli slogan, senza immaginare che la violenza è solo la sponda estrema della nostra umanità, e che quel limite viene oltrepassato da qualcuno soltanto quando questi con arguzia  riesce a coinvolgere per uno stesso scopo tante altre persone ignare, magari convinte di affrontare così una lotta lecita, giusta, giustificata. Abbiamo voluto manifestare insieme ai cittadini francesi, ma per qualcosa che forse neppure ci apparteneva, immaginando di essere tutti quanti dalla stessa parte, e scoprendo invece che a volte non c’è alcuna saggezza nel farsi massa senza testa, accecata spesso solo dall’odio. Mio marito stasera aveva un polso dolorante per la sua caduta incolpevole sull’asfalto; Lina per suo conto sembrava ancora in preda al panico; Antonio invece si era fatto male chissà come ad una spalla, ed io ad una gamba, inciampando nella corsa disperata; e tutti noi conservavamo un fischio lancinante nelle orecchie, quello prodotto dagli scoppi troppo vicini, dalle fucilate dei tanti lacrimogeni, dalle urla assurde, dalle sirene che ci passavano a due metri.

            Tutti contro tutti, spesso a mani nude, ma perché no anche con le spranghe, questa è la logica diffusa che ho riscontrato lungo i viali cittadini di Nantes, senza peraltro che ci fosse un vero senso nello scatenare l’inferno in questo sabato, quando al contrario ci sarebbe stato soltanto da mantenere la calma e magari ripetere con forza e con gran voce le semplici e corrette rivendicazioni. Allora ho capito quanto probabilmente tutto fosse già manipolato, indirizzato, messo su ad arte, sotto l’egida di un populismo becero, colmo di interessi, capace di tutto in determinate condizioni. Fingere di stare esattamente dalla parte della gente, di sorreggere proprio gli interessi veri di tutti quanti, e rendere assolutamente condivisibili le loro stesse parole d’ordine, per poi furbescamente spingere invece la massa inconsapevole a soverchiare dei poteri democraticamente eletti. Ci siamo caduti anche noi in questo tranello, senza dubbio, forse io stessa anche più dei miei compagni di viaggio, però è stato importante rendersi conto in prima persona che cosa fosse realmente questo movimento popolare, e cosa rappresentasse.  

            Adesso l’unico desiderio rimasto per noi quattro è quello di tornare rapidamente indietro, giudicare una volta per tutte terminata questa strana vacanza francese, e rientrare il più velocemente possibile alle nostre vite ordinarie, come fossero quanto di meglio possibile tra tutte le nostre possibilità. Dispiace pensare che le vicende negative siano state così capaci di oscurare improvvisamente tutte le esperienze più belle di questo breve periodo, però sicuramente ci vorrà del tempo per essere in grado di riconsiderare tutto quanto sotto una luce più matura, e saper vedere ogni aspetto di questo viaggio anche come il semplice frutto di un preciso periodo storico, per sua natura irripetibile, capace di pensieri e di riflessioni probabilmente quasi infinite.

 

            Bruno Magnolfi   

lunedì 20 giugno 2022

Distanza infinita.


Sono perplesso, a dire poco. Dapprima lei mi ha indicato qualcosa verso cui guardare, lungo il molo del porto dei pescatori di Concarneau, al momento quasi deserto, e nel cui parcheggio ci eravamo da poco fermati con il nostro camper; e quindi mi ha spinto leggermente contro il muro della capitaneria, protetti così alla vista di chiunque in una specie di nicchia, e mi ha baciato a lungo, con forza, con impeto, quasi per prelevarmi dalla bocca anche una parte dell’anima. Ho sorriso, subito dopo, sorpreso, ed ho cercato dentro di me qualcosa di adatto da dire al momento, poi però ho solo balbettato una stupidaggine senza alcun senso. Lei invece è rimasta in silenzio, l’espressione seria, immobile. La mossa successiva poteva essere probabilmente una piccola spiegazione, oppure un’altra sorpresa dello stesso tenore, e invece Lina si è semplicemente voltata dall’altra parte senza più guardarmi, e con lentezza è tornata indietro in direzione  del camper, adesso fermo all’incirca cento metri più avanti in mezzo alla vasta area di sosta alle spalle dell’insenatura. Sono rimasto per un po’ ad osservare quei grossi pescherecci ora immobili, fissati alle bitte di ormeggio ed attrezzati per la cattura del tonno, quindi ho riflettuto che l’unica possibilità che potevo avere era quella di far finta di nulla, e poi basta.

Quando sono tornato dagli altri, li ho trovati tutti intenti a sfilettare e a preparare per questa sera il pesce fresco appena acquistato, le facce tranquille, i gesti misurati, come di chi non avverte nell’aria nessun minimo problema. Ho messo il guinzaglio al collo del mio cane allora, e l’ho portato con me per un piccolo giro lì intorno. Non avevo alcuna voglia di guardare Lina di nascosto mentre dava una mano a preparare la cena insieme a mia moglie, indifferente a qualsiasi sentimento si potesse essere scatenato dentro di me, e al contrario di lei provavo adesso una sensazione forte, inspiegabile, una voglia di ridere e di sentirmi triste contemporaneamente. Ho pensato alla fine che tutto quanto fosse una specie di gioco per Lina, e così ho cercato di adottare la stessa strategia per cercare dentro me stesso il giusto dosaggio delle impressioni, in risposta alle cose che stavano rapidamente avvenendo. Niente di male a dare un po’ di effervescenza alla nostra gita francese, ho pensato. La sconfitta della noia è l’elemento essenziale all’interno dei comportamenti più abituali.

Quando sono tornato nel camper gli altri tre mi hanno guardato come se fosse accaduto da poco qualcosa di strano, così mi sono sentito a disagio, incapace di comprendere gli sviluppi di una qualsiasi parola di troppo, o di uno sguardo fuori controllo, magari di un’espressione anche troppo evidente, rimuginata fino al punto di scoprirne la vera segreta radice. Ho riempito con acqua fresca la ciotola del cane, l’ho accarezzato sopra la testa pelosa, quindi ho cercato qualcosa in cui far sprofondare molta della mia attenzione. Nessuno si è rivolto verso di me per esprimere una parola chiarificatrice, eppure nei semplici gesti di tutti mi sono sentito improvvisamente colpevole ed irresponsabile, messo all’indice insieme a coloro a cui non è proprio possibile donare un minimo di fiducia, anche se questa sensazione è durata fortunatamente soltanto per pochi minuti. Poi ho pensato che io e Lina ormai eravamo dei complici di un piccolo sotterfugio inconfessabile, e che questa situazione però sembrava quanto di più ambiguo potesse accadermi.

Così ho messo a posto qualcosa nella dispensa del camper, ho messo le mani su dei piccoli ripiani dove non sapevo neppure che cosa ci fosse riposto, ed infine a voce alta ho chiesto soltanto: <<pensavate di rimanere proprio qua a consumare la cena?>>, e dopo un attimo mi è stato risposto: <<se hai un’idea migliore puoi sempre proporla>>. Perciò mi sono messo a guardare la cartina dettagliata di tutta la zona, ed alla fine ho scoperto che poco più avanti c’erano dei resti di una piccola fortezza, il Fort de Cabellou, su un piccolo promontorio dove potevamo sistemarci in piena tranquillità. Quando l’ho detto Lina mi ha guardato come se stessi bestemmiando, ma Antonio e mia moglie hanno spiegato con tranquillità che per loro andava benissimo, specialmente se in quel luogo potevamo anche trascorrere la notte. Allora ho spiegato con enfasi che per mio parere il luogo era quanto di meglio potevamo trovare in tutta la zona, e che in dieci minuti potevamo comunque andare ad ispezionarlo, fino a convincersi con  molta probabilità che era esattamente in questa maniera. Nessuno ha avuto da ribattere qualcosa, anche se Lina con la sua indifferenza stava dimostrando verso di me una distanza che al momento non riuscivo proprio a comprendere.

 

Bruno Magnolfi

giovedì 16 giugno 2022

Verso la normalità.


            Loro quattro con il camper erano giunti a Nantes provenendo da Saint-Nazaire, praticamente poco dopo le nove di mattina. Avevano subito affidato il mezzo ad un parcheggio scambiatore della parte periferica della città, ed una volta acquistati i biglietti urbani in un tabac, erano saliti con convinzione su un convoglio del tram piuttosto affollato, per raggiungere in fretta, come già accertato sulla pianta della linea ferrata, la zona centrale della città. Non avevano un itinerario preciso, così si erano affidati quasi al caso per scegliere la fermata migliore alla quale scendere dal veicolo rispetto ai loro scopi. Si erano venuti così a trovare piuttosto vicini alla zona universitaria, ed avevano riscontrato, davanti e intorno a loro, la presenza di diverse persone che camminavano lentamente, guardandosi in giro quasi con un certo sospetto mentre percorrevano tutti il largo viale, anche se nessuno tra quei cittadini al momento pareva indossare qualcosa di giallo. Perciò non sembrava affatto che proprio quei personaggi isolati, o in gruppi di due, potessero mai dare inizio ad un vero corteo, anche perché pareva un’idea quasi lontana ed indefinita, almeno in quegli attimi, quella di formare un reale assembramento. <<Forse abbiamo capito male>>, aveva detto Lina con ironia mentre percorrevano con calma i larghi marciapiedi di quel quartiere centrale, e Renato si era lasciato andare ad una breve risata, come per ribadire che secondo il suo parere non ci sarebbe stata probabilmente nessuna manifestazione in giornata da quelle parti. Invece, davanti alle pattuglie della gendarmerie che presidiavano in assetto da sommossa i punti più salienti, ad un tratto diverse persone, quasi fosse scattato un meccanismo preciso, avevano iniziato dal niente ad indossare e sfoggiare i loro gilets jaunes, proprio nello stesso momento in cui erano stati srotolati diversi striscioni riportanti le parole d’ordine maggiormente in uso anche a Parigi durante quei mesi.

Tutto sembrava avvenire con calma comunque, senza che venisse mostrata una vera e propria sfida diretta, anche se in un attimo, proprio davanti a loro che camminavano insieme agli altri quasi per compiere una passeggiata di puro piacere, qualcosa aveva preso fuoco in una enorme vampata, ed immediatamente i poliziotti avevano iniziato col tirare in aria dei lacrimogeni. In un attimo Sandra era parsa smarrirsi dentro al fumo acre che adesso l’avvolgeva completamente, e gli altri tre, proprio accanto a lei, sembravano come colti da un’impreparazione talmente completa da lasciarli solo compiere il semplice e istintivo gesto di spostarsi verso i muri degli edifici al margine della strada. Molti dei manifestanti avevano subito iniziato a correre e a urlare, e ritrovarsi di colpo in quella confusione generale, proprio tra le forze dell’ordine e la testa del corteo, appariva improvvisamente la scelta più stupida e più sfortunata a cui si sarebbe potuto dar corso. Antonio tendeva a proteggere sua moglie e i suoi amici allargando le braccia e guardandosi attorno fortemente intimorito, mentre col corpo cercava di spingere tutti verso l’incavo di un portone, ma Sandra, colta quasi da un terrore isterico, sembrava impossibilitata persino a muoversi, limitandosi a coprire i suoi occhi e la faccia con le mani aperte. <<Siamo degli stupidi>>, continuava a dire Lina a voce alta, come per smontare con quelle parole la situazione difficile in cui erano andati ad infilarsi, e proprio in quell’attimo qualcuno correndo aveva spinto Renato fino a farlo cadere. Accanto a loro quattro qualcuno aveva preso sopra la testa una manganellata da un poliziotto, e adesso quel ragazzo con il gilet giallo si era seduto ormai inebetito e sanguinante, mentre le forze dell’ordine proseguivano il pestaggio di chiunque al momento trovassero a tiro. La guerriglia urbana mostrava adesso il suo volto più duro, e lo scontro cruento avveniva con dei corpo a corpo, dove la fuga repentina e veloce appariva quasi l’unica forma di difesa possibile.

Lina aveva alzato le braccia come per arrendersi, o per mostrare la propria estraneità a quanto andava accadendo in quei pochi minuti, e Renato, riuscito fortunatamente ad alzarsi da terra prima che qualcuno avesse potuto travolgerlo, si era andato subito a stringere contro il muro, mostrando anche lui le mani aperte, nel significato di mancanza di colpe. Si avvertivano infrangersi, poco lontano, le vetrine di qualche negozio; e le bottiglie molotov, un po’ più avanti, lasciavano partire da terra grandi pennacchi repentini di fiamme e di fumo nero, anche se erano i colpi secchi e terribili dei fucili per i lacrimogeni, o forse anche di altre armi, che incutevano maggiore paura. Loro quattro rimasero a lungo stretti davanti a quel benedetto portone, ed attesero terrorizzati, senza più neppure parlare tra loro, che le cose tornassero lentamente verso la piena normalità.

 

Bruno Magnolfi         

lunedì 13 giugno 2022

Rispetto dovuto.


            Il ragazzo, non proprio giovanissimo, dietro al bancone della boulangerie, aveva capito immediatamente che eravamo degli italiani, e così si era prodigato frettolosamente a spiegarci, nella nostra lingua, però piuttosto stentata, che aveva avuto una fidanzata di Roma in passato, e che era riuscito a visitare con lei, negli anni addietro, diverse località della nostra penisola. Noi gli avevamo sorriso, Sandra gli aveva subito confessato di dove eravamo esattamente, e che cosa stavamo facendo in Bretagna nel mese di febbraio. Lui si era mostrato meravigliato per la coraggiosa scelta di affrontare in inverno un periodo di vacanza in un camper, e poi aveva accennato, quasi come fosse un serio pericolo per i turisti, come nelle città francesi più grandi fosse in atto da settimane questa grossa protesta dei gilet gialli, ma in ogni caso si era subito personalmente dichiarato d’accordo con quelle rivendicazioni. Noi con naturalezza gli avevamo anche chiesto, pur con un certo tatto, delle informazioni aggiuntive, ed il ragazzo, approfittando del fatto che nel negozio in quel momento non c’era nessun altro che noi, ci aveva spiegato, abbassando la voce, di come si dicesse oramai dappertutto che il governo francese da lì a poco avrebbe sicuramente piegato la testa, finendo per accettare molte delle richieste dei manifestanti. Poi però era giunta nel panificio, per acquistare delle baguettes, una signora sui sessant’anni che conosceva bene l’esercizio, e noi avevamo lasciato cadere l'argomento preparandoci ad andarcene con i nostri acquisti di pane e di croissants fragranti, quando lei aveva aggiunto, sulla coda dei nostri discorsi, che secondo il suo parere era giusto protestare, perché nella maniera attuale i francesi non potevano più tirare avanti, mostrando così che tanta gente semplice, proprio come lei, stava dalla parte dei gilet gialli.

            Eravamo usciti da quel negozio tutto sommato soddisfatti di aver almeno trovato qualcuno pronto a spiegarci quanto fosse proprio di popolo quella specie di rivolta, anche se forse era più facile essere favorevoli a quelle proteste per delle persone che vivevano in una cittadina della provincia del Finisterre come Morlaix, che non per gli abitanti di qualche grande città francese. Tornammo sul nostro mezzo sostanzialmente provando una vaga simpatia per i discorsi che avevamo ascoltato, anche se le notizie di cronaca sui cortei in atto parlavano di frange violente e di vere e proprie devastazioni da parte dei manifestanti. <<Deve essere una sensazione forte ritrovarsi in piazza a migliaia senza neppure seguire un partito o una bandiera precisa>>, diceva Sandra quasi invidiando la determinazione dei partecipanti alle proteste. <<Qualcuno o qualcosa ci deve pur essere comunque alle loro spalle>>, smorzava allora Lina, con il suo modo distaccato e poco favorevole agli entusiasmi.  L’idea generale al momento era quella di riempire la piccola dispensa del camper ed andarcene a preparare la cena dalle parti di Carantec, lungo la costa, e addirittura spingerci durante la bassa marea fino a l’Ile de Callot, collegata alla terraferma da una strada sottomarina a seconda delle fasi lunari. Da un certo punto di vista il nostro pareva un percorso di allontanamento dai problemi reali del paese, ma di fatto nessuno di noi dimenticava facilmente il momento politico francese. Renato ribadiva allora con un semplice: <<andiamo>>, che la nostra era soltanto una semplice vacanza, ed Antonio metteva in movimento il motore senza commenti.

            Il viaggio era brevissimo, ed il vento al momento pareva quietato, tanto che la temperatura atmosferica sembrava molto meno bassa di quanto ci potevamo aspettare. Le tante villette ad un piano edificate vicino alla costa oceanica, ognuna circondata dal suo verde giardino, mostravano con estrema chiarezza quanto la località fosse apprezzata nel periodo estivo, e la nostra ricerca di un luogo abbastanza isolato e tranquillo in altri periodi dell’anno forse sarebbe stata molto difficile. <<Una cittadina piuttosto borghese>>, esordì Lina manifestando la propria distanza da posti del genere, ma Antonio la corresse invitandola ad osservare meglio il lato naturalistico della costa e di quanto avevamo di fronte, e così quelle basse scogliere frastagliatissime con i suoi tanti isolotti di fronte, ci apparvero all’improvviso per quello che erano veramente. Arrivammo fino a Roscoff allora, e  l’Ile de Batz apparve di fronte a noi come una grande nave composta di scogli e di vegetazione lussureggiante. Dal piccolo porto locale salpavano ogni giorno delle imbarcazioni dirette in Inghilterra e addirittura in Irlanda, e la vicinanza improvvisa con tante culture diverse, così a portata di mano per tutti, ci fece sentire più piccoli, tanto che quella sera preparammo e consumammo la nostra cena nel camper quasi in completo silenzio, forse proprio per una forma di dovuto rispetto per un luogo affacciato e proteso verso l’Oceano immenso e pieno di storia.

 

            Bruno Magnolfi 

           

giovedì 9 giugno 2022

Bassa marea.


            Lui osserva senza grande attenzione lo schermo del tablet che ha tra le mani; poi, riflettendo su chissà che, dice qualcosa a bassa voce ma senza riferirsi a nessuno in particolare. <<Ancora con i titoli di borsa>>, sbuffa sua moglie che sta riguardando piacevolmente alcune fotografie scattate nei giorni appena trascorsi. <<Non voglio sentire ancora delle storie sui tuoi famosi investimenti sicuri>>, gli dice senza mezzi termini, riferendosi ad una perdita secca di una piccola somma avvenuta oramai più di un anno fa. <<Quello è un argomento ormai chiuso, sia chiaro>>, sigilla alla fine dando un’occhiata sorridente e ammiccante ad Antonio che sta preparando la tavola per il loro pranzo nel camper. Lina intanto sta già sfornellando delle verdure sul fuoco, e sembra concentrata su quello che ha mescolato dentro ad una piccola pentola, sicuramente seguendo una ricetta del tutto personale. Si sono fermati presso un largo spiazzo alberato, dalle parti di Coutances, in Normandia, dopo aver fatto degli acquisti veloci in un supermercato periferico della città, ma anche se nell’entroterra il forte vento che oggi spazza ed increspa le acque della Manica giunge qui parecchio attenuato, l’umore generale dei quattro mostra comunque ancora del nervosismo.

            <<Nel pomeriggio dovremo spostarci da qua>>, dice Antonio come se fosse alla guida di una carovana di coloni in cerca di un luogo dove insediarsi e fondare così un nuovo Stato. <<Dobbiamo trovare un posto dove trascorrere la notte, un luogo che non sia né troppo distante dalla costa, e neppure dalla Bretagna direi, ma dove non giunga comunque questo vento bestiale>>. Gli altri concordano, e mentre mangiano con gusto le seppie con gli spinaci preparate da Lina, Sandra propone di spingersi fino a Granville, <<e di fermarsi magari sulla rocca subito accanto al porto turistico, che dalla cartina sembra rimanga posizionata piuttosto sottovento, e dalla guida sembra sia un luogo pieno di fascino>>. Tutti si mostrano d’accordo, pur senza grande entusiasmo, perché in certi momenti quel procedere della vacanza francese sembra quasi un continuo muoversi praticamente allo sbando, come se il loro avanzare fosse dato soltanto dal caso, o da qualche notizia lacunosa, senza seguire mai un senso o una logica. Dimenticando del tutto però che prima di partire i quattro si erano appunto prefissati di non seguire mai in quel viaggio né un senso definito, e neppure una logica, ma lasciandosi proprio incantare dalla giornata, dal momento, dalla voglia improvvisa, pur restando fedeli ad una percorrenza esclusiva lungo le strade costiere francesi.

            <<A me piacciono le scogliere spazzate dalle onde oceaniche>>, dice Lina ironizzando su di sé; <<ma sanno forse un po’ troppo di romantico, di qualcosa già risaputo, quasi ordinario, insomma>>. Renato la guarda, gli piace quando lei parla così, mostrando se stessa nonostante tutto. Forse, una volta terminato di mangiare, potrebbe cercare di fare un piccolo giro a piedi con lei, magari con la scusa del loro cane che deve muoversi un po’. Lei evita di volgere gli occhi verso di lui, ma sente di essere osservata, almeno a tratti, così dice che: <<spesso ci sono delle persone che hanno di fronte delle cose meravigliose, eppure non riescono neppure a rendersene conto>>, pizzicando Renato nel vivo, per la sua solita inedia, per l’indifferenza che mostra, per l’assenza di qualsiasi entusiasmo che sembra sbandierare regolarmente. Lui dice: <<anche le cose più incredibili con l’abitudine provocano noia>>, e Lina sorride, lascia una pausa in aria, poi replica: <<non certo se veniamo fino qua apposta per vedere la forza dell’oceano in tempesta>>. Sandra avverte l’inizio di un sottile battibecco, così per evitarlo dice subito: <<non è possibile provare il senso delle abitudini durante il corso di una vacanza>>. Antonio resta in silenzio, forse ha una sua idea ben precisa su tutto, ma evita come sempre di tirarla fuori, proseguendo a mangiare. 

            <<Non vedo l’ora di giungere dalle parti di Mont Saint-Michel, e perdermi nella sabbia della bassa marea>>, dice Sandra cercando una prospettiva positiva per tutti. <<Credo che domani potremo proprio passare da quelle spiagge>>, risponde Antonio con la sua aria da grande organizzatore. <<Dobbiamo comunque acquistare subito un quotidiano locale che riporti gli orari esatti delle maree, prima di ritrovarci inguaiati con i piedi nell’acqua>>. Renato sorride, poi getta ancora un’occhiata verso Lina, che forse in questo momento ha mille pensieri divergenti che le passano dentro la testa. Farà un giretto poco lontano dal camper, con lei e con il cane, più tardi; adesso ne è proprio sicuro.

 

            Bruno Magnolfi

martedì 7 giugno 2022

Migliore esperienza.


            Diario. 14° giorno. Io sono una donna semplice. Ritengo anche di sapermi accontentare di poco, generalmente, e di non pretendere mai, né da me stessa né dagli altri, delle scelte difficili oppure troppo impegnative. Però andare a Nantes, adesso che siamo proprio vicini, ed unirmi alla sfilata di sabato dei gilet gialli, è una cosa a cui aspiravo fin dall’inizio di questa strana vacanza in camper, ed adesso che anche gli altri tre hanno deciso, certo, dietro alle mie tante insistenze, di partecipare a quella manifestazione, mi pare quasi una vittoria personale, qualcosa che in qualche modo mi ripaga di alcune incomprensioni che forse mi è sembrato di subire, durante tutto questo viaggio francese. Oggi ho acquistato in edicola un paio di quotidiani, ed ho spulciato tutte le notizie possibili su quanto domani potremmo trovarci di fronte. Naturalmente abbiamo stabilito già tutto il programma: soprattutto dove parcheggiare il nostro camper e come arrivare sul viale centrale previsto per il raduno. Noi per precauzione non avremo la divisa dei manifestanti, anche se probabilmente sarebbe facile reperirne qualcuna: in fondo siamo peraltro soltanto dei curiosi, dei turisti che si vogliono semplicemente rendere conto di quello che sta accadendo in questo paese, e nient’altro. Però sarà bello esserci. Abbiamo controllato le cartine della città, e nel caso ci perdessimo tra noi nella confusione della gente, ci siamo dati un luogo ed un orario preciso per ritrovarci tutt’e quattro. A seguito, magari nel tardo pomeriggio, visiteremo meglio anche Nantes, dando un’occhiata alle sue bellezze. Lina sembra poco interessata da tutto quanto, ma lei è fatta così, non si sa mai che cosa sia che le interessi maggiormente.

            Anche mio marito si è mostrato quasi completamente estraneo a tutto quanto, e volutamente io ho cercato di non insistere neppure troppo a parlargli dei gilet gialli e dei loro cortei, in quanto conoscendolo a fondo da tanti anni, sono sicura di come sia capace, superata la sua solita soglia di indifferenza, di dimostrarsi assolutamente critico nei confronti di qualcosa di questo genere, fino a dare a tutto quanto una semplice etichetta di estrema intolleranza e di scarsa democraticità.  L'unico vagamente incuriosito dal movimento si è dimostrato Antonio, ma forse soltanto per accondiscendenza nei confronti degli studi di critica marxista affrontati in gioventù dalla sua moglie. Però alla fine tutto ciò non ha troppa importanza. Sono sicura che ci serve a tutti e quattro un’esperienza di questo genere in mezzo alla folla, dopo quindici giorni filati di vita randagia, tra Bretagna e Normandia, e quasi ritirata, trascorsa da soli dentro un camper come quello che abbiamo noleggiato. Mi pare quasi un ritorno alla vita: un abbandono improvviso della solitudine davanti all’Oceano, per un abbraccio totale della socialità. Ho letto sui quotidiani molti dei motivi di rivendicazione tirati fuori dai manifestanti francesi, e mi sono sembrati tutti assolutamente condivisibili. Perciò sono contenta. Sono venuta per un breve periodo in questo paese, ma voglio almeno parzialmente farne parte, immedesimando me stessa in tutte le sue articolazioni.

            Mi dà entusiasmo gettarmi in questa prova: è come chiudere una vacanza tutto sommato alla portata di chiunque, ma con qualcosa assolutamente di speciale, come sentire di affrontare così un momento unico, quasi irripetibile, qualcosa che forse è capace di arricchire di senso anche tutto quello che fino adesso in parte è mancato. Poi rientreremo rapidamente lungo le autostrade per il Sud nella nostra vita di sempre: le nostre abitazioni, il lavoro, la solita quotidianità. Ma avere mostrato il coraggio di sfilare a fianco di un movimento a cui in fondo neppure apparteniamo, e che ci risulta quasi estraneo, è un dato che senz’altro non potremo dimenticare facilmente. E poi visitare una grande e bella città straniera con gli occhi dei suoi stessi abitanti mentre sfilano compatti lungo le sue strade, non è certo una cosa che possa capitare in qualsiasi giorno. Forse dovrei già proiettarmi mentalmente nel prossimo periodo, quando, ritornati a casa, ci sarà da fare un sommario di tutto quanto questo viaggio: riguardare le fotografie, ripercorrere sulla cartina tutti i piccoli luoghi costieri visitati, ripensare a quanto accaduto in posto o nell’altro, e rimeditare ogni dettaglio per rendere tutto quanto qualcosa che davvero assuma del valore anche nel tempo. Dovrò ripensare a quanto è successo in questo camper, ed anche a quanto forse non è capitato; e riflettere a fondo su quello di positivo o di negativo si sia manifestato; e capirne meglio i dettagli, le sottigliezze, gli aspetti sfuggenti, in maniera da farne una vera proficua esperienza: qualcosa che riesce a lasciare i suoi segni dentro di noi per molto tempo, addirittura più di quanto si fosse creduto mai possibile.

 

            Bruno Magnolfi 

domenica 5 giugno 2022

Inutile ed evidente.


Tante volte ho desiderato un uomo diverso accanto a me, penso qualche volta prima di addormentarmi. E invece ho finito per abituarmi giorno dopo giorno ad Antonio, quasi senza rendermi conto dell'errore iniziale commesso. Loro due proseguono a dormire nel vano sopra la cabina di guida del camper, e la semplice tenda che divide la loro intimità con quella di Sandra e di Renato, coricati nel letto ricavato in coda al veicolo, certe volte le pare addirittura non sufficiente per non provare una certa assurda gelosia. In certi casi lo guardo e mi viene in mente che sarei probabilmente una persona diversa se non fossi al suo fianco; poi attendo un attimo ed infine mi convinco che in tutti questi anni in fondo non è stato capace di cambiarmi per nulla. E poi non so neppure se adesso vorrei essere una persona molto diversa da quella che sono stata fino ad oggi, e quindi in qualche modo credo di dover essergli grata. Non è che mi accontento senza preoccuparmi di nulla, soltanto, in tutte le mie piccole cose personali, ritrovo me stessa fin nei piccoli gesti di quando ero piccola, con una coerenza forse addirittura poco diffusa negli altri.

In questi giorni osservo Renato anche più del dovuto. Mi piace, non posso negarlo, ma questo non significa affatto che vorrei avere una storia con lui o cose del genere. Renato comunque è stato prontissimo ad avvertire in lei il cambiamento avvenuto, ed ha risposto con una certa segreta intensità alle sue rapide occhiate. Ha lasciato che Lina proponesse il suo gioco sottile senza mai tentare di interromperla, ma anche senza esagerare ad incoraggiarla. Mi sento una persona normale alla fine, soltanto vorrei maggiormente essere presa per una che le cose in cui crede le ha riflettute con grande profondità, avendo peraltro sostenuto diversi esami universitari di filosofia, ed essendomi molto applicata nella comprensione intellettuale del puro pensiero. Non mi sono laureata alla fine, però ho studiato a fondo persino il capitolo sesto inedito del Capitale di Marx, e non mi dispiace quando qualcuno riesce a rendersene conto anche da ciò che dico o da come parlo, visto che un certo tipo di cultura mi è sicuramente rimasta sotto le unghie.

Renato non insiste mai nel guardarla, però Lina in questi giorni di vacanza sul camper si sente spesso osservata, e quando si trova a dire qualcosa agli altri tre, riesce a tenere conto del fatto che i suoi argomenti sono forse afferrati più intensamente proprio da lui, adesso che si è instaurato questo piccolo gioco d'intesa tra loro due. Addirittura lei preferisce così, piuttosto che ritrovarsi da sola con Renato e non sapere mai esattamente di che cosa parlargli. Forse sono una sciocca che pensa soltanto di essere superiore a delle piccole cose determinate, anche se mi viene spontaneo osservare a volte negli altri qualcosa riguardante me stessa. Spesso vorrei passare inosservata, ma non sempre sono capace di rendermi trasparente, anche se è questo il mio scopo principale. Renato è una persona normalmente annoiata di tutto, che riesce ad avere qualche sprazzo di brillantezza soltanto al momento in cui qualcosa di particolare risulta capace di prenderlo per davvero. Eppure possiede un fascino sottile, forse una sola rara espressione, in cui di colpo sembra racchiudere e riassumere diversi temi del tutto indefinibili.

Certe volte mi chiedo se sono felice, ma subito tendo ad allontanare da me questo pensiero come un ragionamento inutile, astratto, privo di un reale significato. Non so cosa desideri veramente, se non sapere che ci sono comunque delle persone che ruotano poco distanti dalla mia solitudine, e che forse riescono a tradurre in semplicità il mio ingarbugliare tutte le cose. Adesso che siamo immersi in questa Bretagna invernale a cui aspiravo oramai da molto tempo, considerandola per certi aspetti simile alla mia personalità, mi rendo conto che tutto qua attorno appare improvvisamente diverso da ciò che immaginavo, e che questa terra costiera è soltanto una qualsiasi provincia d'Europa, senza le caratteristiche preziose che forse credevo di trovare. Renato la guarda quando lei osserva qualcosa sull’orizzonte nebbioso dell’oceano, e forse ambedue si proiettano insieme e rapidamente lontano da lì, come fosse sufficiente il desiderio di un attimo per poter concretizzare qualcosa, quasi che un’idea di quel genere, sempre che valga davvero sia per l’uno che per l’altra, rendesse a tutt’e due una leggerezza capace di farli sentire più vivi. Infine ogni volta rientrano rassegnati dentro al camper, anche senza aver scambiato una sola parola, considerato che l’inutilità di proporre dei discorsi tra loro appare oramai del tutto evidente. 

 

Bruno Magnolfi


mercoledì 1 giugno 2022

Sagoma d'uomo.


Una sera Renato era sbronzo. Anche gli altri ne avevano bevuto parecchio di vino bianco Langlois Chateau, fino ad aprirne una terza bottiglia, ma lui aveva addirittura ecceduto con un paio, o forse più, bicchierini di vodka fredda a fine pasto, dopo aver mangiato del pesce sfilettato dell’Atlantico con un’insalata ed un po’ di baguette. Dentro al camper, posteggiato dalle parti costiere di Le Conquet, tra l’enorme faro di Kermorvan e quello di Saint-Mathieu, nel Finisterre, sembrava essersi ristabilita una certa cordialità, anche se nulla di fatto era cambiato veramente. <<Siamo tutti amici>>, aveva iniziato col dire Renato ridendo, e gli altri naturalmente lo avevano assecondato mostrandosi allegri e d'accordo con lui. Si vedeva però che voleva meravigliare gli altri tre spifferando loro qualcosa di forte, qualcosa per impressionare magari, ma era come se non trovasse al momento le parole adeguate. <<Voi però siete pazzi>>, aveva sparato alla fine, immaginando così di rivelare qualcosa di cui nessuno senza la sua iniziativa avrebbe mai saputo rendersi conto. <<Siamo sull’orlo del mondo>>, diceva ancora sentendosi adesso fortemente osservato, al centro dell’attenzione; <<ai confini di qualcosa da cui non torneremo più indietro>>.  Antonio allora si era subito alzato dal piccolo tavolo smontabile, come per togliere immediatamente importanza a quelle parole, mentre Sandra, la moglie di Renato, cercava ancora di ridere per quelle sciocchezze, come se qualcuno avesse fatto una battuta di spirito.

Lina invece era seria; si era messa vicino alla porta socchiusa del camper per fumare una delle sue sigarette sottili, osservando quasi immobile il fumo che se ne fuggiva da quello spiraglio. <<Forse hai pienamente ragione>>, aveva detto improvvisamente quasi prendendo troppo sul serio quegli argomenti così inadeguati per una serata come quella che cercavano di portare avanti. Dal lunotto posteriore si vedeva con nitidezza la luce intermittente di uno dei fari atlantici ruotare meticolosamente alla ricerca di qualcosa sulla superficie dell’acqua e sulle rocce vicine, ed il senso che sembrava poterne dedurre, osservandolo, era forse proprio quello che Renato, spinto dall’alcol, aveva appena chiarito. <<In fondo, siamo venuti fin qui per questo motivo>>, aveva completato lui stesso alla fine, come cercando di dare un significato ancora più forte a delle frasi che aveva messo insieme probabilmente per caso, senza il desiderio reale di dare una spiegazione a qualcosa.

Sandra allora aveva iniziato a togliere le stoviglie da sopra la tavola, ed un silenzio marcato era sceso di nuovo nel camper e tra loro quattro, come già altre sere purtroppo era accaduto, rotto soltanto dal brusio leggero del generatore di corrente elettrica esterno in piena funzione. Lina, come sempre, dopo aver spento la sua sigaretta e tirato fuori il suo solito grembiule, aveva subito iniziato a sistemare i piatti dentro al lavello per dare una lavata veloce a tutto quanto, e nessuno si era preso la briga di dare ancora retta a Renato e ai suoi discorsi sconclusionati. Ma qualcosa sembrava come rimasto sospeso nell’aria, tanto che, preparando il caffè, Sandra aveva consigliato furtivamente di mettere del sale nella tazzina di suo marito, e spingerlo così a vomitare per alleggerirne lo stomaco. Antonio però era a disagio, aveva tolto ogni bottiglia dal tavolo ed aiutato a sistemare le cose, ma pareva desideroso di uscire dal camper, e di starsene per conto proprio almeno mezz’ora.

“Certo”, pensava di colpo; “probabilmente in seguito non riusciremo tra noi ad essere più gli stessi di prima, una volta tornati alla vita di sempre. Anche se a me sembra impossibile essersi ridotti quasi a mostrare disprezzo l’un l’altro, come se fosse realmente intervenuto qualcosa di brutto ad incrinare in questa maniera i nostri rapporti. Eppure dobbiamo provare ad interrogarci, ognuno per conto proprio magari, per cercare di comprendere quali errori possono essere intervenuti, e quali contromisure sia possibile adesso cercare di mettere in campo”. Così, assistito dalla sua lampadina portatile, si era aggirato furtivo tra i radi cespugli della piazzola dove avevano posteggiato la loro casa su ruote. Poi aveva avvertito l’inequivocabile rumore della porta del camper che tornava ad aprirsi di colpo, ed aveva intravisto Renato, forse sospinto dalle due donne, sortito fuori dal loro mezzo di due o tre passi appena, che oramai all’aperto stava già vomitando tutto l’alcol che aveva ingerito, illuminato dalla fioca luce che trapelava fin lì dall’interno, ma soprattutto colpito a tratti dall’illuminazione del faro, che con la solita regolare intermittenza, metteva in mostra d’improvviso tutta la sua sagoma assurda piegata in avanti.

 

Bruno Magnolfi