giovedì 31 agosto 2017

Normale attualità.

           

C'è qualcosa che non mi piace nei tuoi modi stasera, dice lei; come una sfumatura di distacco che certe volte proprio come adesso semplicemente traspare dal tuo comportamento, e poi lascia l’impressione leggera ma definita che forse ti andrebbe soltanto di startene lontano da me e da ciò che sono. Ci sono delle occasioni in cui mi piacerebbe molto volentieri darti uno schiaffo sulla faccia per toglierti dal viso quella vaga espressione di chi inspiegabilmente si sente in qualche modo superiore agli altri. Credo in ogni caso che dietro queste apparenze ci sia davvero qualcosa che non vada tra di noi, anche se forse è un argomento che non hai mai neppure affrontato dentro di te; forse lo hai semplicemente tenuto a distanza, probabilmente soltanto per continuare a cullarti come sempre sopra la garanzia dei tuoi modi e delle tue semplici abitudini.
Lui fuma svogliato, ascolta senza quasi darne l’impressione, sorridendo a tratti: probabilmente gli pare che certi discorsi basta in fondo lasciarli perdere o dare loro una scarsissima importanza, e quelli lentamente riescono a sgonfiarsi senza lasciare alcun residuo. Poi cerca di cambiare argomento, si alza, spiega che questa è una serata un po’ particolare, non lo sa neppure lui perché, come se  qualcosa stesse cambiando con grande rapidità dice, e chissà mai, se saremo in grado proprio noi due di tenere davvero testa a quanto accade attorno. Dovremo uscire forse, andare in giro per rendersi conto se è reale questa specie di vibrazione che adesso avverto nell’aria.
Lei pensa: questo è uno dei suoi modi per tenere tutto assolutamente sotto controllo; però certo lo sa fare, sottostima l’argomento e tenta di spostare l’attenzione su qualcosa di diverso, mostrando rapidamente che le cose in qualche maniera possono cambiare; lui poi si mostrerà disposto a mettere in campo tutta la sua sensibilità per farlo, e così il gioco è fatto. Non mi pare ci sia niente di strano o di diverso, gli dice lei con un scatto nervoso; tutto è come sempre, le tue parole, persino la tua espressione sopra la faccia. Lui torna a sorridere mostrando semplice compiacenza ed elementare superiorità rispetto alle cose facili che forse si potrebbero esprimere, quasi che qualsiasi affermazione da parte propria riuscisse solo ad integrarsi in qualcosa di precedentemente già affrontato e digerito.
Si può uscire, insiste senza dare maggiore importanza alle sue parole; poi spenge il mozzicone e va nell’altra stanza, come per cambiarsi d’abito ed indossare qualcosa di adatto alla serata che probabilmente ha già in mente. Lei gli concede un’ultima occhiata prima di riflettere cosa sia meglio fare, resta qualche attimo in silenzio, quasi in sospensione, infine rilascia la testa sopra lo schienale della sedia, come a rilassare i muscoli e persino i suoi pensieri. In ogni caso adesso non si sente nervosa, nessuna irritazione, si sente oltre, pronta a misurare con calma la quantità di distacco ormai più che evidente.
Lui torna, ha ascoltato le ultime notizie, dice che c’è stato un grosso incidente in città, forse un attentato, dobbiamo andare a vedere che cosa è successo. Lei lo guarda senza muoversi, lascia in aria una pausa, poi spiega: vai tu se vuoi; io non ne ho voglia.


Bruno Magnolfi 

venerdì 25 agosto 2017

Profondo interno.

            

            Sono immobile, non riesco più neppure ad alzarmi da questa panchina. Mi hanno piazzato in un pubblico giardinetto, ma non c’è nessuno qua attorno, proprio nessuno con cui scambiare almeno quattro chiacchiere. Ma in fondo non ha alcuna importanza, ho con me i miei pensieri, e tanto mi basta. Però sono confuso, non riesco a capire dove sia stato l’errore, in quale esatto momento abbia sbagliato la scelta. Mi guardo attorno: ci sarà pure una possibilità nel finale penso, un momento salvifico in cui qualcuno viene a soccorrermi e a riconoscere qualcosa di me, qualcosa che sia risultato almeno positivo, che valga la pena di ricordare.
            Torna la mia badante, dice che non ha trovato nessuno che le vendesse una bottiglietta d’acqua, ma in ogni caso adesso fa troppo caldo ed è quasi l’ora di tornarcene a casa. La guardo per un attimo, poi annuisco ed osservo la fila degli alberi più avanti. Non importa neppure che pensi rifletto, ogni cosa va al proprio posto anche senza di me: tra poco nella mia stanza guarderò le notizie del giorno alla televisione, immaginerò altri mondi, altri scenari lontani il più possibile dai miei poveri disastri, e lascerò come sempre che mi accudiscano, senza tentare alcunché di diverso.
            Ci muoviamo, lentamente, lasciandomi sorreggere, i passi uno avanti a quell’altro, quasi fossero in questo momento la cosa più importante del mondo. Poi ci fermiamo, improvvisamente: c’è qualcosa di cui mi ricordo, devo appuntare su un foglio questo pensiero, così la badante mi aiuta con un pezzo di carta, la matita poi la porto sempre con me. C’è davvero un errore che riconosco, adesso mi è chiaro. Per la fretta, senz’altro, la superficialità, i miei soliti difetti. Avrei dovuto comportarmi in un’altra maniera, essere più diretto, puntare soltanto allo scopo finale. Ho perso del tempo invece, ho creduto forse di poter recuperare qualcosa subito dopo, e invece non è andata così, ma forse già lo sapevo che lo scenario sarebbe cambiato velocemente, e che certe occasioni non si ripresentano mai.
Non è servito neppure pensare che poteva andar meglio la volta successiva, perché poi tutte le volte è diverso, i fatti non si fanno vedere mai nella stessa maniera. C'è stata una buona occasione per cambiare tutte le carte sul tavolo, ecco come va detto, ma quella occasione io l’ho lasciata sfumare, questo adesso è quello che devo appuntare sul foglio. Non c'è da provare rimpianti, anche questo fa parte di me, di questo strano carattere, del mio aver lasciato scorrere in un certo modo le cose, come se forse il giorno successivo a tutto quanto fosse stato il momento più adatto.
La mia badante non sa più cosa pensare di me: un vecchio rompiscatole rancoroso come se ne trova ben pochi, ma non so cosa farci, sono in questa maniera, ci vuole pazienza. Non ce l'ho con nessuno, le cose non sono andate come volevo, ma la colpa è la mia, tutto è dipeso soltanto da me, e riconoscerlo adesso mi pare quasi un sollievo. Cosa importa, vorrei ancora scrivere su questo foglio, se si scava all’interno ogni persona porta con sé un proprio errore, una mancanza grave che il tempo magari ha cercato di cancellare, o che ha reso accettabile. Sono esattamente come gli altri, ecco; da questo punto di vista niente di fondamentalmente diverso.
Siamo arrivati, entriamo, adesso accenderò la televisione per le notizie, la mia badante si eclissa, i miei pensieri restano ancora con me. Eppure lo sbaglio c’è stato, e se penso intensamente a tutto quanto provo ancora un po’ di vergogna, di rabbia, e volontà di riscatto. Non posso annullare questa mia riflessione, tanto vale cerchi di allearmi con lei, di plasmarla fino quasi a farne il pensiero principale da cui ripartire. Già, perché qualsiasi errore prima o dopo si può sempre correggere.


Bruno Magnolfi  

lunedì 21 agosto 2017

Facili dimostrazioni.

          
            Da qua fino laggiù c’è una strada piena di pericoli, dice lui. Si può fingere che tutto sia tranquillo, che non ci sia alcun problema nel percorrere del tutto serenamente questa semplice distanza, ma non è così, e le conseguenze di una sciocca superficialità di questo genere possono mostrarsi rapidamente con risultati anche più gravi di qualsiasi sospetto si possa avere avuto in precedenza. Lui lo sa, certo, conosce bene quel tragitto anche se non lo ha mai percorso interamente, e già parecchie volte si è trovato in difficoltà nel tentarlo anche soltanto per alcuni passi, così è per questo che ha deciso ogni volta di non cercare neanche di intraprendere tutto quel percorso, e di non provare mai ad arrivare davvero fino laggiù, con quanto una decisione di questo genere gli possa avere sempre accumulato dispiacere.
            Ci sono delle volte, dice lui, che si prova quasi nostalgia per quei tempi lontani in cui forse ognuno poteva percorrere la strada in tutta sicurezza, sovrappensiero quasi, senza provare alcuna minima preoccupazione, con la sensazione che ogni cosa dovesse sempre filare liscia fino in fondo, esattamente per sua propria natura, e senza mostrare alcun ostacolo, fino a lasciar sentire nel profondo di ogni viandante d’oggi quel normale struggimento dato dal semplice ripensare all’innocenza con cui venivano affrontate le cose in quei momenti. Però poi tutto è cambiato con estrema rapidità, e una via tracciata proprio come quella, inizialmente così sicura e generosa, si è fatta rapidamente oltremodo impervia, soggetta a tutti i cambi repentini di stagione, pronta ad offrire ad ogni curva riparo facile a chissà quali lestofanti e malfattori, gente senza troppi scrupoli pronta ad aggredire qualsiasi viaggiatore che da quel momento in poi si sia venuto a trovare per obbligo o per scelta lungo quel cammino.
            In seguito però si è anche iniziato a prendere dei seri provvedimenti, certe iniziative di ordine sociale, e per tutta la distanza che c’è tra qua e laggiù qualcuno tra quelli più importanti si è messo addirittura in testa di definire e catalogare tutti i tipi di insidie grandi e piccole che si sarebbero potute verificare ed incontrare, tanto da neutralizzare poco per volta nei pensieri di chiunque il senso stesso del pericolo che sta alla base del terrore provato fino a quel momento. Qualcuno ha detto perfino che era sempre stata soltanto una qualsiasi suggestione, un senso distorto delle cose, scaturito forse da paure infantili, da brutti sogni privi di qualsiasi importanza, ma nessuno fino ad oggi si è più arrischiato a mettersi ancora davvero in viaggio per laggiù.
Per questo adesso, al contrario degli altri che appaiono succubi di paure peraltro sempre più vaghe, lui ha pensato di mettersi in marcia all’improvviso, in perfetta solitudine, a piedi, proprio lungo quel tracciato; sicuramente per dimostrare a tutti che è necessario superare con coraggio le cose che spesso paiono tenerci prigionieri, ed affrontare con grande senso anche altruistico ciò che apparentemente può sembrare come una scelta soltanto individuale; ma anche perché secondo lui è necessario per tutti tentare un cambiamento. In fondo pensa: che importanza può mai avere quel concentrare intensamente il proprio sguardo onde evitare qualche trappola tesa con disattenzione, qualche trabocchetto messo lì con uno scarso senso della misura e delle proporzioni, tanto da superare tutto   quanto con la propria personalità forte di sé. Siamo persone soprattutto, ha riflettuto: anche se siamo chiamati costantemente a dimostrarlo.


Bruno Magnolfi

lunedì 7 agosto 2017

Cambio di identità.

            

Sono perfettamente cosciente di ciò che mi viene riferito in questa stanza disadorna; naturalmente ascolto tutto quanto con molta attenzione ed intanto cerco di comprendere quale persona sia proprio quella che sembra aver agito esattamente come se fosse un’altra me stessa pur non essendolo. Abbasso la testa, non guardo nessuno, peraltro sono tutti uomini qua dentro esclusa me, e cerco con attenzione di non fare alcun accenno alle loro accuse, soprattutto evitando ogni espressione troppo esaustiva a margine delle parole che sottolineano tutti i fatti messi in elenco. Si comprenderà penso, prima o dopo, che non sono stata io a compiere quei gesti e quegli atti negativi. Ne sono certa, senza ombra di dubbio, per questo adesso non ho proprio niente da dire a mio discapito.
Non capisco neppure come la mia identità, o meglio quella di una donna che mi assomiglia molto, possa essere entrata in questa storia; mi pare impossibile che qualcuno mi sospetti di comportamenti così aberranti come dicono tutti, quando io non ne ricordo neppure una minima parte, tanto che pur essendo convinta che venga detta la pura verità sui fatti e su ogni vicenda, e che tutto quanto sia veramente accaduto, penso che tutto deve essere stato causato semplicemente da una persona che magari mi assomiglia e basta. Chiudo gli occhi: non è quasi possibile che possa essere accusata davvero di cose di quel genere, e forse per questo, per l’assurdità delle imputazioni che loro riferiscono, mi viene quasi da ridere. Rido difatti, anche sguaiatamente, senza decidere di fermarmi neppure quando mi invitano a farlo, ed i presenti proprio per lo stesso motivo si guardano tra loro, forse si formano così una qualche opinione più leggera nei miei confronti penso, anche se evidentemente almeno per adesso non si fidano affatto delle cose che tento di proporre a mio discapito.
Non sono io, dico alla fine, ed adesso sono loro che si mettono a ridere, visto che queste persone conoscono più cose nei miei confronti di quante almeno a tratti sembra ne sappia addirittura io stessa. Forse c'è qualcuno che ha rubato la mia identità dico, probabilmente c’è una sosia di me che sta mettendomi deliberatamente in questa posizione così difficile. Sembra un incubo, una storia impossibile messa in piedi per farmi quasi credere di essere un’altra. Riprendo a ridere, cosa mi importa, nessuno può farmi niente finché nego ogni addebito ed ogni responsabilità, anche se loro sono dei bravi poliziotti.
Dicono che ormai non ci sono dubbi e che io non possa fare altro che confessare, ma a me a queste parole viene naturale volgere lo sguardo da tutta un’altra parte, e disinteressarmi di ogni cosa. Loro scrivono, qualsiasi parola venga detta, anche quella appena accennata, o magari solo suggerita, e forse anche i miei stessi pensieri vengono tutti scritti dettagliatamente sulla carta. Poi una volta terminata la relazione mi dicono di firmarla, ma io non voglio firmare niente dico ad alta voce, e con questo ribadisco che tutto quanto hanno appena spiegato è semplicemente riferito ad una persona che non sono io, ad un’altra donna insomma. Si grattano la testa, dicono che adesso ricominceranno tutto dall’inizio, così partono a chiedermi il nome, il sesso, la data di nascita, il posto dove abito, ed è in questa maniera che io adesso mi invento di sana pianta un'identità che assolutamente non corrisponde a nessuna delle cose che loro dicono di me, riferendo dei connotati che sono di una qualche persona che nessuno neppure conosce, naturalmente perché frutto soltanto di questa mia fantasia.
Ed improvvisamente cambia tutto. Mi credono adesso, spiegano che  si sono convinti, dicono che a loro dispiace, ma che c'è stato un evidente errore di persona, poi si alzano, mi stringono la mano uno dopo l’altro, lasciano semplicemente che mi allontani, che vada via da lì. Esco quindi da quella stanza maledetta, e mi sento quasi incredula anche  se contenta: non sono mai stata così orgogliosa di me stessa come adesso penso; meglio cambiarsi personalità ogni tanto, rifletto mentre sono già arrivata in strada, almeno quando è possibile.


Bruno Magnolfi