Si doveva
partire in quell’estate di tanti anni fa, per andarcene all’estero, io e la mia
fidanzata, a vedere qualcosa che non avevamo mai visitato. Il primo lungo
passaggio in autostop era già definito prima della partenza: ci portava fino a
Copenhagen, con una tappa intermedia a Karlsruhe, in Germania, giusto una notte
per riposarci. Poi dalla Danimarca, saremmo scesi lentamente verso sud, sempre
in autostop. Un itinerario vero e proprio non l’avevamo neanche studiato, ma
sapevamo che sarebbe stato divertente farci trasportare dalla voglia, dagli
eventi e dal caso. Ci mancava la tenda per affrontare degnamente il viaggio,
così chiedemmo in giro agli amici se qualcuno poteva prestarcene. Giorgio ci
disse, dopo qualche giorno, che un suo amico, Luca, pianista di jazz, ci poteva
prestare la sua canadese. Fu subito all’inizio di tutto il viaggio che durò
quasi due mesi, a Karlsruhe, in una buia piazzola di sosta dell’autostrada,
sotto ad un temporale incredibile, che ci accorgemmo che quella tenda, tirata
fuori dal sacco per la prima volta da quando ce l’avevano data, oltre ad essere
piccolissima, era anche mancante di fondo, ed al suo posto, assieme allo
stretto necessario per essere montata, c’era soltanto un semplice ritaglio di
nylon trasparente. Odiammo Giorgio e il proprietario della canadese, ovviamente,
soprattutto quando, dopo essere passati da Amsterdam e aver preso una grande
nave da Vlissingen che dopo dodici ore di traversata notturna della Manica ci aveva
traghettati in Inghilterra, ad un’ora di corriera da Londra, e dopo esserci
spinti fino a Brixton, nei dintorni di Plymouth, in Cornovaglia, si dovette
andare in un supermercato a recuperare diversi cartoni vuoti che ci isolassero meglio
dal prato umido inglese. Era Luca Flores il proprietario della tenda, il grande
pianista di jazz morto suicida, e noi, tramite Giorgio, la restituimmo intera
al ritorno, dopo due mesi di giri per quella fetta d’Europa, con tanto di nylon
dentro alla sacca, così come c’era stata prestata. Non lo ringraziammo mai di
persona, Luca, ma ci piacerebbe farlo adesso, seppure in maniera così virtuale,
e nonostante tutti quei sacrifici che ci trovammo a dover affrontare.
Bruno Magnolfi
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