Ricordo
che una volta, durante un giorno qualsiasi, io ed il mio amico andammo a far
visita ad una ragazza, una tizia di nostra conoscenza che sapevamo abitare una
strana casa che peraltro non avevamo mai visto, qualcosa che a suo dire stava a
cavallo tra una baracca abusiva sul mare ed un appartamento studentesco situato
nel vecchio centro storico della città. Lei naturalmente si mostrò estremamente
felice del nostro arrivo, ma essendo del tutto inaspettato dovette spiegarci in
due parole che purtroppo per quel giorno aveva un impegno accademico piuttosto
importante in qualità di assistente universitaria nella facoltà dove lavorava,
lasciandoci comunque padroni del suo appartamento per tutto il tempo che
volevamo, con l’impegno da parte sua di tornare al più presto, forse
addirittura nella stessa serata. Più tardi poi ci avrebbe spiegato al telefono
che sarebbe rientrata soltanto il giorno seguente.
Cosi
io ed il mio amico da soli iniziammo subito con l’accendere la televisione
senza darle volume, ad ascoltare la musica di una buona collezione di dischi sistemati
in bella mostra sopra una stuoia, e dandoci da fare soprattutto a rovistare nel
frigo, aprire qualche bottiglia di vino buono trovata nella dispensa costituita
da mensole e scatole, e divertirci di qualche altra sciocchezza. Ridevamo
sdraiati sulle poltrone e sopra il divano, e quando decidemmo di guardarci un
po’ in giro per inventare qualcosa, si andò subito a bussare ad una vicina di casa
che avevamo intravisto da una finestra.
Decidemmo
di improvvisare una specie di festa, io ed il mio amico, e in poco tempo la
vicina riuscì a trovare quattro o cinque persone disposte a venire da noi a
fare baldoria. Piazzata la musica a tutto volume, cucinammo qualcosa di
semplice e poco dopo finimmo naturalmente quasi tutti sbronzi a ridere e
ballare. Più tardi gli altri andarono via, ed io con il mio amico ci
addormentammo stanchissimi sul divano tenendoci aggrovigliati con la vicina di
casa, tanto che tutto parve andare benissimo almeno fino a quando, ormai nella
tarda mattinata seguente, tornò la ragazza proprietaria dell’appartamento.
Disse
che eravamo degli sciagurati, che non era possibile fare affidamento su gente
come dimostravamo di essere, che al momento dovevamo rimettere in ordine ed in
fretta tutta la casa, e che comunque non sarebbe bastato semplicemente
ripristinare le cose, perché c’era un discrimine che ci divideva, il nostro
vivere tutto al presente così contrario al rispetto sensibile e generoso degli
altri e del futuro da parte di persone proprio come lei si sentiva di essere.
Restammo
in silenzio, io ed il mio amico, e senza aggiungere niente dopo poco uscimmo a
testa bassa da quella casa. Non avevamo un programma preciso, così dopo un
lento giro nei dintorni provammo a bussare alla porta della vicina di casa con
cui avevamo trascorso la notte. Ma anche lei ebbe parole di fuoco, dicendo con
voce alta che eravamo degli sciagurati a cui non si poteva affidare un bel
niente, e mentre continuava a parlare con una certa irritazione, noi ce ne
andammo da lì e da quella zona, senza trovare commenti da fare. Che importa, si
diceva tranquilli: in fondo è anche giusto spassarsela un po’.
Bruno
Magnolfi