"La tua macchina è un
rottame", mi dicono ridendo certe volte i miei colleghi di lavoro mentre
si trastullano davanti alle macchinette del caffè. "È già tanto se entra
ancora in moto, però solo vederla andare in giro suggerisce un moltiplicatore
di preoccupazione per tutti quelli che circolano lungo le strade di questa
città". Loro scherzano, ridono, si danno di gomito. La mia utilitaria
effettivamente è un po' vecchiotta, ma anche se prosegue ad andare benissimo e
ad adempiere perfettamente al suo dovere, io non rispondo mai alle loro battute
spiritose. Sono uno che si affeziona alle proprie cose, non cambio niente con
la leggerezza che invece hanno loro, e quando proprio mi ritrovo a farlo, è
soltanto perché in qualche maniera mi ci vedo costretto.
Come ogni giorno poi arriva l'ora di
andarsene da questi uffici, e qualche volta tremo all'idea che mentre stiamo
tutti nel parcheggio dell'amministrazione pubblica, la mia macchina
improvvisamente stenti a partire. Tutti mi guardano, qualcuno fa il tifo
sperando che questo possa accadere davvero, infine il motore si avvia come
sempre, ed io tiro un profondo sospiro di sollievo. Non sono mai stato uno a
cui piace stare in mezzo agli altri, ma soprattutto mi sembra che nessuno tra
chi ho intorno si faccia mai i problemi che invece io mi pongo.
“Non mi interessa niente”, penso con
convinzione di tutti quanti gli altri, mentre ingrano la marcia ed esco dal
parcheggio riservato ai dipendenti della pubblica amministrazione. Il mio vero
mondo è la mia casa: starmene tra le mie mura a riflettere sull’esistenza e su
tutto ciò che giorno dopo giorno mi passa sotto al naso. A portata di mano
tengo sempre il mio specchio, naturalmente, il mio fedele fratello gemello, adottato
da me tantissimi anni fa per riempire il vuoto che a volte sento, abitando da
solo e senza avere rapporti di amicizia con nessuno.
Spengo il motore davanti al palazzo
dove è sito anche il mio piccolo appartamento, e poi salgo le scale, tranquillo,
sereno come sono proprio del fatto che tutto anche oggi sia andato come sempre per
il verso giusto. Perché il problema maggiore è l’ansia che mi prende
immaginando qualcosa fuori posto, oppure che la sequenza o il ritmo di tutta la
giornata possa essere stravolto da qualcosa che non ho considerato, o a cui
sbagliando ho dato una scarsa rilevanza. Per questo guardo nello specchio, per
leggere direttamente sul mio volto l’elemento che malauguratamente possa
essermi sfuggito, e comprendere già dall’espressione degli occhi del mio
gemello, quell’elemento che merita di essere affrontato e approfondito.
“Devi cambiare auto”, sembra dirmi
lui in questo momento; “prima che quello che temi più di tutto succeda
veramente”. Sgrano gli occhi: mi sembra impossibile che mio fratello arrischi
un suggerimento di quel genere, così scruto meglio tutti i particolari di cui
riesco maggiormente a tener conto nell’immagine chiara e precisa che ho davanti
a me. Poi mi alzo dalla sedia, giro un po’ per casa cercando qualcosa che possa
distrarmi dalla rivelazione che ho appena avuto, ma poco dopo torno alla mia
scrivania, dove ancora troneggia la piccola cornice che racchiude il mio prezioso
specchio. E’ proprio così, mi rendo conto infine; non posso proprio attendere
che si infrangano improvvisamente le mie aspettative, e che la mia utilitaria
si rifiuti ad un tratto di ripartire. “Ho deciso”, penso; “domani stesso
passerò dal concessionario di automobili e ne comprerò una nuova”. Il mio
gemello approva.
Bruno Magnolfi