Sono assolutamente
cosciente di sapere già tutto ciò che mi serve, anche se purtroppo ho la
consapevolezza di non conoscere ancora molte delle cose che forse mi sarebbero
utili in futuro. Mi aggiro come sempre per le strade di questa
città dove mi trovo a vivere da molti anni, e qualcuno tra coloro che forse mi
conoscono meglio, ultimamente sembra scansarmi incrociando i miei passi, come
ad evitare dei guai, anche se in fondo tutto questo per me non ha proprio
alcuna importanza. Cerco un rifugio, generalmente, una tana dove magari passare
la prossima notte o soltanto qualche semplice ora all’asciutto, nella
convinzione di avere il diritto come tutti quanti di sopravvivere in qualche
maniera, in questa giungla di umani quasi priva di umanità. La maggior parte
delle cose che ho imparato in questi ultimi tempi non serve praticamente quasi a nulla, anche se è impossibile per me
cancellare quella gran massa di cose inutili che qualcuno ha saputo inculcarmi
dentro la testa, per fare spazio a ciò che mi servirebbe davvero sapere. Ogni
giorno ultimamente qualcuno, tra coloro che invece neppure conosco, mi avvicina
per suggerirmi qualcosa di nuovo, ma la maggior parte delle volte sono soltanto
verità marginali, stupidaggini camuffate da suggerimenti importanti, piccolezze
senza valore che poi risultano quasi sempre ininfluenti, e spesso portano
soltanto fuori strada. Perché la cosa più importante di tutte non è quella di
sapere quale sia la direzione, quanto quella di evitare le strade capaci di
farti infilare dentro a dei vicoli ciechi, e farti sbandare irrimediabilmente,
senza neppure la possibilità di correggere l’errore commesso.
Poi trovo un tizio che
conosco da qualche tempo: mi dice con una seria espressione che sono in corso
alcune feroci retate da parte delle divise, e che secondo lui devo nascondermi
in fretta, perché questi sono giorni difficili, ed andarsene in giro senza
nessuna protezione può essere un azzardo a dir poco imperdonabile. Rifletto:
forse mi basterebbe intrufolarmi dentro uno scantinato per qualche tempo, e da
lì uscire soltanto quando le strade sono piene di gente, in maniera da
confondermi facilmente in mezzo a tutti quegli altri. La cosa non sembra troppo
facile però. Cammino con calma dalle parti della stazione dei treni e mentre
sto lì guardandomi attorno, vedo che le divise hanno acciuffato qualcuno e lo
stanno menando di brutto prima di trascinarlo in centrale. Così, senza neppure
pensarci due volte, entro nella stazione scivolando lungo le parti un po' meno
in vista, e dopo aver ispezionato alcuni
vagoni ancora fermi lungo i binari, salgo sul primo convoglio in partenza,
infilandomi con astuzia in un carro merci con lo sportello di carico senza
serratura di sicurezza. Mi sistemo tra le pedane colme di sacchi addossati
l’uno sull’altro, lasciando aperto uno spiraglio per l’aria, ed aspetto il momento
opportuno per saltare presso il primo agglomerato di case lungo cui questo
treno rallenterà, cercando magari di non inciampare e cadere.
Però si va avanti per
quasi un’ora senza neanche un accenno a fermarci, anche se
poi i freni iniziano finalmente a far sentire il loro fischio stridulo e forte,
e dopo alcuni lunghi minuti durante i
quali la velocità è sempre più bassa, alla fine
sembra che ci si fermi davvero. Decido che è questo il momento, e salto giù
all'improvviso assieme alla mia poca roba: il luogo sembra isolato, ci sono
delle case poco lontano, ma dove mi trovo in questo momento non c’è neppure la
stazione ferroviaria. Seguo a piedi la massicciata e vado avanti nella
direzione più comoda, aspettando di trovarmi di fronte prima o dopo un vero
centro abitato. Difatti è così, anche se sembra soltanto una periferia di paese,
ed un sorvegliante che passa con la sua bicicletta mi chiede qualcosa, anche se
io non mi preoccupo certo di provare a rispondergli. Mi infilo in una baracca di legno abbandonata poco lontano, e mi metto comodo,
tirando fuori la mia roba e sistemando tutto alla meglio. Starò qui per un po’,
mi convinco pensandoci. In seguito, tra una settimana o forse due, cercherò di
tornare indietro nella stessa maniera. Probabilmente arriverà un periodo più
opportuno anche per me, tanto da farmi trovare il modo migliore per sopportare
un’esistenza così negativa. Oppure no, ma in quel caso dovrò certo mettere a punto
una valida alternativa.
Bruno Magnolfi
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