Mi sento depressa, ultimamente. Però se anche ci rifletto
con grande attenzione, non trovo dei motivi troppo evidenti per sentirmi
esattamente così; piuttosto mi appaiono agli occhi tante piccole cose che un
poco per volta sono riuscite a togliere molti dei miei sostegni umorali,
contribuendo a questa mia vaga sofferenza. Perciò anche stamani esco da casa
già malinconica, guidando da sola la macchina, anche se non ho proprio niente
da fare a giro in città, se non svagare la mente. La signora Teresa mi chiede
se sarò rientrata per l’ora di pranzo, ed io le dico di non preoccuparsi, che
al limite quando torno mi arrangio da me con un piatto freddo. Forse è proprio
questa stessa abitazione a farmi sentire a disagio: troppe stanze, la servitù
che pare continuamente voler controllare tutto quanto, certe volte persino i
pensieri. Carlo anche oggi non tornerà prima dell'ora di cena; e Franca, al
rientro da scuola, consumerà qualcosa per pranzo in soli cinque minuti, senza
neppure guardarsi attorno, per poi sparire come al solito nella sua stanza.
Nessuno sembra aver bisogno di me, della mia presenza. Fintanto che mia figlia
era piccola, sostanzialmente avevo un ruolo abbastanza preciso; adesso invece
il mio compito è come svanito nell’aria, e Franca pare ormai una ragazza che sa
prendere autonomamente le sue decisioni.
Finita la giostra perciò, e posso andarmene a guardare le
vetrine dei negozi
del centro, dall’estetista, o ad incontrare qualche amica pettegola, tanto per
riempire la mia giornata. Con mio marito le cose procedono come sempre, considerato che lui passa ogni minuto
completamente immerso dentro ai suoi affari, e da molto tempo, di queste
faccende, io e lui non se ne parla neanche, tanto sua moglie ne sta
completamente al di fuori. Così perdo spesso le ore magari ad osservare il
nostro giardino attorno alla villa, oppure a
parlare di sciocchezze con la cuoca o la cameriera. Però spesso esco,
proprio come in questo momento. Vorrei trovarmi
qualcosa di coinvolgente di cui occuparmi, ma non è facile scegliere dal nulla
un interesse che risponda in modo adeguato a delle aspettative del genere.
Quando avevo vent’anni facevo la segretaria, ed il lavoro che portavo avanti mi
piaceva davvero; se ci ripenso mi pare di aver perso qualcosa quando ho deciso
di occuparmi soltanto della mia famiglia, però Carlo ha voluto così, ed io non
ho saputo mai oppormi alla sua volontà. Adesso non ho neppure una persona
vicina a cui parlare di queste cose, per cui mi restano soltanto questi
pensieri, che proseguono a tamburellarmi dentro la testa.
Non mi manca niente, proseguo a dirmi, però qualche volta
mi sembra di vivere semplicemente in una gabbia dorata, dove pare ci sia tutto
ciò che mi serve, meno qualcosa però di assolutamente essenziale, anche se non
riesco a comprendere con esattezza cosa sia. Poi comunque mi svago, entro in
qualche negozio per degli acquisti, e mi perdo nel misurare i miei gusti
personali nei confronti di quanto mi viene proposto. Oppure certe volte mi vedo
con un’amica dei tempi giovanili, ed andiamo in una sala da tè a parlare dei
vecchi tempi o di qualche novità tra le persone che frequentavamo da ragazzine.
Certe sere ci facciamo anche servire qualcosa di forte, ma non vorrei mai
cadere nel vizio del bere: mi sembra del tutto inadeguato per una persona come
io sono: una madre di famiglia, una signora, una donna perbene, a tutti gli
effetti. Però tengo sempre una bottiglia nascosta in casa da qualche parte, e
in certe serate un po’ grigie qualche bicchierino mi aiuta, mi rende quella
leggera allegria che a volte mi pare di avere smarrito.
Poi lavo i denti, naturalmente, e mi sciacquo la faccia,
così quando rientra il mio Carlo, sono fresca e anche pronta per ascoltare
tutto quanto possa aver voglia di dirmi, sempre che sia suo desiderio parlarmi,
piuttosto che andare avanti con quelle sue inevitabili telefonate di lavoro. Mi
è impossibile dirgli qualcosa di me, in queste condizioni: i miei problemi non
possono stare sul medesimo piano delle sue attività; ed allora mi sento triste,
malinconica, desiderosa soltanto di augurare la buonanotte alla mia Franca, e
poi addormentarmi rapidamente nel grande e confortevole letto coniugale,
azzerando così qualsiasi pensiero.
Bruno Magnolfi
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