lunedì 28 aprile 2025

Migliore di prima.


            Penso spesso che per qualsiasi progetto una persona si metta in mente di realizzare, se i suoi sforzi risultano del tutto privi di sostegno da parte almeno di qualcun altro, difficilmente l’entusiasmo di partenza di quella persona potrà mantenersi a lungo. E senza l’entusiasmo credo che niente vada avanti per conto proprio. Il mio intento iniziale sta mostrando da qualche tempo un certo affaticamento, lo stesso che leggo anche negli occhi di chi mi è rimasto vicino fino ad ora, per cui cerco di lottare quotidianamente contro quel senso di appagamento che danno le cose realizzate con impegno, accantonando addirittura poco per volta quelle che ancora hanno da trovare una propria strada. Nessuno sembra disposto a darmi credito se io per primo non mostro di essere disposto a tutto per concretizzare le fertili idee condivise, questo è evidente, e sembra proprio che nemmeno a chi mi conosce e conosce i miei propositi neppure venga in mente di seguire i miei pensieri e di alleggerirli di quelle piccole difficoltà che invariabilmente si possono incontrare. Forse le mie iniziative sono solo frutto di un carattere debole, di un’incapacità di fondo della quale non ho coscienza nel dare continuità a tutto ciò che mi passa per la mente, però quando tento di illustrare a qualcuno le mie risoluzioni, quasi tutti poi sembrano apprezzare le mie qualità.

            Ho fondato questa associazione di volontariato perché mi pareva di poter dare una mano ed una piccola prospettiva alle persone fragili, agli anziani, ai disabili, a coloro che generalmente sono tagliati fuori da certi circuiti culturali, ma con l’andare del tempo mi pare sempre più che anche chi ha desiderato inizialmente darmi un aiuto, poco per volta si sia arreso, disinteressandosi della missione che ci guida. <<Mauro>>, dice adesso qualcuno di loro che ancora mi chiama per telefono o che si fa vivo alle riunioni sociali sempre più deserte; <<Forse si è esaurita un po’ la spinta iniziale, ma non devi farne una malattia, è normale che accada, magari potrà riprendere quota tra qualche tempo>>. Però io non ci credo, non credo almeno che le cose avvengano per propria natura, e che senza un impegno profondo da parte almeno di qualcuno, ed una buona dose di decisione e grande volontà di tutti, non possa esserci alcun risultato. Poi mi torna in mente Monica Moroni, una dei nostri ultimi associati, una persona di carattere, intelligente, con la lodevole capacità di mostrarsi molto determinata, almeno in certe cose, ed anche con la dote altrettanto apprezzabile di dire sempre con sincerità ciò che non le pare del tutto attuabile, ed allora, in considerazione del suo stato di gravidanza che l’ha tenuta ultimamente lontana dalla nostra associazione, che non vuol dire affatto essersene disinteressata, provo così improvvisamente la voglia di parlarle e di chiedere a lei un parere leale. Le telefono, mi accordo per farle una visita il giorno seguente, poi cerco di pensare a cosa dirle, e soprattutto a come dire le cose più spinose che mi stanno logorando.

            Mi riceve la sua governante, dopo che ho preso l’ascensore di un palazzo molto elegante, e mentre mi fa passare attraverso un appartamento vasto ed arredato con molta cura, mi accenna al fatto che oggi la signora si sente stanca, e che forse è meglio non affaticarla troppo. <<Buongiorno Monica>>, le dico evitando di farla spostare dalla postazione che lei si è ricavata tra i cuscini nel salone zeppo di poltrone e di divani. <<Credo che non manchi molto>>, mi dice subito tenendosi il pancione con la mano; <<ormai avverto quasi continuamente il mio bambino che si sta muovendo, come avesse la voglia di farsi vedere finalmente da tutti quanti. Sono contenta di tutto questo, non c’è dubbio, però adesso sono anche stufa di essere quasi costretta all’immobilità>>. Sorrido, mi fa piacere di essere passato da lei appena pochi giorni prima della sua gravidanza, trovo che questo sia un momento fantastico per una donna, e la preparazione psicologica che avviene prima del parto sia una vera spinta alla vita, un approntamento sia fisico che mentale di natura complessiva, qualcosa di impensabile ed allo stesso tempo necessario. <<Sei bellissima>>, le dico; <<si vede che hai già fatto un grande lavoro dentro di te per affrontare al meglio questo momento>>.

            Mentre la cameriera con gentilezza prepara una tazza di tè da servirmi insieme a qualche pasticcino, io faccio un accenno a Monica sulle ultime vicissitudini dell’associazione “Oltretutto”, e vedo che lei ascolta con interesse, anche se tralascio molti discorsi sulle difficoltà. <<Credo molto nelle prospettive del volontariato>>, mi dice lei alla fine; <<e penso che sia rimasta quasi l’unica forma di resistenza all’individualismo sfrenato che sta imperando. Io credo ci sia qualcosa di importante dietro queste attività, qualcosa che giustifica qualsiasi sacrificio>>. Torno a sorridere, sorseggio la mia bevanda, penso che queste parole siano esattamente ciò che ci vuole per combattere l’abbattimento e la sfiducia. Quando mi alzo, saluto Monica con gioia e con trasporto, augurandole naturalmente le migliori cose, e infine mi avvio per tornare a salire sul comodo ascensore, e sento all’improvviso di essere piuttosto sollevato, quasi migliore rispetto a poco fa.

 

            Bruno Magnolfi

sabato 26 aprile 2025

Meschinità.


Sergio aveva ripensato qualche volta alla vicenda del suo coinquilino, con quella donna piuttosto interessante ma sicuramente poco adatta per stare assieme ad uno come lui. Ricordava adesso di averla incontrata appena un paio di volte, per combinazione, ma anche così a prima vista ne era rimasto colpito piuttosto favorevolmente, al punto che, ricordandosi, dopo parecchi mesi, di avere annotato da qualche parte il suo numero di telefono, e di essere anche a conoscenza del suo stato avanzato di gravidanza, aveva deciso tutt’a un tratto di chiamarla, non foss’altro che per sapere come le andassero le cose, e naturalmente porgerle gli auguri, in assoluto senza assolutamente far trapelare niente di tutto ciò a Renato, che da molto tempo, oltre ad avere sicuramente sofferto per la brusca interruzione del loro rapporto, in sua presenza non era più nemmeno stato in grado di nominarla. <<Sono Sergio, un amico, vorrei parlare con Monica Moroni, per favore>>, aveva subito dichiarato all’apparecchio dopo la risposta impersonale della cameriera, ma accortosi della titubanza con cui quella gli si stava rispondendo, aveva proposto, se proprio in quel momento non fosse stato il caso di disturbarla, di telefonare magari in un giorno diverso. <<Sergio; un amico di Renato>>, aveva ripetuto a voce alta come per ricordare bene quei nomi a lei sconosciuti la governante di Monica, che in quell’attimo si trovava seduta sul divano poco lontana dall’apparecchio, e quindi in grado di comprendere perfettamente il caso in questione. Difatti, dopo appena un istante, aveva fatto cenno di passarle la chiamata, e così l’altra le aveva portato il ricevitore. <<Buonasera>>, si erano detti quasi all’unisono ricordando di non avere tra loro troppa familiarità. <<Sto bene>>, diceva adesso Monica con calma, così come diceva a tutti coloro che le chiedevano notizie del suo stato. <<Soltanto leggermente preoccupata, visto che oramai manca davvero poco al parto>>.

Sergio riusciva in certi casi a mostrarsi molto affabile e cortese, anche grazie all’esperienza lavorativa che portava avanti da diversi anni, e così anche in questo caso, nel parlare con la donna, riusciva senza alcuno sforzo ad essere piacevole, a dire cose garbate, e a non porre delle domande poco adatte a quel frangente. Monica sorrideva delle cose carine che ascoltava, e le pareva che tutto fosse al meglio possibile. Poi si salutavano, evitando quasi obbligatoriamente di parlare di Renato, anche se alla Moroni forse avrebbe fatto piacere ascoltare qualche notizia su di lui. Riagganciavano i telefoni dopo gli auguri di rito, ma dopo qualche minuto l’apparecchio di Monica tornava già a squillare. <<Sono ancora io>>, riprendeva Sergio mostrandosi dispiaciuto per l’inconveniente e usando però lo stesso tono esatto di pochi istanti prima. <<Mi è venuto a mente di chiederti il permesso, nel caso io incrociassi Renato già stasera, oppure anche domani, di riferirgli il succo di questa telefonata, e magari dirgli come tutto proceda, come ti senti, come stai preparandoti alla nascita>>. Monica allora lasciava scorrere qualche attimo, quindi diceva con fermezza: <<Ma certo, in fondo non ci siamo mica bisticciati. L’interruzione del nostro frequentarci è derivata da alcune differenze di carattere tra noi che anche lui stesso in qualche maniera ad un certo punto ha dovuto riconoscere. Perciò, sentiti assolutamente libero di informarlo di tutto ciò che credi, magari così puoi anche fare qualcosa di apprezzabile nei suoi confronti>>. Quindi loro due chiudevano definitivamente la comunicazione, e Monica tornava a sedersi con maggiore comodità tra tutti i cuscini del divano.

Sergio invece, immobilizzato davanti al tavolo di casa, restava qualche attimo a riflettere, e dopo essere tornato nella sua stanza ed aver acceso l’elaboratore sopra al piccolo scrittoio, si concentrava al massimo sulle pratiche necessarie per il giorno seguente nel mandare avanti il suo lavoro. Rientrava Renato con un paio di buste della spesa, si fermava in cucina per sistemare la roba in silenzio e con gesti ormai metodici, e quindi si fermava un momento per comprendere il motivo per cui la voce del suo coinquilino non fosse ancora giunta, come suo solito, per salutare il suo rientro. Sergio con lentezza, alle sue spalle, si appoggiava leggermente alla porta, osservava i suoi gesti sopra al tavolo e nel frigorifero, poi diceva soltanto: <<Ho sentito Monica>>, come se questa a tutti gli effetti, fosse la notizia più importante di tutta la giornata. Renato si voltava, forse sorpreso, senza commentare le parole ascoltate, e l’altro proseguiva: <<Sta bene, tra qualche settimana partorirà, le cose procedono in modo regolare, al telefono mi è sembrata persino felice di quanto le sta accadendo>>. Poi si muoveva nella stanza, Sergio, fino a giungere al fianco di Renato, giusto per osservare meglio la sua espressione: <<Non ha fatto cenno a te, ha detto soltanto che tra voi due non c’era compatibilità, e ha ribadito che la fine della frequentazione tutto sommato è stata un bene per ognuno, considerato che le cose non potrebbero mai essersi aperte al punto di prospettare un vero futuro assieme>>. Renato allora si bloccava, tra i pensieri, e quindi diceva: <<Il suo tradimento però non poteva essere più meschino di così>>, e poi più nulla.

 

Bruno Magnolfi

giovedì 24 aprile 2025

Soltanto questo.


            Mancando appena un mese al parto, nonostante la governante abbia accettato adesso di restare sia di giorno che di notte a casa di Monica, sua zia passa molto spesso a farle delle visite, e certe volte si incrocia anche con Caterina, che non manca mai di farsi trovare lì, almeno da quando sembra aver trovato il suo scopo principale nel tornare ad osservare, e poi a ridisporre con attenzione dentro gli armadi e nei cassetti, i corredini, i giocattoli, le tutine, e tutto quanto occorrerà al bambino una volta venuto alla luce. Poi, una volta da sola con Monica, la zia senza alcun preambolo le chiede nuovamente e d’improvviso, abbassando la voce come per la rivelazione di un segreto, delle notizie sul padre del nascituro, e sua nipote le sorride, piega il capo, poi le risponde semplicemente: <<Non c’è, ci sono solo io per questo piccolo. Perché è la mamma che ha importanza, solo lei, ed io farò in modo che il mio bambino fin dai primi giorni della sua vita non provi mai alcuna mancanza>>.  Poi parlano d’altro, in fondo sua zia è contenta della scelta di Monica, le pare quasi che questa ostinazione nell’ignorare il padre del bambino, sia come una riscossa da parte di tutte le donne della loro famiglia. Lei stessa, per non parlare dei genitori e dei nonni, non ha avuto una vita facile con suo marito, e neppure ha avuto un grosso aiuto nel tirare su giorno per giorno quel figlio che adesso ormai è grande e residente all’estero, tanto da essersi ritrovata spesso da sola con quel bambino in braccio, tanti anni prima. È il destino di ogni maternità quello di trovare prima o dopo attorno a sé una solitudine profonda, spesso data dall’incapacità maschile a misurarsi seriamente con quel forte cambiamento di qualsiasi precedente modello quotidiano, e spesso confortata solamente dalla dolcezza quasi indifesa di un neonato improvvisamente reale e meraviglioso nella sua semplicità.

            Scatta spesso, dietro questi aspetti, la solita solidarietà femminile, ed è proprio anche su tutto questo che conta adesso Monica, preparandosi mentalmente al parto, ben sapendo che i mesi che verranno da ora in avanti non si presenteranno certo tra i più semplici. La zia le parla della sua esperienza, di quello che lei stessa si è trovata ad affrontare, e di quel briciolo di sensazione negativa che può dare quel sentirsi soli ad affrontare dei momenti così delicati, ma poi comprende che nella testa di Monica regna adesso una consapevolezza ed una volontà che lei ai suoi tempi forse non aveva, e sulle quali non poteva quindi fare alcun affidamento, e che probabilmente ora calcano con determinazione una forte diversità tra le loro singole esperienze. Monica in ogni caso cerca di non mostrarsi mai troppo sicura di sé, nonostante il positivo aspetto economico su cui può contare, grazie naturalmente a quella serie di investimenti redditizi lasciati in eredità dai suoi genitori, che in questo momento si mostrano come un enorme supporto alla propria situazione. Però sa perfettamente, se desidera avere dalla sua parte le persone che la stanno sostenendo, che non deve mai mostrarsi ai loro occhi troppo decisa e anche sicura di sé, proprio per non perdere quella solidarietà su cui può fare leva, anche soltanto per gli aspetti della sua condizione psicologica e del proprio umore generale.

            Certe volte lei si trova a considerare il proprio atteggiamento un po’ troppo egoistico, e soprattutto privo di attenzione verso gli altri, però sa perfettamente che il suo stato di gravidanza avanzato non può permetterle un comportamento molto differente. Il suo scopo principale è quello di ottenere dentro sé stessa, ed anche attorno a sé, quella serenità che probabilmente le è mancata in altri periodi della propria vita, e per raggiungere e conservare questo importante stato, adesso si sente assolutamente pronta a tutto. La sua governante ultimamente la circonda di attenzioni, gestendo addirittura anche le telefonate che giungono spesso nella casa di Monica, fornendo con gentilezza le informazioni che vengono richieste da amici e da conoscenti della famiglia Moroni e anche suoi personali, evitando di disturbarla e di passarle direttamente le chiamate, anche se a lei, una volta informata, fanno sempre piacere quelle dimostrazioni di affetto e di vicinanza. Il momento è radioso, non ci possono essere altri aggettivi per definirlo, e Monica non riesce più neanche ad immaginarsi qualcosa che in questo periodo possa davvero mancarle, o che manifesti la propria assenza appena questo bambino avrà aperto i suoi piccoli occhi.   

            <<Sono felice, zia>>, dice all’improvviso. <<Senza rendermene neppure conto, tutto quanto delle mie giornate sta subendo un’attrazione irresistibile verso il prossimo futuro. Non so pensare ad altro, non riesco neppure ad immaginare qualcosa di diverso da questo semplice generare una vita nuova, della quale con desiderio riesco a proiettare già nella mia fantasia i prossimi anni, tutti i piccoli periodi che caratterizzeranno la sua crescita. Non chiedo altro, adesso; soltanto questo>>.

 

            Bruno Magnolfi

martedì 22 aprile 2025

Fare qualcosa.


            <<Dobbiamo essere sinceri al massimo possibile con lui>>, dice la donna verso suo marito mentre camminano; <<Ma soprattutto dobbiamo fargli capire quanto questa situazione ci stia facendo soffrire ogni giorno; perché oramai abbiamo compreso benissimo che il nostro figliolo da solo non riuscirà mai ad uscire dallo stato di depressione in cui è caduto, e sappiamo perfettamente quanto lui abbia bisogno di essere aiutato, ma non dalle solite persone che proseguono a girargli attorno, come noi, o qualcuno tra i suoi amici, oppure dai colleghi di lavoro, ma da qualche specialista che sia in grado di comprendere bene le piccole prostrazioni mentali, e sappia come prenderle, come affrontarle, come sconfiggerle, tanto da far ritornare alla fine il nostro Renato esattamente quello che era fino a qualche tempo fa>>. Il marito annuisce: conosce da quasi trent’anni quel dottore con cui hanno appuntamento, è sempre stato il loro fiduciario medico di famiglia, ed anche se è consapevole di quanto lui sia ormai una persona anziana, e anche del fatto che non abbia più un vero e proprio ambulatorio, sa che continua a ricevere e a dare delle prescrizioni in casa propria verso coloro a cui si sente più affezionato. Per tutto il tempo in cui il dottore ha svolto la sua attività, i signori Nesti hanno sempre proseguito a fidarsi dei suoi modi, della sua saggezza, della sua capacità di mettersi facilmente nei panni delle persone con dei problemi di salute, che ancora oggi vanno spesso a chiedergli un parere. <<Il dottor Vanni è un amico: comprende perfettamente cosa ci sia da fare in un caso del genere, e vedrai non ci lesinerà neppure in questo caso la sua sapienza, la sua capacità, la sua rara sensibilità, messa insieme a tutti i suoi anni di professione onesta e generosa>>.

            Renato è andato a casa loro appena un paio di giorni addietro, ed ha mostrato con evidenza tutta la sua fragile maniera di affrontare le proprie giornate. Sua madre ha provato a farlo parlare, a porgli domande persino banali sulle sue attività attuali, sul suo lavoro, sulla sua convivenza con Sergio, quel coinquilino con il quale divide il proprio appartamento, ma Renato è apparso sempre sfuggente, con lo sguardo basso, le poche risposte riferite appena con qualche monosillabo, le mani una nell’altra a tentare di darsi una forza che forse in questo periodo non trova neppure dentro sé stesso. Suo padre allora si è messo a raccontargli qualcosa di sé, del suo trascorrere le giornate da uomo in pensione, privo di impegni precisi ma nonostante questo deciso ad aiutare gli altri tramite l’associazione di gestione di un centro anziani del quartiere, dove si reca quasi ogni giorno a cercare di dare una mano. Renato ha annuito, senza apparentemente reagire ad alcuno stimolo, fino a quando suo padre non ha alzato leggermente la voce, affibbiandoli la probabile colpa di essersi rinchiuso da solo in un atteggiamento assurdo e senza uno scopo, privo di qualsiasi possibile riflesso positivo. Allora lui si è alzato, si è sentito in dovere di ribattere, e ha detto sbottando che si sentiva schiacciato dalla realtà, e quando suo padre gli ha parlato del dottor Vanni, si è sentito costretto ad ammettere con semplicità che forse il suo stato aveva davvero bisogno di un aiuto del genere.

            Dopo la loro telefonata svoltasi in modo molto amichevole, il medico, con la sua proverbiale generosità, ha detto immediatamente ai due coniugi Nesti di passare senz’altro da lui, nel suo piccolo studio ricavato in una stanza del proprio appartamento, in maniera da parlargli diffusamente delle difficoltà incontrate ultimamente dal loro figliolo, che naturalmente conosce da sempre, e che ricorda anche piuttosto bene, ma del quale da parecchio tempo non ha più delle notizie precise, in maniera da prepararsi al meglio, avanti di riceverlo direttamente da solo, e poter formarsi così un’idea più precisa della sua condizione di salute. Ha subito riconosciuto che certi momenti depressivi sono generalmente riscontrabili in persone più giovani di Renato, ma alcune situazioni difficili nella vita di una persona è assolutamente possibile riscontrarle a qualsiasi età. Poi ha rimandato tutto al colloquio durante il quale chiarire alcuni aspetti impossibili da trattare per telefono, e i due coniugi hanno immediatamente accondisceso su quanto fosse necessario attenersi a quelle semplici regole.  

            <<Buongiorno dottore>>, dicono quindi loro due all’unisono quando infine passano in quello studio dove il Vanni li riceve con l’ordinario camice bianco, gli occhiali sul naso e lo sguardo curioso. Dopo averli salutati con un’energica stretta di mano, il medico torna a sedersi dietro la sua scrivania colma di fogli e di cartelline, ed indica loro di accomodarsi e di spiegare con calma e nel dettaglio quale sia il caso in esame. <<Vorremmo evitare un aiuto farmacologico che forse può provocare in seguito una certa dipendenza>>, dice svelta la madre; <<o almeno tentare di dare una spinta a nostro figlio in maniera più naturale, provando a farlo parlare, a tirare fuori i suoi problemi attuali, a spiegare cosa sia che lo sta realmente attanagliando>>. Il Vanni prende appunti, li guarda un momento, poi dice soltanto: <<dobbiamo assolutamente fare qualcosa>>, e poi basta.

 

            Bruno Magnolfi

domenica 20 aprile 2025

Errore inestirpabile.


La sensazione più inevitabile è quella in virtù della quale in determinati momenti provi la certezza che ci sia sempre stata attorno a te qualche persona che silenziosamente, mentre ti guardava, o parlava con te, o pur standoti vicino mostrava persino una completa indifferenza per qualsiasi tuo comportamento, peraltro con un’espressione che si direbbe di fatto indefinibile, si mostrava del tutto convinta che tu nascondessi qualcosa di preciso tra i tuoi pensieri, come se tu racchiudessi un piccolo oggetto stretto dentro al palmo della tua mano, un insignificante minuto elemento pronto a dimostrare da un attimo all’altro le tue vere intenzioni. Probabilmente si può parlare addirittura dell’origine di ogni peccato, di quella piccola spina che forse c'è sempre stata dentro di te, ed è proprio quella che tu hai costantemente saputo di possedere tra le tue cose, e che hai nascosto con grande furbizia a chiunque, certe volte perfino a te stesso, pur di non essere costretto a rivelarne a chicchessia la natura. Oppure è soltanto il senso di colpa, quella piccola e dolorosa manifestazione di un comportamento inappropriato, inadatto, che forse addirittura deriva da quello sguardo accigliato con cui ti hanno guardato certe volte i tuoi stessi genitori fin da quando eri piccolo, oppure per quel tuo impellente bisogno, più tardi, di mostrarti sempre decisamente all’altezza di ogni situazione, anche quando non riuscivi a comprendere nulla, e ti sfuggiva persino il significato dei fatti che avvenivano proprio sotto al tuo naso. Permane qualcosa di indefinito dentro di te, qualcosa che hai tentato di mandare in avanti fidando sul fatto che ogni quesito prima o dopo si sarebbe certamente risolto, o che forse sarebbe giunto qualcuno a risolverlo al posto tuo, addirittura con una grande facilità.

Arrovellarsi adesso cercando di comprendere dove stia la spiegazione di tutto, non ti ha certo lasciato procedere molto: quel tuo problema è rimasto sempre costantemente lo stesso, incastonato tra le tue sensazioni più intime, come se risultasse impossibile darne una legittima e sospirata spiegazione, una semplice definizione della maniera per cui tu con semplicità hai imparato a convivere con quel nodo ben stretto, quel grumo intrigato, con evidenza incapace di essere sciolto, rimasto per sempre addensato, coeso, ben solido, fino ad immaginare di quello un elemento costitutivo e quindi attribuibile alla tua stessa personalità, al tuo carattere, insomma a te stesso, forgiato una volta per tutte attorno al tuo indiscutibile segreto. Già, perché di un segreto si tratta, di un lato nascosto di sé stessi non svelabile agli altri, amici o parenti che siano, ed è forse questo il succo fondamentale di te: l'incapacità manifesta di poter parlare con tutti in modo schietto e sincero. Sei rimasto per sempre a mostrare una parte finta di te, più per l’inesperienza ad essere vero, che per la volontà di raccontare in giro qualcosa di presumibilmente credibile.

Però sapevi già fin dall’inizio che prima o dopo tutto sarebbe giunto ad un punto finale, quello per cui vanno sciolte tutte le questioni rimaste insolute, e tu ritieni adesso di avere conservato dentro di te, più di ogni altro aspetto, una parte che d’improvviso appare ai tuoi occhi più importante del resto. Ma qui si pone il problema fondamentale: a chi spiegare i propri disagi, con chi parlare di cose così nascoste e ineluttabili, a chi definire i tormenti con cui hai dovuto attraversare quasi tutto il tempo della tua contorta esistenza; e poi, con quali parole tentare la decifrazione di questi tuoi umori, di questi tuoi dubbi, di queste incapacità manifeste che forse molto di te riescono a spiegare, ma soltanto a patto che chi ti sta generosamente ascoltando riesca anche a credere a tutte le giustificazioni che poni di colpo per scusare ogni tuo assurdo comportamento. Soltanto una persona speciale avrebbe potuto comprendere appieno ogni aspetto, e tu esattamente con quella avresti potuto allargare ogni remora, dichiarare tutto quanto, spiegare per filo e per segno quanto turbamento nascondono i tuoi gesti di oggi e le parole che usi per definire quel poco che appare di te allo sguardo degli altri.

Ancora ci credi, ci speri, ti mostri convinto, che esista veramente una persona del genere, anche se tutto sembra muoverti contro e dimostrarti che stai proprio sbagliando, che non troverai mai qualcuno che mostri il desiderio di starsene in silenzio ad ascoltare le tue ardite spiegazioni, o che non definisca quello che adesso tu chiami come un mucchio di sacrosante sciocchezze, degli elementi comuni in cui ti sei poco per volta attorcigliato e invischiato, e che poi ti hanno frenato nei tuoi slanci, non tanto per la loro conformazione, quanto per il valore esatto che sei stato capace tu stesso di dare a quelle semplici piccolezze, fino a giungere al punto di non poterne più fare a meno, e neanche giudicarle, nella tua intimità, come dei fondamenti. Liberartene appare così quasi impossibile, e affondando sempre di più nelle tue riflessioni puoi essere soltanto in grado di riconoscere un errore grande, iniziale, essenziale, e per di più inestirpabile.

 

Bruno Magnolfi

venerdì 18 aprile 2025

Differenti aspirazioni.


            L’appartamento non è grande, eppure in tanti anni è stato capace di nascondere ed assorbire un mucchio di oggetti di cui adesso forse ne è stata persa addirittura la memoria. Aprendo qualche cassetto poco usato escono facilmente fuori delle cianfrusaglie riposte là dentro più per non gettarle via immediatamente, proprio in considerazione del loro inutilizzo, che per la voglia sincera di concedere a questi rimasugli un’altra possibilità. Caterina si muove per casa con la testa persa dietro a qualche ricordo, e intanto va a riguardare gli angoli più tralasciati, forse con la convinzione di ripescare in questa maniera qualcosa anche di sé. Infine, entra dentro al ripostiglio, pieno di scatoloni dove anno dopo anno sopra gli scaffali si sono andati accumulando senza troppa razionalità gli avanzi di qualche idea mai sviluppata, e dove riordinare tutto quanto significa anche ripensare a molte cose ormai archiviate in mezzo alle attività più remote. Molto più facile sarebbe chiudere la porta e poi preoccuparsi d’altro, naturalmente, ma giungono certe volte anche dei giorni in cui si fa avanti la necessità di scavare tra i pensieri di un tempo, e qualcosa che si riesce a trovare seppellito in mezzo a mille altre cose ormai inutili, può essere addirittura capace di regalare ancora un’emozione.

            Vecchie riviste, vecchie fotografie, qualche capo d’abbigliamento dismesso, oggetti usati come talismani, e poi piccole scatole e borse fuori moda piene zeppe di altre cose ormai senza alcun significato attuale, ma che rimandano a tempi diversi, più spensierati, meno impegnativi forse, oppure affrontati in un modo meno preoccupato, capace di leggerezza, di aspirazione, e soprattutto di grandi entusiasmi. Caterina si rigira tra le mani tutto ciò che riesce a trovare, e di qualcosa facilmente sorride, ma di altri pezzi di memoria le viene da assumere subito un’espressione intristita, quasi sorpresa per non aver dato un seguito a quei rimandi a cui parevano tendere. Poi trova un paio di scarpine da neonato, memoria di un tempo lontano durante il quale capitava di scambiare questo tipo di regali, quasi come fossero un augurio, un’apertura al futuro, un desiderio di cambiamento, ed allora le viene da piangere, perché alla fine ben poco di quello che aveva desiderato fortemente a quell’epoca si è poi verificato. L’esistenza è costellata spesso di amarezze e di delusioni, riflette adesso che si sente incapace di avere ancora dei veri sogni, e poi cerca di confortarsi con quello che ha, con quegli scarsi segnali positivi che riesce ancora ad individuare attorno a sé.          

            Infine, rimette tutti gli oggetti che ha trovato nelle stesse posizioni in cui erano, e con un grosso sospiro richiude la porta di quel ripostiglio, lasciando all’oblio del non risolto quello che ha appena rivisto. Quando più tardi rientra in casa suo marito, ormai quasi all’ora di cena, trova Caterina così, con dei lacrimoni che ancora le scorrono sopra la faccia, e un’improvvisa incapacità di occuparsi delle semplici cose di ogni giorno, e di dedicarsi a quello che le ha riservato questo futuro in cui aveva tanto creduto. <<Che cosa succede?>>, le chiede lui appoggiando l’immancabile borsa e togliendosi la giacca e la cravatta. <<Niente>>, risponde lei. <<Soltanto un po’ di tristezza per tutto ciò che avrebbe potuto verificarsi, e che invece non è andato a buon fine. Magari proprio per colpa mia, forse perché non ho creduto abbastanza nelle potenzialità che tutti avevamo da giovani, diversi anni fa, e proprio adesso che le forze e gli entusiasmi non sono più quelli di un tempo, mi trovo soltanto capace di rammaricarmi non so neppure bene poi di che cosa>>. Il ragionier Carletti l’abbraccia, probabilmente il suo è solo un moto consolatorio, una maniera per allontanare quell’improvvisa tristezza, anche se tutto questo pone improvvisamente un enorme interrogativo in tutto ciò che anche lui è stato capace o incapace di fare, come se per chissà quanto tempo a questa parte non ci fosse mai stato un momento favorevole per mettere in mezzo una buona dose di autocritica, qualcosa in grado di aggiustare quella specie di tiro al bersaglio della propria esistenza.

            <<Ma tra poco c’è il parto di Monica>>, riprende a dire Caterina assumendo poco per volta un’espressione più consueta e sorridente. <<Noi dobbiamo essere felici per lei e insieme a lei, e smetterla di pensare che possono ancora esserci chissà quali sorprese dietro alle nostre giornate. Siamo così, il nostro migliorarsi dipende soltanto da quanto riusciamo a condividere con gli altri questa minima volontà, quest’allegria, questa spensieratezza che ancora conserviamo, senza lasciarsi abbrutire da una realtà che forse non era per niente quella che sognavamo>>. Suo marito si sente scosso, forse non aveva mai riflettuto a fondo su cose di quel genere, in ogni caso è contento che ci sia Caterina al suo fianco, capace di ricordargli che il loro è un mondo piccolo, incasellato in mezzo a miriadi di altri mondi, capaci di tenere in scacco qualsiasi differente aspirazione.

 

            Bruno Magnolfi     

mercoledì 16 aprile 2025

Immagini veloci e sfuggenti.


            Sminuzzando una semplice carota, sul piano della cucina, inevitabilmente il coltello quasi gli sfugge di mano. È un attimo, una sciocchezza, che poi sembra accada frequentemente a chiunque, e la lama affilata ecco che va ad aprire la pelle e la carne del dito indice mentre sta cercando di tenere ferma quella carota, e subito rivela una piccola ferita, un piccolo taglio che mostra immediatamente il rosso intenso del sangue che sgorga. Renato mette la mano per istinto sotto al rubinetto dell’acqua, ed osserva a lungo quella striscia rosata di liquido che va a perdersi frettolosamente dentro lo scarico. Non prova dolore, ma si sente incuriosito da questo stupido incidente, avverte quasi una certa attrazione per quel mostrare l’interno di sé, ed anche se non sa spiegarne il motivo, si scopre incantato da quelle sue gocce di sangue. Poi si medica con dell’alcol ed una fasciatura ben stretta, però smette naturalmente di preparare la cena per sé e per Sergio, e quando il suo coinquilino rientra in casa, gli spiega semplicemente di aver lasciato purtroppo a metà alcune cose. Niente di male, tutto è rimediabile, però d’improvviso Renato stasera si sente fortemente pensieroso, ed il suo silenzio sta come ad indicare qualcosa che lui sembra incapace di comprendere appieno.

            Più tardi, mangia qualcosa seduto al tavolo davanti ad un Sergio perplesso, ma non lo guarda nemmeno, sfugge completamente qualsiasi argomento cerchi di avviare l’altro, e in seguito insieme a lui si limita ad infilare i piatti sporchi nel lavastoviglie, per poi andare a rintanarsi velocemente nella propria stanza. Certe volte la solitudine è preziosa, riflette, specialmente quando qualcosa risulta poco comprensibile. Osserva di nuovo la piccola ferita alla mano, toglie la fasciatura e studia quel taglio che adesso sembra non porre più alcun problema. Poi prende un coltellino richiudibile che tiene da sempre dentro un cassetto, e adesso lo apre e lo osserva a lungo, apprezzandone il filo della lama piuttosto affilata. Il desiderio di farsi del male è forte, procurarsi una nuova ferita, sentir pungere il ferro dentro di sé, e poi osservare il sangue scendere di nuovo lungo la propria pelle, ed apprezzare il piccolo dolore che provoca una ferita; quindi restare immobile, fermo, come stregato nell’attesa che il proprio corpo si dimostri in grado di tamponare autonomamente quanto accaduto, e rimediare a tutto ciò con una sorta di capacità taumaturgica, richiamata al presente dalla sua stessa forza, da quello spirito interno nascosto e mai praticato, che deve esserci però, indubbiamente.

            È una vertigine, per Renato, un breve momento di perdita completa di razionalità, che fortunatamente dura ben poco, giusto il tempo per rendersi conto che la realtà è qualcosa di differente, dettata com’è dalla logica, dal bisogno di mostrarsi concreti, e soprattutto incapaci di azioni assurde, impegnata nel misurare costantemente la differenza del dolore avvertito nel corpo oppure nella mente. Poi decide di uscire, sistema il suo coltello dentro una tasca, indossa la giacca e poi via, senza neppure sapere dove andare o perché, ma scende le scale quasi di corsa, affronta la strada con la convinzione di sentirsi imbattibile, ed anche se non riesce a spiegare a sé stesso quei suoi assurdi comportamenti, però adesso sa che sta bene, e che prova un equilibrio interno che raramente ha avvertito in questa maniera, o forse mai. Non ci sono pericoli, nessuno desidera fargli del male, ma in ogni caso lui è pronto, è consapevole di poter fronteggiare qualsiasi avversario, concreto o immaginario che sia. Si sofferma ad osservare qualcosa, sorride nel pensare che si può essere differenti in un solo attimo se con semplicità si decide che valga la pena, ed anche se è conscio che qualcosa dentro di sé sta avvenendo senza che lui lo desideri, però sa che è giusto, che è naturale, che è del tutto spontaneo.

            Quando infine rientra nel suo appartamento si sente spossato, come se avesse dovuto lottare per riuscire a comprendere qualcosa che ancora gli sfugge, e in ogni caso sa che sta meglio, che da ora in avanti dovrà sempre più spesso fare i conti con qualcosa che regna dentro di sé, e che fa parte del suo stare al mondo. In silenzio, con calma, torna nella sua stanza, si sdraia sul letto, chiude gli occhi colmi delle tante visioni che ha avuto stasera, e forse è contento, come se in questo esatto momento avesse una consapevolezza che precedentemente non aveva mai avuto. Nello specchio del bagno vede una persona più sicura di sé, più convinta di ciò che rappresenta nel vetro la propria espressione del viso: domani sarà un giorno migliore, riflette Renato; domani potrò finalmente mostrarmi deciso, convinto di ciò che io sono, capace di non essere più raggirato da qualche stupida situazione fino ad oggi per me inafferrabile. Poi va a dormire, immergendosi in un sonno pesante pieno di immagini veloci e sfuggenti, qualcosa che ancora non sa cosa intendono rappresentare, ma che sicuramente fanno parte di lui, del suo vissuto, della sua volontà.  

 

            Bruno Magnolfi

martedì 15 aprile 2025

Gioia e amore.


            I vicini di casa, i negozianti, i camerieri dei caffè, e persino le persone qualsiasi che conoscono Monica pur soltanto di vista, o anche per niente, ma notando la sua ormai evidente gravidanza, non possono far altro che congratularsi con lei, certe volte soltanto con dei larghi sorrisi, e in altri casi fermandola addirittura per strada per farle dei complimenti, anche se nessuno di loro entra mai troppo nei dettagli con delle domande dirette o eccessivamente curiose, e in genere limitandosi alla sola richiesta del periodo previsto per la nascita del bambino, e poi poco altro. Caterina, quando esce di casa con la sua amica, si sente sempre molto orgogliosa di questi piacevoli comportamenti, e cerca spesso di dare ancora maggiore risalto a quello che a suo parere è un periodo meraviglioso per una donna, quello della trasformazione del proprio corpo, e quindi della consapevolezza del vero miracolo della vita. Naturalmente, è già stato approntato un elenco dei nomi possibili per il bambino, ma quello che a Monica piace di più è senz’altro Giacomo, come si chiamava suo padre, scomparso oramai da diversi anni. Seguono Enrico, Giovanni, Luigi, e anche altri, ed ogni giorno, durante la breve passeggiata con Caterina, che il medico peraltro le ha prescritto ad evitare una mancanza completa di attività fisica, vengono sempre ripassati per trovare nuove affinità e differenti opinioni, cosa che porta naturalmente ad uno scambio molto sentito di diverse e pur momentanee convinzioni. 

            Tutto sembra procedere bene, ed anche l’Anselmi, raggiunto al telefono da Monica più di una volta in questo periodo per dare anche a lui le notizie riguardanti il positivo progredire della propria gravidanza, si è mostrato subito felice di quanto le sta accadendo, pur tralasciando, con una certa particolare sensibilità, domande specifiche circa la paternità di questo bambino. Intanto l’attività della Associazione Culturale che lui dirige sembra abbia intrapreso ultimamente una strada di grandi progetti e di altrettante attività, per cui Mauro, oltre a sentirsi notevolmente impegnato nel portare avanti tutto questo, si mostra con tutti, e quindi anche con Monica, molto orgoglioso di quanto poco per volta sta progredendo. <<Tienimi informata>>, gli dice lei al telefono. <<Anche se in questo periodo ho la testa persa per altre cose, non desidero certo perdere i contatti con l’Associazione, e prima o dopo tornerò alle riunioni mensili dei soci e a fornire il mio pur piccolo contributo>>. È una brava persona, riflette lei dopo aver chiuso la comunicazione; in fondo non mi dispiace per niente averlo conosciuto e poterlo frequentare, almeno qualche volta.

            Secondo Caterina il percorso che ha intrapreso Monica, portando avanti la gravidanza senza la presenza di un marito o di un compagno al suo fianco, è qualcosa di estremamente coraggioso e persino innovativo; <<Inizialmente mi era sembrata una enorme sciocchezza>>, le dice adesso con estrema sincerità; <<Ma poco per volta mi è apparso sempre più evidente che è solamente una scelta, e come tale assolutamente degna di tutto il rispetto possibile>>. Monica è contenta di avere il suo appoggio, sa perfettamente come tutto, in seguito, diverrà più difficile di quello che appare in questo periodo, ma lei sta fortificando giorno per giorno le proprie convinzioni, ed è sicura che se anche è del tutto probabile il verificarsi in futuro di qualche momento di evidente sconforto, lei si sente già assolutamente pronta per affrontare tutto quello che consegue dopo le sue decisioni. Addirittura, le pare, almeno certe volte, durante qualche serata in cui si rannicchia da sola a riflettere sulle sue cose, che tutte le esperienze che ha avuto in passato l’abbiano portata in maniera quasi del tutto naturale a voler definire così il suo itinerario di vita. Per adesso non le importa niente degli uomini, questo è evidente; più avanti forse potrà ripensare più a fondo su questo argomento, ed anche se è consapevole delle difficoltà che potrà incontrare nel tracciare una strada che la porti più avanti in questo senso, ciò non le pone alcuna preoccupazione: quando il suo bambino inizierà ad avere almeno qualche anno d’età, sarà forse il momento per aprire i suoi sentimenti anche ad un uomo, ma non prima, o almeno è così che le dettano adesso le sue convinzioni. 

            È come se in questo periodo la sua solitudine, protratta in un tempo piuttosto lungo dopo la fine improvvisa del suo matrimonio, si fosse andata volatilizzando poco per volta: dentro di sé adesso c’è questo bambino meraviglioso, nient’altro, che richiederà per sé tutte le attenzioni e le cure possibili, e riempirà di gioia e di intensità la sua casa e la sua giornata. Niente di più bello poteva accaderle, ad opinione di Monica, e quello che porta dentro di sé lo avverte sempre di più come un miracolo nella sua vita, dopo le delusioni e i lutti che purtroppo ha dovuto affrontare. Niente di triste potrà più accaderle, pensa con grande convinzione; ora è il momento soltanto della gioia e dell’amore.

 

            Bruno Magnolfi 

domenica 13 aprile 2025

Come un figlio mio.


Non c’è sicuramente niente di fondamentale in quello che bisbigliano di nascosto i miei colleghi di lavoro. Ormai tutti in ufficio hanno saputo della gravidanza di Monica, e precedentemente anche della rottura della nostra breve relazione. Alcuni poi hanno sicuramente mescolato questi elementi con le improvvise e inaspettate dimissioni di lei, e nessuno adesso sa spiegarsi che cosa sia successo veramente, astenendosi peraltro dal chiedere direttamente a me se adesso io sia ancora nelle condizioni di comprendere questi comportamenti così particolari di una donna un po’ sfuggente come Monica, oppure no. All’improvviso, per questi stessi motivi, mi sento caricato di informazioni che peraltro non ho, e se anche cerco di mettere a punto una plausibile risposta nel caso qualcuno tra gli impiegati mi chiedesse qualche ulteriore notizia fresca su di lei, probabilmente mi potrei limitare ad una alzata di spalle, adottando contemporaneamente l’espressione di chi conosce piuttosto bene come stanno veramente le cose, ma per un qualche motivo superiore non può assolutamente rivelare ad altri ciò di cui è a conoscenza. Di fatto cerco di allontanare il più possibile da me tutti questi piccoli fili che ancora in qualche modo mi legano a Monica, anche perché, pur se riesco agevolmente a non mostrarlo, la chiusura del nostro rapporto mi fa ancora soffrire moltissimo.

<<Renato>>, mi dice all’improvviso il capufficio soffermandosi davanti alla mia scrivania. <<Sembra che la nostra Monica Moroni ci abbia lasciato per un motivo sicuramente valido. Tu naturalmente sei a conoscenza immagino della sua inaspettata gravidanza>>. Faccio subito un cenno di assenzo con il capo, poi rispondo soltanto con scarne parole specificando che tutto comunque è accaduto dopo la rottura della nostra relazione, e che adesso ovviamente non ho più nessuna informazione, se non quella che ormai si scambiano tutti tra gli uffici dove lei lavorava. Lui mi guarda con attenzione, probabilmente sa persino qualcosa più di me, immagino, però evita di parlarne, forse anche nella comprensione esatta del mio stato non troppo sereno. Passerà anche questo strano momento, rifletto per consolazione tornando sulle carte a cui sto lavorando. Spero anzi che presto tutti quanti la smettano di associarmi ancora alla Moroni, ed inizino poco per volta a considerare lei come un’impiegata che ha lasciato il suo mestiere probabilmente per dedicarsi ad altro che riteneva più urgente ed importante tra le sue necessità. Non so come reagirei adesso se me la ritrovassi d’improvviso davanti, lungo la strada, oppure in qualsiasi altro luogo: probabilmente cercherei di sforzare al massimo la mia riservatezza, la saluterei con cortesia, evidentemente, ma anche osservando la dovuta distanza, proprio come quella che avverte qualsiasi persona che come me in qualche modo è risultata tradita nei propri sentimenti, limitandomi a ripescare le maniere distaccate  ma professionali di quel rapporto che ancora vige tra dei vecchi colleghi di lavoro.

Di tutta questa faccenda, alla fine, il lato peggiore che sono in grado di riconoscere, è soprattutto quello di non aver accesso ad un minimo di consolazione da parte di nessuno, come se fossi chiamato dalla situazione a tenermi tutto quanto dentro me, evitando anche solo di sfiorare con chiunque quell’argomento spinoso attorno al breve periodo durante il quale io e Monica abbiamo tentato di costituire una coppia stabile. Fondamentalmente, difatti, proseguo a chiedermi ogni giorno che cosa io abbia fatto di sbagliato, quale comportamento inadatto abbia introdotto fino ad allontanare da me questa persona, magari proprio nello stesso momento in cui immaginavo che le cose tra noi due avessero preso una direzione decisamente positiva. Volevo bene a Monica, questo mi pare evidente, tanto che mi pareva la donna adatta a me e alla mia vita, e già proiettavo tutte le mie giornate future assieme a lei, mi ritenevo addirittura fortunato di aver potuto approfondire la sua conoscenza in modo così rapido, senza grandi sforzi, in maniera del tutto leggera, come se le nostre traiettorie avessero deciso per conto proprio di incrociarsi all’improvviso. Qualcosa dei suoi modi di essere non mi pareva troppo congeniale nei confronti delle mie idee, ma d’altro canto ero dispostissimo a cambiare qualcuno dei miei comportamenti, a smussare tutti gli spigoli possibili tra noi, mettere a punto la maniera migliore per costruire un rapporto sereno e duraturo.

Tante cose vorrei chiedere adesso a Monica, se solo potessi parlarle, tanti dubbi che purtroppo sono convinto resteranno tali, e in ogni caso ogni mio sforzo in questa fase deve essere usato come a sostegno del superamento di tutte le mie perplessità nei confronti dei suoi comportamenti. Se qualcuno mi chiedesse se sono stato innamorato di Monica, risponderei immediatamente che questa è l’unica certezza che conservo, insieme alla speranza che lei, una volta o l’altra, provi dentro sé stessa la voglia di rivedermi e riprovare in qualche modo ad avvicinarsi a me. Ci sarà un bambino di mezzo a quel punto, ma sono convinto che per quanto mi riguarda sarei subito disposto ad accoglierlo e a volergli bene, esattamente come fosse un vero figlio mio.  

 

Bruno Magnolfi

venerdì 11 aprile 2025

Pronto a nascere.


            Adesso oramai la gravidanza si inizia a vedere, con quella pancia prominente forse addirittura ampliata da una serie di vestiti molto comodi e larghi, cuciti su misura proprio per le gestanti, ed acquistati in alcuni negozi specializzati dove, tra le varie clienti, si possono allacciare facilmente delle amicizie con quelle giovani donne tutte in attesa di partorire. Monica vive un momento di grande benessere psicologico, gli esami hanno indicato come sia di genere maschile il bambino che porta dentro di sé, e lei ha subito telefonato a tutti coloro che la conoscono per spiegare con modi raggianti questa notizia, ivi compresi alcuni tra i suoi vecchi colleghi di lavoro, escluso Renato naturalmente, soprattutto per non procurargli qualche piccola nuova sofferenza. Qualcuno le ha detto addirittura che lui in questo periodo sembra come rinchiuso in sé stesso, quasi incapace di avere, con gli altri impiegati comunali con i quali intrattiene delle relazioni di lavoro, dei rapporti sociali sufficientemente distesi, normali, mostrandosi sempre corrucciato e quasi isolato dietro alla sua scrivania. A Monica in parte dispiace umanamente ascoltare queste notizie, però la sensazione di lontananza che le procura anche soltanto il pensiero di quel Renato con cui in fondo ha condiviso soltanto un breve periodo, è tale che al momento non ricorda neppure di che cosa potessero parlare tra loro in quei giorni, e di cosa fosse composta quella loro breve ed irrilevante relazione.   

            Sicuramente, per lui non è stata la medesima cosa, riflette lei in questo momento, però tutto quanto nel proseguo della quotidianità spesso trova un suo termine, ed il loro frequentarsi di fatto aveva mostrato rapidamente una certa inconsistenza. Che soltanto lei sia consapevole adesso della paternità di Renato per il figlio che attende, a suo parere non ha alcuna particolare importanza, e nessuno potrà mai stabilire con precisione una cosa del genere. Forse qualcuno potrebbe ancora parlare a lui con estrema malizia di loro due, fino addirittura a suggerire alle sue orecchie come quel figlio abbia forse qualcosa a che vedere con quella relazione passata, ma la spiegazione che Monica è stata capace di dargli, riguardo alla propria gestazione, è stata particolarmente convincente, ed anche capace di allontanare Renato una volta per tutte da quell’idea malsana. Ci sono delle coppie che proprio al momento di dare un figlio alla luce, scoprono di non essere troppo unite nell’affrontare le grandi e piccole difficoltà di quel periodo, perciò si dividono, lasciando alle spalle una sofferenza estremamente maggiore di quella che può sopportare Renato in questo momento, messo da una parte ancora prima di riuscire ad avere una qualsiasi consapevolezza dei fatti. Monica è perfettamente cosciente di tutto ciò: lei si sente assolutamente pronta ora ad essere madre, laddove Renato, pur tralasciando ogni commento sulla loro relazione superficiale e senza futuro, non sarebbe assolutamente mai stato in grado di essere un vero padre per il proprio bambino.

            Il giudizio piuttosto pesante su Monica, che quasi con certezza è stato messo in campo nei propri pensieri da parte di lui in maniera da sigillare esattamente e con decisone la fine subita e non voluta del loro fidanzamento, non pone assolutamente per lei alcun problema: purtroppo succede certe volte che per prendere le sufficienti distanze da una persona a cui abbiamo cercato in passato di stare vicino, si ricorra ad epiteti ed aggettivi mortificanti per definirla; sta nella normalità delle cose, non c’è niente da fare, ma poi tutto passa, ci si dimentica presto e definitivamente delle offese sputate una volta tra i denti stretti, e la realtà riprende il suo corso senza ulteriori salti di umore e di carattere. La cosa più importante di tutte, secondo Monica, la sta portando ora dentro di sé, e tutti coloro che sentono la voglia di starle vicino e di darle una mano, almeno per riuscire a non farla sentire mai sola, saranno sempre accolti da lei con le braccia aperte e festose.

Ma prima di tutti c’è Caterina, che in questo momento non fa passare giornata senza farle una telefonata oppure andare a trovarla. Ha già trovato dei regalini per il bambino, e poi fa continuamente lavorare la testa per individuare tutto ciò di cui sarà possibile avvertire in seguito la necessità, anche se sono cose quasi del tutto superflue. Infine, lei è pronta a ridere, è contenta, e porta con sé quell’allegria di cui non si può mai fare a meno quando siamo vicini ad un evento importante. E Monica guarda avanti, e se certe volte ha addirittura pensato che quanto le sta per succedere possa essere addirittura il riscatto della sua vita, in seguito ha allontanato da sé quest’idea, perché partorire un figlio non può essere un fatto egoistico, qualcosa in cui si concentrano soltanto i propri desideri: c’è altro, c’è la consapevolezza che una nuova vita prende a battere poco per volta, e che il futuro che quella vita avrà di fronte a sé può essere soltanto il frutto di un amore condiviso anche da parte di chi non è consanguineo, ma forse riesce già a vedere quel futuro con gli occhi di chi sta per nascere.

 

            Bruno Magnolfi  

mercoledì 9 aprile 2025

Amore e altruismo.


            <<Non so>>, dico io mentre proseguo a sfornare le carte e i documenti che servono per mettere in regola l’associazione; <<Non dovrei neppure esprimere delle opinioni personali, essendo parte in causa, però indubbiamente la burocrazia che sta dietro al volontariato non incoraggia certo le persone che desiderano impegnarsi in questo campo>>. Mauro Anselmi mi osserva con questa espressione del viso tra il serio e il sorridente; quindi, mette una rapida firma dove adesso gli ho indicato, poi dice, semplicemente: <<Ragioniere, è evidente che c’è una regia dietro, messa su con sommo studio per frenare gli entusiasmi di chi ancora crede nel settore senza scopo di lucro>>. Io lo guardo per un attimo, avrei mille idee da esporre che mi girano da tanto tempo dentro la testa, ma ho imparato ad usare la cautela nelle mie espressioni, dopo tanti anni di mestiere da commercialista. Però questo ragazzo mi è simpatico, si vede subito che difficilmente si riesce a frenare i suoi propositi, tantomeno per un po’ di documenti che deve produrre a nome della associazione a cui presiede. <<Se anche in molti attorno hanno delle idee opposte a quelle che professi, queto non significa che proprio le tue siano quelle sbagliate>>, aggiunge. Sorrido, lui utilizza i miei servizi anche se probabilmente io rappresento una parte della realtà che non gli piace. Ma questo non significa che io non riesca a comprendere il suo punto di vista e in qualche modo a condividerlo.

            Poi lui infila tutti i fogli dentro una busta di plastica e si alza, mi stringe la mano, dice che per i prossimi adempimenti dell’associazione si comporterà senz’altro con maggiore precisione; quindi, mi saluta ancora col suo simpatico sorriso e infine se ne va. Quando esce dal mio ufficio sento che si ferma per qualche momento a parlare con mia moglie che sta al bancone dell’altra stanza per la normale segreteria. So benissimo cosa vorrebbe farsi spiegare Caterina da lui se soltanto potesse porre delle domande più dirette: quali siano i suoi rapporti con Monica, che cosa sia successo negli ultimi tempi tra loro due, di quale intensità sia adesso la loro conoscenza, ora che lei ha cessato di lavorare negli uffici comunali, ma naturalmente non può certo chiedergli niente che solo si avvicini a questi argomenti, e difatti dallo spiraglio della porta socchiusa sento la voce dell’Anselmi che dice in fretta che ormai è da un pezzo che Monica non si fa più viva all’associazione, e così chiude la questione. Quel che mi appare certo è che lei in poco tempo sia diventata un vero enigma riguardo ai rapporti con le persone che frequenta, o che frequentava fino a poco fa, e la curiosità di mia moglie è diventata talmente forte da non permetterle niente di intentato.

            Più tardi, poi, usciamo assieme dallo studio, io e Caterina, come non facciamo neppure troppo spesso, e dopo aver chiuso a chiave la serranda che dà direttamente sul marciapiede, ci incamminiamo verso casa nostra quando ormai si è fatta ora di pranzo. Come la vedi questa faccenda?>>, chiedo all’improvviso a mia moglie, tanto che lei potrebbe tranquillamente rispondermi: <<Quale faccenda?>>. Invece attende un momento, forse fa una pausa riflessiva, poi dice soltanto: <<Poco per volta comincio a comprendere il punto di vista di Monica. Sarà madre, tra poco, questo è certo; e non ci sarà un padre, perché siamo tutti noi chiamati a svolgere il ruolo di padre per questo bambino, tutti noi che la conosciamo e siamo disposti a sostenere la sua scelta>>. Quindi restiamo in silenzio, saliamo sulla nostra auto e in pochi minuti arriviamo fino a casa. Non c’è altro da dire, rifletto; Monica ci ha messo tutti di fronte ad un fatto compiuto, ed anche se non si può essere troppo d’accordo con la sua scelta, alla fine ha ragione: chi vuole può stare dalla sua parte ed aiutarla, e compiere insieme a lei questo percorso; e chi non accetta il suo modo di vivere questa sua gestazione, è libero di allontanarsi da lei, di farsi da una parte e non intralciare la sua strada.

            Più tardi, dopo che io e mia moglie ci siamo seduti a tavola, ed aver mangiato giusto degli affettati e un po’ di frutta, sento Caterina nella stanza accanto che apre una telefonata: <<Ciao Monica>>, dice con voce tranquilla; <<Come vanno oggi le cose?>>. L’altra probabilmente risponde spiegando le piccole cose che le stanno accadendo considerato il suo stato attuale, ed io che soltanto immagino le parole con cui si spiega questa donna coraggiosa e determinata, mi sento improvvisamente un po’ commosso. <<È vero>>, penso trattenendo a stento le lacrime; <<Lei sta per partorire un figlio nostro, un bambino a cui noi probabilmente saremo tutti legati come a nessun altro. È un piccolo miracolo quello che sta per avvenire, ed era così facile realizzarlo che a nessuno di noi sarebbe mai venuto in mente. Rinsalderà le amicizie e le conoscenze, e ci farà sentire davvero vivi, utili, disposti a lottare per il bene di un gentile piccolo frutto d’amore e di grande altruismo.

 

            Bruno Magnolfi

lunedì 7 aprile 2025

Strana costrizione.


            Renato rientra in casa con le buste della spesa. Stasera desidera preparare una cena un po’ speciale, qualcosa per dimostrare a Sergio che tutto quanto sta ritornando velocemente nell’alveo delle abitudini di un tempo, e che lui sta riprendendo perciò ad occuparsi della cucina, delle provviste, dell’approvvigionamento del frigorifero, e di tutto ciò che serve per far sentire il loro appartamento un luogo vissuto, adatto a persone serie che con certezza non si fanno certo mancare gli elementi primari della convivenza per sentirsi almeno un po' appagati. Oggi Renato era andato a far visita ai suoi genitori. Appena entrato nella loro casa li aveva salutati, aveva abbracciato la sua mamma, sorriso a suo padre, e quindi, senza entrare molto nei dettagli, aveva soltanto spiegato loro rapidamente, e con ben poche parole, come lui e la sua Monica avessero deciso di lasciarsi, perché alla fine convinti di quanto quella loro relazione non mostrasse un vero futuro, spiegando con calma di aver deciso assieme, senza farne troppi drammi, che era meglio dare un termine ai loro tentativi di procrastinare il percorso intrapreso, mostratosi ormai con evidenza sempre più difficile e tortuoso. <<Sono contenta>>, aveva detto subito sua madre. <<Avevo compreso immediatamente che non era la donna adatta alle tue esigenze, e che non avevate niente in comune; perciò, ero rimasta convinta fin da subito che non sareste andati mai molto lontano se anche vi foste intestarditi a credere a questa vostra strampalata relazione>>. Suo padre poi gli ha stretto la mano senza aggiungere nulla, osservandolo in silenzio, e quindi sono andati tutti e tre a sedersi insieme al tavolo del salotto, per parlare di cose più superficiali, senza impegno, ed alleggerire così quell’argomento.   

<<Non c’è altro da aggiungere>>, aveva poi spiegato prima di andarsene Renato, come per evitare ulteriori domande e curiosità su una vicenda sentimentale in fondo per lui piuttosto dolorosa, e naturalmente i suoi genitori si sono attenuti subito ai desideri del loro unico figlio. In fondo il mondo è composto in questa maniera: alcuni proseguono ad incaponirsi nel portare avanti una propria idea, un proprio disegno, un sogno, indifferentemente dal fatto che questo sia possibile oppure del tutto irrealizzabile, quasi come se senza quella trovata non ci fosse più, per chi ne dovesse risultare investito, nessun’altra possibilità e nessun futuro accettabile; quando per altri invece è del tutto sufficiente mostrarsi subito sconfitti per quella mancata proiezione che pur si credeva inizialmente fondamentale, per ritrovare all’improvviso almeno tutto quanto ciò che era stato fino allora. Infine, lui si è alzato, ha salutato i propri genitori con calma, li ha ringraziati della loro pazienza, e quando si è trovato da solo nello scendere le scale del condominio dei suoi, si è sentito enormemente più leggero, liberato di un fardello che lo faceva sentire oppresso e goffo in qualsiasi movimento. Quindi si è fermato al supermercato del suo quartiere prima di tornare nella casa dove abita.

Sergio, dopo un paio d’ore, è rientrato invece con le sue maniere sempre da persona un po’ agitata, ma si è rallegrato subito nel vedere Renato intento a cucinare qualcosa per la cena, tanto che ha immediatamente abbandonato l’idea di andarsene da solo a mangiare qualcosa in una tavola calda del quartiere. <<Non ci si trovano molte provviste ultimamente dentro al frigorifero>>, ha detto subito con ironia tanto per sgombrare il campo da qualsiasi equivoco. <<Non ha importanza>>, ha spiegato l’altro; <<Sto soltanto cercando di fare una bella frittata, e se ti va, aggiungo delle uova e ce la possiamo semplicemente mangiare assieme>>. Così Sergio, dopo qualche minuto, sedendosi al tavolo della loro cucina, si è sentito in dovere di chiedere al Nesti come andassero le cose, forse alludendo anche al suo cambio di atteggiamento nei confronti della frequentazione del loro appartamento. <<Ho chiuso con Monica>>, ha detto Renato senza dare possibilità di allungare l’argomento, e Sergio ha annuito mentre apparecchiava la tavola, senza porre altre domande.

<<Doveva finire così>>, ha aggiunto in seguito Renato, quando poi tutto era già cucinato e i due coinquilini si erano seduti davanti ai loro piatti pronti. <<Ho provato in ogni modo a reggere la situazione, ma le cose si dimostravano oramai sempre più difficili>>. L’altro, masticando, lo ha guardato per un attimo, si è versato da bere, poi ha bisbigliato: <<Immagino che anche lei prima o dopo si aspettasse che la storia tra di voi subisse prima o dopo un’interruzione>>. Renato allora ha ripreso la stessa narrazione oramai diventata tra i suoi pensieri quasi una profonda verità, spiegando che alla fine è stata soltanto una presa d’atto di ambedue, un rendersi conto che quella storia non avrebbe mai avuto un vero futuro; tanto valeva quindi lasciar perdere ogni tentativo per tenerla ancora in vita. Quindi hanno brindato, non sapendo neppure di preciso a cosa, ma in ogni caso mostrando la necessità di sentirsi di nuovo bene, finalmente liberi da quella specie di strana costrizione.

 

Bruno Magnolfi

venerdì 4 aprile 2025

Ci sentiamo domani.


            Poi vado dagli zii. E dico tutto, perché ormai sono un fiume in piena, devo parlare, devo dire a chiunque che non sono mai stata così felice, che d’ora in avanti non ci saranno mai per me dei sacrifici sgradevoli, che affronterò tutto ciò che avverrà sempre con gioia, che finalmente sto trovando in me e fuori da me un motivo più importante per andare avanti, per essere contenta, per impegnarmi in ogni momento della mia giornata, e sentirmi bene, a posto con tutte le regole del mondo. Mia zia inizialmente appare fredda, sembra quasi leggermente ostile alla mia scelta di portare avanti una gravidanza e un figlio in perfetta solitudine, ma in seguito inizia a sorridermi, poco per volta, e lo fa proprio quando le dico che ci vuole, è necessaria, una proiezione di vita nella nostra famiglia, dopo quei lutti a cui è stata costretta. Allora si commuove, in un attimo intravede il mio percorso, allora mi abbraccia, sta dalla mia parte, è contenta per me, dice che mi darà tutto l’aiuto di cui avrò necessità, e che questo bambino sarà senz’altro a pieno titolo anche suo nipote. Poi mi guarda mentre resto in piedi davanti a lei: la pancia della gravidanza ancora non si nota, ma quando sarà evidente a tutti che sono proprio incinta, mi difenderà da chiunque osi dire qualcosa contro di me.

               Poi torno verso casa, ma vorrei fermarmi davanti ad ogni passante frettoloso per dire a lui quello che sta succedendo, quello che improvvisamente, come un miracolo, sta accadendo proprio dentro e fuori di me. Guardo tutto con occhi di futuro, osservo le persone che neanche conosco come degli amici, trovo che qualsiasi elemento che compone ogni giornata abbia preso adesso un significato superiore, come qualcosa di estremamente positivo, indirizzato verso l’ottimismo che porto insieme a me. Vorrei passare persino dagli uffici comunali, dai miei colleghi di lavoro rimasti lì, su quelle scrivanie, e farli partecipi del mio entusiasmo, del mio aver trovato la strada giusta, ma poi rifletto meglio che dovrei incontrare forse anche Renato, e questo sicuramente in questo momento è da evitare. Rientro a casa e mi sento bene, il mio medico ha detto che da ora in avanti non devo fare degli sforzi, e che ho bisogno di riposo, ma io non vorrei più né stare seduta e né sdraiata, perché mi piacerebbe andare in giro tutto il giorno tra la gente e rendere partecipi della mia gioia chiunque io possa conoscere, ed anche tutti coloro che non ho mai conosciuto, fino a mostrare quanto sia semplice entusiasmarsi di qualcosa così naturale come quello che mi sta accadendo.

            Quindi rientro, sono raggiante, vorrei telefonare a tutti, ma devo controllarmi, devo imparare ad essere paziente e tollerante: niente più scatti di entusiasmo, ora ci vuole soltanto un po’ di autocontrollo, e la capacità di mettere in pista tutte le misure che serviranno per essere all’altezza di ciò che ormai appare giusto dietro l’angolo. Suona il telefono, è Caterina, e come un fiume in piena mi racconta con parole allegre che non è riuscita neppure a dormire bene la notte scorsa, tanto la notizia della mia gravidanza è stata capace di metterla in subbuglio. <<Devo aiutarti>>, mi dice; <<tu adesso non devi preoccuparti più di niente, e per qualunque cosa di cui tu possa provare la necessità, sarò io a preoccuparmene e a procurarti ciò che ti serve al posto tuo; e poi non devi mai sentirti sola, basta soltanto uno squillo di telefono ed io mi precipito da te, perché è così che desidero, e così è come vorrei rispondere a questa rivoluzione che stai portando avanti, questa scelta coraggiosa, ed anche per quella piccola riscossa, per una come me che non è riuscita ad avere figli, che adesso sento nel profondo e che mi investe davvero in prima persona>>.

            La ringrazio, poi mettiamo un attimo da parte tutti questi propositi, ed iniziamo a discorrere come sempre, delle cose di ogni giorno, delle piccole difficoltà sempre presenti, di tutto ciò che ci investe bene o male nel proseguire del nostro tempo che ci regala continuamente delle notizie orribili dal mondo, ma certe volte anche delle cose belle. Mi fa piacere sapere che suo marito abbia ritrovato lo spirito giusto per impegnarsi nel suo lavoro, anche perché in fondo credo sia stato tutto molto semplice, è bastato fare un po’ di pubblicità al suo studio e trovare così qualche nuovo cliente per far andare avanti ed aumentare il giro di affari della sua attività. Poi le dico degli zii, di come anche loro in fondo siano contenti della mia scelta, e di come, nelle loro possibilità, si siano dichiarati disponibili a darmi quell’aiuto di cui sicuramente avvertirò, prima o dopo, una qualche necessità. Quindi lei vorrebbe chiedermi qualcosa di Renato, ma non fa questa sciocchezza, ed io evito anche solo di sfiorare questo argomento. <<Ci sentiamo domani>>, diciamo poi, prima di chiudere la telefonata.

 

Bruno Magnolfi

mercoledì 2 aprile 2025

Senza speranza.


            I coniugi Carletti si ritengono piuttosto soddisfatti della campagna pubblicitaria che da poco tempo hanno varato insieme ad un laboratorio specializzato, e grazie naturalmente al prestito in denaro erogato con estrema generosità da parte della loro amica Monica. È stato sufficiente far trascorrere pochi giorni, e già un paio di piccole ditte cittadine si sono interessate per farsi gestire la contabilità dal loro piccolo studio, ed altri due o tre hanno subito mostrato interesse per i prezzi decisamente abbordabili che la loro ragioneria è in grado di adottare. <<Qualcosa si sta muovendo>>, ha detto immediatamente il marito commercialista ritrovando almeno in parte l’entusiasmo di un tempo per il suo lavoro. Caterina invece ha iniziato subito a mostrare alla sua amica tutta la propria gratitudine per quel gesto a suo parere estremamente altruista, fino a quando l’altra, a fronte dell’ennesima telefonata di ringraziamento per il suo aiuto, le ha spiegato con tono serio di sentire la necessità e l’urgenza di parlarle di persona. <<Niente di grave>>, ha comunque precisato; <<Anzi, devo proprio darti una buona notizia, però non per telefono; piuttosto, vediamoci a casa mia, davanti ad una buona tazza di tè, magari durante un pomeriggio in cui ritieni di essere più libera>>. 

            Certo, da quando Monica ha smesso di lavorare nell’ufficio del Comune, le rimane tanto di quel tempo da potersi facilmente dedicare alle attività più svariate, pensa Caterina; e forse adesso mi vuole parlare proprio di qualcosa che ha scoperto ultimamente, e di cui si è entusiasmata subito, come fa spesso lei in determinati casi. Così le due si sono date appuntamento per il giorno seguente, e poi ognuna di loro ha ripreso a svolgere le solite faccende di sempre, anche se Monica ha già iniziato ad acquistare qualche oggetto che sicuramente le servirà subito dopo il parto. Il giorno dopo, l’amica giunge poi quasi con affanno davanti alla sua casa, e subito sale con l’ampio ascensore fino all’ultimo piano di quel palazzo elegante e ben curato, e quando arriva ad entrare nel grande appartamento di Monica, che le fa aprire il portoncino come sempre dalla sua governante tuttofare, si accorge subito che c’è qualcosa nell’aria di cui non aveva memoria, e nota presto in un angolo una stupenda carrozzina per bambini lasciata lì proprio per essere notata da chi entra in quella casa. L’amica le va incontro, sorridente: <<Sono incinta>>, le annuncia Monica immediatamente, anche per togliere di mezzo qualsiasi dubbio. Le due donne si abbracciano, e forse si commuovono leggermente, fino a quando poi vanno a sedersi sulle poltrone del soggiorno per poter chiarire meglio ogni dettaglio.  

            Caterina non riesce neppure ad esprimere con le parole il proprio entusiasmo, e continua a dire che le pare quasi impossibile, che è una notizia meravigliosa, che adesso tutto cambierà in meglio, che finalmente giunge qualcosa di positivo che proietta tutto quanto verso il futuro. Poi si blocca: <<Ma chi è il padre?>>, chiede a Monica come se scoprisse solo adesso che la sua amica non ha una relazione stabile. <<Non ha importanza>>, dice lei; <<Sarà soltanto figlio mio>>. Loro due riprendono ad abbracciarsi, ci vuole coraggio per affrontare una situazione di questo genere, e Caterina non riesce in nessun modo a tirarsi indietro, anzi, desidera più di ogni altra cosa sentirsi parte di questo inizio di gestazione tutta femminile. <<Intendo essere madre e padre>>, dice Monica, <<Ma certamente avrò necessità di qualche aiuto, anche da te, naturalmente, se vorrai>>.

            <<Dobbiamo brindare>>, dice adesso Caterina; <<Un momento come questo è qualcosa che non capita certo di frequente, ed io mi sento così felice che non so neanche spiegarlo, perché è quasi come se mi sentissi coinvolta in tutto quanto, e vorrò essere al tuo fianco in tutti i momenti che giungeranno d’ora in avanti. Ed aiutarti, certo, come fossi tua sorella, proprio come una zia per quel bambino che arriverà presto a riempire di gioia queste stanze e le nostre vite>>. Quindi aprono una bottiglia di vino, bevono, sorridono, si rallegrano di tutto quello che immaginano già, con un fagottino che scorrazza per la casa e chiede per sé tutte le attenzioni possibili. <<Ma con Renato>>, domanda alla fine Caterina; <<Come sei rimasta?>>. Monica ci pensa un attimo, assume un’espressione seria, poi dice soltanto: <<L’ho già informato di tutto; non è figlio suo, e la nostra breve relazione non aveva alcun futuro. Lui ha capito benissimo la situazione, e così si ritirato da una parte senza trovare niente da ribattere. Certo, c’è rimasto male, ma non credo che ci credesse troppo neanche lui nel nostro incontrarci come fossimo tornati ad essere due ragazzini. Personalmente ho cercato di mostrarmi sfuggente con Renato, senza alcuna volontà di affrontare un rapporto serio e proiettato nel futuro, e lui alla fine ha compreso che non eravamo proprio adatti per stare insieme. In fondo, se anche si era fatto delle idee, ha dovuto rendersi conto che con lui, le poche volte in cui ci siamo visti, non avevo mai usato parole impegnative, e tantomeno gli avevo trasmesso una qualsiasi speranza>>.

 

            Bruno Magnolfi