mercoledì 16 aprile 2025

Immagini veloci e sfuggenti.


            Sminuzzando una semplice carota, sul piano della cucina, inevitabilmente il coltello quasi gli sfugge di mano. È un attimo, una sciocchezza, che poi sembra accada frequentemente a chiunque, e la lama affilata ecco che va ad aprire la pelle e la carne del dito indice mentre sta cercando di tenere ferma quella carota, e subito rivela una piccola ferita, un piccolo taglio che mostra immediatamente il rosso intenso del sangue che sgorga. Renato mette la mano per istinto sotto al rubinetto dell’acqua, ed osserva a lungo quella striscia rosata di liquido che va a perdersi frettolosamente dentro lo scarico. Non prova dolore, ma si sente incuriosito da questo stupido incidente, avverte quasi una certa attrazione per quel mostrare l’interno di sé, ed anche se non sa spiegarne il motivo, si scopre incantato da quelle sue gocce di sangue. Poi si medica con dell’alcol ed una fasciatura ben stretta, però smette naturalmente di preparare la cena per sé e per Sergio, e quando il suo coinquilino rientra in casa, gli spiega semplicemente di aver lasciato purtroppo a metà alcune cose. Niente di male, tutto è rimediabile, però d’improvviso Renato stasera si sente fortemente pensieroso, ed il suo silenzio sta come ad indicare qualcosa che lui sembra incapace di comprendere appieno.

            Più tardi, mangia qualcosa seduto al tavolo davanti ad un Sergio perplesso, ma non lo guarda nemmeno, sfugge completamente qualsiasi argomento cerchi di avviare l’altro, e in seguito insieme a lui si limita ad infilare i piatti sporchi nel lavastoviglie, per poi andare a rintanarsi velocemente nella propria stanza. Certe volte la solitudine è preziosa, riflette, specialmente quando qualcosa risulta poco comprensibile. Osserva di nuovo la piccola ferita alla mano, toglie la fasciatura e studia quel taglio che adesso sembra non porre più alcun problema. Poi prende un coltellino richiudibile che tiene da sempre dentro un cassetto, e adesso lo apre e lo osserva a lungo, apprezzandone il filo della lama piuttosto affilata. Il desiderio di farsi del male è forte, procurarsi una nuova ferita, sentir pungere il ferro dentro di sé, e poi osservare il sangue scendere di nuovo lungo la propria pelle, ed apprezzare il piccolo dolore che provoca una ferita; quindi restare immobile, fermo, come stregato nell’attesa che il proprio corpo si dimostri in grado di tamponare autonomamente quanto accaduto, e rimediare a tutto ciò con una sorta di capacità taumaturgica, richiamata al presente dalla sua stessa forza, da quello spirito interno nascosto e mai praticato, che deve esserci però, indubbiamente.

            È una vertigine, per Renato, un breve momento di perdita completa di razionalità, che fortunatamente dura ben poco, giusto il tempo per rendersi conto che la realtà è qualcosa di differente, dettata com’è dalla logica, dal bisogno di mostrarsi concreti, e soprattutto incapaci di azioni assurde, impegnata nel misurare costantemente la differenza del dolore avvertito nel corpo oppure nella mente. Poi decide di uscire, sistema il suo coltello dentro una tasca, indossa la giacca e poi via, senza neppure sapere dove andare o perché, ma scende le scale quasi di corsa, affronta la strada con la convinzione di sentirsi imbattibile, ed anche se non riesce a spiegare a sé stesso quei suoi assurdi comportamenti, però adesso sa che sta bene, e che prova un equilibrio interno che raramente ha avvertito in questa maniera, o forse mai. Non ci sono pericoli, nessuno desidera fargli del male, ma in ogni caso lui è pronto, è consapevole di poter fronteggiare qualsiasi avversario, concreto o immaginario che sia. Si sofferma ad osservare qualcosa, sorride nel pensare che si può essere differenti in un solo attimo se con semplicità si decide che valga la pena, ed anche se è conscio che qualcosa dentro di sé sta avvenendo senza che lui lo desideri, però sa che è giusto, che è naturale, che è del tutto spontaneo.

            Quando infine rientra nel suo appartamento si sente spossato, come se avesse dovuto lottare per riuscire a comprendere qualcosa che ancora gli sfugge, e in ogni caso sa che sta meglio, che da ora in avanti dovrà sempre più spesso fare i conti con qualcosa che regna dentro di sé, e che fa parte del suo stare al mondo. In silenzio, con calma, torna nella sua stanza, si sdraia sul letto, chiude gli occhi colmi delle tante visioni che ha avuto stasera, e forse è contento, come se in questo esatto momento avesse una consapevolezza che precedentemente non aveva mai avuto. Nello specchio del bagno vede una persona più sicura di sé, più convinta di ciò che rappresenta nel vetro la propria espressione del viso: domani sarà un giorno migliore, riflette Renato; domani potrò finalmente mostrarmi deciso, convinto di ciò che io sono, capace di non essere più raggirato da qualche stupida situazione fino ad oggi per me inafferrabile. Poi va a dormire, immergendosi in un sonno pesante pieno di immagini veloci e sfuggenti, qualcosa che ancora non sa cosa intendono rappresentare, ma che sicuramente fanno parte di lui, del suo vissuto, della sua volontà.  

 

            Bruno Magnolfi

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