Lui era entrato
dentro al negozio di giocattoli quasi con noncuranza: le mani dietro la
schiena, il passo rallentato, la faccia di qualcuno che cerca soltanto di
perdere del tempo; ci mancava soltanto che fischiettasse. La commessa dopo il
buongiorno non aveva detto altro: ecco uno di questi fantasmi che vagano tra
gli scaffali, aveva pensato; persone che poi spariscono per sempre, come se in
seguito non ricordassero neppure di essere entrati per sbaglio qua dentro.
Invece lui si era
trattenuto a lungo, meravigliandola, concentrandosi per tutto il tempo sul
reparto dei trenini elettrici, volgendo la testa ora da un lato e ora dall’altro,
forse a sincerarsi, ammirato, di quello che realmente si trovava sotto ai suoi
occhi. Si sarebbe detto quasi timoroso che qualche altro cliente si fosse
potuto trovare là dentro, ma invece c’era soltanto la commessa con lui, che più
per curiosità che per interesse professionale continuava ad osservarlo ogni
tanto, ma sbadatamente, in realtà proseguendo a concentrarsi su certi elenchi
cartacei di una serie di articoli. Lei inizialmente gli aveva anche detto
qualcosa, in fondo una semplice parola interlocutoria tanto per mostrare con
maggiore chiarezza la sua presenza e il suo ruolo, ma quello non l’aveva quasi
per niente considerata, proprio come se, trovato ciò che maggiormente gli
interessava, tutto il resto quasi meritasse soltanto di scomparire, almeno ai
suoi occhi.
Si vede che è un
intenditore, aveva pensato la commessa; non un semplice curioso, o un
perditempo che ama gingillarsi oziosamente nell’osservazione apparentemente
attenta di qualcosa che neppur lontanamente si sognerebbe mai di possedere.
Dentro al negozio intanto continuava a non esserci altre persone che loro due,
ma alla commessa non interessava affatto se quell’uomo proseguiva a perdersi
dietro le sue contemplazioni, anzi, forse in qualche modo quella presenza
giustificava il suo ruolo, e probabilmente poteva incoraggiare qualche ulteriore
cliente ad entrare a sua volta, perciò tutto andava bene, pensava, lei non
intravedeva il minimo problema.
Ovviamente si era
accorta dell’ammirazione con cui quell’uomo, piuttosto elegante nel vestiario e
nei modi, aveva continuato ad osservare quel Tenderlok Rivarossi degli anni ‘40,
un prodotto eccellente sotto qualsiasi punto di vista, uno dei pezzi
maggiormente di pregio, almeno per tutti coloro che se ne intendevano. E si
aspettava naturalmente che da un momento all’altro lui le chiedesse qualche
ulteriore notizia tecnica su quel modello, se non addirittura il prezzo finale;
ma incomprensibilmente, dopo dieci minuti almeno di stazionamento davanti a
quel modellino, si era spostato quasi con indifferenza verso lo scaffale dei
peluches, ed adesso pareva osservasse gli orsacchiotti allineati là sopra con
lo stesso preciso interesse manifestato poco prima per i trenini elettrici: un
comportamento assurdo, incomprensibile, in contrasto completo con l’idea che
lei si era fatta di questo bel tipo.
Purtroppo, anche ad
osservarlo con maggiore attenzione, non c’era alcun dubbio, pensava sgomenta la
commessa: questo signore è soltanto un mezzo svitato, uno di quei personaggi
che tra breve probabilmente non ricorderà neppure qualcosa di tutto ciò che si
è dato la briga di vedere, e tranquillamente se ne andrà da qua dentro lasciando
nell’aria una buonasera priva di qualsiasi personalità. Facilmente andrà a
vagare anche in altri negozi, e proseguirà a trascorrere la sua giornata in questo
modo insensato, praticamente passando il tempo senza rendersi conto di niente.
Così avvenne difatti, ma soltanto diversi minuti più tardi la commessa volle
dare uno sguardo nel reparto dei trenini elettrici, quasi a riguardare la zona
di cui era maggiormente orgogliosa; e ciò fu sufficiente per accorgersi che là
sopra il Tenderlok del ’40, ormai, non c’era più.
Bruno Magnolfi