Dentro
di me non c’è niente, inutile illudersi. Fingo interesse, ma lascio che tutto
si muova senza il mio aiuto. Gli oggetti che adopro un giorno o l’altro si
sciuperanno, penso, stupido sarà appellarsi a delle abitudini. Poi giro per
strada, entro in caffè pieni di gente, mi guardo attorno, sorrido, sorseggio
con calma un aperitivo.
Al
lavoro i colleghi mi parlano, spiegano cosa gli passa dentro la testa, dicono
come hanno trascorso il loro tempo libero, o che cos’hanno creduto di fare
quando hanno fatto qualcosa. Spiegano come si comporteranno la prossima volta
che avranno altro tempo da spendere per sentirsi migliori, trovare delle forme
per dimenticare la vita ordinaria, o almeno per accantonarla, e certe volte ridono
già, quasi divertendosi soltanto alle idee che riescono a mettere assieme.
Anch’io sorrido con loro, sorseggio il mio aperitivo e annuisco, pur conscio di
non avere il medesimo spirito di quelli che parlano. Vorrei anche io occuparmi
di qualcosa che magari sia anche di moda, penso ancora; una barca ad esempio, ed
impegnarmi a fondo nella sua manutenzione, interessarmi di tutto ciò che ne
riguarda il suo uso, fino a parlarne in giro con tutti, spiegarne i dettagli,
le mie preoccupazioni, quasi continuamente.
Qualcuno
mi guarda dentro al caffè, ognuno sorseggia con tranquillità il proprio
aperitivo, tutti sorridono, fingono. Un giorno di questi andrò via con la mia
barca, penso; osserverò le scotte che si consumano, le bitte già logore,
l’opera viva coperta di vegetazione, e scambierò tutto questo con la mia stessa
esistenza, come non ci fosse alcuna diversità. Mi sento ancora vuoto di tutto,
ma credo che la cosa migliore sia quella di fingere un interesse concreto,
qualcosa per cui perdere veramente la testa, trovare la strada che riesca a
tenermi in piedi almeno nei confronti degli altri.
Tornerò
a bazzicare i caffè subito dopo, meravigliandomi della loro frequentazione così
assidua da parte di tutti, e mi guarderò ancora in giro, a scandagliare le
facce e le espressioni di quei tanti clienti, mentre sorseggiano aperitivi e
sorridono, come ci fosse ancora la possibilità di sentirsi sollevati nell’avere
attorno la gente, e così forse mi sentirò come tutti, con la propria barca di
cui parlare, il sartiame da cambiare, forse un gioco di vele da revisionare. E’
importante sentirsi parte di un intero sistema, sapere che le stesse parole che
puoi adoperare sono le medesime che usano tutti, e che ci sono argomenti che ti
collegano, ed se anche dentro di te permane il senso di vuoto, almeno puoi
fingere che il tuo problema finalmente è stato brillantemente risolto.
Alla
fine mediterò a lungo tutti quanti questi pensieri, cercherò naturalmente di
prendere tempo, e poi riprenderò ad infilarmi dentro ai locali dove ancora si
parli preferibilmente di barche, dicendo la mia con naturalezza, lamentandomi
di questi skippers di oggi che non sono certo neppure somiglianti a quelli di
una volta, ma poi proseguirò a sorseggiare l’aperitivo e a sorridere, proprio
come gli altri, perché oggi è così che si fa, lo sanno tutti.
Bruno
Magnolfi
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