Guarda, dice lei senza entusiasmo ma cercando intorno a sé qualche
particolare, indicandolo con una mano, che infonda almeno una briciola di
spirito: da qui in avanti si nota già una differenza notevole di vegetazione.
L'auto scorre tranquilla, la radio a basso volume trasmette, gracchiando lungo
certe curve, la solita musichetta di complemento. Ci sarebbero forse molte
altre cose da dire, ma lei in fondo preferisce ritrovare subito quell’ordinario
silenzio accompagnato semplicemente dal ronzare monotono del motore che gira
calmo. Si è seduta due ore prima già con mille precauzioni per evitare che il
suo bel vestito chiaro acquistato apposta per quel giorno prendesse strane
pieghe, e continua, anche con un certo sforzo, a rimanere ferma ed eretta il
più possibile, proprio ad evitare di sciupare la stoffa durante quegli ultimi
chilometri. Lui al contrario si è allentato la camicia e la cravatta già agli
inizi del viaggio, ed il suo lieve sbuffare ogni tanto dimostra pienamente la sua scarsa voglia di
partecipare alla cerimonia che li attende.
Manca soltanto un'altra mezz'ora, vero?, dice lei forse soltanto per la
necessità di sentirsi rassicurata. Probabilmente anche meno, le risponde lui
quasi nel dispiacere del pensiero di dover
abbandonare quella guida distensiva ed iniziare, ormai tra poco, a salutare e a
parlare con quella massa di parenti che li attendono, e che sicuramente rivolgeranno
a loro le solite domande, già lui se li immagina, e anche le solite battute, in
fondo cercando tutti di fare solamente un po' gli spiritosi. Già essere dovuti
arrivare fino a quello sperduto agriturismo, sembra a lui quasi una cosa priva
di senso; se poi ci mette il fatto che in questa giornata mangerà sicuramente
troppo, berrà senz’altro oltremisura, e che per parlare si vedrà spesso
costretto quasi ad urlare pur conservando il sorriso sulla faccia, il quadro di
un evento negativo sembra proprio già completo al massimo.
Ci potremmo fermare un attimo, fa lei; giusto per prendere una boccata
d’aria e non arrivare sudati e stravolti in faccia a tutti. Lui fa cenno di sì,
in fondo era proprio quello che voleva quasi proporre, così dopo qualche curva
ferma l’auto in una semplice piazzola terrosa e senza niente, spengendo il
motore in un improvviso silenzio praticamente irreale. Scendono, lui si
aggiusta la giacca, lei il vestito; in fondo potevamo venire fin qui abbigliati
in maniera più campestre, fa lui. Non dire un’altra delle tue sciocchezze, gli
risponde lei. Sai benissimo quanto ci tengono a queste cose i miei cugini.
Fanno appena due passi su un’erba lunga e rada sopra la terra quasi secca,
poi lui si ferma, si volta verso lei, le dice: potremmo inventarci qualcosa di
cui parlare tutto il tempo. Qualcosa di importante: che andiamo ad abitare
all’estero tra qualche settimana, ad esempio; o che abbiamo vinto una lotteria
e che staremo per due anni o anche di più via dalla nostra casa. Si potrebbe
sostenere magari che tu sei incinta, che aspettiamo due gemelli, e che per
questo cambieremo abitazione tra appena pochi giorni, che tra un attimo rivoluzioniamo
tutta la nostra vita, in qualche modo. Ci separiamo, oppure; abbiamo ormai due
storie parallele, non è più il caso di tirare avanti in questa maniera assurda
ed incolore. Sceglieremo città diverse e lontane tra di loro, via da queste solite
ordinarietà, via da queste cose uguali. Che ne pensi?
Lei lo guarda, in silenzio, forse potrebbe dire che va bene, che approva
almeno una tra tutte quelle cose, e che in questa si troverebbero
improvvisamente complici almeno di una fantasia, di una grande invenzione piena
di risvolti e di elementi arricchenti, di qualcosa così importante da
trasformare tutta intera quella strana giornata. Invece sceglie il silenzio; fa
solo di no con la testa, non gli sorride neppure, però tira su un piede, si
tocca la scarpa ben lucida, l’accarezza, come cercando di tirarsela dalla
propria parte; si è rotto il tacco, dice; mi pare sufficiente.
Bruno Magnolfi
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