Tutto
è cambiato, dice lui. Non c'è più niente di interessante oggi, inutile
addirittura essere venuti fino qui. Le palazzine di questa strada sono state quasi
tutte ristrutturate, qualcuna addirittura demolita e poi ricostruita, e ormai non
si riconosce più niente, neppure la casa dove abitavo quando ero piccolo. Ma in
fondo cosa mi interessa del passato, dice alla fine ad alta voce; quello che
conta è adesso, nient’altro.
Il suo amico
lo guarda negli occhi, sa stare in silenzio quando la situazione lo richiede,
poi prende un sorso della sua birra e lascia che lui vada comunque avanti con i
suoi argomenti. Nel locale del quartiere in quel momento non c'è quasi nessuno,
soltanto due ragazzi in un angolo che ridono ogni tanto, e poi il barista, che
ha tolto anche la musica di sottofondo mentre sistema le sue cose dietro al
banco.
Forse dovrei
fare qualcosa, dice lui; prendere un’iniziativa, farmi venire una buona idea in
testa, anche se so benissimo che è tardi anche per fare certi discorsi. Sono
stato troppo tempo ad immaginare che
qualcosa di buono mi capitasse un giorno o l’altro, invece non è successo
proprio niente, se non tante piccole cose quasi tutte di stampo negativo. Tutto
è andato lentamente peggiorando per me, fa lui, ed io tante volte ho finto di
non accorgermene neppure.
L’altro si
guarda attorno, forse potrebbe dire adesso che anche per lui finora non è
andata benissimo, però sta zitto, non vuole certo andare a mescolare tra loro
certe faccende. Lui non dice quasi più niente, se non che quando si perde il
lavoro e non si è più giovani diventa davvero difficile mettere a punto quale
sia la cosa migliore da fare, ed anche piangersi addosso non è certo una
strategia che possa servire.
Poi i due si
alzano ed escono; avere tanto tempo libero porta a rimeditare continuamente
parecchie delle tue cose, dice lui dopo una lunga pausa all’amico: continuo a
riflettere su tutto quanto come se sapessi che in fondo a questo percorso
doloroso fosse annidata in qualche modo la soluzione di tutti i miei problemi.
Ma non è così: dovrò arrangiarmi, tirare la cinghia all’inverosimile, forse perdere
la dignità e presentarmi da chiunque con il cappello sempre in mano; e poi chissà
se tutto questo servirà davvero a qualche cosa.
Eccolo qua il
mio passato, aggiunge; sta tutto dentro a queste scarpe che porto ai piedi:
forse riusciranno ad andare ancora lontano, o forse no. Non c’è da farsi grandi
illusioni, i pochi soldi che ho messo da parte poco per volta finiranno, e non
avrò più nemmeno la possibilità di fare tante cose che mi parevano normali fino
ad oggi. Il futuro mi appare avvelenato, dice ancora mentre si allontanano da
quelle strade; devo farmene immediatamente una ragione, e ritrovare in qualche
modo l’entusiasmo per riuscire comunque a sopravvivere.
Bruno Magnolfi