Resto quasi imbambolato, quando a
volte rifletto su quello che davvero vorrei fare. Occuparmi di persone deboli,
dedicarmi agli anziani, a chi soffre, a tutti coloro che hanno bisogno di un
po’ d’aiuto. Ecco, questa sarebbe la mia missione, il mio proposito di fondo,
anche se poi ci sono intorno a me tante variabili che tentano continuamente di
distogliermi da questi miei proponimenti.
Hai sempre la testa tra le nuvole,
mi dicono ridendo certi amici qualche volta. Li lascio perdere, in fondo è vero
quello che dicono: sono un tipo riflessivo, uno che cerca in ogni occasione la
cosa migliore da fare, indipendentemente da quello che possono pensare tutti
gli altri. Mi perdo spesso quando penso a ciò di cui potrei davvero occuparmi,
ritrovandomi generalmente a non fare quasi nulla rispetto a tutto quello che ho
cercato di mettere a punto.
Invidio profondamente chi riesce in
un momento ad applicare alla realtà i propri pensieri; a me sfugge tutto di
mano, anche se sono sicuro che le mie idee siano migliori di tante altre. Mi
guardo attorno, medito la cosa più giusta da fare, poi mi richiudo quasi sempre
nella mia intimità. Vieni con noi a divertirti un po’, dicono gli amici. Ed io
vado con loro anche se continuano per tutto il tempo a prendermi in giro pur
bonariamente. Loro hanno le ragazze, io invece no, non mi sento fatto per
queste cose, preferisco sentir ridere gli altri attorno a me, e magari starmene
tranquillo in un angolo, in perfetta solitudine.
Quando rientro a casa mia madre mi
chiede sempre dove sia andato. A trovare gli ammalati in ospedale, le dico in
certi casi anche se non è vero. Qualche volta ci sono andato sul serio, ma
qualcuno di loro mentre mi avvicinavo ai letti mi chiedeva se per caso fossi un
prete o qualcosa di quel genere, e questo a me un po’ dispiaceva. Perché non
riesco a capire come non si possa lasciare che una persona qualsiasi si occupi
degli altri, cerchi di portare compagnia, di dire a tutti una parola di
incoraggiamento. Si può parlare, confidarsi, sentirsi meglio quando abbiamo
intorno un po’ di compagnia.
Mia madre annuisce, lei è contenta
che io faccia queste cose, e qualche volta andiamo insieme ad un centro anziani
qua vicino. Si gioca a carte con loro, si parla del più e del meno, e tutti
dicono a mia madre che ha proprio un bel ragazzo, ma che non dovrebbe portarlo
in un posto come quello. Io li lascio dire, tanto so bene che sono discorsi fatti
tanto per riempire i vuoti, perché a me piace stare al centro insieme a tutti
quegli anziani. Quando veniamo via mia madre dice che dovrei pensare un poco a
me, magari al mio futuro. Lo so, le dico, ci penso continuamente. Però in fondo
sono contento: mi dedico agli altri qualche volta, non quanto vorrei fare, ma
almeno un pochino, così nessuno può dire che non ho fatto niente. Perché la
cosa peggiore, penso, è fregarsene di tutti, e ancora peggio incitare gli altri
ad adottare il medesimo comportamento. Lo so che il mondo gira in questo modo
oggigiorno, ma per me non ha alcuna importanza: non voglio certo cambiare il
mio modo di essere, specialmente se per farlo devo allinearmi a quanto dicono sempre
tutti gli altri. Sono fatto così, e dopo basta.
Bruno Magnolfi
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