Nella stanza disadorna, lui si trova
seduto accanto al piccolo tavolo di cucina, con l'avambraccio appoggiato, dal
gomito fino a tutta la mano, sopra al piano di marmo, mentre le gambe,
accavallate tra di loro in una posizione statica ed in perfetto riposo,
sembrano unicamente sostenersi per la propria struttura ossea. Il suo sguardo è
appannato e sembra quasi perso su di un punto imprecisato della parete che ha di
fronte, mentre i suoi pensieri si potrebbero forse definire attorcigliati
intorno ad una zona nebulosa, magari soltanto perché vaganti attorno ad una
qualche decisione che appare complicata da prendere in così poco tempo.
<<Sono quasi pronta>>,
fa lei dall'altra stanza, senza far risuonare alcun altro rumore oltre la propria
voce leggermente squillante; ma l'eco di quella frase si spegne con
immediatezza, subito dopo essere rimbalzata tra gli stipiti delle porte, e lasciando
poi ristabilire nell’aria quel silenzio morbido e piuttosto sonnecchiante. In
casa non c’è nessun altro a parte loro due, e dalla strada non giungono in
questo momento rumori di traffico oppure d’altro. Lui si appoggia al suo
braccio con sempre più forza, e lascia lentamente che i muscoli del collo a
sostegno della testa poco per volta siano come vinti da quel peso cerebrale che
devono sorreggere, senza che in questa fase siano capaci di opporsi alla
gravità in maniera efficace, almeno tale da ristabilire in qualche modo l’ordine
delle cose. Infine, dopo un lento e inevitabile movimento laterale, ed anche di
leggera torsione della parte alta del suo corpo, accompagnato per di più dalla
progressiva chiusura delle palpebre di piombo, lui si accascia con la propria
spalla destra, con il braccio ormai disteso, ed anche con il capo fattosi
terribilmente pesante, sopra quel tavolo liscio e disadorno, trovando
praticamente in questo modo un nuovo equilibrio, e restando così, ormai privo
di conoscenza.
<<Desideravo proprio indossare
un vestito che ti piacesse>>, fa ancora lei dalla camera da letto, persa
nei preparativi per uscire; <<ma ho scoperto che quello a fiori mi si è
fatto stretto, ed allora è meglio se lo cambio>>. Lui non risponde, com'è
peraltro sua consuetudine in casi di quel genere, anche se adesso non può, e
lei non intende certo chiedergli un proprio parere, sapendo già in precedenza
quanto lui si senta distante da cose come quelle. L’appartamento appare
immobile, nulla mostra il senso del tempo che prosegue a trascorrere tranquillo.
<<Ci sarà anche la Egle alla mostra, non so se te lo avevo già
detto>>, prosegue lei mentre si veste. <<Ti prego di non parlarle
troppo delle nostre faccende com’è tuo solito, che in un attimo poi tutti le
vengono a sapere>>, fa ancora lei mentre si specchia sistemandosi addosso
l’abito.
Si sente in lontananza il rumore
dell’elettrocalamita che blocca l’ascensore una volta giunto al loro piano, e
lei si ferma un attimo in ascolto, provando la sensazione che qualcuno abbia
sciaguratamente deciso di venire da loro proprio in questo preciso momento,
anche se poi avverte con un deciso senso di liberazione il rumore delle chiavi
del vicino dirimpettaio mentre apre la porta di casa dalla parte opposta del loro
pianerottolo. <<Ci sarebbe mancata soltanto tua sorella a farci una
visita>>, fa lei a bassa voce per non farsi sentire, ma intanto esce
dalla sua stanza per andare verso il marito. <<Ti sembra questo il
momento di mettersi a sonnecchiare>>, gli fa appena lo vede così,
appoggiato sopra al tavolo; ma lui non si riscuote, e la posizione che pare avere
assunto, sembra ad ogni attimo che passa sempre più definitiva.
Lei gli tocca una mano, cerca di
smuovergli un braccio, ma comprende immediatamente che c’è qualcosa di serio
che si sta compiendo in questo preciso momento. Prende il telefono per comporre
un numero, ma immediatamente iniziano a tremarle le dita, e forse si rende
conto sempre di più che probabilmente saranno persino del tutto inutili quei
suoi piccoli sforzi. Allora lo chiama, lo muove, gli prende la faccia tra le
sue mani, vorrebbe piangere, ma ancora non sa se proprio sia il caso, poi
prende rapidamente dell’acqua, gli bagna la fronte, gli accarezza i capelli, lo
scuote di nuovo, con un certo disperato vigore, e lui allora apre i suoi occhi,
la guarda adesso con espressione quasi distante mentre si ricompone, e poi le dice
soltanto che non si sente bene, e forse non avrebbe proprio voglia di uscire,
almeno questa sera.
Bruno Magnolfi