Carlo è un ragazzo scostante. Non gli piace parlare, ma
neppure ascoltare quello che gli altri hanno da dirgli. È bravissimo quando si
tratta di fare qualcosa da solo, direttamente con le proprie mani, perciò si
perde spesso nello scalfire e nel levigare con un piccolo temperino qualche
rametto di legno ad esempio, fino a quando quello non assume una forma, un
profilo, una sembianza, esattamente quelle fattezze che ha in mente lui. La
psicologa della scuola dice che Carlo tende a costringere se stesso nel proprio
rimanere lontano da tutti, indubbiamente legando i propri comportamenti ad un disagio
nascosto che forse non confesserà mai a nessuno. <<In ogni caso>>,
prosegue, <<ha delle capacità insospettate, come quella ogni tanto di
inseguire con una notevole perseveranza, magari in un oggetto qualsiasi,
un’idea che sembra coltivare a lungo dentro di sé, e che gli si imprime volta
per volta dentro la mente, tanto da spingerlo a proiettare in seguito quel
proprio pensiero dentro una forma>>. Difficile aiutarlo; cercare di
comunicare con Carlo qualche volta sembra quasi impossibile, però lui non è del
tutto asociale, e spesso si dimostra capace anche di stare con gli altri, persino
di leggere un libro se ne ha voglia, e di riuscire a comprendere appieno
praticamente qualsiasi scrittura che si ritrova sotto gli occhi.
A metà mattinata, se il tempo è bello come si mostra
stamani, i ragazzi escono nel giardino della loro scuola per correre attorno a
quella decina di alberi cresciuti a stento sullo spiazzo quasi tutto a ghiaia,
e lui senza fare alcuna difficoltà va sempre insieme con gli altri, anche se
ovviamente non lega mai con nessuno dei suoi compagni, rimanendo quasi sempre
da una parte per conto proprio, e in genere con lo sguardo svagato. Poi
l’insegnante di sostegno si distrae per qualche momento, in fondo il ragazzo
che segue da tempo non ha necessità di uno stretto controllo, ma in un attimo Carlo
non è più insieme agli altri sopra lo spiazzo. Lei lo cerca, gira in fretta da
ogni parte lungo la recinzione, poi torna in classe e perlustra tra i banchi e
lungo i corridoi dell’edificio, ma di lui non c’è più alcuna traccia. Gli altri
insegnanti allora fanno rientrare tutti quanti, si controlla subito ogni angolo
dove può essersi andato ad infilare, ma Carlo sembra sia praticamente
evaporato, come se oggi non fosse neppure arrivato fino a scuola. Si chiama il
dirigente, tutti ovviamente si danno da fare, anche i ragazzi della sua classe,
e ognuno nella confusione generale cerca di dare una propria opinione, mentre
l’insegnante di sostegno ha già le lacrime agli occhi e appare disperata.
Alla fine, per indubbio dovere, si avvertono anche i genitori,
e vengono allertate persino le forze dell’ordine, immaginando che Carlo possa
essere uscito dal perimetro scolastico, e tutti trattengono il respiro per la
paura che possa accadergli qualcosa di grave. Non passa molto, poi giungono due
carabinieri, e poco dopo anche il padre di Carlo, trafelato, incredulo,
preoccupatissimo, ma nessuno sa spiegargli come sia possibile che il ragazzo
possa essere uscito dalla recinzione della scuola, considerato che il cancello
davanti all’ingresso è sempre rigidamente controllato da tutti gli insegnanti e
dai custodi. Passa così un sacco di tempo, considerata la situazione, ed alla
fine viene suonata la campanella per la fine delle lezioni. Ed allora ecco che
Carlo, come giungesse da un altro pianeta, scende da un albero frondoso dov'era
andato a rannicchiarsi, sistemandosi probabilmente su un ramo nascosto agli
sguardi di tutti. Forse non gli andava neppure di essere disturbato, magari ora
si sente persino meravigliato di quello scalpore attorno alla sua ricomparsa;
però adesso tiene un bastoncino tra le sue mani, un legnetto scorticato e
modellato con il suo temperino, un oggetto finito difficile da interpretare, però
qualcosa che probabilmente meritava tutto il suo impegno per riuscire a mostrare
esattamente a tutti quell’idea che lui fin dall’inizio aveva dentro la testa.
Bruno Magnolfi
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