mercoledì 10 luglio 2024

Indicazioni stradali.


<<Sono stata la donna di tutti, anche senza scambiare il mio corpo per soldi, ma soltanto per non essere così la donna di nessuno in particolare, anche se adesso però sono stanca, e la solitudine che ho coltivato quasi senza rendermene conto, a un certo punto ha iniziato a pesarmi>>. Io annuisco, mentre preparo con calma il caffè, quando sono ormai passate le tre di notte e tutti gli ospiti dell’albergo sono rientrati nelle loro stanze. Questa donna è una persona piena di saggezza, rifletto, ed il fatto di venire a farmi visita mentre svolgo il ruolo di portiere durante queste notti infinite, non è assolutamente qualcosa di marginale o di poco importante, e devo ritenere davvero una cosa del genere un gesto di grande generosità nei miei confronti. D’improvviso, mentre finisco di ascoltare le sue parole, mi rendo conto che di questa donna però non conosco neppure il proprio nome, ed ora sorrido, perché quasi mi vergogno di chiederlo. <<Marta>>, dice lei senza alcuna espressione, ed io resto colpito da questo nome che un tempo era stato così importante per me. <<Io mi chiamo Paolo>>, le dico sottovoce, e lei ha un piccolo scatto, come se il mio nome le ricordasse qualcuno, proprio come è accaduto a me un attimo prima. Ci vuole poco a capire e a rendersi conto che eravamo amici e compagni di scuola al tempo delle medie, proprio noi due che forse solo per un soffio a quell’epoca non trovammo neppure il coraggio di fare i fidanzatini. <<Il mondo è strano>>, le dico, non sapendo come commentare il nostro ulteriore incontro, a distanza di tanti anni, ma subito dopo mi sorge il dubbio che Marta sapesse già chi io sia, ancora prima di entrare per la prima volta nell’albergo dove lavoro. Non fa differenza, penso mentre resto in silenzio a guardarla; la cosa fondamentale è ritrovare certe sensazioni che forse ambedue avevamo lasciato per decine di anni nell’oblio dei ricordi.

Marta sorseggia il suo caffè in un completo silenzio, capisco che non le interessa spiegarmi che cosa le sia capitato dopo gli anni in cui andavamo a scuola in via delle matite, ma forse neppure io adesso desidero davvero saperlo, e così come, non chiarendo proprio niente lei del proprio passato, ben volentieri non le dico niente di me. Potrei forse cercare di spiegarle qualcosa della mia ossessione attuale per i ricordi dell’epoca della scuola elementare, ma molto probabilmente Marta non lo capirebbe, e magari potrebbe farsi un’idea sbagliata di me, prendendomi addirittura per uno svitato che ogni tanto finge di incontrare sé stesso bambino. Ma mentre sto riflettendo con impegno da dove sia possibile cominciare con i nostri difficili argomenti, lei si alza: <<Devo andare>>, mi dice, non concedendo a me neppure la possibilità di dirle qualcosa pescando da tutto il bagaglio di notizie che porto con me. La saluto, mentre l’accompagno alla porta vetrata, e resto solo rapidamente, forse anche troppo dopo un incontro così inaspettato, e perciò proseguo a riflettere, mentre vago nell’ampio spazio tra il banco del ricevimento e la caffetteria dell’albergo. Poi arriva lui, come fosse il mio stesso pensiero a farlo materializzare. Mi guarda senza dire niente, e a me viene voglia di dirgli subito quanto è appena accaduto, ma lui non esprime alcuna meraviglia alle mie parole, e non commenta la mia sorpresa, spiega soltanto che ha già conosciuto Marta, qualche tempo fa, in un paio di occasioni in cui lei era venuta da me.

<<Sono perplesso>>, gli dico senza trovare altro da dire. <<Mi pare persino impossibile che possa verificarsi un incontro del genere, senza che io abbia mai fatto niente per favorirlo. Se ci penso con attenzione, per tanti anni dopo le scuole mi sono chiesto dove fosse finita quella ragazza silenziosa, che mi assomigliava in qualche maniera, e con la quale mi trovavo davvero a mio agio>>. Paolo è ancora un bambino, adesso non mi risponde, e poi non ha conosciuto mai quella ragazza, perché lui è rimasto all’epoca della scuola elementare, prima che io incontrassi Marta. All’improvviso mi sento come se tutto fosse completamente disallineato, e che i miei pensieri e anche i ricordi continuassero a fondersi tra loro, senza darmi alcuna possibilità di venirne veramente a capo. <<E che cosa ti ha detto?>>, chiedo adesso a questo bambino che forse appare più sveglio di quanto ricordavo di essere io stesso alla sua età. Lui mi guarda per un attimo e poi si allontana, quasi per andarsene, anche se poi si ferma e mi dice soltanto: <<Che tu hai bisogno di aiuto>>, senza aggiungere altro. Osservo la sua sagoma che sfuma nella nottata ferma e silenziosa, e forse vorrei trattenerlo, sapere ancora qualcosa, rivolgere delle domande che in questo momento paiono rincorrersi nella mia mente, ma poi mi accontento di ciò che ho saputo stasera, perché mi sembra già molto, un piccolo universo di voci che dal passato sembrano in qualche modo indicarmi una strada.

 

Bruno Magnolfi

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