lunedì 22 luglio 2024

Soltanto un attimo prima.


Da un po' di tempo non ho più portato le figurine dei calciatori a scuola, nonostante mi senta molto orgoglioso di aver quasi terminato la raccolta ed aver ormai inserito praticamente quasi tutti i giocatori nelle loro corrette postazioni all’interno delle pagine dell’album. Gli altri compagni della mia classe invece sono molto indietro con le loro singole raccolte, e durante la pausa di mezza mattinata in classe li osservo spesso di nascosto mentre cercano di accaparrarsi i nominativi mancanti tramite i soliti scambi tra ragazzi. Poi arriva questo mio compagno che mi pare non mi abbia mai neppure rivolto la parola, e senza perifrasi mi chiede se possiedo la figurina del portiere dell'Atalanta. Lo guardo, prendo tempo, gli dico che devo controllare, mi pare di avere il doppione di quella figurina, ma non ne sono sicuro, lo avverto, e nel caso potrei forse portarla a scuola per il giorno seguente. Lui fa un cenno con la testa, conservando un’espressione seria e priva di sfumature, senza dirmi neppure che cosa lui potrà concedermi nel cambio. Non avrebbe importanza, rifletto da solo, sarei disposto persino a regalargliela se lui si comportasse con me con gentilezza e gratitudine, però c’è una questione di orgoglio verso cui non posso certo restare indifferente, così mi preparo mentalmente per chiedergli in cambio almeno cinque figurine tra quelle più rare di tutta la raccolta. Poi, ognuno degli scolari consuma una piccola merenda costituita quasi sempre da certe schiacciatine ripiene di formaggio o di qualche salume affettato, oppure da certe merendine già confezionate, come nel mio caso. Mi alzo dal mio banco, girello per l’aula, ed infine esco in corridoio, dove, restando alle spalle del ragazzo di poco prima, avverto la sua voce farsi grande coi compagni mentre spiega che <<quello scemo domani mi porterà il portiere dell’Atalanta>>.

Resto immobile per un attimo, mentre qualcuno forse si aspetta di vedere in me qualche reazione, infine decido che porterò ugualmente quella figurina al mio compagno, soprattutto perché, dopo queste parole, non sopporterei di possedere ancora quel doppione, e forse anche per dimostrare a tutti che sono uno di parola, anche se gli altri probabilmente non meritano minimamente le mie attenzioni. In nessun caso potrei comunque fargli un semplice regalo, rifletto, considerato che tutti gli altri in questo caso verrebbero da me a chiedermi qualche altra figurina che manca nella collezione di ciascuno di loro, ed io mi troverei a disagio, incapace di accontentare tutti, e poi solo per essere alla fine giudicato un povero scemo che non conosce neppure il valore delle cose che possiede. La maestra, dopo che ho detto a tutti e a lei delle mie capacità di conoscere alcune cose del mio futuro, non è più tornata su quell’argomento, ed anche i miei compagni, dopo le loro risate a coronamento delle mie parole, non mi hanno più chiesto alcuna spiegazione. Però io so per certo che tutti mi prendono per uno mezzo svitato, uno diverso da loro, forse incapace di comportarsi in maniera simile ai ragazzi della mia stessa età. Non trovo tutto questo qualcosa di assolutamente inammissibile: credo che ognuno sia in condizioni di avere una propria personalità, e al contrario di ciò che forse pensano i miei compagni, mi sembra proprio che cercare di essere simile a tutti gli altri sia parecchio inaccettabile. Probabilmente anche la maestra pensa qualcosa del genere, anche se in considerazione del suo ruolo non farà mai un’ammissione del genere.

Infine, suona la campanella al termine delle lezioni e tutti ce ne andiamo, chi correndo lungo il corridoio, chi con più calma, ma questi ultimi soltanto per la paura di mettersi in cattiva luce. Anche io me ne vado lentamente, dopo aver messo insieme quaderni e astuccio per le matite, ed il giorno seguente porto con me, nascosta proprio dentro quell’astuccio, la figurina del portiere dell’Atalanta. Il mio compagno non mi chiede niente, forse ha compreso di aver fatto qualcosa di sbagliato, ma io attendo il momento più opportuno, ed alla fine gli faccio trovare quella figurina sotto un libro sul suo banco. Lo so che il mio è un gesto quasi assurdo, però mi va di comportarmi in questa maniera, e forse lui comprende che la cosa migliore per lui e anche per me è quella di non farne parola con nessuno di quel dono, tanto che durante la pausa di mezza mattinata evita accuratamente di venirmi vicino e di incrociare il suo sguardo con il mio. Sono contento, rifletto con pazienza; in fondo era esattamente quello che desideravo: nessuna gratitudine, nessuno scambio puerile ed ordinario, e poi la conferma forte e decisa che anche gli scemi da qualche parte hanno un proprio valore, indipendentemente da ciò che si è pensato di loro fino ad un solo attimo prima.

 

Bruno Magnolfi

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