venerdì 4 ottobre 2013

Bisogni primari.

            

Dentro di me in questo momento non c'è niente, rifletto mentre passeggio lungo il viale cittadino a fianco di questo fiume monotono. In fondo non ci trovo nulla di male a lasciarsi scorrere dentro da questo tempo che non lascerà tracce, da questi anni che non costituiranno mai dei veri libri di storia. Bisogna adattarsi, o sapersi adattare: sorrido mentre i pensieri in forma di parole fluiscono leggeri annullandosi l'un l'altro. Che cosa importa che mi trovi qui o da un'altra parte, che uomini e donne fingano di amarsi oppure no. Ciò che conta è l'intenzione di base, e questa è costituita dai principi, da ciò che per me risulta maggiormente importante, anche se non so bene neppure cosa sia. Non vorrei passare per una persona confusa, ma anche se lo sono, credo alla fine di essere esattamente né più né meno come tutti gli altri.
Mi accosto ad un uomo intento a fumare appoggiato alla spalletta del ponte, gli dico buonasera e chiedo gentilmente se per combinazione ha una sigaretta anche per me. Quello tira fuori il pacchetto, lascia che ne prenda una, poi, dopo che io me la sono appoggiata alle labbra, me l'accende. Bella serata, dico tanto per dire, soffermandomi mentre lascio in aria un pennacchio di fumo grigio; l'altro annuisce, mi guarda, forse vorrebbe me ne andassi, penso, ma io a quel punto insisto, desidererei intavolare una conversazione, gli dico che spesso compio a piedi quel tratto di strada proprio durante quell'ora, eppure non l'ho mai notato, è forse di passaggio in città, gli chiedo. Quello fa di no con la testa, probabilmente vorrebbe liberarsi di me, ma io proseguo con i miei intenti, mi sembra che almeno mentre fumiamo possiamo tenerci compagnia, scambiare due parole senza impegno. Gli dico che ho sempre abitato in quella zona, secondo me è il quartiere più bello e ospitale di tutta  la città, l'altro sorride, chissà che cosa ha in mente, penso, forse sta soltanto studiando come rimanere, il più in fretta possibile, da solo con i suoi pensieri.
Guardo il fiume che scorre e mi pare di riuscire ad interpretarlo esattamente, proprio come questa serata, monotona e praticamente priva di senso. Questo fiume è ampio, dico all'uomo; certe volte vengo qui e mi sembra di guardare il mare. Ci vuole poco, in fondo, per cadere in un tranello. Lui fa cenno di si con la testa, prende una boccata di fumo, poi dice che ha dei problemi da affrontare, non può permettersi di perdere molto tempo con me. Lo capisco, dico in fretta, forse però potrei aiutarlo, aggiungo, chissà. L'uomo adesso mi volta decisamente le spalle, probabilmente è già solo con le sue cose mentre rimane comunque appoggiato al ponte, così gli tocco un braccio, gli faccio capire che ci sono, che può contare su di me. Senza neppure tornare a guardarmi se ne va, ad un certo punto, ed io lo guardo allontanarsi, anche se gli grido ancora qualcosa dietro, perché forse vorrei ancora parlargli, chiedergli magari di confrontare i nostri crucci, trovare un punto di confronto, fino a quando mi rendo conto che oramai è impossibile. Lo guardo ancora mentre si allontana, potrebbe ripensarci, penso, tornare indietro, dirmi le sue cose, così continuo ad osservarlo fino a quando non sparisce alla mia vista. Proseguirò a camminare, torno a pensare; girerò ancora per un po’ lungo questo fiume: magari mentre percorro di nuovo questo viale incontrerò nuovamente quello stesso uomo, lo saluterò con simpatia, con amicizia, e allora mi farò spiegare tutto, tutto quello che non ha potuto o non ha saputo dirmi in precedenza.


Bruno Magnolfi

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