Non ricordo di preciso quando sia iniziato tutto quanto, dice lei al sacerdote
del suo quartiere. Perché in fondo le cose si sono messe in questa maniera
soltanto poco per volta, quasi senza che me ne accorgessi. Ma tuo marito si
rende conto del dolore che ti arreca comportandosi in questo modo, trattandoti
con questa superficialità? fa il parroco. Sono sicura che lo sa, risponde la
donna, ma in questo momento è come se ormai non gli importasse più di nulla. Lui
va avanti così, forse perché è deluso della sua vita, forse anche di me, della
nostra vita che lui chiama monotona. Va bene, ma tu rammentagli di nuovo che
vorrei parlargli, e appena può che passi da qui, a qualsiasi ora, e che è
urgente, dice ancora il prete mentre si rimette velocemente in piedi. La donna
prontamente si alza anche lei, lo segue subito verso l’uscita, poi lo saluta e
lo ringrazia quasi con le lacrime agli occhi quando ormai è sulla soglia della canonica.
Lei non ripassa neanche dalla chiesa lì accanto, va di fretta, prende velocemente
la prima strada a destra, e scompare subito dalla piazzetta, per raggiungere il
prima possibile casa sua.
Gira la chiave nel portoncino, entra, appoggia la borsa, si guarda attorno
come per rendersi conto che tutto sia ancora al proprio posto, poi va a
sedersi, quasi di getto, come avesse un’improvvisa necessità di riposo, di un repentino
momento di calma, piazzandosi proprio su quella sedia intarsiata, antica e
preziosa come poche ce ne sono, quella che le ha regalato suo padre già molti
anni fa, il giorno stesso del suo matrimonio, proprio la stessa dove lei da
piccola veniva allattata dalla mamma, e dove in seguito si sedeva con mille
precauzioni quando era bambina. Adesso va a mettersi lì quasi per cercare un
ulteriore consiglio, forse la saggezza che le serve per prendere qualche
decisone, quelle decisioni necessarie a spianare il futuro per sé e per suo
figlio adesso a scuola, pensa; ma nella fretta si appoggia sul sedile con troppa
irruenza, non tratta quel cimelio con l'accortezza di sempre, e la sedia si
rompe, o meglio, con un brutto e sinistro rumore produce una profonda
incrinatura lungo lo schienale.
Lei rimane immobile per un attimo, le pare quasi impossibile che dopo tutti
quegli anni proprio adesso, per impeto e per terribile superficialità, sia
andata a provocare quel danno irreparabile, e non vorrebbe neanche rendersene
conto del tutto, stenta perfino a girarsi per vedere la gravità
dell’incrinatura di quel legno, e infatti resta lì, ferma, come anestetizzata,
con il solo pensiero che la sua esistenza di colpo stia crollando. Passano in
questa maniera alcuni minuti, infine lei si alza, si gira, e come forse doveva
fare subito osserva con attenzione quello schienale rovinato. Vorrebbe ulteriormente
disperarsi, piangere, forse gridare, ma sa che non servirebbe né a lei né alla
sua sedia, così d’improvviso le torna a mente suo padre, la mamma, e tutti
quegli anni spensierati della sua infanzia, vissuti attorno proprio a quella
seggiola adesso da gettare via.
Gira la chiave nella serratura del portoncino, è suo marito che torna, lei
lo guarda per un attimo come fosse quasi un estraneo, lui la saluta, capisce
subito che qualcosa evidentemente non vada per il verso giusto, così le si
ferma davanti, lei è ancora accanto alla sua sedia, e forse per lei dirgli
adesso che cosa è appena successo sarebbe come ammettere che quanto accaduto è
proprio la sacrosanta verità, così cerca di rallentare quanto può la porzione
di quel tempo, e attende ancora, come imbambolata. Che è successo, dice l’uomo
con un filo di voce, tradendo lo stupore di trovare la moglie in così strana
apparenza, ma lei non dice niente, si volta, accarezza la ferita del legno e d’improvviso
piange, adesso si, piange forte senza alcun ritegno. Lui si limita ad accarezzare
la sedia proprio nel punto dove si è incrinata: con della buona colla è
riparabile, le dice; non ci sono grossi problemi, ed anche se probabilmente non
sarà più esattamente come prima, in fondo ciascuno di noi nasconde una
cicatrice più o meno profonda, da qualche parte.
Bruno Magnolfi
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