Non mi piace chi parla sempre di se stesso, magnificando magari ciò che
pensa oppure quello che gli accade. Io sto quasi sempre da solo, forse anche
per questo motivo, e vengo spesso a rifugiarmi in questo piccolo caffè, in
genere restando per tutto il tempo con la faccia affondata in qualcosa da
leggere, un bicchiere sopra al tavolino, e i pensieri che mi ronzano come
sempre dentro la testa. Si siede un uomo vicino a me, mi fa un cenno
sorridendo, dice: cosa si beve in questo posto? Io indico il mio bicchiere; è
un pernod, gli faccio, senza aggiungere altro. Quello non ci riflette neanche e
ne ordina subito uno anche per sé. Riprendo la lettura senza impegno, penso che
adesso verrò interrotto di nuovo, ma quasi mi rammarico per non aver fatto nei
confronti di quell'uomo almeno un sorriso incoraggiante, piuttosto che mostrargli
il mio solito ghigno. Abbasso il giornale, mi volto proprio mentre il cameriere
serve al tavolino il suo aperitivo. Alla salute, fa subito quell'uomo, ed io
non posso esimermi dall'alzare il mio bicchiere ed a fare un gesto vago di
convivialità, pur senza esagerare. Non frequento mai questo quartiere, fa
subito lui, abito dalla parte opposta della città, e non mi capita di venire in
questa zona. Mi occupo si solidarietà, aggiunge subito, ma gli uffici della mia
organizzazione sono in centro.
Bene, faccio io senza dargli troppo spago, a me piace stare qui soprattutto
perché ci trovo quella tranquillità a cui ambisco. Ha pienamente ragione, dice
lui, e intanto guarda da qualche altra parte, come a volersi interessare
d'altro e rispettare forse le mie esigenze e le mie letture. Io invece insisto:
la confusione, il traffico, l’agitarsi continuo delle persone, mi sembrano
qualcosa da cui sfuggire. E’ del tutto comprensibile, fa lui sorridendo. Però
ha mai pensato che la maggior parte delle persone sono semplicemente delle
vittime di quello che a lei pare un gusto, quasi un desiderio? Questo qua non
lo sopporto proprio, rifletto mentre cerco una risposta. Certo, fo io, in ogni
caso non c’è niente di male nel cercare un po’ di pace. E’ evidente, fa lui,
però il problema è anche quello di immaginare che tutti lavorino soltanto per
le proprie aspirazioni; spesso invece si subisce semplicemente la realtà che ci
circonda, e non c’è altra possibilità.
Resto in silenzio, sicuramente quest’uomo è ben preparato su argomenti del
genere, penso, ed io peraltro mi sono già messo sulla difensiva, come volessi
proteggere una posizione individuale e basta. Meglio lasciar cadere
l’argomento. Riprendo a leggere conservando un leggero sorriso sulla mia
espressione, quasi un segno di superiorità rispetto a quei discorsi. L’altro
sorseggia il suo aperitivo e osserva qualcosa fuori dai vetri. Infine si alza:
adesso devo andare, mi dice, però mi ha fatto molto piacere parlare con lei, e
contemporaneamente mi allunga il suo biglietto da visita, o meglio quello della
sua organizzazione di volontariato. Io ringrazio e saluto, ma quello aggiunge
che se cortesemente volessi telefonargli, lui probabilmente potrebbe
presentarmi una realtà che forse al momento mi sfugge.
Se ne va, resto perplesso, ormai non ho più neanche voglia di riaprire il
giornale; pago la mia consumazione ed esco anch’io poco dopo, mi vado ad
immergere di nuovo nella polvere della strada cittadina. Cammino per un po’ rimuginando
ancora tra me le parole di quel tizio: un tipo antipatico, penso; proprio il
tipo di persona che sembra sappia tutto, parla soltanto di quello che fa, ed è
pure disposto a criticarti se gli dai un po’ di spago. Bisogna rifletta meglio
quando sorrido a qualcuno per compiacenza: è sempre pronta la possibilità di
trovarsi davanti qualcuno del genere.
Bruno Magnolfi
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