Lei è qui, proprio in questo momento, dice all'amico.
L'altro fuma in silenzio, seduto davanti alla finestra leggermente aperta, come
immerso nei propri pensieri. Non l’ho ancora vista, certo, però avverto la sua
presenza, e sono sicuro che non può essere lontana. L’altro lo guarda, annuisce
quasi senza interesse, poi si alza, dice che adesso purtroppo deve proprio
andarsene. Va bene, dice lui, ti ringrazio comunque di essere venuto fino qui.
Si stringono la mano, l’altro esce sul lungo corridoio dell'ospedale, e quasi
di fretta sparisce dietro qualche camice bianco.
Un infermiere della clinica psichiatrica scambia appena un'occhiata
con l'uomo che se ne sta andando, poi si avvicina immediatamente al paziente
ormai rimasto solo, e gli chiede se per caso voglia essere aiutato a rimettersi
nel letto. Lui fa cenno di no, per ora sta bene così, vuole rimanere in piedi ancora per un po’ di tempo, spiega. Sto
aspettando una persona, aggiunge con voce piuttosto convincente. L’infermiere
lo guarda, e dopo un attimo gli chiede se sia davvero certo che questa persona
stesse per giungere proprio in quell’esatto momento, e non il giorno seguente,
magari. Si, certo, fa lui, non ne parlerei se non ne fossi più che sicuro. Ma
per caso, insiste l’altro, non è la medesima persona che doveva giungere anche
ieri, e persino il giorno prima? Ha avuto delle semplici difficoltà, fa lui;
può capitare a chiunque una cosa del genere, ma adesso sono più che convinto
che quella persona stia proprio sul punto di arrivare.
L'infermiere si allontana di qualche passo, ma resta in
attesa, di fatto senza mai perdere d’occhio il paziente. Poi, dopo qualche
minuto, dal corridoio si avverte un suono elettronico che indica il termine
dell'orario ammesso per le visite esterne. Lui non cambia espressione, prosegue
a restare in piedi, immobile, appoggiato ancora al medesimo muro, e
l'infermiere torna ad avvicinarsi. Potremo farcene un giretto insieme, gli
dice, magari lungo il corridoio, tanto per parlare. Lui lo osserva, sembra però
come perplesso. Vede, è mia moglie quella che attendo, gli spiega. L’infermiere
sa benissimo che quell'uomo che ha di fronte non è neppure sposato, però non
ribatte niente, ed in compenso con un sorriso lo prende sotto braccio, incoraggiandolo
a camminare assieme a lui.
E com’è questa moglie, gli chiede subito con un certo
interesse. Lui prende tempo, poi risponde semplicemente spiegando che si tratta
di una donna dal carattere piuttosto riservato, una però che riesce a
comprenderlo perfettamente, anche senza necessità di insistere nel fargli delle
domande. Il silenzio in certi casi è sempre un elemento da privilegiare, dice
l'infermiere a prosecuzione di quel ragionamento. Esatto, fa lui. Ma allora
forse è proprio per questo che lei in questi giorni non si è mai fatta vedere.
Probabilmente le basta dare il senso pur vago della sua presenza, il resto poi,
ha un'importanza relativa.
Lui si ferma, guarda l'infermiere con insistenza, poi
dice: è esattamente così, non importa che mia moglie sia qui adesso,
concretamente, per mostrare quanto tenga a me, in quanto io so già benissimo
che per lei farmi una visita è proprio il primo tra tutti i suoi pensieri. Io
so che è così, e sapere questo, per tutt'e due, è già più che sufficiente.
Giungono in fondo al corridoio, si voltano per tornare indietro, e né
l'infermiere né il paziente, dopo tutto questo, sembra proprio che abbiano da
aggiungere dell’altro.
Si accosta sorridendo la dottoressa, e si rivolge subito
all'ammalato. Spiega in poche parole come una signora, durante il pomeriggio,
si sia fermata in portineria chiedendo proprio di lui, del paziente della
stanza Q, e che forse non sarà niente di importante, lei certo non lo sa, ma in
ogni caso quella donna sembrava fosse molto contenta di sapere che lui in quel
periodo si sentiva già meglio, molto meglio, e che probabilmente tra non molto
sarebbe stato addirittura in condizioni di lasciare l’ospedale.
Lui resta in silenzio, abbassa gli occhi senza cambiare
espressione; poi dice: adesso se vuole mi può aiutare a coricarmi, riferito
all’infermiere. E stasera credo che non avrò neppure bisogno di far storie per
l’iniezione del tranquillante.
Bruno Magnolfi