Sto chiuso nello scafandro,
limitandomi, attraverso la feritoia per gli occhi, ad osservare qualcosa della
realtà che si muove all’esterno. Non uscirò certo da qui troppo alla svelta, la
protezione che in questo modo mi sono guadagnato è tale da lasciarmi perfettamente
a mio agio. Certo, lo scafandro è in buona parte costituito di metallo, limita
moltissimo qualsiasi movimento, ma si tratta di scegliere ciò che si desidera
di più, ed a me adesso non va certo di cambiare condizione. Da qui vedo come
siano in molti a sbracciarsi per cercare un luogo di visibilità, alcuni poi
anche per farsi largo in mezzo a tutti gli altri, ed altri ancora che invece
tentano in qualsiasi modo di raggiungere una qualsiasi pedana da cui arringare
a tutto spiano chi si trovi nelle vicinanze.
Così pensa lui, mentre trascina la
propria esistenza all'interno delle proprie idee, modificando astutamente solo
le parti più indolore e quelle di minore importanza. Dalla feritoia che gli
lascia debolmente adocchiare la realtà, non può certo sbirciare molte cose,
però quanto non riesce proprio a vedere se lo immagina, lo costruisce
mentalmente, prendendo in questo modo degli abbagli clamorosi, che continuano
inevitabilmente a portarlo ancora fuori strada.
Sto rannicchiato, e so per certo
che nessuno mi verrà mai a cercare, anche se la protezione che mi sono
guadagnato è tale che in pratica non ho quasi più paura di niente. Questo è il
grande privilegio che mi sono costruito: aver messo una distanza, un diaframma
tra me e tutto il resto, un elemento che mi lascia in questo modo quasi
intoccabile, ma tramite il quale allo stesso tempo conservo una posizione di
estremo vantaggio, che mi permette peraltro di rendermi conto, in qualsiasi
momento, di tutte le cose da cui mi trovo circondato. Gli altri stanno là
fuori, quasi rinsecchiti nel loro cercare spazi e idee; io sto qui dentro, ben
appagato.
Così il suo modo di essere; ma se
qualcuno sfiora leggermente la sua postazione, se viene messa in dubbio la sua
capacità di persona che conosce bene ciò che è giustificabile e corretto, ecco
che lui chiude ogni spiraglio, rifugiandosi persino nell'assenza completa e
nell'oblio. La sua idea sembra sempre sopra tutto, come se non ci potesse
essere neppure una differente maniera di confronto.
Sto immaginando le loro facce, le
loro stupide espressioni. Non importa ciò che troveranno da dire, o se mai
verranno davvero a ricercarmi. La mia funzione è questa, non potrebbe essere
diversa. Il mio pensiero si staglia dappertutto, la mia idea di fondo, anche se
non verrà compresa mai, resta comunque quella data dal mio stato e dal mio
punto d’osservazione.
Così concede un'altra occhiata,
forse l'ultima, dalla feritoia. Ma qualcuno intanto si è avvicinato al suo
scafandro, qualcuno si è incuriosito di quel suo punto di vista. Si sorride,
immaginandolo rinchiuso dentro quella gabbia, si torna ad osservare l'assurdo
marchingegno, ma poi si inizia anche a parlargli, a dire a lui cose senza
impegno, parole che poco per volta attraversano il pertugio, ed arrivano là
dentro, a lui che è ancora lì, ben vigile, oltremodo attento.
Sto male; qualcuno è rimasto
indifferente alla mia perfetta protezione. Qualcuno si sente in dovere di
parlarmi, di raggiungermi, di raccontarmi qualcosa che fino adesso non
immaginavo, neppure conoscevo. Non avevo neanche preso in considerazione questa
remota eventualità, ma certo che oramai è chiaro, d'ora in avanti dovrò
rielaborare ogni mia scelta.
Così piacevole tutto ciò che
scorre libero, così meraviglioso aprirsi alla realtà, queste le parole che vengono
fatte continuamente giungere dentro lo scafandro. Rinuncerà anche lui, si dice
dappertutto, ed alla fine sarà proprio uno come tutti.
Bruno Magnolfi
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