mercoledì 14 ottobre 2015

Conclusioni progettuali.

            

            Spesso io penso troppo. D’altra parte in questa clinica per anziani ho tanto di quel tempo che non saprei proprio in quale diversa maniera impiegarlo. Credo proprio che l’errore principale compiuto su di me fin dagli inizi, fin da quando cioè ero un piccolo bambino qualsiasi, sia stato quello di avermi lasciato scegliere autonomamente la mia strada, laddove al contrario avrei avuto semplicemente bisogno che qualcuno avesse deciso da quel momento in avanti tutto quanto per me, stabilendo ogni passo della mia crescita e della mia maturazione, definendo perfino ogni più semplice particolare per ciò che avrei dovuto essere durante tutta la mia esistenza. Invece ho dovuto sempre arrangiarmi da solo ad interpretare la mia indole e le mie presunte vocazioni, lasciando regolarmente per strada clamorosi errori di valutazione: incredibili perdite di tempo dietro ad elementi perfettamente inutili per la mia carriera, scomposti affaticamenti nella ricerca di affinità spesso inesistenti, fino così ad ottenere come solo risultato quello di arrancare per decenni lungo incredibili pendii in salita che non hanno quasi mai portato da alcuna parte rilevante, lasciandomi quindi quasi incapace di combinare davvero qualcosa di buono. 
            Adesso mi sento depresso e affaticato da tutto questo lavorio senza senso, dal mio perenne sforzo inappagato, e così anche qui, vecchio tra vecchi, in questo dorato rifugio, mi guardo attorno e non mi sento neppure adesso perfettamente a mio agio. Tant’è che ho deciso di fuggire, giusto per dare una spallata al mio infausto destino, ed evitare così di fingere ancora l’accettazione del riposo forzato che in questo luogo mi viene purtroppo offerto continuamente a piene mani.
Peraltro non è affatto difficile penso: non si tratta difatti di correre per chissà quali strade deserte nella ricerca di un qualche rifugio. Ho del denaro, quello che nonostante tutto sono riuscito ad accumulare durante la mia travagliata esistenza, ed è anche sufficiente per un periodo piuttosto lungo, così posso andare a spendere soldi dove meglio mi sembra, anche se il punto sostanziale non è neanche questo. Voglio far perdere le mie tracce, lasciare un grande punto interrogativo dietro di me, ed infischiarmene completamente di parenti, di amici e di conoscenti. Puro egoismo, potrei definirlo, oppure anche l’ultima scelta prima dell'oblio che bussa alla porta.
Scavalcando stanotte la finestra di un ripostiglio del piano terra, posso accedere facilmente al giardino, e da lì uscire tramite un cancellino sul retro di cui mi sono procurato la chiave. Un’auto pubblica con autista mi attende sulla strada in un luogo poco distante, e dalla stazione ferroviaria raggiunta un convoglio di cui ho già il biglietto mi trasborda in sole dieci ore di viaggio in una grande città all’estero. Ed ecco, è proprio lì, in quel luogo straniero, dove ho deciso di sentirmi un uomo libero. Non perché dove sono mi manchi la libertà; quanto perché mi va di scompigliare le carte, rendere complicati ed irrequieti i miei ultimi anni di vita. 
Così tutto è pronto, la piccola valigia è sistemata sotto al mio letto, i vestiti da indossare sono pronti dentro l’armadio, tutto ciò che mi serve non attende altro che me. Eppure questo letto così confortevole mi attira profondamente, la serata mi appare leggera, intorno non sento giungere neppure un rumore. Così mi sdraio nell’attesa, poi mi addormento, e infine sogno d’essere già lì, dove si conclude tutto il mio progetto. Ma il sonno è profondo, il riposo una calamita inestinguibile, i miei pensieri presto si trasformano in svolazzi divertiti che attraversano tutta la notte. Sarà per un’altra volta, penso al mattino, o chissà.


Bruno Magnolfi

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