Adesso
lui se ne sta soprattutto in casa, spesso per quasi tutta la giornata; dice che
la sua salute è precaria, che deve riguardarsi, e che non può permettersi più
quella vita che faceva un tempo. Certe volte, durante i pomeriggi di sole, pare
che esca soltanto sul balcone, semplicemente per piazzarsi seduto lì, a leggere
qualcosa e ad osservare il passaggio della gente lungo la strada di fronte a
sé. Chi lo ha conosciuto tempo addietro dice che non sembra più neppure lui:
parla poco, è sempre serio, evasivo, si guarda attorno senza cambiare quasi mai
espressione, limitandosi spesso ad osservare qualcosa come di invisibile
davanti a sé.
Franco
va a trovarlo certe volte, gli parla degli ultimi avvenimenti, degli amici
comuni, ma anche delle innocue scorribande che ancora loro si permettono di
fare qualche volta. Sciocche attività fatte in piena leggerezza, che tolgono forse
alle giornate il loro carico di responsabilità. Lui accenna un sorriso, ascolta
tutto quanto gli viene raccontato con una certa attenzione, almeno in apparenza,
ma è come se avesse superato da tempo tutto questo, come se la sua dimensione
attuale fosse ormai un’altra, ben lontana e differente da certe suggestioni.
Franco gli chiede di sfuggita della sua salute, tanto per parlare, ma lui
qualche volta sembra come evadere la domanda, e in altri casi si limita a
rispondere soltanto a cenni, in modo estremamente vago, come non volesse addirittura
dire niente di questo argomento, o quasi per sottolineare che non c'è proprio da
dirne assolutamente niente. Quando Franco se ne va, lui lo saluta appena
facendosi vedere un ultimo attimo sopra al suo terrazzino, quasi fosse quella
proprio la volta finale, il suo congedo terminale da un percorso che oramai non
lo interessa più.
Agli amici del
bar Franco non sa neppure cosa riferire: alza le spalle, spiega che lui sta là,
ma è come se non fosse più neppure la medesima persona. Forse ha ragione però,
dice ancora: siamo destinati tutti a cambiare prima o dopo, non credo neanche
ci sia un’altra soluzione. Probabilmente dobbiamo presto trasformare anche noi
i nostri comportamenti e tutte le abitudini, questo è il punto. Gli altri lo
ascoltano senza guardare neppure dalla sua parte, ed alzano le spalle, non
sanno neppure loro cosa dire. E’ facile che in qualche modo lui coltivasse da
sempre dentro di sé qualcosa di quel genere, fa uno dopo un po’; siamo noi che
magari non ce ne siamo mai neppure accorti. Forse, fa un altro; però allora
quello che accade a lui potrebbe succedere anche a noi nella medesima maniera.
Può darsi, dice Franco, oppure lui era di un’altra pasta fin dall’inizio, chi
lo sa.
Poi riprendono a
giocare al biliardo e a fare le solite battute spiritose. Ci ha superato,
indubbiamente, dice uno quasi tra i denti mentre prova un difficile rinquarto.
A suo merito però dobbiamo dire che il cambiamento lui non l'ha subito, anzi,
lo ha addirittura cavalcato, e peraltro senza alcun indugio. E poi anche noi
non si può pretendere di restare sempre uguali, dobbiamo mettere nel conto che
la realtà va usata e poi gettata via, come quasi tutto al giorno d’oggi. Quindi
siamo noi i deboli, i nostalgici, i conservatori, dice Franco. Forse, dice un
altro. D'accordo, dicono in due o tre alla fine del discorso: però terminiamo almeno
questa partita; poi così tutti quanti insieme potremo finalmente voltare questa
pagina.
Bruno Magnolfi
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