martedì 27 ottobre 2015

Pensieri piccoli.

            

            Tutto oramai è fuori controllo, penso. Inutile illudersi, a me basta girare per le strade di questo quartiere per rendermi conto che ognuno di noi è preso soltanto dai propri problemi, e che non riesce nemmeno a immaginare quali siano i temi che invece riguardano tutti. Mi soffermo qualche minuto ad osservare un palazzo di recente costruzione, poi però vado avanti, a cercare ancora quegli elementi che restano a mostrare le cose così come sono sempre state.
            Gianni, dice qualcuno da dietro. E’ un amico di sempre che mi chiama, uno dei pochi che ancora frequento. Facciamo assieme due passi, propone. Va bene, rispondo con un sorriso, devo soltanto andare alle poste centrali, quelle di piazza Repubblica. Camminiamo affiancati perciò, e lui mi spiega le proprie piccole difficoltà nel sentirsi a suo agio in questa realtà capricciosa, zeppa di elementi antipatici e negativi. Io però gli sorrido: era nell’ aria che tutto sarebbe prima o dopo diventato così, gli faccio presente, una realtà piena di fastidi e di grandi sospetti per tutto e per tutti. Vorrei che qualcosa cambiasse, fa lui, ma non so neanche io di preciso che cosa. Rallento, mi fermo, gli assesto una debole pacca ironica sopra le spalle, e sorrido, dico che questi sono i soliti argomenti che non portano proprio da alcuna parte. Dobbiamo fare, dico, essere precisi, ribellarsi, tirare fuori le proprie opinioni e farne bandiera.
Lui non mi guarda, forse c’è rimasto male, penso; dice che adesso comunque ha qualcos’altro da fare, deve perciò andarsene, e così quasi all’improvviso mi saluta, e se ne va subito per una delle vie laterali senza neppure voltarsi. Forse ho esagerato, penso; adesso vorrei quasi corrergli dietro, cercare di spiegarmi meglio con lui, dirgli che in fondo siamo tutti nella medesima barca, e parlando con cordialità aggiungere molte altre cose del genere, ma lui adesso è già lontano, anzi, è ormai sparito in mezzo alla gente. Forse devo trovare un maggiore equilibrio, rifletto; qualcosa che mi permetta di dire sempre quello che penso, ma senza dare sui nervi a nessuno.
Alle poste centrali c'è molta gente, mi metto così in fila di fronte ad uno sportello. Sto lì, attendo il mio turno, ed intanto mi viene voglia di cantare qualcosa, un motivetto senza alcun impegno, tanto per rompere la noia del momento. Qualcuno si volta mentre intono una vecchia canzone, forse si pensa che questo sia il luogo più insolito dove fare cose del genere, ma a me non importa un bel niente. Torna il mio amico, mi vede, si accosta, dice che forse adesso dovrei smetterla, probabilmente sto dando fastidio, e che tutti anche se fingono non ci sia niente di strano, in realtà non riescono a sopportare facilmente un comportamento del genere. Va bene, gli faccio, per me era soltanto il tentativo di coprire almeno in parte il profondo brusio monotono di queste ampie sale. Lui sorride: sei soltanto un bambino, dice; bisogna sempre lasciarti fare quello che vuoi, altrimenti metti su il broncio.
Va bene, dico io: forse hai ragione. Ma adesso non riesco neppure a rammentare la ragione per la quale ero venuto fin qui: forse dovevo ritirare qualcosa, o spedire una lettera, non so, non ricordo. Mentre parlo continuo a passare in rassegna le tasche, e quasi subito così trovo una busta già indirizzata. Ecco, gli dico al mio amico, ecco la risposta ad alcune questioni: qua dentro ci sono le mie parole di disprezzo per molte delle cose che vengono o non vengono fatte, indirizzate direttamente al nostro Presidente. E’ il mio messaggio nella bottiglia, il mio grido di dolore, una sciocchezza qualunque, mi dirai sicuramente; ti do ragione, in fondo, ma io adesso non starei affatto bene se non riuscissi a consegnare nelle mani di qualcuno questo mio piccolo semplice pensiero.


Bruno Magnolfi

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