Ammazzami,
con voce strozzata dal dolore dice lui nel suo sogno ricorrente alla propria
compagna. Di fatto è caduto dalle scale, probabilmente, qualcosa si è spezzato
tra le fragili ossa della sua schiena, ed adesso è rimasto lì, impossibilitato
a compiere qualsiasi movimento. Altre volte invece è accaduto un semplice
incidente d’auto, è stato anche travolto mentre attraversava la strada, oppure qualcuno
gli ha assestato una bastonata vile proprio alle spalle. In tutti questi casi
lui è rimasto evidentemente a terra, fermo, paralizzato, ed il suo futuro è
subito apparso irrimediabilmente compromesso.
Insomma,
ammazzami, finiscimi, le dice, piuttosto che lasciarmi soffrire ancora per
chissà quanto tempo, ma lei con estrema freddezza si limita ogni volta soltanto
a chiamare i soccorsi. Poi, sempre nel sogno, lui si ritrova convalescente, in
un piccolo giardino fresco e silenzioso, seduto ad un tavolino, mentre la sua
compagna si occupa di qualcosa, forse alle sue spalle sistema semplicemente una
tazza sopra un vassoio, quindi gli va più vicino porgendogli la bevanda, gli
dice ciao sottovoce, e infine se ne va, senza alcuna spiegazione.
Non
è tanto starsene solo il problema, pensa lui adesso, quanto sapere di essere
stato abbandonato ad un certo punto, lasciato al proprio destino, e neppure con
un atto di cattiveria o di disprezzo, quanto con un sorriso, con una parola
semplice e quasi dolce, un gesto rispettoso e gentile. Non sa neanche bene chi
sia la sua compagna del sogno, forse soltanto una somma del tutto incompleta di
alcune tra le donne che ha conosciuto, comunque una persona senz’altro sicura
di sé, qualcuna che con ogni probabilità, ad un dato momento, è riuscita a
vedere in lui qualcosa di interessante, ad apprezzare almeno un aspetto di
rilievo del suo carattere, una dote che magari a lui stesso è sempre sfuggita,
ma che in seguito forse si è fatta anche per lei meno importante, tanto da
poter essere lasciata in disparte, insieme al resto di quel suo uomo.
Viene
da ridere, lui si è come affezionato a quel sogno, fino al punto di credere che
quanto accaduto sia vero, e che tutto sia davvero esistito, prima o dopo, tanto
che quegli accadimenti siano proprio tutti reali, come reale sopra ogni fatto
sia lei, la sua compagna di sempre. Non le ha mai dato un nome, forse non si è
fermato mai a chiederlo, e probabilmente a lei è parso poco importante dirgli
chi era, come si erano conosciuti, perché si trovavano lì, insieme, mescolati
in quella dolorosa vicenda. Certo, non è affatto importante, pensa lui adesso.
Ma quell’ombra sfumata che appare immediatamente dopo che lei si è eclissata,
sembra porgere alla mente mille altre domande.
Per
questo lui perfino in questo momento nel suo sogno vorrebbe cercarla, dice,
forse semplicemente vorrebbe soltanto conoscere qualcosa di più della sua
storia, capire da dove lei sia venuta, e perché. Il medico lo guarda, ha preso
appunti sul suo taccuino, o forse ha solo finto di prenderne. Non ha una
risposta, si limita a guardare sulla sua scrivania, ad incoraggiarlo per dire
ancora qualcosa, per descrivere, spiegare ogni dettaglio, fino a parlare e a
parlare sempre intorno a quel medesimo argomento; fino a quando però alla fine tutto
diviene troppo noioso, logorroico, antipatico con quel persistere a definire
ancora qualcosa; perciò ora basta, è sufficiente così, gli dice, perché questo
ormai è un tema concluso.
Bruno
Magnolfi
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