Avverto distintamente, come altre volte è già accaduto, il canto orgoglioso
di una donna remota nell'acqua dello sciacquone di casa mia, nel mentre la
cassetta si sta ricaricando. La immagino imbrigliata dentro i tubi, prigioniera
di un mondo triste eppure necessario, e la sua voce per qualche secondo si fa
quasi liberatoria in mezzo al sottile sciabordio. Poi più niente. Esco di casa
con quel timbro vocale nella testa, e cerco un'espressione che forse gli si
abbini nelle persone a cui vado incontro, e che assuma il senso di quanto
continuo a immaginare dentro me.
Mi ferma quasi subito una persona che conosco, un uomo che incontro spesso
sotto casa mia, il quale mi dice sorridendo che adesso è tutto a posto, e non
c'è più da preoccuparsi, le cose anche nel nostro quartiere si stanno velocemente
sistemando. Rispondo dopo una pausa di perplessità che me ne compiaccio, e che vorrei
avere la possibilità di rendermi utile anche io, per quello che so fare, impegnandomi
in qualcosa che serva a tutti gli altri, magari. Però mi rendo conto che la
persona che ho davanti viene subito distratta da altre cose, e che in questo
momento forse non mi sta sentendo neanche più. Gli tocco un braccio mentre
scambia una battuta con qualcuno che ci passa accanto ridendo e scherzando, e
gli rinnovo velocemente la mia richiesta, anche se lui non sembra proprio neppure
ascoltarmi, così immagino di avergli probabilmente già detto la medesima cosa anche
in altre occasioni, tanto da averlo ormai annoiato.
C'è una donna a casa mia, gli dico allora con voce più incisiva. Lui si
blocca, in silenzio, ed adesso mi guarda dritto con maggiore attenzione. Non
sempre riesco ad avvertirla però so che sta da qualche parte nel muri del mio
piccolo appartamento, credo, e se ne resta nascosta praticamente tutto il
tempo, anche se la sua presenza timida a me non passa del tutto inosservata.
Quello mi guarda, annuisce, dice che adesso ha da fare, ma che dovrei passare da
lui, come un’altra volta è già successo, magari anche domani, presso l’ufficio
della salute, per parlare un po' meglio di tutte queste cose. Gli dico che potrebbe
andare bene, anzi per me è quasi un piacere visto che non mi ascolta mai
nessuno, così potrei venire al centro nel primo pomeriggio, gli dico svelto. D’accordo,
fa lui, l’aspetto; poi mi stringe la mano, se ne va, anche se dopo due secondi
torna indietro. Mi spiega che forse è meglio se ci andiamo insieme proprio
adesso nel suo ufficio, sempre che io non abbia nulla in contrario, così
possiamo parlare bene di questa donna che vive nascosta a casa mia.
Gli dico che ero uscito soltanto per fare qualche acquisto, e se lui adesso
avesse voglia di ascoltarmi potremmo parlare di tutto anche soltanto
camminando. Così prendiamo verso il corso, ed io intanto gli racconto le mie
cose. Lui annuisce, mi fa parlare, cerca di non interrompermi quasi mai con le
sue domande incalzanti, anche se sicuramente vorrebbe farlo. Alla fine riesco a
dirgli quasi tutto quello che mi passa per la mente, e lui dice che devo uscire
più spesso, stare meno in casa, lasciare che quella donna nascosta prenda lentamente
possesso degli angoli che lei predilige, fino a smascherarla all’improvviso
rientrando di colpo magari silenziosamente e fuori orario.
Dico che va bene, posso fare così senza alcun dubbio, e addirittura se lui
volesse potrebbe venire a farmi una visita, magari per rendersi meglio conto di
tutte queste cose. D’accordo, fa alla fine, forse potrei addirittura riuscire a
vederla o a sentirla pure io. Ci salutiamo, io poi acquisto rapidamente del
pane, quindi rientro. Ciao, dico forte chiudendo la porta alle mie spalle.
Avverto un fruscio, un sospiro imbarazzato, un piccolo passo compiuto da un
piede piccolo. La stavo aspettando, dice lei appena sottovoce. Non deve più
parlare di me con gli altri, sussurra; fuori da qui si deve dimenticare della
mia presenza. Va bene, faccio io, a me basta che tutto sia tranquillo, e soprattutto
che lei non se ne vada.
Bruno Magnolfi
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