Il
suo vicino di casa va in ufficio solo la mattina, poi rientra nel suo
appartamento per consumare il pranzo che acquista in una rosticceria lungo la
strada, e vi rimane in genere fino alla metà del pomeriggio, quando torna ad
uscire per concedersi una semplice passeggiata lungo le vie di quel quartiere.
Lei riconosce quei suoi passi quando il vicino scende le scale; lo guarda dalla
finestra mentre si allontana, immagina facilmente anche quale sarà il suo
itinerario. Le piace la sua presenza, rendersi conto di quelle abitudini, degli
orari, di come scorrono le sue giornate, ma soltanto in qualche raro caso
decide di prendere in fretta la borsa e di andarlo casualmente ad incontrare
sul portone condominiale, o sul marciapiede poco distante.
Lo
saluta, certe volte scambia con lui qualche parola distratta, ma mai niente di
più. Non vuole sapere nulla della sua vita, di quello che pensa, cosa vorrebbe
fare tra una settimana oppure tra un anno. A lei basta sentirlo presente, con i
suoi ritmi, gli orari, le abitudini. Le suonano alla porta, la dirimpettaia del
pianerottolo le dice che l’inquilino del terzo piano è stato portato d’urgenza
in ospedale, direttamente dall’ufficio dove lavora: si è sentito male spiega,
sembra sia caduto a terra come un fagotto, senza che si capisse come mai.
Adesso pare che tutto sia sotto controllo, però naturalmente stanno facendo
diversi accertamenti. La dirimpettaia prosegue a guardarla negli occhi per
tutto il tempo, anche quando non ha più niente da dirle, e lei cerca di non
mostrare alcuna emozione, poi la ringrazia delle informazioni e infine chiude
la porta.
Potrebbe forse
disinteressarsi di tutto, pensa mentre cerca di farsi scivolare via il
fastidioso ed infido indagare della dirimpettaia, e proseguire con le sue cose
come se niente fosse successo; oppure prendere la sua borsa ed arrivare fino in
ospedale, senza reticenze, per presentarsi dal vicino, magari salutarlo con
cortesia avanzando una qualsiasi scusa per essersi ritrovata proprio in quel
reparto, e sincerarsi in questo modo delle sue effettive condizioni. Invece non
fa niente, se non le solite cose di ogni giorno, anche se l’assenza del vicino
non è certo un elemento di poco conto. Ci pensa, lo immagina, fino a sentirne i
passi lungo le scale, anche se sa che non è lui.
Infine
aspetta, come le è dato di poter fare, guardando spesso la strada dalla sua
finestra e stando bene attenta a qualsiasi voce o rumore riesca a sentire.
Spera che tutto torni in fretta nelle stesse condizioni di com’era prima, e che
tutte le abitudini e gli orari del vicino si ripresentino rapidamente come
sempre. Poi arriva: lo riportano nel suo appartamento certi parenti, lo fanno
scendere dall’automobile con calma, lui appare pallido, forse dimagrito, però
sembra pronto in pochi giorni a riprendere tutte le sue attività. Se ne vanno
tutti alla fine, lei segue ogni movimento dalla sua finestra, ed adesso sa che
il suo vicino è in casa, magari seduto sulla sua poltrona preferita, ad
ascoltare la radio oppure a leggere qualcosa.
Allora lei
prende la borsa, approfittando di dover scendere ad acquistare qualcosa per la
cena, e gli suona il campanello. Lui arriva, apre, lei lo saluta, come sempre,
e sul pianerottolo gli chiede come si sente, se magari abbia bisogno di
qualcosa o se può essergli utile. Inizialmente non mi ero neanche accorta della
sua assenza, gli dice; probabilmente c’era un fantasma che in questi giorni lo
stava già sostituendo.
Bruno Magnolfi
Nessun commento:
Posta un commento