In
certi casi resto zitto, mi conviene. In molti, tra quanti mi circondano,
solamente a guardarmi nel loro modo storto sembra che mi vogliano quasi dare
addosso, e che mi incolpino continuamente di qualcosa che io non so assolutamente
che cosa sia e neppure di quale natura sia fatto, o che diamine rappresenti.
Non sono innocente del tutto, questo lo devo confessare, però credo che uno non
possa essere giudicato in fretta e furia, e soprattutto in modo così
superficiale, senza che gli venga data neppure la possibilità di difendersi. I
loro sguardi, me ne rendo conto tante volte, sono già quasi una condanna, ed è
per questo che mi rifugio volentieri nei silenzi più ostinati, tanto che sembra
mi sia sempre mancato quasi del tutto l’uso della parola.
Invece
penso, elaboro dentro di me, e rifletto su tutto quello che mi è dato di
soffrire, rannicchiandomi in tre o quattro meditazioni che adopero sempre in
questi casi, quando la mia solitudine si fa aspra e soprattutto immeritata.
Ricordo volentieri una persona conosciuta parecchi anni fa, di un’età avanzata
ma sostanzialmente indefinibile, che raccontava volentieri le tante esperienze
variegate della sua vita, e in questo modo riusciva spesso quasi ad
imbambolarmi. Adesso quando ci penso cerco di ricordare con maggiore precisione
quello che diceva, e in certi casi, anche se non sono troppo sicuro della mia
memoria, mi pare che nei suoi discorsi ci fossero molte cose di buon senso,
anche se all’epoca non riuscivo a comprenderle del tutto.
Poi mi guardo
attorno, vorrei tanto ritrovare adesso quella persona accanto a me per farmi
raccontare le sue cose, così osservo tutte quelle espressioni che vedo qui, e
mi immagino che da un momento all’altro io possa davvero ritrovarmela di fronte,
ed avere cosi ancora la possibilità di
ascoltare le sue parole. Invece mi ritrovo davanti solo e sempre i soliti
personaggi, che forse mi incolpano addirittura di aver perduto chissà quando e
per quale astruso motivo anche quella persona così importante che nella
gioventù mi è stato concesso di conoscere, anche se loro certo non possono
sapere quali siano adesso i miei pensieri e quali i miei ricordi.
Così resto in
silenzio, mi piazzo nel mio angolo e lascio che tutti gli sguardi mi
scavalchino e giungano oltre me, lontano quanto più possibile dalla mia figura.
In fondo non mi importa niente di loro, sono sicuro che in mezzo a tutti non ci
sia neppure un individuo paragonabile alla persona che conoscevo tanti anni fa.
Per questo disprezzo questa gente che continua ad inseguirmi con sguardo
indagatore, perché non hanno niente di ciò che io vorrei trovare in loro e non
assomigliano minimamente ad una persona come quella che forse diceva molte cose
di buon senso.
Perciò mi
rannicchio di nuovo nel mio angolo di questa casa di riposo, ed anche se mi
rendo conto che posso fare i conti soltanto con questi individui che sono qui
con me in questo posto, cerco di convincermi che devo pur trovare in loro ciò
che sembra mancarmi sempre di più. Uno poi mi sfiora, dice qualcosa forse tanto
per dire ed io lo guardo cercando un’espressione benevola nei suoi confronti.
Ogni notte mi viene in sogno una persona, gli dico, una di quelle che
raccontano sempre delle cose; ed al mattino poi quelle storie mi rimangono
quasi tutte nella testa, ed anche se non ho più molta memoria alcune però le
ricordo proprio bene, come se le avessi vissute per davvero.
Bruno Magnolfi
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