Sono io, dice lei
semplicemente nell’apparecchio. Ma certo fa lui, ho riconosciuto subito la tua
voce; ma che bella sorpresa, prosegue poi stringendo il telefono e strascicando
purtroppo qualche vocale, forse senza del tutto volerlo, come se stesse tornando
all’improvviso da un mondo parallelo, dove probabilmente vige una realtà e
forse anche un linguaggio completamente diversi da quelli in uso lungo i cavi
telefonici. Stavo giusto riflettendo su quanto mi avrebbe fatto piacere
sentirti di nuovo, e magari scambiare due parole con te, dice ancora
improvvisando, quasi a mostrarle con quelle parole quanto riesca a sentirsi
affettuoso nei confronti di lei. Poi ambedue però si ritagliano,
sostanzialmente senza quasi rendersene conto, una leggera pausa di silenzio,
così lui, forse preoccupato di qualcosa che probabilmente non vorrebbe, le
chiede subito con tono preoccupato se c'è qualcosa che non procede per il verso
giusto, forse una novità negativa di cui non è a conoscenza, oppure qualcosa di
cui essere rimproverato, ma lei subito ride, come a schernire la sua infantile
apprensione, quasi come se un comportamento del genere non dovesse avere alcun
tipo di significato.
Allora sono contento
che tutto sia come deve essere, fa lui; o meglio, com’è sempre stato, si
corregge, nella maniera come si immagina devono andare le cose insomma. Poi
dice: non sono mai stato molto bravo a tirare avanti le conversazioni
telefoniche, spiega alla fine come per giustificarsi: mi pare sempre che si
finisca per dire soltanto delle emerite sciocchezze, così la mia parte cerco di
esaurirla tutta in una volta per levarmene il pensiero dalla testa. Lei di
nuovo ride leggermente, poi dice che non le sono mai piaciute molto le cose
sciocche, e che in ogni caso preferisce parlare di temi maggiormente
significativi.
Lui prova forse un filo
di preoccupazione, trattiene per un attimo il fiato, quindi sgrana gli occhi
guardando avanti a sé, ed infine dice con un certo coraggio che forse sarebbe
meglio se si dessero un appuntamento per vedersi e parlare un po’ di persona
anche di argomenti più seri. Lei non risponde, mostrando forse che le pare
prematura una decisione del genere, così lui tenta di recuperare parlandole di
uno spettacolo all’aperto, una semplice festa di quartiere, qualcosa che si
tiene il giorno seguente, a cui magari potrebbero recarsi insieme. Lei chiede
subito maggiori informazioni, pare prendere tempo prima di decidere, lui tenta
di magnificare il tipo di serata che sta proponendo, dice una spiritosaggine
per allentare quella specie di tensione che si sta accumulando, ma lei sembra
rigida, quasi poco disponibile.
Va bene, dice lui, non ha alcuna importanza se non
ti va. Magari sarà per un’altra volta. Lei resta ancora in silenzio, come se
stesse riflettendo a fondo su quanto deve decidere, poi dice in fretta: ma no,
guarda che va bene; proprio come vuoi tu. No, figurati, la interrompe lui, come
piace più a te; in fondo, sottolinea ridendo, non sembra che mi lasci prendere
molte iniziative. Può darsi, fa lei, ma questa che hai tirato fuori va bene se
tu lo desideri. Segue un’altra pausa di silenzio. Poi lui, impacciato, dice che
potrebbe aspettarla nella piazzetta vicino casa sua, così ci sarebbe tutto il
tempo per farsi servire qualcosa da bere in qualche locale prima di andare allo
spettacolo.
D’accordo, fa lei, però non credo sarò molto di
compagnia, visto che in questo periodo mi sento spesso angosciata. Non è colpa
degli altri, prosegue, sono io che non riesco a stare con le persone. Forse
però con te può essere diverso, sempre che tu riesca ad avere una certa pazienza,
magari cercando di comprendere al meglio i miei stati d’animo.
Bruno Magnolfi
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