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Lungo
questa strada, dove abito praticamente da sempre, le case sembrano tutte simili
tra loro, ma qualcuna ha un giardinetto sul fianco o sul davanti, con delle
siepi di rose o di caprifoglio. Transita poca gente da queste parti, ma spesse
volte io me ne sto seduto su una panca di pietra, all’interno della bassa
recinzione della mia abitazione. E da lì osservo l’aria, la polvere sopra ai
marciapiedi, e certe volte saluto qualcuno, tra i miei vicini, che esce o che
entra nella palazzina dove abita. Non c’è niente di male, penso, a starsene qui
a non far niente, eppure in certe occasioni, mi sento un po’ in colpa, come se
dovessi per forza trovare qualcosa di cui occuparmi sul serio, qualcosa che
tenga impegnate le mie mani, gli occhi, forse anche la mente. Ma a me in fondo
non interessa, e tengo duro, anche se mi dispiace per chi certe volte mi
osserva mentre sto fermo sulla mia panca di pietra, insieme ai miei pensieri e
alle mie piccole osservazioni su questa minima realtà che mi circonda.
Mi immagino, a
volte, che in fondo a questa strada accada davvero qualcosa, che la gente si
incontri sul serio, si parli con sincerità, si scambi le piccole esperienze che
affollano ogni qualunque giornata. Qui, di fronte al mio giardinetto, non
accade mai niente, i miei vicini mi salutano, certo, ma sempre con un certo
distacco, come se pensassero di me che sono soltanto un vecchio fesso, che non
sa neppure come far passare queste belle giornate di primavera, e rimane seduto
con lo sguardo perso a riconoscere le facce delle persone. Forse pensano di me
che non sono normale, ma non importa, so che questo che osservo è un mondo
minore, costellato di piccole attività umane senza grandi caratteristiche;
eppure mi sento felice quando vedo che tutto, pur essendo simile a sé,
differisce in qualcosa volta per volta, ed anche se niente di irreparabile
accade mai tra queste case, tutto sembra comunque succedere, in una
impercettibile metamorfosi rilevabile solo con grande attenzione.
Da pochi
giorni ho iniziato ad immaginarmi di fotografare quello che osservo, fermare
mentalmente le immagini e scomporle, analizzarle, studiandone i risvolti che
vedo sulle espressioni delle persone che passano da qui, e che in certi casi mi
lasciano un saluto o una battuta di spirito. Mi rappresento nella mia mente una
carrellata dei diversi atteggiamenti che noto, e ipotizzo le giornate di quelle
persone, le loro preoccupazioni, gli aspetti che magari li rendono sorridenti,
o la loro soddisfazione nel sentirsi in pace con tutto, anche con la propria
coscienza. Certe volte scruto su di loro una smorfia insolita, un segno di
sofferenza verso questi tempi così strani, pieni di preoccupazioni, di sviluppi
difficili, di amarezze spesso persino prive di senso. Mi dispiace rendermi
conto di queste cose, ma l’esistenza è fatta anche di aspetti del genere,
penso, e comunque non mi mostro mai con nessuno troppo curioso.
Non so, penso
a volte che all’interno di tutte queste piccole cose ci stia tutto quanto, che non
si possa chiedere molto di più, perché non credo ci sia altro al di fuori di
questi particolari. Forse in fondo alla strada ci sono anche altre cose, altri
elementi, le persone laggiù magari si incontrano senza neppure conoscersi,
forse non sentono neppure la necessità di salutarsi. Non ha alcuna importanza,
rifletto tra me: ognuno di noi deve sentirsi capace di interpretare a suo modo
la realtà che sta vivendo; il resto, forse, non è neppure troppo interessante.
Bruno
Magnolfi
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