Il
ragazzo guarda attorno a sé, cerca qualcosa o qualcuno che lo faccia
momentaneamente sentire un po’ meno solo; finge di cercare qualcosa di
necessario dentro una tasca della sua giacca, poi attraversa la strada e va a
sedersi su una panchina del piccolo spazio verde ricavato in mezzo alle case.
Forse gli servirebbe qualcosa da leggere, pensa, ma non ha niente, neppure un foglio
di giornale o un volantino di una pubblicità lasciato in terra o da qualche
parte là attorno.
Conosce
quasi perfettamente le parole da dire appena arriverà lei: cercherà di essere
cortese, di apparire simpatico senza strafare, di parlare di sfuggita ma in
modo lusinghiero di sé, giusto per farle capire chi veramente sia lui, cosa
pensi quando è da solo, quale sia la sua vera natura. Poi le dirà dei film che
gli piacciono, dei libri che legge, di tutto ciò che gli verrà a mente,
insomma.
Lui
non sarebbe mai potuto arrivare in ritardo, pensa mentre guarda il suo orologio
da polso, ma con le donne è così. Cerca di concentrarsi su qualcosa di
importante, giusto per assumere un’espressione interessante, ma non gli viene a
mente niente, e in più quei dieci minuti da quando è in attesa gli sembrano il
periodo più lungo che abbia mai dovuto affrontare nella sua vita.
Poi
vede un amico con il suo ciclomotore, si alza, lo chiama, quello si ferma, a
lui pare esattamente la salvezza che andava cercando, però pensa subito che non
vorrebbe farsi scoprire ad aspettare lei, così lo saluta frettolosamente accostandosi
un attimo, scambia giusto una battuta o due, e poi gli dice che ha qualcosa da
fare, deve andare via. L’altro riparte, lui spera che la ragazza lo abbia visto,
che lei adesso stia proprio arrivando, così si volta attono con circospezione,
ma di lei ancora nessuna traccia. Non può pensare che abbia deciso di non
venire al loro primo appuntamento, così comincia a riflettere a fondo su questo
aspetto, ma gli pare, da qualsiasi parte guardi la cosa, che sia soltanto un’assurdità,
qualcosa di stupido, di inaccettabile.
Torna
verso la panchina, ma adesso non se la sente più di sedersi. Vorrebbe quasi sparire,
immagina lei da qualche parte nascosta che ride del suo struggimento, e questo
è il pensiero più brutto che gli passi dentro la testa. Cerca con uno sforzo di
scacciare dalla mente ogni idea triste che gli sia venuta negli ultimi minuti,
ma ad un tratto gli prende quasi da ridere: perché mai doveva arrivare davvero,
pensa; lo ha detto così, quando le ho chiesto di vederci, giusto per farmi
contento. Quando la rivedrò nella scuola dirà che del nostro appuntamento se ne
era completamente dimenticata.
In
ogni caso tentare non è stato male, pensa ancora il ragazzo. Ho capito cosa si
prova se si tiene a qualcuno, se ci mettiamo in balia dei suoi modi di
intendere le cose, dei suoi comportamenti. Continua a camminare a passi
lentissimi intorno a quel giardinetto che adesso sente di odiare, poi si
ricorda di avere con sé un pacchetto di gomme da masticare; ne scarta una ed
inizia a mangiarla, con modi consunti e forse un po’ rassegnati. Infine si
volta, ha deciso di andarsene, domani dirà che aveva capito che non sarebbe
venuta, era soltanto uno scherzo, certo, e che lui era passato da lì soltanto
perché gli rimaneva di strada. Però guarda qualcosa avanti a sé, e lei è lì,
veramente.
Bruno
Magnolfi
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